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La questione del lettore
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Riguardavo oggi il mio intervento nel tema su «
Pena di morte e nuovo patto? Parliamone (3) e notavo la tua nota editoriale, in cui ponevi all’attenzione e
la differenza fra peccato e peccati.
Capisco e condivido le tue note nell’articolo, a cui rimandi: «Se non si
distingue fra "peccato" e "peccati" e neppure riguardo alla diversa gravità
delle trasgressioni, si corrono due pericoli antitetici: 1) Gli uni diverranno
«buonisti» e tolleranti verso tutti i tipi di atti peccaminosi; 2) Gli altri
invece diverranno "legalisti" e rigidi, sanzionando con ogni rigore la più
piccola deviazione da un ideale personale o di gruppo». [►
Peccati e loro differenziazione]
Ciononostante, il peccato, nel suo senso lato rimane comunque sempre la
trasgressione della legge di Dio (1 Gv 3,4). Paolo fa ampiamente riferimento a
questa trasgressione nella sua lettera ai Romani. Cito un solo verso per tutti:
«Tutti hanno peccato...» (Rm 6,23).
Giacomo riassumendo indica sotto peccato chiunque che, sapendo fare il bene, non
lo faccia (Gcm 4,17).
La differenza che trovo io è in 1 Cor 6, dove il peccato di fornicazione e/o
adulterio trova una sua particolare gravità in quanto coinvolge il corpo che è
oramai «tempio dello Spirito Santo».
Mi piacerebbe leggere le tue riflessioni su questo argomento. {Guerino De Masi;
18-02-2008}
La risposta ▲
Certamente bisogna
fare dapprima una distinzione fra peccato e peccati nella Bibbia: il peccato
intende la natura peccaminosa e viene espiato; i peccati sono le singole colpe o
trasgressioni e vengono rimessi o perdonati. Questa differenza è evidente in 1
Giovanni 1 e in tutta l’epistola. Qui di seguito ci concentriamo però solo sulle
questioni a cui il lettore accenna.
■ Gv 1,34: È vero il peccato è sempre la
trasgressione della legge (cfr. anche Dn 9,11; Os 8,1; Rm 2,23.25.27). Per
trasgredire una legge, i suoi precetti devono essere però chiaramente definiti,
altrimenti si cade nel soggettivismo e nell’arbitrio (cfr. il proverbio «fatta
la legge, trovato l’inganno»). Mancando una legge, non si può imputarne la
trasgressione (cfr. Rm 4,15); essa è stata introdotta appunto per sanzionare le
trasgressioni (Gal 3,16) ed è essa a stabilire chi sia un trasgressore (Gcm
2,9), e cioè sempre su aspetti concreti (v. 11).
Nessuna legge umana o divina può perciò condannare qualcuno per trasgressioni
non chiaramente codificate da una legge. Non si può condannare qualcuno per le
sue eventuali intenzioni di trasgredire né per il fatto che tutti sono
potenzialmente dei trasgressori (cfr. il proverbio «l’occasione fa il ladro»).
Nessun ladro può pensare di passarla liscia relativizzando la sua colpa e
generalizzando la tendenza umana a rubare: «Prima o poi tutti rubiamo qualcosa.
Lei, signor Giudice, può assicurarci di non averlo mai fatto, neppure per una
minima cosa?».
■ Rm 6,23: Versi del genere non smentiscono questo principio, ma ne
rivelano un altro: Dio con una sentenza storica sovrana e incontrovertibile ha
rinchiuso tutti sotto peccato (Rm 3,9; 11,32; per togliere a chiunque qualsiasi
vanto) per fare così grazia a tutti (chiaramente bisogna accettare tale grazia;
Rm 3,23ss).
■ Gcm 4,17: Quanto a questo verso, potremmo disquisire sulla sua
applicazione secondo l’intendimento odierno del brano. Allora bisogna
tener presente che anche le leggi terrene prevedono l’omissione di soccorso come
reato imputabile e punibile. Ciò riguarda anche casi in cui non s’eserciti i
doveri di patria potestà e di tutela (figli, genitori o fratelli inabili o
inetti). È difficile punire in altri casi qualcuno per non aver fatto qualcosa
di positivo che era in grado di compiere (p.es. dare ai barboni mensilmente un
terzo del proprio stipendio), a meno che tale cosa non sia codificata in una
norma di legge (cfr. «X [5; 8] per mille»). Sul piano morale, Gcm 4,17 potrebbe
rientrare nella stessa dinamica generale del «tutti peccatori», visto che «fare
il bene» è un concetto abbastanza elastico e soggettivo: per gli uni intende, ad
esempio, ciò che mi sta intorno (prossimo), per altri anche ciò che succede
dall’altra parte del mondo (p.es. vittime d’un alluvione in Bangladesh o bambini
sfruttati per cucire palloni da calcio, usati negli stadi occidentali). Per gli
uni è ciò che serve per salvare la vita (dare da mangiare agli affamati), per
gli altri ciò che fa comunque bene soggettivamente all’altro (p.es. regalo di
compleanno).
In ogni modo, si fa bene a contestualizzare Gcm 4,17, tenendo presente
che esso porta a conclusione quanto precede (cfr. «quindi»): giudicare il
prossimo (vv. 11s) e progettare la vita in sottomissione al Signore (vv. 13ss).
Il verso 15 si conclude condannando le millanterie («Ogni tale vanto è
cattivo») e con contrappasso al v. 16. [Nota al margine: Poi il v. 16 si
trova appena prima di un brano nuovo (cfr. «ora») che parla del rapporto con le
ricchezze e del fatto che i ricchi sfruttano i lavoratori, condannano e uccidono
chi è giusto (Gcm 5,1-6).]
È quindi molto probabile che l’espressione «sa fare il bene» intenda «è in grado
di fare ciò che è giusto»; il concetto ebraico
ṭob (Giacomo
era un cristiano giudaico) si può anche riferire, in senso morale, a fare il
proprio dovere, a mettere in pratica la legge, quindi a fare ciò che è giusto,
congruo, opportuno (positivo 2 Cr 14,1 buono e retto; 31,20 buono e retto; Gb
34,4 buono e giusto; negativo 1 Sm 2,24; 2 Sm 17,7). Anche nel NT «buono» in
senso morale può stare per «moralmente giusto» (1 Cor 5,6; 1 Tm 2,3; Tt 2,3). I
concetti ebraici «buono - cattivo» erano usati in senso morale così come noi
intendiamo «giusto – sbagliato / ingiusto»; si veda come la qualità degli alberi
viene usata per descrivere gli uomini (Mt 7,17ss; 12,33ss).
Gcm 4,17 è da tradurre come segue: «A chi dunque sa fare bene e non lo fa,
[ciò] gli è [imputato come] peccato».
■ 1 Cor 6: Il caso descritto in questo brano (fornicazione) è solo
uno dei tanti singoli punti concreti, secondo cui la legge morale del nuovo
patto condanna qualcuno (cfr. Ap 21,8; cfr. anche Gal 5,19ss; Col 3,5). Non è
quindi l’unico né è esclusivo. E ciò tanto più che la fornicazione era legata
allora alla prostituzione sacra, attuata presso i templi, quindi a una devozione
idolatrica e a pratiche magico-religiose (1 Cor 10,20ss).
►
Esiste una differenza tra i peccati?
{Nicola Martella} (D)
►
Il peccato (non) a morte
{Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Peccati_differenz_Sh.htm
20-02-2008; Aggiornamento: 30-03-2009
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