Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Dizionario biblico

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PROFETI DEL NUOVO PATTO

 

 di Nicola Martella

 

Per dire o meno alcune cose, dobbiamo fare un’analisi seria e rigorosa della Scrittura, prendendola sul serio. In questo caso constateremo quanto segue. Premettiamo fin dall'inizio che «profetare» nel NT significa proclamare pubblicamente nella chiesa locale sotto ispirazione dello Spirito e sulla base della lettura della Scrittura.

     ■ L’espressione «profeta di Dio (o del Signore)» nel NT non esiste. Allora si fa bene a non chiamare nessuno in specifico con questo titolo; e neppure bisogna che qualcuno lo faccia. Come già detto altrove, nel NT troviamo l’espressione, ad esempio, «Paolo, apostolo di Gesù Cristo» (2 Cor 1,1; Ef 1,1; Col 1,1; 1 Tm 1,1; 2 Tm 1,1), ma mai «Paolo, profeta di Gesù Cristo»! Deve pur significare qualcosa!?

     ■ Quanto ad Agabo, neppure lui fu chiamato espressamente «profeta di Dio», ma l'espressione è generica (At 11,27 profētoi «proclamatori»; 21,10 un certo prophētēs «proclamatore»... venuto da noi). Anche il giudaismo a quel tempo aveva i suoi profeti specialmente fra gli Zeloti (Farisei estremisti; cfr. At 5,36s), oltre ai suoi esorcisti e taumaturghi (Mt 9,38; At 19,13s), e anche Caiàfa profetò in quanto sommo sacerdote (Gv 11,49s). Agabo crea inoltre più domande che risposte: era un profeta del giudaismo storico o è un giudeo-cristiano? Riguardo al tipo di predizione di At 21, faccio notare che si avverò, sì, ma non nei modi da lui annunziati. A ciò si aggiunga che egli ha predetto cose abbastanza materiali — una carestia e la l’imprigionamento di Paolo a Gerusalemme (qui i dettagli non corrispondono a quanto predetto) e circostanziate nel tempo, che in fin dei conti non avevano alcuna importanza dottrinale per i credenti d’allora e d’oggi. Rimandiamo per l’approfondimento all’articolo: ► Agabo.

     ■ L’apostolo Giovanni non si titolò mai personalmente come «profeta», sebbene abbia avuto la visione del tempo della fine (Ap 1,9ss). Infatti, nella teologia nessun studioso definirebbe l’Apocalisse un «libro profetico», poiché tecnicamente tale opera appartiene al genere apocalittico, non al genere profetico. Infatti per «profezia» s’intende tecnicamente la proclamazione morale dei profeti (nebîîm) dell’antico Israele nel loro tempo. Perciò, ad esempio, Geremia era un profeta, poiché indirizzava quotidianamente messaggi al popolo, ma non Daniele che era un «apocalittico» e faceva il funzionario di imperatori stranieri.

     ■ Paolo, pur avendo ricevuto da Dio grandi rivelazioni, visioni, parola di sapienza e di conoscenza (2 Cor 12,2ss), non si definì personalmente mai un «profeta» né tanto meno «profeta di Dio», poiché non erano questi gli elementi che costituivano un prophētēs «proclamatore». È la poca conoscenza tecnica tra i cristiani che fa credere il contrario! Egli insistette sul suo apostolato (Rm 1,5), che era il suo ministero di missionario fondatore e che difese ad oltranza (1 Cor 9,1s). Egli difese il suo apostolato contro i superapostoli gnostici che si erano intrufolati nella chiesa di Corinto e ne avevano preso il comando, denigrandolo per di più (2 Cor 11,4s; 12,11s). Paolo li definì «falsi apostoli, operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo» (2 Cor 11,13ss).

     ■ Oggigiorno noi abbiamo giustamente una grande considerazione dei brani predizionali dei nebi'îm o «proclamatori» teocratici d’Israele. Se rapportati alla lunghezza del loro ministero (e dei loro libri; cfr. Is; Gr; Ez), l’incidenza dei brani predizionali è minima rispetto ai brani predicativi nel loro presente. A ciò si aggiunga che un profeta legittimo per le sue predizioni ricalcava di per sé «l’impianto predizionale dell’AT» (Dt 30), aggiungendo solo un'attualizzazione nel suo presente. [Per l’approfondimento cfr. «Impianto predizionale dell’AT», Manuale Teologico dell’Antico Testamento, pp. 184s, e temi connessi).

     ■ Nel NT il concetto di profeta era cambiato per molti versi. Per prima cosa il profetismo dell’AT era un ministero teocratico d’Israele; come tale era cessato con Malachia. Per 400 lunghi anni Israele non ebbe più profeti, finché venne come «fanalino di coda» dell’era dei profeti d’Israele Giovanni Battista, che fu definito da Gesù l’Elia che doveva venire (Mt 11,14; Mal 4,5). Gesù rese chiaro che «tutti i profeti e la legge hanno profetato fino a Giovanni» (Mt 11,13). Quindi con il Battista si concluse per sempre la sequenza dei profeti d’Israele. In Lc 16,16 Gesù aggiunse la novità rispetto all’era dei profeti d’Israele: «La legge ed i profeti hanno durato fino a Giovanni; da quel tempo è annunziata la buona novella del regno di Dio».

     ■ Da Malachia non erano solo passati 400 anni senza profeti teocratici, ma era cambiata anche la lingua. Infatti anche nella Palestina si parlava perlopiù il greco e l’aramaico e l’ebraico erano solo dialetti della Giudea. In greco il termine prophētēs «proclamatore, interprete» ha uno spettro di significati molto più vasto di nabî’ «proclamatore», il portavoce di Dio nell’AT. Persone che mai nell’AT sarebbero stati chiamati «profeti», ma che avrebbero avuto bisogno essi stessi di un «veggente» per consultare Dio, nel NT sono chiamati in modo onorifico prophētēs, ad esempio: Daniele (Mt 24,15), che in effetti era un uomo di stato, e i poeti, addirittura quelli dei pagani (Tt 1,12). Il verbo profētein «proclamare» fu attribuito a Zaccaria (Lc 1,67) e addirittura al sommo sacerdote Caiàfa (Gv 11,51), che profeti non erano nel senso tecnico.

     ■ Nel mondo greco, il prophētēs non era chi riceveva la rivelazione (ad esempio il medium o la Pizia nei templi pagani), ma chi ne dava l’interpretazione e la proclamava. Perciò nella cultura e nella lingua maggioritaria dell’ellenismo, in cui il cristianesimo si muoveva, non solo il termine prophētēs aveva uno spettro di significati più ampio rispetto a quello ebraico nabî’, ma cambiò del tutto la funzione nella chiesa. Ho trattato diverse volte il fatto che, al tempo del NT, prophētēs non indicasse chi prediceva, rivelando cose nuove, ma chi proclamava annunziando ciò che era stato già rivelato (AT). Il fine era l’edificazione, l’esortazione e la consolazione nella chiesa (1 Cor 14,3s).

     Non esistevano più i profeti teocratici del vecchio patto, ossia quelli d'Israele, e non c’erano neppure persone particolari nella chiesa che potessero rivestire tale ministero in particolare. Per questo nel NT non si troverà mai scritto: «Il profeta Giovanni venne e disse». Infatti, nella chiesa la regola è questa: «Tutti, uno ad uno, potete profetare [= proclamare sotto l'ispirazione della sacra Scrittura]; affinché tutti imparino e tutti siano consolati» (1 Cor 14,31); è una predicazione partecipata. Per mantenere l’ordine, Paolo ingiunse che per ogni riunione parlassero solo «due o tre profeti [= proclamatori ispirati dalla sacra Scrittura]» (v. 29). Ma ciò che dicevano tali proclamatori non era ingiuntivo, poiché aggiunse: «E gli altri giudichino», ribadendo subito dopo: «E gli spiriti dei profeti [= proclamatori] sono sottoposti ai profeti [= proclamatori]» (v. 32).

     ■ È da qui che bisogna intendere anche i brani ministeriali. Purtroppo la mancata traduzione dei termini greci, che sono stati solo adattati in italiano, ha portato a molti equivoci. Ecco che cosa appare, se traduciamo radicalmente: «Ed è lui che ha dato gli uni, come missionari; gli altri, come proclamatori; gli altri, come araldi; gli altri, come pastori e insegnanti, 12per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per la edificazione del corpo di Cristo» (Ef 4,11s). Similmente 1 Cor 12,28: «E gli uni Dio li ha insediati nella chiesa in primo luogo come missionari; [gli altri] in secondo luogo come proclamatori; in terzo luogo come insegnanti; poi, forze; poi carismi di guarigione, assistenze, governi, specie delle lingue».

     Per «missionari» s’intende quelli fondatori di chiese. Per «proclamatori» s’intende coloro che edificano la chiesa, parlando in modo estemporaneo, perché «ispirati» dalla Scrittura o dalle parole di altri fratelli basate su di essa. Infatti, «chi proclama, edifica la chiesa» (1 Cor 14,4). Gli «annunciatori» (o araldi) predicano l’Evangelo fuori della chiesa. I «pastori» non sono coloro che dirigono la chiesa, ma coloro che pascono la chiesa con la cura d’anime, quindi coloro che esercitano la cura pastorale. Gli «insegnanti» istruivano in modo sistematico nella sacra Scrittura (allora era l’AT), presentando la sana dottrina e tagliando rettamente la Parola di verità (cfr. le raccomandazioni di Paolo a Timoteo e a Tito sull’insegnamento). A differenza degli insegnanti, i proclamatori parlavano sotto l’ispirazione del momento all’interno del processo di edificazione reciproca, e cioè sotto ispirazione dello Spirito e sulla base della lettura della Scrittura.

     In tutto ciò c’è una logica e una strategia missionaria. I «missionari» fondano le chiese; i «proclamatori» (spesso fanno parte della squadra del missionario come nel caso di Paolo e del suo seguito) la edificano con discorsi spirituali sotto ispirazione dello Spirito e sulla base della lettura della Scrittura, parlando «agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione» (1 Cor 14,3); gli «annunciatori» (o araldi) portano l’Evangelo alle anime perdute; i «pastori» curano le anime dei discepoli; gli «insegnanti» istruiscono i discepoli in modo profondo e sistematico nella sacra Scrittura. Non era un caso che ad Antiochia, la cui chiesa fu fondata da credenti arrivati sul posto in seguito a una persecuzione, fu mandato dapprima Barnaba, il «figlio di consolazione», per edificare i nuovi credenti, e lui poi andò a prendere Saulo, che era un insegnante. Qui maturò il progetto di mandare «missionari» in altre zone e di fungere come chiesa mandante (At 13).

     ■ C’è da dire che un insegnante poteva essere anche un prophētēs «proclamatore», ma non viceversa. Per questo è scritto che nella chiesa d’Antiochia v’erano cinque fratelli che erano allo stesso tempo «proclamatori e insegnanti» (At 13,1). Nel caso negativo, i «falsi proclamatori» sono identificati con i «falsi insegnanti» (2 Pt 2,1).

     Similmente anche gli apostoloi «missionari» possono essere profētoi «proclamatori» (Ef 2,20; gr. un solo articolo per ambedue!), ma non viceversa. I credenti gentili sono «concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoloi e dei profētoi, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare» (Ef 2,19s). I dodici rappresentanti di Gesù erano «missionari» fondatori del cristianesimo e «proclamatori» della sacra Scrittura ai fini dell’edificazione.

 

Profeti falsi ed escatologia

Profeti nel Nuovo Testamento

 

▬ Letteratura

Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), articoli: «Profeta (ambito ministeriale)», pp. 279ss; «Falsi profeti», pp. 281s; «Falsi legittimi», p. 283; «Profetismo: fenomeno», pp. 283s; «Profezia: proclamazione», pp. 284s.

Nicola Martella (a cura di), «Che cos'è la "profezia"?», Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 21-24.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Profeti_nuovo_patto_MT_AT.htm

30-10-2007; Aggiornamento: 09-11-2007

 

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