1. ENTRIAMO IN TEMA:
Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il
rapporto dei conduttori con i soldi». È necessario specificare alcuni
ambiti importanti, risultanti dalla situazione descritta nell’articolo.
Poiché tutto ciò, che
scriviamo, può essere strumentalizzato da alcuni, confidiamo nella
maturità e nella lealtà dei lettori in genere e di quanti hanno
partecipato a questa discussione. Affermo qui che non prendo le parti per
nessuno, ma affronto qui soltanto una questione, volutamente stereotipata, dal
punto di vista biblico. La cosa singolare è che persone, che neppure conosco, mi
hanno chiesto perché io avessi scritto di un certo pastore di loro conoscenza,
che vive in tutta un’altra zona
rispetto agli eventi originari, attribuendo a lui di aver giocato d’azzardo.
Come si vede un tema stereotipato diventa uno specchio, in cui si
specchiano e vengono specchiate (a ragione o a torto) molte facce; ciò significa
pure che tale questione può ricorrere in vari contesti ecclesiali.
2. IL
RAPPORTO FRA CONDUZIONE E ASSEMBLEA: Al tempo del NT le chiese locali
partecipavano attivamente alle decisioni delle loro conduzioni. Ad esempio, in
Gerusalemme furono i credenti a scegliere i collaboratori degli apostoli
(i futuri anziani), «sette uomini, dei
quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza» (At
6,3), e a
presentarli agli apostoli (v. 6), perché ottenessero
il ministero e li affiancassero. Lo stesso accadde addirittura nel Concilio
di Gerusalemme, dove furono la chiesa, gli apostoli e gli anziani ad
accogliere i convenuti (At 15,4). La decisione presa «parve bene agli
apostoli e agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22). Lo stesso Pietro,
che era una delle guide della chiesa di Gerusalemme, dopo essere stato a casa di
Cornelio, tornato alla base, dovette giustificarsi dinanzi ai credenti (At
11,1ss). Egli non fece valere una sua presunta autorità, ma spiegò per filo e
per segno che cosa era realmente avvenuto, affidandosi al giudizio degli astanti
(vv. 4ss). Tale narrazione sincera e verace portò i credenti ad acquetarsi e a
glorificare Dio, avendo capito che aveva dato il ravvedimento a salvezza anche
ai Gentili (v. 18).
Anche a Corinto la
questione riguardo all’uomo, che si teneva la moglie del padre, non fu decisa
soltanto fra i dirigenti della chiesa, ma parlò di un «voi», intendendo i
credenti della chiesa (cfr. 1 Cor 5,1s). Erano i credenti riassunti in tale
«voi» a doversi adunare per giudicare il caso (v. 4). Egli ricordò loro
l’epistola, che aveva scritto (vv. 9.11), e ingiunse loro ad agire secondo le
istruzioni, che essi tutti avevano ricevute (vv. 11ss). Similmente accadde anche
per i fatti descritti in 1 Corinzi 6, secondo cui i credenti si facevano
causa dinanzi alle autorità civili, invece di cercare un arbitro all’interno
della loro chiesa locale; qui Paolo non parlò affatto di conduzione. Da tutto
ciò si evince che la massima autorità locale non era il «consiglio di chiesa»,
ossia i conduttori, ma l’assemblea dei membri stessa. Perciò, Paolo ingiunse al
missionario Timoteo riguardo ai conduttori, che peccano: «Riprendili in
presenza di tutti, affinché anche gli altri abbiano timore» (1 Tm 5,20).
Per altri aspetti rimando all’articolo «L’ultima
istanza nell’assemblea locale».
3. QUANDO UN CONDUTTORE
SI SQUALIFICA: Alcune altre trappole morali, in cui i conduttori
possono cadere, sono costituite dall’abuso sessuale o dalla fornicazione (►
«Quando
i conduttori corteggiano le credenti della loro chiesa»),
dalla sete di prestigio e di potere (cfr. 3 Gv 1,9s Diotrefe) e dall’amore per
il denaro e dal desiderio di arricchirsi (1 Tm 6,9s). A ciò si aggiungano varie
dipendenze, magari esercitate in segreto (cfr. 1 Cor 6,12ss). Abbiamo già
parlato e discusso altrove della ricerca di una presunta «vincita
che ti cambia la vita» e della «dipendenza
da gioco» quale male trascurato. Da non tralasciare è altresì il
denaro mal gestito, specialmente se appartiene alla chiesa locale, che si
guida.
Inoltre, se non si sta attenti, un conduttore, che dovrebbe curare il gregge
senza essere avido di denaro (1 Pt 5,2s) e d’illeciti
guadagni (1 Tm 3,8), può trasformarsi in un padre-padrone, che
considera la comunità e le proprietà d’essa come la sua «azienda» personale,
di cui dispone a suo piacimento. Alla fine, non si sa più ciò che è suo e ciò
che appartiene all’assemblea; un tale conduttore considera allora le finanze
della chiesa locale come una specie di «bancomat» personale.
Un conduttore, che mostra una dipendenza da gioco (o un’altra) e che ha
abusato delle finanze dell’assemblea, può essere certo perdonato e
riaccettato in comunione, dopo che si è sinceramente pentito, ha confessato il
suo reato alla chiesa e ha restituito le somme sottratte. Tuttavia, bisogna
reintegrarlo nella conduzione della chiesa locale, visto che il prerequisito
per svolgere tale ministero, è che il candidato sia irreprensibile? (1 Tm 3,2;
Tt 1,6s; cfr. 1 Tm 6,14). Non dovrebbe egli essere dapprima provato, per poi
assumere il ministero, se si è mostrato essere
irreprensibile? (cfr. 1 Tm 3,10). Tutto questo dipende sempre dall’entità
della cosa accaduta, dalla reiterazione o meno del capo d’imputazione e dai
delicati equilibri esistenti nella compagine ecclesiale. In ogni cosa ci vuole
saggezza, discernimento ed equilibrio, poiché un’opera ecclesiale
preziosa può essere distrutta sia per estrema rigidità sia per lassismo e falsa
tolleranza.
4.
ASPETTI CONCLUSIVI: Qui di seguito limitiamo la discussione specialmente
a quanto descritto nell’articolo di riferimento. Chi ha una dipendenza
qualsiasi, non è in grado di esplicare un ministero, in cui è richiesta
l’irreprensibilità, e di pasturare il gregge come il Signore richiede; a ciò si
aggiunga che dovrebbe trovare lui stesso chi possa aiutarlo a uscire dal suo
labirinto mediante una cura d’anime specifica.
Essendo l’assemblea dei membri battezzati l’ultima istanza nella stessa
chiesa locale, come abbiamo visto, in situazioni del genere in cui uno dei
conduttori si è macchiato di una pecca morale rilevante e il
«consiglio di chiesa» lo ha coperto, l’intero gruppo che dirige la comunità fa
bene a rendere conto del loro comportamento dinanzi all’assemblea dei
membri. Infine, dovrebbero rimettersi al giudizio e alle decisioni della
comunità. In tale occasione, possono spiegare i veri fatti e il loro punto di
vista e scusarsi per un’eventuale male gestione della situazione.
Per tali occasioni, il Signore Gesù ha promesso la sua presenza nella chiesa e
fra chi deciderà e l’aiuto per sciogliere e legare secondo il suo
consiglio (Mt 18,17-20), premesso che si voglia cercare la volontà di Dio e
farla. In momenti del genere, bisogna evitare ogni «clima da resa dei conti»,
ma bisogna agire come dinanzi al Signore in fede e timor di Dio, in amore
e verità, in misericordia e giustizia. Infatti, bisogna rialzare chi è
caduto con uno spirito di mansuetudine, sapendo che nessuno è assicurato contro
le tentazioni (Gal 6,1) e che chiunque oggi sta in piedi, fa bene a guardare di
non cadere egli stesso (1 Cor 10,12).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Adolfo
Monnanni}
▲
È senz’altro un
tema spinoso. Senza dubbio la trasparenza e il rispetto per i fratelli e
sorelle richiede una posizione ferma: essendo il peccato e il danno verso la
chiesa tutta, i credenti andavano avvisati. Sicuramente fa differenza che è
la prima volta; non è una dipendenza? Senz’altro il perdono, dopo la
confessione alla chiesa, è giusto. Un buon principio sarebbe che i conduttori
non fossero coinvolti nella gestione del danaro; potrebbe essere una
tentazione, che è meglio evitare.
Questi argomenti vanno visti all’interno di
tutta vicenda. Che il Signore abbia cura di questo pastore, visto che non
è un fatto favorevole a lui e alla chiesa. {18-11-2014}
2. {Sara
Cotroneo}
▲
Condivido appieno le risposte. Ho studiato a
lungo il tema della ludopadia: non si gioca mai una volta sola. Se il
pastore in questione ha questo vizio, non lo risolverà con una semplice
confessione e tornerà sicuramente a giocare. La negazione di avere un vizio
spesso è la prima testimonianza del fatto che il vizio c’è davvero. Condivido
anche che la confessione sia stata fatta per la disperazione di aver
perso soldi (e se possibile di chiederne altri) e non da un pentimento
reale e sofferto, che comporterebbe alla restituzione alla chiesa dei
soldi persi. Il pastore in questione dovrebbe essere aiutato attraverso una
rieducazione, che miri al proprio autocontrollo e disciplina nella gestione
dei soldi e del tempo. {18-11-2014}
3. {Giacomo
Moretti}
▲
■
Contributo 1:
Lettere anonime, registrazioni fatte di nascosto, spero fatte da persone
presenti, altrimenti sarebbe un comportamento anche penalmente rilevante;
anziani che usano i
soldi della chiesa, per giocarli, per coprire debiti fatti per chissà
cosa. Una sola cosa da chiedere: «Signore torna presto». {18-11-2014}
■
Contributo 2:
A me fa riflettere il fatto che venga sostenuto che almeno due fattispecie
penalmente rilevanti quali sono l’appropriazione indebita ex art. 646 c.p.,
e l’aver captato comunicazioni o conversazioni oltre ad aver divulgato le
stesse, magari utilizzando apparecchiature atte a intercettare tali
conversazioni, ex artt. 617 e 617bis c.p, siano affari di esclusiva competenza
della chiesa. Ho citato i riferimenti normativi in quanto chi ne avesse voglia
può guardare e rendersi edotto dei comportamenti posti in essere. O meglio, ciò
che a mio modo rileva nei fatti esposti, ammesso che corrispondano a quanto
realmente accaduto. Rimango
basito dal fatto che all’interno di chiese, ovviamente prendendo per buono
quanto riferito, anche se io resto sempre molto favorevole al beneficio del
dubbio, si verifichino fatti che meritano oltre a un approfondito esame sotto il
profilo dottrinale, anche una disamina sotto quello penale con le ovvie
responsabilità anche sotto il profilo civile. In ultimo un consiglio,
anche se non richiesto, ritengo non idoneo lo strumento pubblico d’internet per
esaminare certe questioni. Peraltro sottoponendo persone, che possono
liberamente scrivere e in alcuni casi fare anche nomi (sic.) a eventuali querele
per diffamazione. Mi spiace dire questo, ma prendetelo come un modesto parere
personale volto a tutelare la dignità delle persone, ricordando che dai fatti
esposti si evincono fattispecie per le quali è prevista anche la procedibilità
di ufficio da parte delle competenti autorità. Vi saluto, confidando che le
chiese diventino luogo di crescita per tutti e non luogo di amarezze e
scontri, meritevoli anche delle tutele previste dal nostro ordinamento
giuridico. {20-11-2014}
▬
Nicola Martella:
Giacomo Moretti, rileggendo i tuoi post, mi è venuto un pensiero, di cui voglio
farti parte. Mi meraviglio che tu ti sia concentrato solo su un aspetto
secondario (da cui io stesso ho preso le distanze nell’articolo),
evidenziando solo i rischi giuridici. Ti ricordo che io non ho fatto nessun
nome (e ho cancellato su Facebook i post di chi falsamente ne ha fatto uno
di qualcuno, che non c’entra nulla); inoltre ho descritto una situazione in modo
stereotipato a caso teorico e da studio. Stando così le cose mi
meraviglio che tu non sappia proprio dire nulla sull’intera questione, in modo
distaccato e saggio.
Perciò, invito anche te a leggere l’intero articolo e a intervenire nel merito,
senza
fissarti su un dettaglio. {21-11-2014}
■
Giacomo Moretti: Caro Nicola
Martella, nel tuo articolo non hai fatto riferimento ad alcuna persona e a
nessun luogo, il tuo è stato un «caso» astratto, rispetto al quale mi
sono voluto confrontare. Come potrai notare è stata proprio l’astrazione del tuo
post, che mi ha portato a fare le mie considerazioni. Non ho minacciato nessuno,
ho solo voluto far rilevare che i comportamenti astrattamente da te riportati
configurano dei reati. Come ho già detto peraltro, il reato più grave lo
avrebbe commesso chi ha registrato e dato a terzi le registrazioni. Non ho
attribuito a nessuno nel concreto tali reati, in quanto è sempre rispetto al
caso astratto da te posto che ho basato le mie analisi. Come già detto ho dato
un mio parere partendo da un presupposto, ovvero quando ci sono dei
comportamenti che configurano reati, non può occuparsene solo la chiesa. Dico
questo perché in molti casi anziani di chiesa trattano reati, con
speciale riguardo ai maltrattamenti in famiglia, dei quali vengono posti a
conoscenza per il loro miniserio, come se fossero una questione di competenza
esclusiva della chiesa e non anche degli organi preposti. Chiaramente non ho
minacciato nessuno, ho solo detto che dai fatti da te esposti, oltre a questioni
di carattere dottrinale, sorgono responsabilità anche penalmente
rilevanti. Tutto qui, mi sembrava di aver scritto in italiano. In ultimo non ho
fatto alcun nome, in quanto tu non ne hai fatti; e qualora la vicenda da te
esposta corrisponda a fatti reali, o presunti tali, io non ne so nulla e quindi
non saprei cosa dire. Se poi qualcuno ha fatto nomi, cosa che non ho visto, ne
assumerà le conseguenze nelle opportune sedi, qualora chi si ritenga
ingiustamente chiamato in causa, intenda adire tali sedi. In ultimo sono un
credente, ma sono anche un cittadino di uno Stato, dove vi sono delle
norme; e francamente ribadisco il mio sconcerto che certe cose accadano
nelle chiese, che ribadisco devono essere luogo di crescita spirituale e
non fucina di scontri e amarezze, che vanno ben oltre il convivere civilmente
tra persone. {21-11-2014}
▬
Nicola Martella:
Gli aspetti giuridici li hai sufficientemente evidenziati. Prendiamo atto che
non viviamo in chiese ideali, ma in quelle concrete, spesso affette da
molte imperfezioni (cfr. quelle del NT e di Ap 2-3). Stando così le cose, in una
situazione ricorrente qui e là nel mondo e con i fatti da me abbozzati
(prendendoli come così accaduti), come
dovrebbero comportarsi tale conduttore, il consiglio di una tale chiesa e
i membri di una tale assemblea, per mostrare sottomissione al Signore,
conformità alla Scrittura, amore nella verità e giustizia nella misericordia,
così da risanare biblicamente tale comunione, ora visibilmente
malata e distorta?
■
Giacomo Moretti:
Non credo
ci sua una risposta unica per tutti i «casi», che possono concretizzarsi in una
chiesa. Credo che preghiera e ricerca della saggezza divina siano però le
basi e gli strumenti per affrontare ogni situazione. {22-11-2014}
■
Franco Altieri: Stando a
quando hai così bene illustrato biblicamente, caro Nicola, credo che il
pastore dovrebbe scusarsi pubblicamente di fronte alla chiesa per il suo
comportamento; il
consiglio di chiesa dovrebbe farlo altresì per aver coperto tale situazione
incresciosa, senza farne partecipe l’intera comunità. Sia il pastore, sia il
consiglio, dovrebbero rimettersi al giudizio dell’assemblea, per quanto
concerne il futuro; cioè se il pastore possa continuare a esercitare il suo
ministero e se il consiglio stesso possa continuare a essere tale, o entrambi
essere squalificati, come tu hai ben spiegato. Il tutto deve avvenire
sotto la guida e il consiglio del Signore, con preghiera e sottomissione alla
sua Parola. Solo così ci può essere guarigione nell’intera comunità ed
essa può rinascere. Umiltà, onestà, sincerità e lealtà al Signore e ai fratelli
sono la ricetta. Non vedo altre strade. {22-11-2014}
4. {Edoardo
Piacentini}
▲
Chi ha questi problemi, non ha i requisiti
per svolgere un ministero pastorale, perché l’apostolo Pietro esorta gli anziani
a pascere «il gregge di Dio che è fra voi, sorvegliandolo non per forza, ma
volentieri, non per avidità di guadagno ma di buona volontà e non come
signoreggiando su coloro che vi sono affidati, ma essendo i modelli del gregge»
(1 Pietro 5,2-3). È evidente che chi ha il vizio del gioco, non può
essere un modello per la fratellanza, anzi ha bisogno egli stesso di essere
liberato da questa dipendenza, che è come quella dell’alcool, della droga
o del fumo. {19-11-2014}
5. {Raffaele
Guitto}
▲
Penso e mi rammarico che sia così, sperando
piuttosto di sbagliarmi, ma credo che il problema sia oggi nello stesso
Consiglio di molte chiese, dove gli incontri pare siano diventati dei «meeting
segreti», in cui l’unica preoccupazione è come manipolare, nascondere
problemi e peccati, fare in modo che le brutture non si sappiano, trovare modi
per tenere tutti felici e contenti con programmi ricreativi, e simili. Salvare
le apparenze è la vera preoccupazione, e punire gli eventuali
contraddittori (anche con la violenza e metodi impropri) l’unico rimedio. Che
Dio ci aiuti, ma anche noi Evangelici siamo incappati nel ciclo della
corruzione storica, sospinto dalla malvagità del cuore umano, secondo
l’insegnamento della storia (corsi e ricorsi). Tenere gli occhi chiusi
non serve a molto. Tenere la bocca chiusa, non so... per amore della
testimonianza, per amore della verità, per amore della Chiesa; è difficile
sapere quando parlare, quando tacere, quando denunciare, quando aspettare
l’intervento di Dio. Io personalmente sono perplesso e disilluso! {19-11-2014}
6. {Donatella
Nancy Festa}
▲
Che argomento scottante! A caldo mi viene da
pensare: «Ma che rapporto di fiducia c’era fra il pastore e la sua
chiesa?». Ogni fratello in difficoltà economica può dirlo alla Chiesa e
chiedere aiuto senza temer giudizio (quando i credenti sono spiritualmente
maturi); questa soluzione avrebbe evitato il ricorso al gioco d’azzardo,
che può diventare un vero laccio. In questo caso, è vero che la persona non è
caduta in dipendenza, ma si è esposta a un pericolo scioccamente,
mettendosi, poi, in posizione di essere giudicata in modo pesante dalla
collettività. Mi viene in mente il discorso della libertà del cristiano di
mangiare cibi sacrificati agli idoli, che non è immediatamente pertinente, ma
illustra il senso delle cose di Dio. Se anche lui, in sua coscienza, si fosse
sentito libero di partecipare a una cosa appartenente a una realtà dubbia, come
pastore doveva riflettere meglio e pensare: «Il mio agire potrebbe essere d’inciampo
ad altri fratelli? Nelle difficoltà, i più deboli andranno a giocare al
video poker, alle corse dei cavalli, o altro, invece di mettere la fiducia nel
Signore?». A motivo di coscienza, non è bene fare cose, che possano
scandalizzare i più deboli, a volte perfino se avessimo la convinzione che
sono per noi lecite. La vera libertà sta nel non usare il proprio diritto come
un mantello per coprire la malizia. {19-11-2014}
7. {Vania
Curato}
▲
■
Contributo: Che
argomento triste! Ancor di più perché mancano risposte a molte domande: è
davvero così che sono andate le cose? La lettera di uno può davvero
rappresentare il malcontento di una chiesa intera o rappresenta solo il singolo
e altri pochi? L’uso di metodi perseguibili penalmente è davvero
giustificato da un ipotetico clima di sfiducia? Cadere versus commettere
reato, confessare versus minacce anonime, perdono versus accusa e
giudizio; il giusto atteggiamento cristiano qual è? Pregare e avere piena
fiducia in Dio non è più una risorsa per i cristiani? La «giustizia» fai
da te è parte della dottrina? La chiamata all’integrità è solo per i
pastori e gli anziani?
Troppe chiese stanno affrontando lotte
interne in nome di qualcosa, che di cristiano non ha nulla; così come non
hanno nulla di cristiano quelli che si servono delle cadute altrui, per
prendere il controllo. Che Dio ci aiuti! {19-11-2014}
■
Franco Altieri:
Io penso che la questione, posta al fratello Martella, parli di un argomento
specifico, di cui se ne è appurata la veridicità. Infatti, colui che pone
la domanda, dice di aver parlato col diretto interessato e col consiglio di
chiesa, che ha appoggiato e coperto tale peccato (il fratello Nicola ha spiegato
biblicamente che trattasi di peccato, che andava confessato alla chiesa). Penso
che solo su questo, e non su altro, almeno in questo contesto, si debba
discutere. Il pastore in questione ha peccato, giocandosi varie migliaia
di euro? Il consiglio di chiesa ha sbagliato o no a coprire e non dire
nulla alla chiesa, visto che il pastore è da essa sostenuto? Penso che solo su
questo e non su altro, mi ripeto, si debba disquisire, e solo se si ha da
aggiungere o contestare quanto ben argomentato dal fratello Nicola. Poi, chi ha
orecchie per udire, oda. {19-11-2014}
■
Gianluca Sinarcia: Ho
analizzato le cose dette da Vania Curato, confrontandolo con l’articolo in
questione. Cadere
versus commettere reato. Cadere è umano e comprensibile; commettere reato
è perseguibile dalla legge. Confessare
versus minacce anonime. Confessare non è per molti, non è una pratica amata;
ma il non confessare? (1 Gv 1,8-10). Minacce anonime? Esse non vengono
menzionate, ma se esistono rimarrebbero tali, ininfluenti senza reali azioni
successive. Perdono
versus accusa e giudizio. Perdono è atto d’amore, di comprensione e di
compassione, esso caratterizza la vita dei credenti ed è da applicare (in ogni
caso), ma con relative conseguenze in base al caso; ma la disciplina?
(cfr. Eb 12,4-8). Aggiungo io, lassismo
è una coscienza rilassata, in nome della quale si sminuisce ciò, che è grave,
giudicandolo di poco conto o veniale, fino a considerare permesso ciò che è
proibito. Accusa e giudizio sono atto lecito anche nelle Scritture, nei casi che
lo richiedono (cfr 1 Cor 6,1-11).
Il testo stereotipato dice tutt’altro;
un testo senza un contesto non è un pretesto? O lo è solo in alcuni casi? Hai
approfondito il contesto? Hai ricercato fermamente la verità (nel testo)? O hai
già le risposte senza conoscere ciò, che è vero? Credo che la mancanza di
obbiettività e una analisi distorta dei fatti descritti renda imprecisa la
tua constatazione. Le domande da fare potrebbero essere altre: Perché un
peccato non viene definito tale? Le Scritture cosa dicono in merito? Che tipo di
conduzione vige in tale comunità? Quali cose o passi si potrebbero fare
attraverso il discernimento scritturale e attraverso una corretta esegesi delle
Scritture? Come ristabilire la pace tra le parti? Poi ognuno sceglie ciò,
che crede giusto. {21-11-2014}
▬
Nicola Martella:
Non conosco personalmente Vania Curato, né Franco Altieri, né Gianluca Sinarcia.
Ho l’impressione come se stessero tirando le somme nella stessa situazione
ecclesiale, prendendo partito chi per gli uni, chi per gli altri. Non ho alcuna
intenzione di farmi
strumentalizzare per un fatto concreto. Quello da me riportato, sebbene
prenda spunto da fatti concreti, è solo un caso stereotipato, che serve
da studio per ogni situazione simile, ma per nessuna nello specifico.
Vania Curato, non è il primo caso specifico,
che mi arriva nel tempo. Io le risposte le ho date. Leggendo le tue
osservazioni, oltre che bastonate a destra e a manca, di risposte non ne ho
trovate. Vuoi ritentare, dopo aver letto l’intero articolo di riferimento?
■
Franco Altieri: Caro Nicola,
ora la domanda nasce spontanea:
come deve comportarsi la chiesa, sempre in maniera biblica, verso questo
pastore, che non ha confessato «pubblicamente» il suo peccato, e verso il
consiglio di chiesa, che ha coperto tale cosa? {20-11-2014}
▬
Nicola Martella:
Premetto nuovamente che non intendo essere
strumentalizzato all’interno di situazioni ecclesiali concrete, per una
fazione o per l’altra. Le mie sono riflessioni bibliche di natura generale.
Altrove abbiamo disquisito su quale sia «l’ultima
istanza nell’assemblea locale», mostrando che essa è
localmente l’intera chiesa locale, ossia i membri effettivi che la
costituiscono.
Tenendo presente l’analisi fatta,
bisogna ribadire che nella situazione, descritta nell’articolo in modo
stereotipato, suggerirei che a tutto il «consiglio di chiesa» di
comparire dinanzi all’assemblea dei membri, di spiegare i veri fatti, di
scusarsi per l’eventuale male gestione della situazione e di rimettersi alle
decisioni della comunità. Ciò darebbe ai membri del consiglio di chiesa
rinnovata credibilità. Tuttavia, ciò dipende anche dalla buona volontà di
tutte le persone in causa e dal fatto che esse tutte vogliano onorare il
Signore in verità e amore, in misericordia e giustizia.
8. {Davide
Secchi}
▲
■
Contributo:
Dopo aver letto, se pur velocemente i commenti sopracitati, rimango sconcertato
dalle cose lette. Tutti pronti nel giudicare, pensate che noi siamo indenni
dalle tentazioni del mondo? Quando un fratello cade in trappola, dovrebbe essere
aiutato con amore e umiltà, che sia l’ultimo della chiesa o a maggior ragione
chi la conduce, sicuramente più esposto alle insidie del male. Che il nostro
Signore illumini le nostre menti e infonda dentro di noi uno spirito nuovo, di
misericordia, tolleranza, compressione, ma soprattutto di amore per tutti coloro
che hanno bisogno dell’intervento del Padre piuttosto che dei nostri tribunali
{20-11-2014}
■
Franco Altieri:
Sono d’accordo con te. Ma qui si parla di un peccato non confessato e di
un consiglio di chiesa, che ha coperto questo peccato. Tutto qua. È
chiaro che tutti possiamo
sbagliare, ci mancherebbe, e per tutti ci vuole amore, pazienza,
comprensione, solidarietà. Basta solo confessare il peccato, magari
chiedere scusa a chi si è ferito (in questo caso l’intera comunità),
rimediare e magari, se la chiesa lo ritiene opportuno, sedersi per un po’
per riflettere su ciò che si è fatto. Non credi? Se un membro commette un
peccato, spesso accade che viene messo sotto disciplina, deve lasciare il
ministero, perché ha dato una brutta testimonianza. Perché il pastore no?
{20-11-2014}
▬
Nicola Martella:
Davide Secchi, non basta leggere alcuni commenti altrui, ma bisogna leggere
prima soprattutto l’intero articolo di riferimento. Fallo e poi, intervieni nel
merito.
9. {Guerino De
Masi}
▲
■
Contributo:
Non è un argomento facile, ma non è inutile affrontarlo, e neanche fuori luogo
farlo qui.
Sarebbe, penso, necessario riflettere sul riconoscimento dei conduttori o
nomina degli anziani nella chiesa. Sì, perché è la prima cosa che mi è venuta in
mente alcuni giorni fa, quando ho letto l’argomento messo in rete.
Un figlio di Dio, che ha problemi di dipendenza da giuoco, sia egli
conduttore o semplice membro di chiesa, è un credente che necessita di cura
pastorale vera e competente. Noi ci stiamo qui esprimendo con le nostre varie
opinioni, valide o discutibili, ma, quale prassi è stata adottata nel dare tale
incarico e
ministero a un fratello con queste problematiche?
Non dice la Scrittura di provare prima il fratello aspirante a tale
compito e poi, dopo, di assumerlo? (1 Tim 3,10).
I soldi persi al gioco (migliaia!), sono soldi che la chiesa dava. Non
meno grave sarebbe se lui fosse dipendente di un’azienda, e i soldi
fossero del suo stipendio o tredicesima o liquidazione. (Conosco una persona che
ha perso al gioco la liquidazione di una vita di lavoro al tempo dell’andare in
pensione.) È una grave mancanza nella gestione del danaro, che in primo
luogo fa danno ai membri della famiglia, verso chi ha doveri primari. Ciò vale
che si sia scapolo o sposato.
La tua trattazione, caro Nicola, mi sembra alquanto esauriente e vorrei tanto
che situazioni simili non succedessero nelle chiese.
Credo sia opportuno ricordarci l’ammonimento biblico: «Chi pensa di
stare in piedi, guardi di non cadere» (1 Cor 10,12). {21-11-2014}
■
Sara Cotroneo:
Io credo che sia molto importante parlare di questi temi, soprattutto in
discussioni pubbliche come queste. Non ho visto nessun giudizio espresso da
nessuno, solo la voglia di capire come comportarsi nei confronti di un
male, che sta affliggendo la nostra società e purtroppo anche molti credenti.
Chi soffre di questo vizio rovina se stesso e tutti coloro, che gli sono
vicini, questo è indiscutibile. Nascondere un problema, non è mai la cura giusta
per debellarlo. {21-11-2014}
10. {Tina
Schirru}
▲
Dio non nasconde il male, perché vuole
mostrarcene l’orrore, ma è sempre pronto a ricondurre e ad accogliere
quelli, che per un motivo o per altro cadono in tentazione. «Difatti,
io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben
trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Perché il bene che
voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se ciò che
non voglio è quello che faccio, non son più io che lo compio, ma è il peccato
che abita in me» (Rom 7,18-20). In
presenza di una condizione di peccato, non bisogna trovare scusanti, ma
semplicemente riconoscere di aver fallito davanti a Dio, chiedere alla
chiesa di pregare per la propria condizione. Or noi sappiamo bene che il nostro
comune nemico, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi
possa divorare. Noi come figli dell’Iddio vivente possiamo sconfiggerlo,
restando fermi nella fede. Gloria Dio! «Io non vi mostrerò un viso
accigliato, poiché io sono misericordioso, dice il Signore... Soltanto riconosci
la tua iniquità» (Geremia 3,12-13). {23-11-2014}
11. {}
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12. {Autori
vari}
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Maurizio Todaro:
Caro Nicola, dopo aver letto tutto, condivido pienamente con te. {18-11-2014}
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Franco Altieri: Il tutto non
fa una grinza. L’argomento è trattato in maniera esaustiva e, innanzitutto,
biblica. Grazie, fratello Nicola. {18-11-2014}
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Mario Bras: Qualsiasi
giudizio o commento risulterà inutile, perché l’unica fraternità che vedo è
quella del consiglio di chiesa a scapito di chi soffre e ha problemi a tirare
avanti. E questo è quello che oggi trasmettono queste chiese purtroppo.
{19-11-2014}
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Luisa Piana: Ma che vada a
lavorare.... {19-11-2014}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Condutt_soldi_Avv.htm
22-11-2014; Aggiornamento: 23-11-2014 |