Nell’articolo
precedente mi sono limito a rispondere alle richieste del lettore,
facendo alcune osservazioni. In questo articolo indicherò alcune linee di guida,
che possono aiutare il predicatore apprendista a riuscire nel suo intento,
evitando diversi errori comuni. La discussione di questa tematica si trova qui: ►
Consigli per un predicatore apprendista? Parliamone {Nicola Martella} (T) |
|
|
1. PER
COMINCIARE BENE: Ecco alcuni consigli utili, per verificare la
propria idoneità a insegnare ad altri e lo stadio, in cui ci si trova. Qui sono
contenuti anche alcuni errori comuni da evitare, per non squalificarsi e per
essere efficaci. Premettiamo che il predicatore apprendista debba avere una
chiara chiamata da parte del Signore e il riconoscimento di tale funzione
ministeriale da parte dell’assemblea.
■ Intendi ciò, che leggi?: Questa era la domanda, che Filippo pose al
Giudeo etiopico, che stava leggendo Isaia 53 (At 8,30).
E l’Etiope gli rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» (v. 31).
Ciò significava che tale uomo non avrebbe mai potuto predicare o
insegnare ad altri in una sinagoga. È scritto che Filippo, «cominciando
da questo passo della Scrittura, gli annunciò Gesù»
(v. 35); egli intendeva le Scritture e poteva insegnarle ovunque.
È,
quindi, importante
capire il testo, su cui si predica agli altri, altrimenti invece di parlare
sui «bastioni di Gerico», si rischia di disquisire sui «bestioni
di Gerico», come mi è già successo di ascoltare una volta.
■ La struttura e l’equilibrio delle parti: Alcuni fanno introduzioni
ampie e dettagliate al punto, che alla fine non rimane molto tempo per il cuore del
messaggio e ancor meno per conclusioni e applicazioni. Ecco la testimonianza
di un lettore: «Una volta venne a trovarci un simpatico pastore, conosciuto in un campeggio estivo.
Costui salì sul pulpito e arringò bonariamente l’assemblea per oltre
mezz’ora. Quando pensavamo che si trovasse ormai alla fine del sermone, l’ospite
annunciò: “Ed ora passiamo al ministero della Parola!”. Come rimanemmo delusi!
Fu uno dei culti più lunghi ai quali fui “costretto” ad assistere» (fonte
al lemma «Predicatore prolisso»).
Spesso il sermone assomiglia a un’anitra, che è zoppa in uno dei seguenti
aspetti: ▪ 1.
l’introduzione è mancante, inadeguata o poco attraente; ▪ 2. il corpo
della predicazione è costruito in modo poco logico nello sviluppo o troppo
lungo, asciutto e ripetitivo; ▪ 3. la conclusione è mancante o ha poche
applicazioni pratiche.
■
Padronanza delle cose dette: Puoi dare agli altri con convinzione
solo quello, che hai assimilato e digerito tu. Se tu non comprendi ciò, cha
affermi, difficilmente lo potrai trasmettere agli altri. Se le cose, che
affermi, non sai spiegarle e farle comprendere alla persona più semplice della
tua comunità, probabilmente non ne hai ancora padronanza. Inoltre, chi si
veste con le piume altrui, copiando testi altrui e spacciandoli per propri,
prima o poi, oltre a essere scoperto, farà una brutta figura, quando
qualcuno farà una domanda su tale materia o questione, a cui non si sa
rispondere. È tragicomico sentire persone, che si riempiono la bocca di
ebraico o greco, di cui non capiscono nulla. Lo stesso vale per chi usa «paroloni
teologici», di cui non conoscono l’etimologia.
■ Alcuni usi impropri del pulpito: Alcuni predicatori diventano
facilmente dei «predica-attori», scambiando il pulpito per il palco di un
teatro: ogni volta è una commedia o una tragedia. Le predicazioni non devono
servire per intrattenere, ma per edificare.
Alcuni usano il pulpito anche come una specie di «psicoterapia», ossia per
sfogarsi e per tirare fuori tutto ciò, che hanno accumulato nel periodo
precedente; chi usa un tale ministero come uno «sfogatoio», risulterà sgradito
ai credenti e presto si squalificherà.
Il pulpito non deve servire per correggere gli eventuali errori del precedente
sermone di un altro. In tal modo si crea cattivo sangue, si dà via a una «faida
da pulpito», si polarizza la chiesa e si rovina la testimonianza.
2.
PUNTI DA PONDERARE PER EVITARE ERRORI
■ Uso pretestuoso della Scrittura: Gli studiosi della Bibbia (o esegeti)
rimangono di stucco, quando sentono persone, che dicono magari cose giuste, ma
usando
testi sbagliati. Il testo letto è usato solo come un pretesto per
affermare cose, che tale oratore avrebbe detto anche senza tale brano biblico.
Infatti, alcuni non spiegano il testo letto, ma «ci predicano sopra»,
usandolo solo come trampolino di lancio per le proprie riflessioni o
convinzioni. È un modo singolare e poco raccomandabile di trattare la Parola
sovrana di Dio.
■ Prima spiegare, poi applicare: Per interpretare correttamente un testo
biblico, bisogna usare «l’esegesi contestuale», ossia un testo biblico
dev’essere compreso all’interno del suo contesto letterario (oltre a quello
culturale, religioso e storico dell’autore. Se si parte subito dall’applicazione,
si falsa il vero senso originario e gli si fa dire ciò, che si vuole.
■ L’importanza dei generi letterari: È importante stabilire il preciso
genere letterario; ad esempio, una cosa è interpretare l’episodio del ricco
e Lazzaro come una parabola (Luca 16,19-31), come fanno sbadatamente tanti,
altra cosa è considerarlo come una narrazione reale con elementi di rivelazione
da parte di Gesù. [►
Il ricco, Lazzaro e i generi letterari] Se sono i fiumi o gli alberi,
che per il poeta battono le mani, per esprimere la gioia (Sal 98,8; Is
55,12), si tratta di una metafora; se sono gli uomini a farlo, si tratta di una
narrazione, in cui una persona mostra, secondo i casi, il suo disappunto e
irritazione (Nu 24,10; Ez 21,19.22; 22,13), l’acclamazione a re (2 Re 11,2; Sal
47,1), la canzonatura piena di disappunto (Gb 27,23; Lam 2,15), fare strepito
per il cordoglio (Ez 6,11) o rallegrarsi (Na 3,19). Da ciò si evince pure che
c’erano differenti modi di battere le mani, per esprimere significati diversi, e
che i nostri usi e costumi non corrispondono sempre a quelli del tempo
della Bibbia; quindi sarebbe un danno per la vera comprensione del testo
proiettare la nostra cultura sulle varie culture dei tempi biblici. Perciò
bisogna guardarsi di asservire il testo biblico ai propri scopi, ma bisogna
comprendere il pensiero dell’autore, per poi poterlo applicare correttamente
nella propria situazione; chi abusa del testo, sarà un operaio confuso, che non
avrà l’approvazione di Dio (2 Tm 2,15).
■ Poni al testo le domande giuste: Per interpretare correttamente i testi
narrativi, siano essi storie reali, verosimili o similitudini, possono essere
utili le cosiddette domande del giornalista:
▪ Chi (è la
persona principale, o quali sono le altre persone)? ▪ Cosa (è successo
prima, durante, dopo)? ▪
Quando (è successo)? ▪ Come (è successo, ha o hanno reagito, è
andata a finire)? ▪
Perché (ha detto o fatto ciò)? ▪ E così via (vedi immagine).
Inoltre, si può verificare quanto segue: Esiste una spiegazione nel testo
stesso di una similitudine? (cfr. Mt 13,24ss con vv. 36ss). Esiste una
lezione morale o spirituale, che è già presente nel testo stesso? (cfr. Mt
18,35; 24,32s; cfr. anche Mt 23,27s). |
|
|
■ Capire il testo senza snaturarlo: Le immagini, le illustrazioni, le
metafore e le altre figure retoriche non significano sempre le stesse cose, ma
esse dipendono dal contesto, in cui sono usate. Rimango perplesso, quando
qualcuno afferma categoricamente: «Nella Bibbia il lievito è simbolo del
peccato». A parte il fatto che tutt’al più sarebbe un simbolo dell’impurità, da
cui purificarsi (1 Cor 5,6), e non del peccato (molti li confondono
impropriamente!), il lievito è usato altrove per far comprendere l’espansione
esponenziale del regno di Dio (Mt 13,33). Quindi, a seconda del contesto,
un’immagine retorica può avere un significato positivo o negativo. Ciò vale, ad
esempio, per la rugiada
(vera: Gn 27,28.39; Gdc 6,37; pos.
Dt 32,2; Gb 29,22; Sal 133,3; Pr 19,12; Is 26,19; Os 14,5; Mi
5,6; neg. 2 Sm 17,2; Os 6,4; 13,3).
Una volta un fratello, che io conosco
personalmente, andò a predicare in una chiesa di Milano, parlò dei quattro
cavalieri dell’Apocalisse e disse che il cavaliere sul cavallo bianco (Ap
6,2) fosse una potenza distruttrice (o forse addirittura l’anticristo). Si alzò
un credente e protestò in modo veemente, accusando tale predicatore di
sacrilegio; egli fece riferimento alla lettera, che nelle note portava ad
Apocalisse 19,11ss, dove il cavaliere sul
cavallo bianco indica il Messia. Quindi, secondo la
logica ingenua di tale credente, non solo le lettere di riferimento, messe dai
traduttori o dagli editori, sarebbero «ispirate», ma tutti i cavalieri
sul cavallo bianco devono designare sempre la stessa
persona (cfr. anche Zc 1,8ss; Zc 6,1-8; Ap 19,14).
Chiaramente quanto
detto fin qui non vuole sostituire un corso di omiletica, ma queste riflessioni
vogliono stimolare a fare bene, evitando gli errori e gli strafalcioni più
comuni.
Per
l’approfondimento si leggano anche i seguenti articoli, che contengono aspetti
utili anche per chi deve preparare un sermone, per poi esporlo all’assemblea:
►
Come analizzare uno scritto {Nicola Martella} (A)
►
Introduzione allo scrivere un tema {Nicola Martella} (A)/p>
►
Scrivi efficacemente in Internet {Nicola Martella} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Predic2_Mds.htm
04-04-2016; Aggiornamento: |