Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Motti di spirito

 

Strutture paraecclesiali

 

 

 

 

Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
■ Vita di comunità
■ Abbecedario riflessivo
■ Ad acta
■ Dietro il velo
■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COME ANALIZZARE UNO SCRITTO

 

 di Nicola Martella

 

1.  L’INTENZIONE

     Per più di due decenni, ho corretto i compiti degli studenti della scuola biblica, sia  sia di quelli interni all'Istituto biblico, sia  sia di quelli che studiano a distanza. Attualmente analizzo, in modo ricorrente, gli scritti di diverso genere, ricevuti da altri autori al fine di una pubblicazione in forma cartacea o via internet. Per poterli pubblicare, li rileggo con attenzione, correggo eventuali errori di grammatica, di sintassi e di forma. Infine ne faccio la redazione finale. Facendo in modo ricorrente quest’attività per il sito «Fede controcorrente», mi sono saltate all’occhio le seguenti caratteristiche, su cui chi collabora fa bene a porre attenzione.

 

2.  I SINGOLI ASPETTI

     ■ I titoli non sempre sono adeguati all'intero contenuto, ma solo a una sua parte e magari solo alla sua parte iniziale. È chiaro che, così facendo, il lettore rimarrà deluso e irritato. Il titolo generale deve designare in modo preciso e conciso il tema dell’articolo, così come una etichetta, presente su un contenitore, ne dichiari il contenuto. Sebbene, all'inizio, si possa formulare un titolo provvisorio, alla fine si fa bene a riformularlo con precisione.

 

     ■ Certi articoli mancano di linearità e non si sa bene di che cosa vogliano parlare. Un buon articolo deve contenere almeno un’introduzione, un corpo e una conclusione. Alla fine si tratta solo di parole spirituali messe insieme, come fosse un canovaccio di una meditazione; ma un articolo deve avere un argomento chiaro e deve possedere una linearità.

 

     ■ Un altro elemento è la ripetitività. Certi articoli, invece di avere una linearità, si muovono in modo ciclico, ripetendo sempre di nuovo le stesse cose. Ciò stanca e annoia il lettore. Si fa bene a fare dei titoli intermedi e a creare una struttura lineare e logica.

 

     ■ Alcuni scritti non solo mancano di linearità e ripetono spesso le stesse cose, ma hanno una tematica complessa; ossia sono usati come deposito per tanti altri argomenti che non rispecchiano il tema principale. Vengono introdotti personaggi biblici, che non vengono spiegati; si accenna a cose, persone, fatti, dottrine, istituzioni e così via, dandone magari un giudizio, ma il lettore non sa di che cosa si tratta. In tal modo, chi legge si sente confuso e alla fine perde il filo del discorso.

 

     ■ La mancanza di linearità, la ripetitività e la mancanza di una tematica chiara fanno sì che i diversi articoli di un autore, qualunque siano il titolo e il tema reale, rischiano di assomigliarsi tutti.

 

     ■ Alcuni iniziano a scrivere su un tema, ma poi sfociano in un altro tema o presentano una seri di temi nello stesso scritto. In tal modo, ogni loro scritto diventa inutilmente lungo. In tali casi è meglio spezzare l’articolo in più parti e concludere ognuno di essi in se stesso.

 

     ■ A ciò si aggiunga spesso l’uso di uno stile predicativo. L’autore si rivolge al lettore con un «tu» o un «voi» e generalizza il tutto con un «noi», come se si parlasse da un pulpito. Tale «noi» è poi anche ambiguo, poiché non si capisce sempre se si tratta di un «noi credenti» o «noi uomini, peccatori, ecc.». Un articolo non deve avere lo stile di un’omelia. Inoltre certi scritti contengono continuamente appelli di diverso genere. Un articolo non deve assomigliare a una predica; qui devono convincere gli argomenti chiari, non la retorica.

 

     ■ Certi scritti sono altresì continuamente pieni di pie espressioni omiletiche, asserti recitativi e retorici, tipici dei credi e dei catechismi, come pie formule, asserzioni dottrinali ed eulogie. Tutto ciò rende la lettura pesante e fa perdere il filo logico. Non c’è bisogno di scrivere ogni volta dopo «sangue», «col quale Cristo ci purifica dai nostri peccati» e simili. Dopo il nome «Dio», non bisogna mettere tutta una sfilza dei suoi attributi né accodare eulogie (p.es. «il suo nome sia benedetto in eterno»). Dopo il nome di «Gesù», non bisogna ricordare ogni volta tutti i suoi meriti e tutta la sua opera.

 

     ■ A tali espressioni devozionali si aggiungono vari «fronzoli religiosi» continuamente ripetuti, ma conosciuti solo a chi sta già in certi «giri». Per l’uomo della strada una «preghiera unta» sarà un rito misterioso per iniziati; per una persona normale un «uomo unto» è un meccanico, un benzinaio. A ciò si aggiunga la «lingua di Canaan» o «evangelichese», un linguaggio religioso pieno di espressioni idiomatiche, che è scontato fra certi evangelici, ma incomprensibile ai «comuni mortali». Certamente si devono scrivere articoli d’insegnamento destinati a credenti, ma si può essere chiari anche senza «fronzoli religiosi» ed «evangelichese»; un buon rimedio è sempre l’esegesi. Ma è assolutamente sconsigliato di scrivere un articolo, in cui si vuole presentare Cristo, l’Evangelo e la via della salvezza a non credenti, usando appunto «fronzoli religiosi» ed «evangelichese». Per tale non credente ciò sarà una specie di «arabo cinese».

 

     ■ In alcuni scritti vengono riportati versi biblici, ma senza virgolette, senza citare il brano, e spesso essi non corrispondono in tutto a ciò che si trova nella Bibbia, ma si tratta di un adattamento a proprio arbitrio. La citazione dei versi biblici dovrebbe seguire questo schema: «Brano» (Sigla del libro capitolo, verso); ad esempio: «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). Bisogna usare le sigle suggerite dal gestore del sito.

 

     ■ Connesso alla citazione impropria dei versi, c’è anche l’accumulo di versi in uno scritto. Alcuni citano lunghi brani della Scrittura, altri fanno lunghe liste di versi. Tutto ciò mina la linearità dell’articolo e rende affannosa la lettura. È meglio trascrivere solo alcuni versi chiari e mettere tra parentesi gli altri brani che il lettore può consultare.

 

     ■ Oltre alla citazione impropria di versi biblici e al loro accumulo, alcuni citano dei brani fuori contesto, usandoli strumentalmente. Questo è ciò che io chiamo «versettologia»: si pensa di argomentare facendo uso di una certa quantità di versi, indipendentemente dal loro contesto d’origine. ● Penso a quell’avventista che, dopo aver citato 10-15 versi biblici sul sabato, concluse che solo gli avventisti sono la confessione cristiana legittima; è chiaro che non tenendo presente la decisione storica del concilio di Gerusalemme (At 15) e l’insegnamento di Paolo riguardo alla libertà rispetto al «giorno» e ai «cibi» di Rm 14, si fa una grande ingiustizia verso la verità e la dottrina. ● Penso a quel pioniere della «Torre di Guardia», che citò un certo numero di versi in cui nell’AT ricorre il nome Jahwè e mostrò che essi sono riportati anche nel NT come citazioni, concludendo che essi sono gli unici adoratori di «Geova». Leggendo però tutto il NT in greco, il nome Jahwè o «Geova» non ricorre mai. Da più di vent’anni sto aspettando che tale pioniere della «Torre di Guardia» mi porti copia di un antico codice greco del NT, in cui compare chiaramente Jahwè o «Geova». ● Come si vede, con la «versettologia» si possono fare asserzioni dottrinali che sembrano affascinanti, ma ciò non significa che tutto ciò corrisponde alla verità, allo spirito della sacra Scrittura e allo sviluppo della rivelazione. Dobbiamo esercitarci a essere coerenti noi stessi nei metodi che contestiamo agli altri.

 

     ■ Infine, dobbiamo mantenere una grande correttezza con la proprietà letteraria altrui. Ciò significa che non dobbiamo mettere il nostro nome a uno scritto che proviene da un altro autore. Ciò è un plagio, quindi disonesto e ingiusto. Se uno scritto proviene da un altro, è giusto dirlo, indicando il suo nome; ma non si deve pubblicare gli scritti di un altro senza chiederne il permesso. Se citiamo di tale scritto solo una breve parte (citazione), bisogna indicarlo e mettere le virgolette. Se dallo scritto altrui (che magari affrontava un tema più generico) traiamo solo uno spunto o dei principi, è bene indicarlo, ad esempio così: «Lo spunto per questo articolo mi è stato dato dalla lettura dello scritto “X” dell’autore “Y”, pubblicato…»; oppure: «I seguenti principi trattati in questo mio articolo li ho tratti da una lista che l’autore “X” ha fatto nel suo scritto “Y”, pubblicato…».

 

     ■ La correttezza morale che ci aspettiamo dagli altri dobbiamo esercitarla noi stessi. Che dire di trovare un nostro articolo che porta il nostro nome su un altro sito, senza che nessuno ce ne abbia chiesto il permesso? Ancora peggio è se non porta il nostro nome o se è stato mutato a proprio arbitrio. Che dire di trovare su internet un articolo che presenta le nostre tesi e le nostre argomentazioni, senza mai citare il nostro nome?

 

     ■ Ci sono anche aspetti tecnici di uno scritto che non sempre corrispondono all’arte di scrivere e alla comunicazione. Bisogna controllare se le frasi sono logiche e lineari anche per la varietà dei lettori. Frasi lunghe a astruse, bisogna semplificarle. Bisogna usare una buona sintassi e le giuste interpunzioni. «Blablaismi» e frasi che non c’entrano nulla con l’argomento, si devono eliminare. Errori grammaticali e di sintassi bisogna correggerli. Se non si ha un buon pensiero logico e una buona proprietà di linguaggio, si fa sempre bene a far leggere e correggere il proprio scritto almeno a un altro. ● Scrivere significa comunicare; se però tra l’emittente (scrittore) e il ricevente (lettore) si frappongono troppi filtri culturali e ostacoli tecnici (di cui abbiamo parlato), allora quest’ultimo chiude la comunicazione e passa ad altro.

 

3.  CONCLUSIONE

     Lo scopo di questo articolo è di aiutare specialmente i collaboratori del sito «Fede controcorrente» a essere più efficaci nello scrivere. In tal modo, oltre a evitare di annoiare il prossimo con luoghi comuni e ovvietà (un’eventualità sempre in agguato), saranno in grado di comunicare quei valori, in cui essi credono, e lo potranno fare in modo logico, strutturato, efficace e salutare.

 

Consigli su come fare una recensione {Nicola Martella} (A)

Introduzione allo scrivere un tema {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Analizzare_scritto_Mds.htm

10-07-2007; Aggiornamento: 03-02-2015

 

▲ Vai a inizio pagina ▲
Proprietà letteraria riservata
© Punto°A°Croce