Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il
legalismo». Sebbene il termine «legalismo» intenda, in generale, «l'atteggiamento di
rispetto verso della legalità o conformità assoluta a essa», nell’accezione
teologica esprime l’uso esasperato di norme e precetti religiosi. Io lo
definirei così: «l’assoluta conformità nella dottrina e nello stile di vita
personale ed ecclesiale alle convenzioni denominazionali e alle tradizioni
tramandate dai padri di un certo movimento». Infatti, il problema del
legalismo è dato dal fatto che le interpretazioni scritturali, le
esperienze, le convenzioni e gli stili di vita ecclesiali e personali della
prima generazione (o delle prime generazioni) di un dato movimento vengono
ritenuti «normativi» e «modello» distintivo, da seguire assolutamente. Chi non
corrisponde a tali canoni, è considerato eterodosso, se non addirittura
fuori dottrina.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli
firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito
può dare uno pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul tema
▲
(I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I
contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante
1. {Alessandro
Ceralli}
▲
Molto bello questo
articolo. Io risponderei come segue.
Concordo molto con questo pensiero di Nicola Martella. Infatti ho potuto notare,
nei svariati rapporti interpersonali che ho avuto nel corso di questo decennio,
dalla mia conversione a Gesù, come esista un pericolo, anzi un doppio pericolo.
Quello degli opposti.
Non sono nato in una famiglia evangelica, quindi la mia infanzia non affonda le
radici in una particolare realtà dottrinale alla quale poi è seguita la
conversione, ma ritengo che simili situazione possano produrre, in qualche caso,
una particolare forma di «sudditanza» all’ambiente, in cui si è
cresciuti. Certamente nascere in una famiglia credente e con sani principi
biblici e un amore per Gesù, è sicuramente anche e principalmente una fonte di
benedizioni. Questo, quindi, non può essere disdegnato e non significa che sia
negativo, ma è umano che si possano produrre, come spiega in qualche modo Nicola
Martella, degli
effetti diciamo... «indesiderati». Gli effetti indesiderati possono
insorgere, ovviamente, anche senza esser nati in una famiglia evangelica.
Accade, infatti, che negli ambienti evangelici distanti su alcuni punti
dottrinali (dove si dimentica che ciò che unisce è più grande e importante di
ciò che divide), tali differenze diventino oltre che motivo di separazione,
di giudizio, di accuse, anche motivo per esasperare l’atteggiamento verso
comportamenti diametralmente opposti.
È molto bello l’esempio del cavallo. Si cerca di non cadere da un lato e
ci si spinge all’altro, in maniera talmente decisa che si rischia di
precipitare dall’altra parte.
Penso alle volte in cui ho sentito fratelli pentecostali giudicare altre realtà
evangeliche, ad esempio quella dei «Fratelli», come prive di Spirito Santo. E, a
parti inverse, ho sentito accusare i fratelli pentecostali come privi di
contenuto e dediti soltanto all’emozionalità del momento.
Accade così che, proprio in reazione alle scelte del gruppo «criticato» si
agisca, oltre che ovviamente per le proprie convinzioni, anche spinti, per certi
aspetti, alla
necessità di distinguersi da chi «è in errore».
Ecco che, quindi, diventa quasi eretico parlare in certi ambienti di «battesimo
dello Spirito Santo», pur essendo concetto biblico applicabile, come ritengono,
a molti, oltre al sottoscritto, direttamente al momento della conversione. Si
rischia d’imbarazzare, se non addirittura scandalizzare. Scandalizzare proprio
perché terminologia usata dagli altri fratelli in «errore».
E, diametralmente, diventa quasi inaccettabile, in altri ambienti, dichiarare
che non si è alla ricerca di qualche dono particolare, ma innanzitutto della
serena presenza di Dio nella propria vita. Che si traduce poi nella costanza di
essere al suo cospetto, essergli, cioè, graditi in quello che si fa, che si
pensa, che si dice, esercitando i doni che Lui vorrà darci. Si rischia di
scandalizzare per l’eccessiva «tiepidezza».
Ricordo che qualche anno fa partecipai a un culto a Trapani, un culto molto
agitato rispetto a quanto ero abituato a vivere. Alla fine del culto,
giustamente, mi si avvicinarono alcuni facendomi delle domande. Rispondevo che
ero di Roma e che frequentavo una chiesa evangelica dei «Fratelli». Curiosa la
risposta: «Sì, anche alcuni di noi frequentavano quella realtà, ma vedrai Dio
ti benedirà!».
No di certo non scrivo questo per giudicare una o l’altra realtà evangelica, ma
solo per sottolineare come, in effetti, troppo spesso ci si guarda con disprezzo
e, quindi, certi atteggiamenti nella vita spirituale vengono in parte
corretti, come detto precedentemente, proprio dalla «necessità» di
distinguersi da chi si ritiene in errore, piuttosto che da una convinzione
biblica.
Il pericolo più grande, tuttavia, è quando nella stessa comunità locale
s’incontrano / scontrano pensieri che avvicinano alcuni a una visione più
legalista e legati alla tradizione, dove si è cresciuti, e altri a una
visione liberista. In questo caso può scatenarsi, in entrambi gli individui
interessati, una reazione «a cavallo», per dirla alla Nicola. Ciò può spingere
il potenziale tradizionalista a chiudersi ancor di più, e il potenziale liberale
a rompere i legami con la propria comunità, se non a creare «partiti» e
divisioni.
Sagge le parole di un caro fratello, Giuseppe Martelli, il quale ricorda,
spesso, che tra i due opposti al centro c’è.... la Bibbia.
Giusta, quindi, la cura suggerita da Nicola Martella alla fine dell’articolo
circa le «alternative bibliche al legalismo». {22-09-2010}
2. {Silvano
Creaco}
▲
Ciao, Nicola,
riporto come commento alla tua nota sul legalismo le parole del pastore Chuck
Smith, tratte dal libro «La grazia cambia ogni cosa». Ecco ciò che scrive:
«Tracciando un’analogia con il campo dell’atletica, Paolo paragonò i Galati
a competitori, che iniziavano bene ai blocchi di partenza, ma poi rimanevano
impigliati mentre correvano la corsa. “Questa persuasione non viene da colui che
vi chiama”, egli scrisse (Galati 5,8). Paolo insistette che “le nuove e più
profonde rivelazioni”, introdotte dai giudei, non provenivano da Dio.
Eppure, quante persone vengono ingannate da questo tipo di false persuasioni?
Spesso perfino sinceri credenti sono fuorviati dalle astute storielle di
qualche anziano
di chiesa illuminato. Si bevono il falso insegnamento non perché hanno esaminato
le Scritture, ma perché sono stati influenzati dalla sua personalità
carismatica. Il triste risultato di un’influenza così empia è che le vittime
terminano in schiavitù, quasi spogliate della loro personalità.
Non importa quanto altamente rispettato sia un individuo, né quanto cospicuo o
ampio sia il suo seguito: noi non possiamo prendere la parola di nessuno per
Vangelo. Ciascun credente è responsabile di esaminare le Scritture per
vedere se un insegnamento è vero o falso.
Com’è tragico che mettiamo da parte tali precauzioni, e crediamo tutto
ciò, che qualche predicatore ha da dire, solamente perché ha un certo aspetto, o
stile oratorio».
Il pastore Chuck Smith va avanti su questo tema, formulando le seguenti
affermazioni. «Quando Paolo esorta i suoi amici in Galati 5,1, dicendo: “State
dunque saldi nella libertà con la quale Cristo ci ha liberati, e non siate di
nuovo ridotti sotto il giogo della schiavitù”, il suo messaggio è
altrettanto pertinente per noi oggi, come per coloro ai quali scrisse la
lettera. Spesso
è la chiesa stessa a imporre su di noi per prima uno standard di giustizia
legalistico. Tali norme e regolamenti sono spesso accolti bene, perché c’è una
certa sicurezza nei limiti ben definiti, forniti da una legge.
Ma coloro che si consacrano a stili di vita così rigidamente disciplinati, lo
fanno a costo della libertà personale. Non comprendono che, con il senso
di sicurezza offerto da questi gruppi, viene un intenso livello di condanna
per chi infrange le regole. Molte persone, un tempo assoggettate a tali
sistemi, ci raccontano che credevano che lasciare il gruppo equivalesse a
lasciare Dio. Se un proselito comincia a mettere in dubbio il gruppo, o
vuole andare da qualche altra parte, gli si dice che rischia di andare
all’inferno».
Saluti fraterni. {22-09-2010; formattazione redazionale}
Nota redazionale: Altrove Silvano Creaco ha posto i seguenti «pungoli» di
riflessione, che riporto qui di seguito con opportuno adattamento:
In Italia nelle nostre Assemblee abbiamo anche
questo problema? Se esiste un simile pericolo, ossia qualcuno che predica se
stesso e il legalismo, facciamo qualcosa per arginarlo, evidenziarlo,
metterlo alla luce, impedirgli di fare proselitismo dividendo le chiese? Oppure
pensiamo di dover lasciare che sia il Signore a occuparsene, senza esercitare
noi il dovere di sorveglianti? (cfr. Ezechiele 33,6). Poi egli
suggerisce, tra altri, i seguenti brani: Ef 5,11; 1 Cor 5,12; Gal 2,4s
3. {Pietro
Calenzo}
▲
Carissimo Nicola,
la tua analisi del «legalismo» è molto articolata e ben illustrata con paralleli
ricavati da risvolti della vita quotidiana, in particolare quella familiare. Tra
i vari aspetti da te sottolineati, direi che quello più pericoloso, ma
assai reale, è la seguente tipologia di credente: «Non crede fino in fondo che
lo Spirito Santo sia in grado di guidare ogni credente in tutta la verità».
Questa, a ben pensarci, è la caratteristica, a mio parere, più sottile, che
offende maggiormente il Signore; poiché chi applica tale metodologia ecclesiale,
in effetti, dubita che lo Spirito Santo sappia «svolgere il suo lavoro fino in
fondo». In ugual misura, coloro che sono vittime del legalismo di alcuni
conduttori, spesso hanno delle deficienze sia di approfondimento biblico,
sia nel campo relazionale.
Il Signore ha donato alla Chiesa dei carismi: apostoli (per mezzo dei
quali ci è pervenuta, una testimonianza diretta, scritturale, ispirata) profeti,
dottori, anziani per l’edificazione e il perfezionamento dei santi. Tutti noi,
faremmo bene a ricordarci che tali carismi sono stati donati dallo Spirito Santo
alle tante assemblee sparse in tutto il mondo, per la nostra crescita
spirituale.
Ciò naturalmente non autorizza i credenti alla pigrizia nella lettura e nella
meditazione della Parola di Dio, poiché è molto difficile che un credente possa
essere vittima di conduttori o ministri legalisti o settari, quando si possegga
una discreta o buona conoscenza delle Sacre Scritture. Senza dubbio
l’esegesi testuale, è un ottimo deterrente, per coloro che non vogliano
cadere vittime del legalismo o anche essere facitori del legalismo stesso. In
tale ottica esistono numerosi strumenti che possono aiutarci, come
dizionari biblici, dizionari di teologia, concordanze bibliche, commentari
esegetici biblici (in Italia purtroppo non ne esistono moltissimi), vocabolari
del lessico neotestamentario o veterotestamentario, interlineari e altri
strumenti che ci possono essere di grande aiuto e conforto nell’apprendimento
della eterna Parola di Dio. Il Signore ci benedica. {22-09-2010}
4. {Anna
Barbuzza}
▲
Grazie all’opera di
Gesù Cristo, noi credenti abbiamo ereditato una nuova natura, che ci
porta a vivere in perfetta armonia con i comandamenti e precetti di Dio. Il
credente è affrancato, non sulla base di opere fatte in ubbidienza alla legge,
ma sulla base dell’opera di Cristo. Comprendiamo così le parole di Paolo: «Ciò
che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha
fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e a motivo
del peccato, ha condannato il peccato nella carne» (Romani 8,3). Sappiamo,
quindi, che il Signore ci ha liberati dal gioco della schiavitù del
peccato, donandoci il perdono dei nostri peccati, la vita eterna, la sua
grazia...
Eppure, nonostante queste meravigliose benedizioni, non sempre riusciamo a
gestire la libertà in Cristo in maniera saggia e fiduciosa: a volte, si
finisce nel cadere nel legalismo (o nei surrogati del cristianesimo)! A
parer mio, questo avviene, perché l’uomo segue quella malsana tendenza di
sostituirsi a Dio. Infatti, chi cade nella trappola del legalismo, conosce
molto bene la Bibbia e la cita capitolo e versetto, che solo lui è capace di
mettere in pratica al contrario degli altri! Egli dirige i suoi pensieri, su
tutto ciò, che possa avere forma di pietà, ma in realtà, non è orientato ai veri
bisogni del cuore e dell’anima delle persone, guarderà piuttosto
all’esteriore
dell’individuo e giudicarlo. Un altro tipico atteggiamento del legalista è che
tutto dev’essere sotto il suo controllo e si scandalizza facilmente
quando i suoi parametri si scontrano con le altre realtà di pensiero (mi
riferisco, sempre in ambito cristiano). Alla fine, sono sempre loro a
scandalizzare gli altri con le loro dottrine farisaiche, e sono i più
difficili a ravvedersi: C’è più speranza per un cristiano, che è scivolato nel
lassismo, che per un cristiano legalista.
Gesù denuncia aspramente questo atteggiamento: «Guai a voi, scribi e
farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell’aneto e del comino,
e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e
la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre».
Tuttavia il Signore Gesù ha detto anche: «Ciò che è impossibile agli uomini è
possibile a Dio...». Solo se un legalista realizza la piena consapevolezza
che solo la
Parola di Dio è quella legge che lo farà crescere sempre di più,
certamente troverà grazia e misericordia presso il Padre celeste.
Non sarà certo un sistema legalista che potrà farci crescere, ma la conoscenza e
la
comunione sempre più intima con il Figliuolo di Dio. {23-09-2010}
5. {Matteo
Lanata}
▲
■ Contributo:
Perché c’è bisogno di legalità? Perché si forma un gruppo sociale, sullo
sfondo di valori. Nel caso delle chiese, sulla base di valori biblici.
Un gruppo ha
necessità gestionali e operative, per gli intenti che ne accomunano i
membri; e quindi prima o poi si forma un
piccolo «codice» che cerca di semplificare, uniformare, standardizzare molte
pratiche, per renderle comprensibili e lampanti alla maggior parte, se non tutti
i membri.
Così, quando c’è consenso nel gruppo,
approvazione e sviluppo, si accentua il fenomeno, che serve anche a rafforzare
il gruppo gestore, o dirigente.
A questo punto, il dirigente
fisiologicamente vive un certo distacco dal gruppo, e nel gruppo si formano
correnti di pensiero su tutte le domande aperte (e su tutti gli eventi).
L’ansia di tenere il gruppo unito, infine, fa il
resto e si manifestano comportamenti autoritari, settari, e così via...
Ma il gruppo prevale sull’individuo o
l’individuo prevale sul gruppo?
Se lo chiedessimo ad esempio al clero cattolico,
risponderebbe (perdonate la presunzione, ma non è a scopo critico nei confronti
dei cattolici) che deve prevalere il gruppo rispetto all’individuo, e
aggiungerebbero che gli evangelici fomentano troppo l’individualismo.
Quindi?
Da una parte occorre che pastori e/o predicatori
abbiano una personalità «carismatica» (poi potremmo condividere in cosa
consiste), d’altra parte è imperativo che gli individui siano sempre
svegli (Vegliate!) e meditino ogni parola e ogni «Parola».
Serve che ognuno ami darsi la disciplina
proposta dal Vangelo, ma che non si comporti come un «fachiro», che si sdraia
sugli aghi.
Infine, serve che chi
predica sia concreto.
Infine, troppi esperti amano le disquisizioni
astratte, ideali, «tecniche» su di un lemma teologico o su quell’altra
variante. Si tengano magari le loro elucubrazioni per i loro salotti culturali
d’inverno, quando non si può uscire di casa! {24-09-2010}
▬ Risposta 1
(Nicola Martella):
Vedo che tu stesso non fai eccezione riguardo a ciò, che affermi nelle tue
conclusioni. Non si fa bene a parlare così, poiché si potrebbe apparire come un
«saccente».
Di là dal fatto che in questo tema non parliamo di «legalità», ma di
«legalismo», la tua analisi della genesi di «codici» di procedura
ecclesiale mi pare più interessante (se tu ti fossi fermato lì, saresti passato
per «illuminato»!). Certo ogni comunità (o gruppi dell’esse) si dà delle
norme gestionali, morali e dottrinali, magari per distanziarsi da deviazioni
dottrinali e dall’immoralità presente nella società). Il problema è quando tutto
ciò viene «sacralizzato» a «norma» valida in quanto tale, viene
codificato come standard e
tramandato alle future generazione come «chiave di lettura» biblica e «somma
di precetti» inderogabili.
Ora, per fare un parallelo storico, è fuori dubbio che i Recabiti siano
stati nobili a ubbidire alle norme del loro capostipite (Gr 35); noi se vogliamo
imitarli, non possiamo che riferirci al nostro capostipite della fede,
Gesù Messia (Eb 12,1s) e non ai vari «padri della chiesa» che, accanto a cose
giuste, ne hanno dette di «panzane» dottrinali...
▬ Replica 1
(Matteo Lanata): È vero, l’ultima conclusione è un po’ acerba. Ma sono stato
schietto. Non faccio del legalismo perché non impongo a nessuno. Parto da questo
versetto per valutare la questione: «Se voi mi
amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15 NR). Anche poco dopo è
scritto: «Gesù gli rispose: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il
Padre mio l’amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui”» (v. 23
NR).
Non mi sforzo di applicare. Per quell’amore che sento, osservo i comandamenti e
non giudico gli altri.
Questo mi aiuta vivere concretamente.
E studio per vivere.
Non per studiare. Non per imporre, non per avere
supremazia.
Per questo sto lontano dalle dispute: mi fanno
disperdere tempo ed energie.
Mi confronto nell’essenziale e spero di ricevere
in cambio spunti per essere «trasformati mediante il rinnovamento della
vostra mente» (Rm12,2). {24-09-2010}
▬ Risposta
2 (Nicola Martella): È tutto nobile ciò che dici. Peccato che sul tema
«legalismo» (esistenza, forme, pericolo, medicina) ciò contribuisce alquanto
parzialmente. Non è in discussione né la «legalità» (termine da te usato
sopra), né l’ubbidienza ai comandamenti di Dio quale espressione grata
dell’amore; ma a essere qui in discussione sono i «codici» di credenze e
di comportamento di una certa generazione di «padri», che vengono
sacralizzati dai «figli», tramandati come ingiuntivi ai «nipoti»
di un certo movimento e considerati al presente come «norma per discernere
l’ortodossia». Chiaro ora? {24-09-2010}
▬ Replica 2
(Matteo Lanata): Sì, mi spiace essere andato off-topic.
In
topic, invece, constato meramente che il legalismo ci
sarà sempre, poiché quando uno si converte con entusiasmo, lo fa nell’alveo di
una chiesa, che comunque ha un orientamento specifico. Uno abbraccia
quei valori, e poi... Può diventare assolutizzante (anche in buona fede),
se vissuto sulla pelle durante la conversione. A chiunque spiacerebbe
ritrovarsi, dopo tante vicissitudini dalla conversione, a pensare: «Ma allora
sono di nuovo nell’errore?», vero? Però, succede se uno si sente
attaccato, invece che accolto e condiviso con altri. Succede se c’è la
percezione del giudizio umano, credo. {24-09-2010}
6. {Silvano
Creaco}
▲
Nel corso degli
anni ho imparato a riconoscere alcuni lampanti segni della presenza del
legalismo. Eccone qualcuno qui di seguito.
■ Siete portati a crearvi una giustizia propria e, concentrandovi sulla forma,
perdete di vista la vera sostanza e siete spinti al giudizio.
■ Vivete pensando, credendo e sentendo che Dio si considera deluso da voi,
invece che gioire di voi. Ritenete che l’accettazione di Dio dipenda dalla
vostra obbedienza.
■ Non provate gioia. Questo è sovente il primo segno della presenza del
legalismo, la mancanza di pace e gioia è il risultato del nostro rimuginare
sulle nostre mancanze.
■ Amarezza e orgoglio entreranno a far parte della vostra vita,
diventando ciechi spiritualmente su verità fondamentali una su tutte il perdono.
■ Essendo incapaci di vivere una vita cristiana, che osservi la legge in ogni
singolo punto, crollerete abbandonando il cammino cristiano. {24-09-2010}
7. {Tonino Mele
}
▲
Il legalismo è un
fenomeno reale, ma altre volte è un fenomeno presunto. Quello che talvolta
chiamiamo legalismo, altro non è se non la proiezione di un disagio
d’altra natura. Pur essendo convinto che il legalismo sia un cancro per la
chiesa, sono altresì convinto che troppo spesso si agita lo spettro del
legalismo per coprire il proprio individualismo, la propria insofferenza per
l’autorità e la sottomissione, la propria anarchia spirituale, che troppo
facilmente mistifichiamo con una non meglio precisata «libertà dello Spirito».
Si prendono di mira tradizioni e forme religiose, per approdare poi ad altre
forme di segno contrario, dove l’unica differenza è il carattere di novità e
di maggior libertà, che hanno questi nuovi modi di vivere la fede rispetto ai
primi.
Devo darti atto Nicola che il tuo articolo è molto equilibrato. Non ti limiti a
dire cose accessorie sul legalismo, ma dici una cosa che va al cuore del
problema e tronca ogni fraintendimento. Tu dici: «Ingiuntivo è per un
discepolo di Cristo tutto ciò (e solo ciò), che è chiaramente comandato nel
nuovo patto». Questa frase mi dà il criterio per valutare ciò che è
legalismo e ciò che non lo è. È legalismo ciò, che vuole rendere
ingiuntivo e normativo per il discepolo di Gesù ciò, che non è chiaramente
prescritto nel Nuovo Patto. Il legalista è colui che vuol aggiungere alla
croce di Cristo altre vie di salvezza e di «perfezione» cristiana. Questo era
l’errore dei giudaizzanti e dei Galati. Al di fuori di ciò, dobbiamo stare
attenti a dare del legalista a chiunque. {26-09-2010}
8. {Gianni
Sfittato, ps.}
▲
Anche io sono contrario a un certo «legalismo»,
ma credo che lo Spirito Santo ti parla, ti muove sempre nei «limiti» descritti
nella Bibbia; Dio non può andare contro se stesso. Il termine «legalista»
evidentemente è stato inserito da sedicenti
«evangelici» per poter affermare i loro pensieri, che sono diversi da quelli
contenuti nella Bibbia, che ricordo contiene il Pensiero di Dio! Negli ultimi
tempi troppe dottrine «liberali» sono emerse. Lasciamo che la Bibbia sia
un manuale d’istruzioni nella nostra vita cristiana... Gli avvertimenti
descritti nella Bibbia serviranno a qualcosa!
Pace a tutti. {29-09-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Non mi è del tutto chiaro se questo lettore abbia compreso
del tutto il significato del termine «legalismo», visto che da una parte
è contrario a una certa sua specie, dall’altra sembra che lo confonda col
termine «legalità», quando parla dei «limiti» descritti nella Bibbia,
contro cui Dio non va. Ciò sembra essere corroborato dal fatto che egli
attribuisca la coniazione di tale termine a «sedicenti
evangelici» di estradizione liberale.
Perciò questo lettore vede nella Bibbia una specie di «manuale
d’istruzioni» della vita cristiana. Quindi, è difficile capire bene quale sia il
suo pensiero. È evidente che questo lettore non ha letto la definizione
di legalismo, messa a capo di questo tema e così come la esprime un dizionario:
«l’uso esasperato di norme e precetti religiosi».
Inoltre, ho spiegato il legalismo come segue: «l’assoluta conformità
nella dottrina e nello stile di vita personale ed ecclesiale alle convenzioni
denominazionali e alle tradizioni tramandate dai padri di un certo movimento».
Sul liberalismo (e sul misticismo) ho parlato invece all’inizio
dell’articolo, a cui rimando.
Faccio presente che un «manuale d’istruzioni» è diviso per sezioni,
capitoli e commi, spesso disposti in modo logico o alfabetico per una pronta
consultazione; pur ammettendo che la Bibbia contenga specialmente nel NT le
istruzioni divine per la gente del nuovo patto, la sua struttura non corrisponde
a quella di un «manuale».
P.S.: A distanza di un anno (25-09-2011), l'autore di
tale contributo, mi ha scritto, chiedendomi di renderlo «anonimo». Deduco che o
certa gente non sa quel che dice o non sa prendersi le sue responsabilità,
confermando la propria tesi o rivedendola.
▬
Osservazioni (Giacomo Lerici): Infatti, non esiste
un legalismo positivo o biblico. Il legalismo
è sempre antibiblico e negativo, deleterio per la chiesa. Dio porti un
rinnovamento spirituale dove ancora esiste questa piaga.
Informazione utile. Come Ministero Coram Deo è di
prossima pubblicazione un libro dal titolo: «Quando Dio ti chiama a
lasciare la tua chiesa». Esso probabilmente farà discutere, visto che tratta in
modo particolare gli abusi dei pastori anche attraverso il legalismo.
{29-09-2010}
9. {Tina
Campanella}
▲
■ Contributo:
Molto interessante questo articolo. Ho notato da molto tempo che il legalisti
stanno sempre a fare delle riflessioni sulle regole, che troviamo nelle
epistole... Quello che mi dispiace molto è il fatto che molti credenti
«sinceri» vogliono essere integri e perfetti davanti a Dio (questo porta
ad avere una visione sbagliata di Dio)... e si mettono da soli la «camicia di
forza»!
Io sono un
po’
perfezionista in tutto quello, che faccio, e per me stessa era anche cosi!
Si può dire che ho vissuto una vera «disintossicazione» di tutto questo
modo di pensare, quando ho approfondito gli Evangeli con la vita di Gesù;
questo ha cambiato completamente la mia visione nel funzionamento della chiesa!
Questa è la mia testimonianza al riguardo. Saluti fraterni. {Francia;29-09-2010}
▬ Risposta (Nicola Martella): Tina, non ho compreso
interamente il tuo pensiero, ma mi viene di dirti quanto segue.
Penso che bisogna fare una chiara distinzione fra ciò che è veramente e
chiaramente comandato nel NT ai credenti del nuovo patto, da una parte, e ciò
che gli uomini religiosi hanno imposto nel tempo e per tradizione come regole e
precetti, dall’altra. Corrispondere al primo aspetto è fedeltà alla
Parola di Dio; corrispondere al secondo aspetto è tradizionalismo,
legalismo o massimalismo.
Inoltre una
fede «liberale», secondo il motto «ama (o credi in Dio) e fa ciò che vuoi»,
è una cattiva medicina al legalismo; il liberalismo ha soltanto una parvenza di
fede biblica. Il legalismo vuole stare dinanzi a Dio con una giustizia
propria, pensando così che Dio debba benedire; il liberalismo vuole stare
dinanzi a Dio con il proprio arbitrio morale e pretende che Dio benedica lo
stesso.
L’alternativa è una fede ancorata nel timore di Dio e fedele nell’ubbidienza
alle cose che Dio ha chiaramente comandato nel nuovo patto. L’ubbidienza della
fede non pretende
che Dio ci benedica per i nostri meriti, poiché ha già ricevuto la grazia di
Dio, ma risponde all’amore di Dio con gratitudine, sottomissione e
ubbidienza.
▬ Replica (Tina
Campanella): Grazie, Nicola, per il tuo messaggio. Ti rassicuro
sono completamento d’accordo con tutto quello che hai scritto! Prendo un altro
esempio che può portare a una specie di legalismo: nella storia del figlio
prodigo è quello del figlio ubbidiente (essendo figlio di un Buon Padre), che fa
tutto quello che gli chiede il padre, ma con uno spirito sbagliato,
pensando di fare bene!
È vero che generalmente sono i dirigenti della chiesa che portano questi errori
dottrinali, ma a volte sono certe influenze educative; nel caso mio,
assomigliavo tanto a questo fratello. Anche se interiormente vivevo questo
versetto, che dice che è l’amore di Dio che ci spinge, ma mi caricavo di più
di quello che sentivo da fare. Poi nella mia cultura pugliese e del nord
della Francia, la gente è sensibile e generosissima! (forse meno adesso).
Infatti, mi caricavo sempre d’impegni... (mentre il mio padre naturale
era un uomo pieno di grazia e di bontà!... È strana la somiglianza con la
parabola). Tutto questo mi porta adesso a stare attenta a come ci vedono i
nostri figli! L’ho notato anche con i nostri giovani, figli dei
servitori nella chiesa, hanno tante volte delle difficoltà a prendere la
decisione di seguire il Signore, perche vedono che «il livello è molto alto».
Osservando i loro genitori, pensano che sia tanto difficile per loro
essere dei buoni credenti! (ancora dei pensieri sbagliati!).
Il Signore mi ha aiutato tanto a capire tutto questo, con il tempo e la
rilettura rinnovata della Bibbia; più di tutto negli Evangeli e nella vita di
Cristo ho capito tanto! Adesso vivo una relazione differente con Dio. Le
«regole» le conosco perfettamente e so quando c’è bisogno di applicarle;
questo non mi pesa più come un spada, se faccio uno sbaglio! La mia vita
è cambiata... che liberazione!
Ho voluto sviluppare il mio vissuto e le conseguenze di questo in noi e intorno
a noi! Grazie ancora per la tua spiegazione ben definita e completa in poche
riga! {30-09-2010}
10. {}
▲
11. {Vari e
medi}
▲
■
Salvatore Paone: Il legalismo è purtroppo
una piaga che, in qualche modo, coinvolge i credenti che hanno di sé una
convinzione narcisista. Mettersi i paraocchi per proclamare e convincere gli
altri riguardo a precetti «biblici», mettendo delle «camicie di forza» (ottimo
esempio, Nicola) al prossimo... {22-09-2010}
■ Matteo Lanata:
Talvolta mi capita d’incontrare certuni che mi paiono dei «professionisti
della fede». Organizzati, impeccabili, fin troppo sobri, «la sapevano già»,
esperti di qui, anziani di là, «curriculum» smaglianti negli ultimi trent’anni o
giù di lì, conoscono tutti i membri delle altre chiese della regione. Sempre
disponibili a disquisire ad
alto livello. Peccato che la vita quotidiana sia a «basso» livello...
{22-09-2010}
■ Carmela Masiello:
Mi è piaciuta molto la nota sul legalismo. Anch’io credo che nel passato di
essere caduta in questa trappola. Voler prima vedere buoni comportamenti
esteriori senza capire che è il di dentro che bisogna cambiare per primo. Poi, i
risultati arriveranno. È molto più facile adeguarsi al pensare comune che
cercare ciò che Dio veramente vuole, essere trasformati dallo Spirito e
non dalle convenzioni o vissuti altrui.
Penso che sia un
pericolo che dobbiamo imparare a riconoscere volta per volta. {22-09-2010}
■ Simona Bertocchi:
Quanto è vero quello che
è scritto in questa nota!!! I danni fatti a moltissime persone sono
incalcolabili; persone che hanno subìto all'inizio del cammino cristiano questo
imprinting, difficilmente riescono a liberarsi e a interpretare le Scritture
senza avere davanti per sempre questo modello, essendo sempre sotto la pressione
della paura...
{29-09-2010}
12. {Vari e
brevi}
▲
■
Ester Levi: Se comunichiamo la lettera della legge condanniamo, ma
se comunichiamo lo spirito portiamo vita alle persone, che diventano
capaci di fare la volontà di Dio. {22-09-2010}
■ Tony Gatto:
«Troppo bello questo esposto, sarebbe da mandare sotto forma di circolare a
tutte le chiese italiane...». {22-09-2010}
■ Sandro Bertone:
Grazie, Nicola, come sempre un pronto e saggio aiuto. {22-09-2010}
■ Delia de Angelis:
Grazie, Nicola, è opportuno ricordare ogni giorno che senza fede è impossibile
piacere a Dio, altro che tradizioni e limitazioni. {22-09-2010}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Legalismo_Sh.htm
23-09-2010; Aggiornamento: 03-10-2011 |