In campo dottrinale
e morale il massimalismo è tanto grave quanto il liberalismo. Il liberalismo
tende a mettere fuori uso i chiari comandamenti di Dio mediante una sofisticata
dialettica. Il
massimalismo tende a biblicizzare le proprie convenzioni e tradizioni,
usando allegorie e speculazioni spiritualistiche. Il
liberalismo tende a rendere piccolo ciò, che per Dio è grande. Il
massimalismo
tende a rendere grande ciò, che per Dio è piccolo. Abbiamo bisogno di realismo
biblico e di realizzatori della volontà chiara ed evidente di Dio.
Qui di seguito parleremo di «darbysmo», con cui s’intende una particolare
forma di massimalismo legalistico. Ricalcando un vecchio spot che parlava di
AIDS, mi viene da formulare il seguente motto: «Il massimalismo, se lo
conosci, lo eviti; se lo eviti, non ti uccide».
I seguaci del massimalismo legalista e militante che, come rulli compressori,
non si fermavano dinanzi a nulla, pur di lievitare la massa dei credenti,
esistevano già al tempo del NT. Paolo ebbe molto a che fare e a soffrire
con loro, così le chiese da lui fondate, visto che si con le seguenti parole: «Dei
falsi fratelli, introdottisi
di nascosto, […] s’erano
insinuati fra noi per
spiare la libertà, che abbiamo in
Cristo Gesù, col fine di ridurci in
servitù. Alle imposizioni di costoro noi
non cedemmo neppure per un momento,
affinché la verità dell’Evangelo rimanesse ferma tra voi» (Galati 2,4s). Per
certi aspetti, sembra che l’apostolo parlasse, oltre che dei giudaisti
cristianizzati d’allora, proprio dei massimalisti odierni, verso i quali
vogliamo mettere in guardia in questo scritto.
Tempo fa, mi scrisse un giovane delle «Assemblee dei Fratelli», parlandomi di
alcuni problemi, che ci sarebbero stati nella sua comunità. Poi aggiunse che un
fratello, di cui lui aveva molta stima, gli aveva suggerito di non
frequentare più tale chiesa locale, poiché si sarebbe contaminato ogni qual
volta che avrebbe preso la cena del Signore con certi credenti che, a suo dire,
erano fonte di contaminazione. Già a quel punto mi venne il sospetto chi fosse
tale massimalista, che aveva suggerito cose del genere a tale giovane.
Quest’ultimo mi chiese, quindi, un consiglio sul daffare. Gli scrissi che prima
di rispondergli punto per punto, era mio desiderio sapere se tale fratello di
sua stima si chiamasse «Paride Ginestra» (nome cambiato). Tale giovane non mi
rispose mai più. Avevo colto nel segno.
Giorni dopo, un responsabile di chiesa mi scrisse, chiedendomi un
consiglio. Poiché erano le stesse cose, che mi aveva detto tale giovane,
conclusi che «l’ispiratore» doveva essere lo stesso sopra citato, cosa che mi fu
confermato. Allora scrissi più o meno quanto segue a tale responsabile di
chiesa.
Sinceramente, sospettavo che fosse proprio lui e che i temi fossero proprio
quelli. È da tempo che sento cose del genere sul suo conto. Anche un mio
contatto epistolare con lui, nel passato, mi ha mostrato che è mosso da uno
spirito massimalista legalistico e che è molto militante in ciò. Vi
consiglio di tenere lontano tale soggetto dalle vostre chiese, poiché lui (come
i suoi modelli darbysti, che lo hanno preceduto) non conoscono creanza, ma si
sentono investiti dall’alto (del loro narcisismo legalistico) per fare
crociate sui temi loro propri, ossia quelli che hanno scelto come cavalli di
battaglia. Non conoscono ritegno, quando scavalcano le autorità delle
chiese locali (ma guai a toccare le loro!) e pretendono di essere super-anziani
(cardinali!) e di mettere tutti e tutto in «forma», quella darbysta s’intende.
Ciò che li anima, è il massimalismo. E ciò che non è uguale a loro, è già
in partenza fuori dottrina. Nel loro legalismo, severità, intransigenza, rigore
sono i loro motti, ma non tanto per le cose evidenti della Scrittura, evinte con
un’esegesi contestuale, quanto per le loro convenzioni e tradizioni
sacralizzate, che essi volentieri «impolpano» di presunta dottrina, ossia di
apriorismi farciti di allegorismi, versettologie indebite, spiritualizzazioni
arbitrarie, speculazioni e cose simili. Per loro la forma è tanto
importante quanto la sostanza, almeno quella che essi intendono; perciò non
conoscono misericordia con nessuno… almeno con quelli che non appartengono alla
loro stretta famiglia. Insomma, come i Farisei, i loro biblici
predecessori, spaccando il capello in quattro, colano moscerini e inghiottono
cammelli. Ciò li costringe a vivere con una dicotomia esistenziale: nella
vita pubblica con un’apparenza di irreprensibilità, per non essere giudicati, e
con una vita privata molto schermata, dove si pratica ciò che fuori non si deve
sapere; ciò genera l’ipocrisia. Il loro peggiore terrore è di contaminarsi
con chi è meno «santo», ossia meno darbysta di loro.
All’estero i darbysti hanno proprie chiese esclusivistiche, gruppi chiusi
e impenetrabili, che vivono nel continuo sospetto di potersi contaminare con chi
è diverso da loro. Il problema è che in Italia, tranne qualche singolo
gruppuscolo, la maggior parte dei darbysti militanti vive nelle altre chiese.
Li si incontra non solo nelle «Assemblee dei Fratelli», ma anche in altre
formazioni ecclesiali, ad esempio in chiese pentecostali. Essendo persone
militanti, il loro obiettivo è quello di lievitare tutta la massa col
loro massimalismo. Molti di loro non sanno neppure che cosa sia il darbysmo,
sebbene ce l’abbiano oramai nel DNA, ma ne condividono e praticano lo spirito
massimalista.
Ho conosciuto persone del genere che, per spaccare continuamente il capello per
ogni questione, hanno finito poi di spaccare chiese, in cui si trovavano,
dopo aver portato in esse anni e anni di tribolazione. Inutile parlare di
sensi di colpa e simili: i detentori del «verbo darbysta» non conoscono
vergogna né pentimento; anzi, nutrendo la «sindrome di Elia», si sentono gli
unici veri credenti ancora rimasti. Inutile cercare di ragionare con tali
massimalisti, poiché conoscono soltanto lo schema bianco e nero, senza
alcuna altra sfumatura. Come rulli compressori appiattiscono alle loro
convenzioni religiose tutto ciò, che trovano sulla loro strada.
Sono un pericolo per l’autonomia e la libertà delle chiese locali e per
la salute psichica e spirituale dei credenti stessi. Predicano alle anime
libertà, nel caso che si convertano, ma poi subito dopo mettono i neofiti sotto
gioghi e pesi di precetti massimalisti. Chi capita nelle loro mani, diventa
un loro clone. Non a caso, in tali chiese lievitate dal darbysmo vi è un alto
indice di «nevrosi ecclesiogena», ossia di disturbi della psiche generati
da tale sistema religioso massimalista e oppressivo.
Si fa bene a
mettere in guardia contro tali estremisti pubblicamente e per iscritto. «L’uomo
fazioso, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, poiché tu sai che
un tale è pervertito e pecca ed è condannato da se stesso» (Tt 3,10s).
Per approfondire il sistema d’interpretazione, da cui nasce la sovrastruttura dottrinale
massimalista, e per metterlo a confronto con il sistema d’interpretazione basato
sull’esegesi contestuale, rimando a questo mio articolo: Nicola Martella (a cura
di), «Il bianco, il nero e il grigio»,
Uniti nella verità, come affrontare le diversità (Punto°A°Croce, Roma 2001), pp. 82-91.
Sull’origine del darbysmo si veda questo mio articolo: Nicola Martella (a cura
di), «Da Darby al dispensazionalismo», Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 101-107.
►
Attenzione al pericolo massimalista! Parliamone 1 {Nicola Martella} (T)
►
Attenzione al pericolo massimalista! Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)
►
Il legalismo {Nicola Martella} (A)
► Il
legalismo? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Pericolo_massimalista_UnV.htm
04-11-2010; Aggiornamento: 07-11-2010 |