Nell’articolo «Esiste
una differenza tra i peccati?» abbiamo discusso sulla
differenza tra «peccato» (natura peccaminosa) e «peccati» (colpe, trasgressioni,
iniquità). Abbiamo visto che ogni albero produce frutti in corrispondenza alla
sua propria natura; quindi o si è un albero selvatico (vecchia natura) o si è
innestati con un ramo domestico (nuova vita). Dinanzi a salvezza o giudizio non
decide una differenza fra peccati commessi, ma se si è accettato o rifiutato
Cristo come Salvatore e Signore (Gv 3,36). [►
La via che porta a Dio] Abbiamo visto anche che
riguardo al tipo di premio per i salvati, varranno le effettive opere giuste
fatte alla gloria di Dio (1 Cor 3,10ss). Similmente accadrà per i perduti: la
condanna sarà proporzionale alle opere malvagie che uno ha commesso in vita (Ap
20,11-15).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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Nota editoriale:
Alle volte ho l’impressione che alcuni lettori, che intervengono nella
discussione, non abbiano letto per nulla l’intero articolo di riferimento,
limitandosi all’«invito alla lettura»; oppure, se lo hanno letto, non l’hanno
fatto per intero o non l’hanno letto
con consapevolezza. Così succede che scrivano, ponendo questioni, sebbene io le
abbia trattate; oppure prendono posizione su questioni particolari, sebbene le
abbia chiarite. Ad esempio, sebbene abbia distinto riguardo ai peccati le
questioni inerenti alla salvezza e quelle inerenti al giudizio conforme alle
colpe commesse, si ritorna a confondere questi due piani. Oppure si introducono
questioni che non hanno nulla a che fare direttamente col tema. |
1.
{Emilio Spedicato} ▲
Caro Martella,
certamente i peccati non sono tutti dello stesso valore. Scandalizzare un
bambino è ben peggiore che suicidarsi buttandosi in mare con una pietra al
collo!!! Lo dice Gesù. E lo stesso Gesù dice che ci sono peccati che non saranno
perdonati nemmeno nell’altra vita. Dal che è naturale ipotizzare che il
cosiddetto purgatorio sia probabilmente una reincarnazione fino a
giungere a una vita santa; idea che è di molte religioni, non solo induismo e
buddismo, ma moltissime tribù, come quella dei Masai...
Quindi ci sono
peccati veniali e altri non tali, anche sul mortale si può discutere. E
stando all’Islam, come mi ha detto Mandel, la persona religiosamente più
alta da me conosciuta insieme con Giovanni Barbareschi (non papi o rabbini...),
i peccati di sensualità ad esempio sono tutti veniali.
D’altronde se
Paolo, assassino non sappiamo di quanti cristiani e cancellatore di norme
della legge ebraica, come la circoncisione, contro l’affermazione di Gesù che
uno iota della legge non poteva cambiarsi, diventa più importante dei discepoli
e per molti più di Gesù, vorrà dire che anche l’assassinio — compiuto per
fanatismo e orgoglio di sentirsi superiore — conta alla fine ben poco.
E quindi ammiriamo Molotov che passa in monastero i suoi ultimi dieci
anni dopo avere collaborato con Stalin nell’uccisione di decine di milioni di
persone. E
Costantino e come lui tanti altri che si faceva battezzare solo in punto
di morte, dopo avere commesso i crimini più sanguinosi, sulla base che il
battesimo cancella tutti i peccati, anche se manca il pentimento. Cordialmente…
{30 marzo 2009}
2.
{Nicola Martella} ▲
Ha ragione questo
lettore, professore dell’università di Bergamo, a ricordare l’insegnamento di
Gesù: è meglio suicidarsi che dare «occasione di peccato a uno
di questi piccoli» (Mt 18,6) o sedurre un minore. (Nota: Qui non è chiaro
fra gli interpreti se si tratta di suicidio o di messa a morte; le nostre
traduzioni sono viziate da quest'ultima interpretazione; il testo greco e
il contesto immediato permettono però anche la prima; cfr. vv. 8s [►
Matteo 18,6: suicidio o omicidio?]).
È anche vero che «la
bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata… a chiunque parli contro lo
Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello a venire»
(Mt 12,31s). Qui si tratta di rifiutare l’opera di convincimento (Gv 16,7ss) e
di rigenerazione da parte dello Spirito di Dio (Tt 3,5).
Altra cosa è trarre da ciò, in modo così poco riflettuto e fondato, una dottrina
del
purgatorio e della reincarnazione, cose che la sacra Scrittura non
accredita. Per la Bibbia la morte rappresenta la soglia dopo la quale l’uomo non
si può più decidere e la cui situazione diventa immutabile. La vita eterna è il
dono di Dio (Rm 6,22s; Ef 2,8), ma bisogna accettarlo fintantoché si è in vita
(Lc 16,23ss). «È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che
viene il giudizio» (Eb 9,27). Quindi, diversamente dalle altre religioni,
nella religione biblica non c’era in origine né un purgatorio né una
reincarnazione! [►
La reincarnazione è una dottrina biblica?]
La differenza fra peccati veniali e mortali non si trova così nella sacra
Scrittura. La differenza fra i peccati riguarda la pena non la salvezza, la
quale è solo per grazia mediante la fede (Rm 5,2; Ef 2,8). Allo stesso modo, la
differenza fra le opere giuste dei credenti non riguarda la salvezza, ma il
premio e l’onore (1 Cor 3,10ss). O si è entrati nel patto di Cristo o si è
fuori; solo allora si potrà ragionare di diversità di premi per i giusti (1 Cor
3,8.13-15; 2 Cor 5,10 «tribunale di Cristo») e di pene per coloro che hanno
rifiutato la grazia (Ap 20,12-15; giudizio universale).
Differentemente all’Islam, nella Bibbia non esistono peccati veniali e i
peccati di sensualità sono, accanto all’idolatria, quelli che fanno escludere
dal regno di Dio e dividono anche dalla comunità dei credenti, se non ce ne si
ravvede (1 Cor 5,10s; 6,9s; Ef 5,5ss; Col 3,5ss; Ap 21,7s).
Vedo un grande
pregiudizio sulla persona dell’apostolo Paolo. È vero che, quando era
fariseo, aveva perseguitato i seguaci di Gesù, e ciò lo ammise lui stesso (1 Cor
15,9); ma, dopo la sua conversione a Cristo, divenne un predicatore della fede
(Gal 1,23s) e divenne lui stesso il perseguitato per mano dei Giudei (At
14,5.19; 2 Cor 11,26; Gal 5,11).
L’altro
pregiudizio su Paolo riguarda il fatto che gli si attribuisce di essere il
«cancellatore di norme della legge ebraica» e cose del genere. Il nuovo patto lo
ha istituito Gesù Cristo (Lc 22,20; 2 Cor 3,6), non Paolo. Era immancabile che,
mutato il patto, mutasse la legge che è alla sua base; Paolo non predicò
l’abolizione di una legge, ma il fatto che nel nuovo patto vige la «legge di
Cristo» e non quella mosaica (1 Cor 9,21; Gal 6,2; cfr. Eb 7,12). L’autore
dell’epistola agli Ebrei affermò giustamente ai suoi tempi: «Dicendo: “Un
nuovo patto”, Egli ha dichiarato
antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è vicino a sparire»
(Eb 8,13). La distruzione del tempio e di Gerusalemme rappresentò tale punto
definitivo.
Inoltre Gesù non affermò che «uno iota della legge non poteva cambiarsi»,
ma «io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra,
neppure uno iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto»
(Mt 5,18). Gesù parlava dell’adempimento della Legge mediane la propria opera
messianica, non dell’immutabilità della legge. Tanto è vero che lui, come nuovo
legislatore del nuovo patto, subito dopo affermò: «[Voi avete udito
che] fu detto [agli antichi]… ma io vi dico…» (Mt
5,21s.27s.31s.33s.37s.43s).
È
conseguenza di tale pregiudizio affermare che Paolo «diventa più importante
dei discepoli e per molti più di Gesù». Paolo riferì ciò che Gesù aveva
comandato (At 13,47; 22,10; 1 Cor 7,10; 9,14), come fecero anche Pietro (2 Pt
3,2) e Giovanni (2 Gv 1,5). Egli predicò l’Evangelo che Gesù stesso gli aveva
affidato e lo fece con coerenza: «Noi predichiamo Cristo crocifisso, che per
i Giudei è scandalo e per i Gentili, pazzia» (1 Cor 1,23). «Mi proposi di
non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso» (1 Cor 2,2;
cfr. Gal 2,20; 6,14).
È quindi sbagliato affermare che «l’assassinio — compiuto per fanatismo e
orgoglio di sentirsi superiore — conta alla fine ben poco». Dio ha affermato che
vendicherà il sangue dei suoi fedeli. Se l’assassino non si ravvede a tempo, per
lui non c’è, scampo: non entrerà nel regno di Dio e sarà destinato alla condanna
eterna (1 Gv 3,15; Ap 21,8). Giuda fu chiamato da Gesù «figlio di perdizione»
(Gv 17,12).
Se Molotov
non si è ravveduto e pentito dei suoi omicidi e non è stato rigenerato dallo
Spirito di Dio, aver passato in monastero i suoi ultimi dieci anni della sua
vita, non gli è giovato nulla riguardo al giudizio di Dio. Lo stesso vale per
l’imperatore Costantino e per tanti come lui, che si sono fatti
battezzare sul letto di morte. Dio non si fa ingannare. Ed è un terribile
inganno credere che «il battesimo cancella tutti i peccati, anche se manca il
pentimento». Tale sacramentalismo è estraneo alla sacra Scrittura. Solo «chiunque
avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato» (At 2,21; Rm 10,13). «Chi
crede nel Figlio ha vita eterna; ma
chi rifiuta di credere al Figlio
non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui» (Gv 3,36). Al riguardo si fa bene a non
sbagliarsi!
3. {Gianni Siena} ▲
Agli occhi di Dio i
peccati sono tutti con il segno «meno». C’è scritto: «Non fornicare», ma
questo peccato è uno dei più commessi... e uno dei più perdonati dal Signore:
mai come oggi! C’è scritto che «Dio ama un cuore schietto»... Egli detesta
l’ipocrisia. Gesù disse ai religiosi dei suoi giorni (con i quali condivideva le
credenze fondamentali e l’interpretazione della Scrittura) che i disonestissimi
esattori per conto dei romani e le immoralissime prostitute
sarebbero entrati per primi nel Regno dei Cieli. Tra un ebreo e una prostituta,
entrambi praticanti la loro «professione» — di fede il primo e di mestiere la
seconda — preferirei certamente il primo, essendo una persona perbene... È
normale che sia così ma, istruito dal Signore, nel non disprezzare nessuno e
nemmeno gli ultimi, mi chiedo se qualche volta non sono stato anch’io una
«maschera religiosa» (= ipocrita)?
Tutti i peccatori impenitenti si ritroveranno nel medesimo luogo di condanna:
quel giorno la «livella» di Dio, che odia il peccato non confessato e
abbandonato, essa sarà ugualmente severa con ogni genere di peccatore. Così è
scritto e Dio, notoriamente, non ha mai mancato di mantenere le parole che
pronuncia! Come oggi è largo nel perdonare, mentre Lo si può interpellare e si
lascia trovare, mostrando il volto del Padre buono e tenero, verso ogni creatura
bisognosa d’essere ricreata daccapo.
Trovo «lana caprina» distinguere i vari gradi del peccato, che certamente
vi sono, ma non influiscono sul tenore generale della condanna finale. Pur
distinguendo i vari gradi di retribuzione e la relativa severità (questo
affermano gli Scritti Sacri), la condanna è comunque eterna... per poco e/o per
tanto. Se c’è un
peccato mortale esso è la manifestazione d’un cuore impenitente che non si
ravvede; tutti i singoli atti di trasgressione sono «perdonabili» davanti a Dio:
per un cuore che rifiuta la grazia e, conseguentemente, s’indurisce nel
trasgredire la Parola di Dio, non c’è possibilità di scampo!!! {30 marzo 2009}
4. {Nicola Martella} ▲
È chiaro che ogni
peccato rappresenta l’infrazione di una legge (Gcm 2,9ss; 1 Gv 3,4). «Colui
che ha detto: “Non commettere adulterio”, ha detto anche: “Non uccidere”. Ora,
se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei diventato trasgressore della legge»
Gcm 2,11). Per evitare l’illusione di misurarsi con altri uomini, pur
commettendo cose ingiuste (Is 65,5; Lc 18,11), invece di rapportarsi con la
giustizia di Dio, Egli con un decreto sovrano «ha rinchiuso tutti nella
disubbidienza per far misericordia a tutti» (Rm 11,32).
È strano ma «non fornicare» non è un comandamento ricorrente nella
Scrittura; si trova invece in nove versi: «Non commettere adulterio»
(cfr. Es 20,14). Comunque sia, esso (o la fornicazione) è uno di quei peccati
che come l’idolatria (Ez 23,37), se non ce ne si ravvede, fanno escludere dal
regno di Dio (1 Cor 6,9) e destinano allo stagno di fuoco (Ap 21,8).
Pubblicani e prostitute avrebbero preceduto i religiosi nel regno dei Cieli,
poiché esercitarono la fede (Mt 21,31s), pur (o proprio perché) appartenendo a
due categorie dichiarate come «peccatori» sui generis e pubblicamente
evitate (peccatori Mt 9,10s; 11,19; Lc 7,34; 15,1; peccatrice Lc 7,37.39; cfr.
15,30), a cui non bisognava spiegare che cos’era il peccato. Al contrario,
scribi e Farisei nascondevano la loro iniquità dietro alla loro perbene facciata
d’ipocrisia e accreditavano se stessi proprio misurandosi con altre persone.
Mentre pubblicani e prostitute accettarono Gesù e il messaggio dell’Evangelo (Mt
9,9; Lc 19,5ss), scribi e Farisei rifiutarono entrambi e, anzi, cercavano il
modo per ucciderlo.
Il primo
criterio di condanna eterna non sarà la specie o la quantità di peccati, ma
l’essere presente o meno nel libro della vita. Nel giudizio universale, «se
qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di
fuoco» (Ap 20,15). In tale libro si viene scritti solo accettando Gesù quale
Salvatore e Signore (Gv 3,36; Ap 3,5; 21,27). Solo dopo aver accertato questo,
si procederà al giudizio secondo le opere, ossia secondo gli altri libri:
«E vidi i morti, grandi e piccoli che stavano dritti davanti al trono; e
i libri furono aperti; e
un altro libro fu aperto, che è il
libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose
scritte nei libri, secondo le opere loro» (Ap 20,12s).
Sebbene la destinazione degli impenitenti sarà la stessa (Ap 20,14s), se il
giudizio è secondo le opere di ciascuno, ciò significa che le pene saranno
altresì differenti. Qui influiranno e come le specie di trasgressioni, la
gravità, la loro durata, la specie di perversione, la sfrontatezza con cui sono
state commesse le iniquità e così via.
Chiaramente le
destinazioni finali sono solo due: o col Signore sulla nuova terra, o
lontano da Lui nello stagno di fuoco. In ogni modo, come i premi, le corone e
gli onori saranno proporzionali alla fedeltà mostrata nell’ubbidienza al Signore
e nel suo servizio (1 Cor 3,10ss; Mt 25,14ss), così le pene saranno
proporzionali alle colpe reali. Ognuno riceverà secondo le sue opere (Rm 2,6ss;
2 Cor 11,15; 2 Tm 4,14; Ap 2,23).
5. {Volto Di Gennaro} ▲
■
Contributo:
Caro fratello Martella, Dio ci benedica! Per
certo, in Cristo e solo attraverso di Lui siamo salvati mediante la fede. Al di
fuori di Cristo non c’è salvezza. Detto questo, è pur vero che la vita d’un
onesto lavoratore, che ha cresciuto la sua famiglia e l’ha amata, non è per
niente paragonabile a quella d’un delinquente incallito che pensa solo a fare il
male. Mai come in questi tempi si è parlato di stupri, omicidi, violenza
gratuita. Non ho l’età di Matusalemme, ma non sono nato ieri. L’uno è debitore
di cinquanta denari e l’altro di 500, stando alla nota parabola. Il debito è
diverso, ma entrambi i debitori non hanno di che pagare! Sarà il Sommo Giudice
che emanerà le sentenze. Le Sue sentenze sono davvero «giuste»! Ti saluto
caramente in Cristo. {31 marzo 2009}
▬
Risposta:
Chiaramente Dio preferisce gente che è timorata
di Lui, credente e che pratica la giustizia. Usando l’esempio di sopra, se Dio
dovesse scegliere paradossalmente fra un «onesto lavoratore», che rifiuta la sua
grazia, e un «delinquente incallito», che si ravvede e accetta il suo perdono,
il Signore sceglierebbe quest’ultimo. Gesù mostrò ciò nella parabola del Fariseo
e del pubblicano (Lc 18,10-14). Fra i salvati, chi fa fruttare i talenti
ricevuti in corrispondenza alle sue capacità otterrà un maggior premio dal
Signore (Lc 12,48). Anche fra i perduti, ossia coloro che hanno rifiutato la
grazia di Dio, la loro pena sarà proporzionale ai loro atti; è la giustizia che
lo richiede. {Nicola Martella}
6. {Pier Vittorio De Zorzi} ▲
■ Contributo: Per la mia esperienza
(della quale ringrazio il Signore per la Sua benevolenza di avermela concessa),
io preferisco astenermi dal ragionare su eventuali differenziazioni che il
Signore Dio nostro potrà applicare ai peccati che avremo commessi e/o come li
avremo commessi. Preferisco basarmi sul Decalogo e sugli insegnamenti dei
Vangeli, facendo il possibile per conformarmi a questi dettami e chiedendo
perdono al Signore quando non li rispetto. Le differenziazioni che applicherà il
Signore, al termine del nostro passaggio terreno, le sa solo Lui e saranno
sicuramente non per punire, e non ci
troveremo niente da recriminare; ma, altrettanto sicuramente, avranno i migliori
canoni di giudizio divino. In altre parole: preoccupiamoci soltanto di
commettere il minor numero possibile di peccati, senza cercare di sondare i
criteri di Dio. E che Dio ci benedica. {31 marzo 2009}
▬ Risposta:
Questo lettore è un cattolico militante. [►
Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1
(10° contributo)] Per i credenti che
hanno accettato Gesù come Salvatore e Signore e sono stati rigenerati dallo
Spirito di Dio, che li ha suggellati per il giorno della redenzione, non c’è un
giudizio punitivo da attendere (il giudizio finale sarà solo per gli
impenitenti; Ap 20,11ss), ma essi compariranno dinanzi al «tribunale di
Cristo» per ricevere un premio (2 Cor 5,10). Paolo ha affermato che, vivendo
nella disubbidienza o seguendo falsi maestri, si può perdere (non la vita
eterna!) tale premio (Col 2,18). Alcuni, avendo costruito sul fondamento in modo
completamente sbagliato, saranno salvati appena, «come attraverso il fuoco»,
quando tutto brucia e tutto è perso tranne la vita (1 Cor 3,13ss).
Quanto al «senza
cercare di sondare i criteri di Dio», così facendo uccideremmo ogni
confronto e ogni discussione (cfr. invece Mal 3,16). Ciò che Dio ha rivelato, si
può conoscere, se investigato. «È gloria di Dio nascondere le cose; ma la
gloria dei re sta nell’investigarle» (Pr 25,2). Sondare la realtà e la
Scrittura è cosa legittima e il Signore ci spinge a farlo. «A noi Dio le ha
rivelate per mezzo dello Spirito; perché lo spirito investiga ogni cosa, anche
le cose profonde di Dio» (1 Cor 2,10ss). Dobbiamo stare attenti a
trincerarci in una fede mistica e contemplativa che nulla chiede e niente
ragiona (cfr. 1 Cor 14,15). Non a caso ricorrono gli imperativi: «Studiati di…»
(2 Tm 2,15: esegesi per non essere confuso!), «Studiatevi di…» (cfr. 2 Pt
1,10s), si invita a discernere (1 Re 3,9; 1 Gv 4,1 provate gli spiriti), e così
via. Si parla di discernimento (1 Cor 12,10 degli spiriti) e di conoscenza in
cui abbondare (Fil 1,9). Inoltre la distinzione fra bambini nella fede e persone
spiritualmente mature sta proprio nella facoltà del discernimento: «Il cibo
sodo è per uomini fatti; per quelli, cioè, che per via dell’uso hanno i sensi
esercitati a discernere sia il bene sia il male» (Eb 5,12ss).
{Nicola Martella}
7. {Davide Donisi} ▲
■ Contributo: Gentile signor Martella,
ho letto le «perplessità» dell’amico e devo dire che un po’ condivido. In
effetti questa è la vecchia storiella del peccatore che si converte al
fotofinish prima di spirare (il figliol prodigo). La domanda che ci si pone
è: Quella persona che si è convertita all’ultimo verrà, salvata come me che mi
sono sempre comportato bene? Beh è una bella domanda, alla quale non ho una
risposta anche se oltre la salvezza penso proprio ci sia qualcos’altro. Lo penso
se leggo la parabola delle mine (ove ogni servitore riceveva quanto aveva
fatto fruttare al suo padrone), lo penso anche leggendo una frase di Gesù: «Il
più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui», riferendosi a
Giovanni, e vari versetti che penso siano abbastanza chiari. Sicuramente chi può
pensare che Adolf Hitler o un ladro di periferia siano in egual
modo colpevoli? O che colpe ha un malato mentale, se commette un grave
peccato, rispetto magari a una persona sana che commette tale peccato?
Sicuramente ci sono delle differenze, ma questo penso sia chiaro anche dai vari
versetti biblici nel Nuovo Testamento. La domanda è cosa spetta a chi
avrà meritato o demeritato di più e chi l’avrà fatto di meno. Cosa riceverà? La
ringrazio, distinti saluti e che Dio la benedica. {30 marzo 2009}
▬ Risposta: Dio non salva persone
che si comportano bene, ma solo quelle che accettano Gesù come Messia, ossia
come Salvatore e Signore della propria vita. Una volta salvati, per grazia
mediante la fede, ogni credente costruirà sul fondamento, che è Cristo, la sia
vita. A seconda della fedeltà che mostrerà nell’ubbidienza e nel servizio del
Signore, secondo la sua particolare chiamata, avrà anche un premio (1 Cor
3,10ss). Il premio (non la salvezza) si può anche perdere, a causa d’infedeltà
al Signore (Col 2,18).
Quanto ha fatto un feroce e spietato dittatore e un ladruncolo non
si possono paragonare; se ambedue rimarranno impenitente, la loro pena sarà
giustamente proporzionale ai loro crimini. Il NT ha da dire più di quanto
immaginiamo; il limite è sempre di chi non cerca o non sa cercare, non della
Bibbia. Nel caso di un malato mentale (o di un bimbo), bisogna
distinguere fra un possibile reato e l’imputabilità dello stesso. Paolo affermò:
«Fino alla legge, il peccato era nel mondo; ma il peccato non è imputato
quando non v’è legge» (Rm 5,13). Similmente con l’avvento di Cristo «Dio
riconciliava con sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro
trasgressioni» (2 Cor 5,19); chiaramente ciò si concretizza per coloro che
credono in Lui (Gv 3,36). C’è quindi una differenza fra una colpa oggettiva e
l’eventualità di imputarla. Tanto più ciò vale per chi non ha la capacità
d’intendere e di volere. Ciò non significa che si possa lasciargli fare ciò che
gli passa per la mente.
Al resto, ossia a ciò che riguarda meriti e demeriti, ho già risposto
sopra negli altri contributi. {Nicola Martella}
8. {Calogero Fanara} ▲
Nota editoriale: Questo contributo era stato scritto a proposito del tema
del seguente discussione: «Pastore
omosessuale in casa UCEBI: Abominio in luogo sacro?».
Poiché la maggior parte del contributo non proprio specifico a quel tema, lo
abbiamo spostato qui.
La vicenda non è cosa nuova. Sono persuaso che attraverso i secoli i tentativi
del peccato a volere andare oltre ai vincoli della santificazione ci sono
sempre stati e, man mano che gli anni passano, le cose non faranno altro che
peggiorare, anche nelle nostre chiese, purtroppo. Chiese e movimenti una
volta attaccati all’autorevolezza delle Scritture, volteranno le spalle a Cristo
per dare ascolto a seducenti ragionamenti e filosofie demoniache. Sta accadendo
sotto ai nostri occhi. Chi dice che Gesù non è Dio, chi dice che l’omosessualità
non è peccato, chi dice che convivere è valido quando lo è il matrimonio, chi
dice che fare sesso prima di sposarsi non è peccato, eccetera. Anche a me, nato, cresciuto e istruito nell’ambito
evangelico, queste cose mi sorprendono sempre, visto che normalmente e durante
tanto tempo, il peccato era sempre considerato peccato in quasi tutte le
denominazioni evangeliche. Però a ben rifletterci, dovremmo badare a trattare
con la stessa severità tutti gli altri peccati che a volte possono
avventarsi su di noi, peccati che tendiamo a considerare «peccatucci», mentre
nella realtà sono gravi e dannosi quanto lo è l’omosessualità. Non potrò mai scordarmi d’una predica fatta in chiesa
nostra alcuni anni fa dal nostro pastore riguardo al peccato di menzogna.
Aveva avuto qualche contrasto con una «sorella» che troppo facilmente mentiva
per giustificare alcune sue scelte sbagliate. Non a caso, il pastore citò il
passo nell’Apocalisse, dove Dio emette la dura sentenza verso coloro che
persisteranno nella lunga lista di peccati, fra i quali l’omosessualità [= lett.
fornicazione, N.d.R.] a pari con il peccato di menzogna. Per Dio, il peccato
rimane peccato. Mentire e persistere in una abitudine di menzogna può costare
al credente la vita eterna, proprio come il peccato d’omosessualità potrà
costare la vita eterna di questo pastore dell’UCEBI se non si ravvede
prima... Che Dio ci aiuti a mantenerci sotto controllo e
nell’ubbidienza della sua Parola, non così per dire, ma come dice la Parola
«scrupolosamente» aspirare a essere trovati irreprensibili... Non me la sento
di giudicare, perché tutti noi sappiamo quanto abbiamo da fare attenzione
che non ci cadiamo anche noi per altre ragioni e «peccatucci». Amiamo il
peccatore, condanniamo il peccato e agiamo da seguaci di Cristo! {17 aprile
2009}
9. {Nicola Martella} ▲
È apprezzabile quel che afferma il lettore, almeno all’inizio; poi invece prende
tutto un’altra piega. Non posso concordare con la sua omologazione di tutti i
peccati, quando afferma che i «“peccatucci”… nella realtà sono gravi e
dannosi quanto lo è l’omosessualità». Tale purismo è ingenuo e pericoloso,
rappresentando una relativizzazione indebita che non aiuta la verità. Spesso
si confonde qui il piano soteriologico (ogni tipo di peccati priva della
salvezza chi non si ravvede) con quello amministrativo e penale (a ogni tipo di
infrazione segue l’ammenda e la pena corrispondenti). Si confonde pure la
peccaminosità generale con la perversità, l’insufficienza con l’abominio,
l’umana debolezza con i peccati contro natura, le singole mancanze con la
depravazione. Si afferma: «Mentire e persistere in una abitudine di
menzogna può costare
al credente la vita eterna, proprio come il peccato d’omosessualità potrà
costare la vita eterna di questo pastore dell’UCEBI se non si ravvede
prima...»; ciò rientra in una visione arminiana, secondo cui la salvezza si può
perdere. La sacra Scrittura ci insegna invece che chi è stato generato da Dio,
non vive nel peccato (1 Gv 3,6.9; 5,18); chi lo fa, non ha conosciuto Dio (1 Gv
3,6) ed è dal diavolo (v. 8). Non possiamo tollerare un conduttore di chiesa
che vive nel peccato, solo perché noi tutti abbiamo dei «peccatucci» o delle
debolezze. Questo non significa tagliare «rettamente la Parola della verità»,
ma crea solo confusione (2 Tm 2,15). Il conduttore di chiesa dev’essere
irreprensibile già prima che assuma tale ufficio! (1 Tm 3,2; Tt 1,6). Cosi pensando e insegnando, si rende banale la
morale biblica e si cancellano i confini fra bene e male, fra giustizia e
iniquità. L’apostolo Paolo non andava in giro a mettere in man di Satana i
credenti disubbidienti di ogni tipo di peccato (1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20), né
lanciava il suo anatema su chiunque e per qualsiasi motivo (Gal 1,8s). Negli
altri casi, Paolo insegnava, riprendeva, esortava, ammoniva. Qui c’è il rischio
di non chiamare il peccato per nome e per gravità, per scusare in un certo modo
se stessi e le proprie debolezze. È una grave lacuna che porta con sé molte
conseguenze per la dottrina e l’etica. In tutto ciò è proprio vero che il
contrario di una menzogna non è sempre la verità, ma può essere solo una
menzogna di senso contrario.
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Peccati e loro differenziazione
{Nicola Martella}
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Il peccato (non) a morte
{Nicola Martella} (A)
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Il peccato e la differenziazione dei peccati
{Nicola Martella} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Peccati_differenza_parla_Mt.htm
31-03-2009; Aggiornamento: 20-04-2009
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