1. VERSO UN NUOVO CLERICALISMO:
Da tempo siamo stati abituati al titolo «pastore» (p.es. pastore Claudio
Depulpitis), entrato oramai nell’uso comune e che indica il conduttore
monocratico di una chiesa locale, sebbene nel NT sia soltanto una funzione
ministeriale (cura d’anime) accanto ad altre. Oltre a ciò, Internet è pieno di
personaggi, che si fregiano d’essere il «profeta Tizio», «l’apostolo
Caio», il «reverendo Sempronio», il «vescovo Arcibaldo» e cose simili.
Personaggi sconosciuti, specialmente sudamericani e africani, si fanno chiamare
«apostolo». Quando si controlla la loro attività, ossia se hanno mai
fondato chiese (apostolo = missionario fondatore), spesso si rimane alquanto
delusi. Chi si fregia di tale titolo, lungi dal fondare chiese come attività
prevalente, pensa semplicemente che in una gerarchia ecclesiale
«l’apostolo» sia superiore ai «pastori» (e ad altri titoli), da cui si aspetta
sottomissione!
Ultimamente ho letto in un gruppo, a cui sono stato iscritto, i contributi di un
prete dissidente, ma molto mariolatra (parla ad esempio di «fratelli e sorelle
nella Madonna del Purgatorio» e cose simili). Egli si rivolge al titolare di
tale gruppo con un incredibile accumulo di titoli ecclesiologici; ecco le
sue parole: «Apostolo Giuseppe Giammona, Reverendo, Signor Pastore…».
Aggiungo una piccola nota
d'intermezzo, prima di continuare. Per evitare polemiche, avevo dato alla
persona, di cui parlo, uno pseudonimo. Egli, però, mi ha telefonato più di una
volta per sollecitarmi a metterci il suo proprio nome e cognome. Ecco, infine,
il testo che mi ha recapitato:
Hai ragione,
fratello Nicola, penso che dovrò fare un bagno di umiltà e lasciarmi rigenerare
totalmente dallo Spirito Santo nel rinnovamento della mia mente per renderla
simile a Cristo! Tuo in Cristo fratello, Giuseppe Giammona.
Comunque, tu potresti
usare il mio vero nome con tanto di titolo o titoli (pastore pentecostale
Giuseppe Giammona; apostle Giuseppe Giammona; bishop
Giuseppe Giammona), invece del brutto beffeggiante «Gianni Giuseppona» (sia
perche il fratello Gianni, mio zio, è morto, sia perché «Giuseppona» è brutto;
magari tu avessi scritto «Peppino», sarei rimasto più contento. Pace.
{29-04-2011}
Quindi, continuo con
«Giuseppe Giammona». Come egli stesso mostra
ancora una volta, ci tiene ai suoi variegati e pittoreschi titoli. |
In effetti, ad
alimentare tale inflazione di titoli è stato proprio lo stesso Giuseppe
Giammona, che in un account di Facebook si presenta come pastore, in un altro
come apostolo e così via. Tempo fa gli scrissi, chiedendogli ragione di tale
inflazione di titoli ministeriali, ma non ottenni risposta. Giorni fa, sotto i
titoli, con cui tale prete si rivolgeva a Giuseppe Giammona, per lisciarlo,
scrissi tra altre cose: «Non farti incantare da tale prete! Togliti le stellette
inutili e chiamati “servo”». E sulla missione di tale prete aggiunsi: «Nessuno
a suo talento vi derubi del vostro premio per via d’umiltà e di culto degli
inviati, affidandosi alle proprie visioni, gonfiato di nullità dalla mente della
sua carne» (Colossessi 2,18). In un altro intervento gli scrissi:
«Sinceramente, Giuseppe Giammona, non ci ho capito niente. Tu usi tanti di
quegli account (con vari titoli altisonanti) che non si capisce il tuo pensiero
in modo semplice e lineare o quale delle tue varie personalità sta parlando. La
Parola ci comanda: “Siate irreprensibili e schietti, figliuoli di Dio senza
biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale voi
risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola della vita”
(Filippesi 2,15)».
In tale gruppo scrive anche un certo «Apostol Rafael Vasquez», che
pubblicizza il suo libro «Declaraciones apostolicas y profeticas», che viene
sottotitolato (in traduzione): «Dichiarazione apostolica e profetica
contro lo spirito dell’ipnotismo e la persuasione (seduzione)». Oggigiorno per
accreditare la farina del proprio sacco, basta spacciarla per asserzione
apostolica e profetica; quando poi si va ad analizzare i contenuti di tali
dichiarazioni, ci si mette le mani nei capelli per banalità o per le false
dottrine, che tali personaggi esprimono; la cosa grave è che attribuiscono tutto
ciò a Dio. M’è venuto spontaneo chiedere: «A quando i cardinali fra gli
evangelici?». Usando uno dei tanti account, proprio Giuseppe Giammona ha
risposto: «Già ci sono! Specialmente nelle chiese riformate, congregazionaliste
e battiste!». Sorvoliamo sulla incongruenza, secondo cui le chiese
congregazionaliste avrebbero dei cardinali; se sono congregazionaliste,
significa che tali comunità sono indipendenti e non hanno una gerarchia! Di là
da ciò, la logica di tale risposta è la seguente: Quindi, continuiamo con
l’inflazione di titoli altisonanti anche da noi. Facciamo a gara ad appuntarci
«gradi», «medaglie» e «etichette» sul petto e diamoci da fare per la costruzione
di una diffusa
gerarchia clericale anche fra gli evangelici!
2. L’ANALISI SCRITTURALE:
Sinceramente, io preferisco che i fratelli mi considerino oggigiorno come allora
facevano con «Epafra, il nostro caro compagno di servizio, che è fedele
servitore di Cristo per voi» (Col 1,7); lo stesso fu detto di Tichico
(Col 4,7). E preferisco che un giorno il Signor Gesù mi dica semplicemente: «Va
bene, buono e fedele servitore; sei stato fedele in poca cosa...» (Mt
25,21.23). Anche riguardo alle «etichette» e alle «stellette», di cui ci si
fregia per valere (chi vale dinanzi a Dio, non ne necessita!), valga questa
sentenza del Messia: «E non vi fate chiamare “Insegnanti”, perché uno solo è
il vostro insegnante, il Cristo; ma il maggiore fra voi sia vostro servitore.
Chiunque s’innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato»
(Mt 23,10ss).
Paolo scrisse in una sua lettera circolare a tutte le chiese, conosciuta da noi
come epistola agli Efesini, quanto segue: «E lui ha dato gli uni come
missionari
[apostoli]; e altri, come proclamatori [= profeti]; e altri, come
araldi [= evangelisti]; e altri, come curatori d’anime [= pastori] e
insegnanti [= dottori], per l’equipaggiamento dei santi riguardo
all’opera del servizio, per la costruzione del corpo di Cristo» (Efesini
4,11). Egli espresse qui il fatto che, per equipaggiare i credenti e renderli
idonei al servizio e all’edificazione della chiesa, il Signore Gesù Cristo ha
stabilito differenti funzioni ministeriali. I missionari (o
apostoli fondatori) fondano chiese in zone nuove e poi vanno avanti. I
proclamatori ispirati (o profeti) usano un estemporaneo «linguaggio di
edificazione, di esortazione e di consolazione» (1 Cor 14,3). Gli araldi
(o evangelisti) lavorano insieme a chiese locali e intorno a esse per portare
anime a Cristo. I consulenti (curatori o pastori) aiutano i credenti a
risolvere i loro problemi, pasturando l’anima loro. Gli insegnanti (o
dottori) della Parola istruiscono in modo sistematico e autorevole la chiesa
locale. Altrove Paolo chiese retoricamente se tutti fossero apostoli, profeti,
dottori, ecc., facendo capire che così non fosse (1 Corinzi 12,29s). Quando
Paolo descrisse tali funzioni ministeriali, non pensava minimamente che
diventassero delle «etichette», di cui fregiarsi, o dei titoli da
far valere, ma pensava semplicemente al servizio da svolgere per edificare la
chiesa.
3. L’UMILTÀ DEGLI APOSTOLI DEL SIGNORE NEL
NT: Paolo stesso preferiva chiamarsi «servitore di Cristo Gesù»
(Rm 1,1) o di Dio (Tt 1,1), associandosi ad altri suoi collaboratori (Fil 1,1).
Anche quando menzionò d’essere apostolo (= inviato, missionario; Rm 1,1) o
«apostolo di Gesù Cristo» (1 Cor 1,1, 2 Cor 1,1; Ef 1,1; Col 1,1; Tt 1,1), non
intendeva un titolo, di cui fregiarsi, ma un ministero da svolgere. Egli non era
stato titolato «dagli uomini né per mezzo d’alcun uomo» (Gal 1,1), ma era
tale per «comandamento di Dio» (1 Tm 1,1) e per «volontà di Dio» (2 Tm 1,1).
Egli dinanzi ai «superapostoli» giudaici di stampo esoterico, che avevano preso
il potere nella chiesa di Corinto (2 Cor 11,3ss.13ss; 12,11), preferì definirsi
riguardo alla manifestazione di Gesù Risorto così: «E, ultimo di tutti,
apparve anche a me, come all’aborto; perché io sono il minimo degli
apostoli; e non sono degno di esser chiamato apostolo, perché ho
perseguitato la Chiesa di Dio» (1 Cor 15,8s). Una tale umiltà ce
l’aspetteremmo da coloro, che oggigiorno abusano di titoli altisonanti.
Pietro preferiva rivolgersi agli «anziani, che sono fra voi, io
che sono anziano con loro» (1 Pt 5,1). Anche l’apostolo Giovanni,
scrivendo ad altri credenti, preferiva chiamarsi «l’anziano» (2 Gv 1,1; 3
Gv 1,1). Giacomo suggerì, in caso d’infermità, di chiamare gli «anziani della
chiesa» (Gcm 5,14).
Quando Paolo chiamò a Mileto i conduttori (o anziani) della chiesa di Efeso (At
20,17), non usò per sé titoli altisonanti né reclamò una superiorità per titolo
e gerarchia, ma ricordò d’essere uno che stava «servendo il Signore
con ogni umiltà e con lacrime, fra le prove» (v. 19). Per lui era importante
«compiere il mio corso e il servizio, che ho ricevuto dal Signor Gesù,
che è di testimoniare dell’Evangelo della grazia di Dio» (v. 24). Paolo non
usò neppure titoli altisonanti per tali conduttori di chiesa, ma pose su di loro
la
responsabilità sul gregge di essere «sorveglianti [episcopi], per
pascere la chiesa di Dio» (v. 28) e per preservarla dai «lupi rapaci
esterni» e dai falsi profeti interni, ossia dagli «uomini che insegneranno
cose perverse» (vv. 29ss).
Molte di tali persone, che oggigiorno usano titoli altisonanti, aderiscono alla
sedicente «dottrina della prosperità» e si arricchiscono sulla pelle dei
credenti. Tali «mestieranti» usano la devozione come fonte di guadagno (1 Tm
6,5). Come sono differenti le parole di Paolo, rivolte ai conduttori della
chiesa di Efeso: «Io non ho bramato né l’argento, né l’oro, né il vestito
d’alcuno» (At 20,33).
►
Inflazione di titoli altisonanti nelle chiese? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Cariche e funzioni nelle chiese {Nicola Martella} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Titoli_altis_chiese_EdF.htm
24-04-2011; Aggiornamento: 29-04-2011 |