Il lettore prende qui posizione riguardo alle affermazioni di Salvatore Quero,
che ho presentato e commentato nell’articolo «Ministero delle donne e fair-play». Di là dai rispettivi linguaggi, è
apprezzabile lo sforzo di ambedue di far capire il loro punto di vista,
sebbene Eliseo Paterniti usa più gli argomenti razionali per portare avanti il
suo convincimento. Come a volte succede però, chi prende posizione contro certe
asserzioni altrui, è portato a scivolare nell’altra direzione, se non tiene il
timone al centro. Perciò se non fa una corretta e rigorosa esegesi
contestuale, per non cadere da una parte del cavallo, si rischia di cadere
dall’altra.
La tesi singolare di questo lettore è che la donna,
pur non potendo biblicamente condurre la chiesa locale, possa insegnare in essa
alla comunità e possa addirittura svolgere una funzione di pastora, sebbene
all'interno di un collegio di pastori, in cui sono presenti anche maschi. Qui di
seguito vedremo se il pensiero di Eliseo Paterniti sia lineare e se i suoi
argomenti siano del tutto convincenti. {Nicola Martella} |
1. Le tesi
{Eliseo Paterniti}
▲
Dal mio punto di
vista concordo con Nicola, certi linguaggi eccessivi (facendo capire una certa
super spiritualità) sono inopportune.
A mio avviso c’e da capire che tra ministero e guida della chiesa vi è
una netta differenza. Da un periodo di tempo questa questione è oggetto delle
mie riflessioni tanto è vero che ho iniziato un articolo, che adesso è ancora in
fase di completamento.
Se notiamo bene: «E Dio ne ha costituiti alcuni nella chiesa in primo luogo
come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come dottori…»
(1 Corinzi 12,28).
Paolo non dice e non lascia intendere che questi ministeri sono destinati
solo per gli uomini. Il ministero è un servizio spirituale che possono ricevere
da Dio ogni persona disposta a stare in sottomissione a lui.
Se ci si documenta bene nella storia biblica dell’Antico Testamento, si
vedrà che sono esistite delle donne profetesse, come Maria la sorella di Mosè e
Aronne (Es 15,20); Culda, moglie di Sallum (2
Re 22,14); Anna (Lc 2,36). Collegandole al Nuovo Testamento il profeta fa parte
dei cinque ministeri.
Se parliamo sul governo di chiesa non concordo affatto che la donna deve avere
la
preminenza nella conduzione, questa spetta all’uomo perché lui è stato
costituito da Dio e non dall’uomo come capo della donna. Nella prima lettera di
Paolo a Timoteo conferma chi deve espletare l’ufficio di governo o di vescovo
nella chiesa debba essere uomo: «Questa parola è sicura: Se uno desidera
l’ufficio di vescovo, desidera un buon lavoro.
Bisogna dunque che il vescovo, sia irreprensibile, marito d’una sola moglie…»
(1 Timoteo 3,1).
Credo che la mia Bibbia sia la stessa delle altre e quindi non riscontro in
nessuna parte l’esistenza della «vescova» moglie d’un solo marito. Oltre a ciò
chi deve tenera a bada il nucleo famigliare è pertinenza del marito e non della
moglie. «Sappia dirigere bene la propria famiglia
e abbia figli sottomessi con ogni dignità,
perché se uno non sa dirigere la propria
famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?» (1Timoteo 3,4-5).
La donna è stata fatta da Dio come aiuto per il marito; comunque quest’ultimo la
deve rispettare e onorare.
Poiché non voglio dare l’impressione di fare uno studio, concludo dicendo
quanto segue. Non è diabolico che la donna possa avere una chiamata al
ministero qualunque esso sia, e che possa pure insegnare, solo che ogni cosa
che fa quest’ultima, deve farlo in sottomissione a Dio e al suo capo che è
l’uomo. Voglio ricordare che la maggior parte delle chiese se sono piene d’anime
che lodano Dio è grazie al contributo delle donne. Una donna pastore
non significa e non deve essere colei che deve governare la chiesa e che tutti
gli debbano essere sottomesse, ma colei che cura le «pecore di Dio» con
dedizione insieme ad altri pastori.
Certamente questo soggetto è molto ampio perché richiama pure il modo di come
deve essere governata e chi deve governare una chiesa. {20 marzo 2009}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
▲
■ Ministero e conduzione: Chiaramente sono da distinguere. Si può essere
bravo a evangelizzare, ma non per questo si dev’essere conduttore di chiesa. La
discrimina al riguardo è già verso uomini che non corrispondono ai prerequisiti
di 1 Timoteo 3 e Tito 1. Quantunque una donna avesse la maggior parte di tutte
quelle qualità, non per questo potrebbe condurre una chiesa, biblicamente
parlando. Bisogna distinguere quindi anche fra ministeri generici e ministeri di
primo piano, che sono prerogativa dei conduttori (p.es. insegnare, 1 Tm 3,2;2 Tm
2,24; ammonire i disordinati e i contraddittori, 2 Tm 2,25). Un ministero
d’insegnamento pubblico non era previsto per le donne (1 Tm 2,12), né per uomini
che non ne avessero le prerogative. Per l’approfondimento si veda: Nicola
Martella, «Ministeri preclusi alle donne»,
Generi e ruoli 2
(Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 83-102.
■ Ministeri di primo piano: In 1 Corinzi 12 e in Efesini 4 sono
presentati le funzioni ministeriali di primo piano. Non è condivisibile che tali
ministeri fossero destinati a uomini e donne. ● Tutti gli «apostoli con
nome», menzionati nel NT sono maschi. Essi erano missionari fondatori e
guidavano le chiese che fondavano. ● Nessuna donna nel NT aveva pubblicamente un
ministero di
insegnante, essendo ciò relegato solo agli apostoli e ai conduttori. ● Dopo
Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti teocratici, non esisteva nessuno che
fosse chiamato «profeta con nome». [►
Profeta con nome nel NT] L’unica eccezione è Agabo, il quale però era probabilmente un profeta giudaico;
egli non aggiunse nulla a ciò che Paolo (At 20,22) e i discepoli (At 21,4) non sapessero già, e le
sue predizioni (At 21,10-13) non s’avverarono interamente nei termini da lui detti. [►
Agabo] Come abbiamo mostrato altrove «profeta e apostolo» (proclamatore e missionario; Lc 11,47; Ef
2,20; 3,5; Ap 18,20) o «profeta e dottore» (proclamatore e insegnante; At 13,1;
cfr. 2 Pt 2,1) designano la stessa persona, ossia quella che ha appunto un
ministero di primo piano nell’opera di Dio. [►
Profeti nel Nuovo Testamento; ►
Profeti del nuovo patto]
Nel NT c’è una differenza fra «profetare» (proclamare; At 21,9; 1 Cor 11,4s) ed
essere «profeta» (proclamatore; 1 Cor 14,29ss). ● L’unica «profetessa con nome»
che viene esplicitamente menzionata da Pentecoste in poi è «quella donna
Jezabel, che si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perché
commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agli idoli» (Ap 2,20).
■ AT e NT: Dobbiamo stare attenti quando facciamo riferimento al vecchio
patto per trovarci una corrispondenza di ministeri col nuovo patto. Altrimenti
facciamo, ad esempio, l’errore del clericalismo che si ricollega al sacerdozio
levitico per accreditarsi. Il verbo ebraico naba’ «profetare, proclamare»
era usato anche per la proclamazione innologica (così in 1 Cr 25,1ss in cui è
stato tradotto con «cantare»). L’unica cosa riportata di Maria, sorella di Mosè,
è appunto cantare (Es 15,20ss); mai è scritto che preannunciò alcunché. L’unico
esempio di una profetessa che annunciò qualcosa da parte di Dio, fu Hulda (2 Re
22,14ss). C’è ancora il caso singolare di Anna profetessa (Lc 2,36); è un caso
singolare poiché erano già quattro secoli che non c’erano profeti in Israele, da
Malachia in poi; singolare è pure che non è riportata nessuna sua profezia, ma
solo il fatto che, tra altre cose, «parlava del bambino [= Gesù] a tutti
quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (v. 38). Tuttavia, come
Gesù disse, Giovanni Battista fu l’ultimo dei profeti teocratici d’Israele (Mt
11,13), poi cominciò l’epoca dei proclamatori della buona novella (Lc 16,16).
Nel NT, da Pentecoste in poi, non esiste nessun caso in cui una donna fosse
chiamata «profetessa con nome» ma, come già detto, solo Jazabel, la falsa
profetessa (Ap 2,20).
■
Preminenza nella conduzione: La preminenza nella conduzione non si può
scindere dai ministeri di primo piano (p.es. insegnare). L’insegnamento pubblico
nella chiesa è prerogativa dei conduttori. Perciò non si può affermare, come il
mio interlocutore fa nella conclusione, che «la donna possa avere una chiamata
al ministero qualunque esso sia». Come ci sono ministeri preclusi agli uomini
che non rispecchiano le prerogative di 1 Tm 3 e Tt 1, ci sono ministeri pubblici
preclusi alle donne a prescindere dalle loro capacità (p.es. conduzione,
insegnamento). C’erano donne capacissime al tempo di Gesù, ma egli non le elesse
«apostolesse». A Gerusalemme c’era senz’altro donne capaci, ma gli apostoli e le
chiese non le elessero a loro braccio destro prima (At 6) e a conduttori della
chiesa poi (At 15,2.4.6.22s; 16,4; 21,18); similmente accadde nelle altre chiese
fondate (At 14,23; 20,17; 1 Tm 5,17; Tt 1,5; Gcm 5,14; 1 Pt 5,1.5).
■
Conclusioni adeguate?: Il ministero delle donne non è meno importante di
quello degli uomini, ma è differente. Il contributo delle donne è essenziale
nelle chiese, ma non dev’essere per forza di primo piano, ossia pubblico. A
parte il fatto che il termine «pastore» è nel NT non una carica (conduttore) ma
una funzione (cura d’anime) del conduttore, la presenza di una «donna pastore»
nell’accezione corrente del termine non si può giustificare con una rigorosa
esegesi contestuale del testo biblico, ma è una convenzione di certe chiese e
una concezione figlia del femminismo. Se «pastore» è il titolo di chi conduce
una chiesa, altrettanto fa immancabilmente una «pastoressa»: tutto ciò che è
pubblico, è conduzione.
Stando così le cose, avendo voluto Eliseo Paterniti sanare il «male» nato
dall’articolo di Salvatore Quero, vediamo che la sua cura non è del tutto
adeguata, anzi, per certi aspetti, è anch’essa patogena. Qualcuno dirà che
la cura è peggio della malattia. Le conclusioni confermeranno Salvatore Quero
nelle sue tesi e gli faranno addirittura credere che la situazione sia peggio di
come pensava.
■ Ministeri per la donna: Essi sono tanti, ma mai pubblici dinanzi a
tutta la chiesa e mai di conduzione e insegnamento. Oltre alla sua vocazione
particolare di essere mamma (anche spirituale), può esercitare un vasto spettro
di attività. ● La donna può evangelizzare a tu per tu. ● Può insegnare ad altre
donne (Tt 2,3ss; cfr. At 16,13). ● Può insegnare ai bambini e ragazzi (2 Tm
1,5). ● In concerto col marito può discepolare a tu per tu uomini e donne, come
fecero Priscilla e Aquila con Apollo (At 18,26). ● Può pubblicamente pregare e
«profetare» (1 Cor 11,5), ossia proclamare in modo estemporaneo pensieri
ispirati dalla sacri Scrittura al fine di edificazione, esortazione e
consolazione (1 Cor 14,3s). ● Può esercitare l’ospitalità verso altri cristiani,
specialmente verso coloro che si affaticano nell’opera del Signore (At 16,14s; 1
Tm 5,10). ● Può essere attiva nelle opere di misericordia verso poveri e
afflitti (At 9,36.29; 1 Tm 5,10). ● Può fare opera d’assistenza (Rm 16,2). ● È
controverso se in 1 Tm 3 si parli di una «servitrice» o della moglie del
servitore; in ogni modo qui non c’è il termine «diaconessa». Anche in Romani
16,1 in greco non si parla di «Febe, la diaconessa», ma della «servente» e del
fatto che abbia prestato assistenza agli altri; non aveva quindi un ministero
pubblico, ma a tu per tu. Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella,
Generi e ruoli 2 (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli: «La donna che serve», pp. 67-78; «Il
ministero della nubile», pp. 79-82.
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Donne, ministeri e conduzione della chiesa? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Ministeri_donne_conduz_UnV.htm
25-03-2009; Aggiornamento: 08-04-2009
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