Per le questioni,
da cui è nato questo tema di discussione, rimandiamo all’articolo «Traduzioni
della Bibbia fra competenze e metodo» e alle tesi di
Eliseo Paterniti.
Non si può che essere grati a Dio che esistano varie traduzioni e
parafrasi della Bibbia in italiano. Alcune usano soltanto il «Textus Receptus»,
ossia il «testo accertato» messo insieme al tempo di Erasmo di Rotterdam,
partendo dai manoscritti allora a disposizione; specialmente la vecchia Diodati,
la King James, la Riveduta e la Nuova Diodati si ispirano a tale testo. La
Nuova Diodati sembra proprio la King James italianizzata, anche nei limiti.
Le
traduzioni cattoliche sono state fatte perlopiù sul testo della latina
Vulgata. La Nuova Riveduta, oltre a contenere i difetti della vecchia
Riveduta, ne ha aggiunto dei nuovi; chiaramente ha anche delle buone novità
(p.es. aver tradotto il presente continuo «non pecca» con «non vive nel peccato»
in 1 Gv).
Le questioni si trovano, grazie a Dio, nei dettagli; ciò significa che
ognuna di tali Bibbie è buona per il culto e l’edificazione. I dettagli sono,
invece, importanti per chi studia la Bibbia; inoltre, essi possono
indurre a formulare convincimenti sani o deleteri dagli effetti imprevedibili. (Continua
nel primo contributo.) Perciò, il mio consiglio è che chi voglia studiare
seriamente la Bibbia, ma non può attingere ai testi nelle lingue originali, si
munisca di una schiera di traduzioni differenti e consulti attendibili e fedeli
commentari esegetici.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Nicola
Martella}
▲
Abbiamo detto sopra
che per chi voglia studiare seriamente la Bibbia, anche i dettagli sono
importanti. È spesso dai dettagli che sono state tratte singolari dottrine, su
cui sono state poi costruite sovrastrutture ideologiche di natura dogmatica.
Tutti i gruppi di frangia basano le loro convinzioni proprio sui dettagli, e
traduzioni imprecise sono per loro la «manna». Si pensi ad esempio a tradurre il
termine ebraico `ôlam con «eterno» (nell’erronea accezione
di assenza di tempo, cosa che gli Ebrei non conoscevano); tale falsa concezione
(per altro in contrasto con versi che parlano di un invecchiamento irreversibile
della terra; Is 51,6) hanno portato i seguaci della «Torre di guardia» a
insegnare che la nuova creazione (Is 66,22) sarà soltanto un rinnovamento della
vecchia; perciò devono spiritualizzare e allegorizzare certi brano contrari (2
Pt 3,10-13; Is 65,17; Ap 21,1ss). Fa quindi una grande differenza se la terra è
«eterna» (come erroneamente affermano i TdG) o è soltanto «perpetua» (Sal 37,29;
Sal 104,5; Ec 1,4), ossia esiste fino a quando non esaurisce la sua forza e la
sua funzione. Anche varie altre cose erano definite «perpetue» (p.es. il
sacrificio perpetuo, Dn 12,8), eppure hanno smesso la loro funzione. Mi fermo
qui e rimando per l’approfondimento a Nicola Martella, «Perpetuo»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma
2002), pp. 273s.
Faccio un esempio più nostrano. Anni fa, uno stimato fratello, basandosi
su un verso della vecchia Riveduta, sosteneva che la nuova creatura non può
peccare più, ma lo fa soltanto la vecchia natura. Il verso era questo: «Chiunque
dimora in lui non pecca; chiunque
pecca non l’ha veduto, né l’ha
conosciuto» (1 Gv 3,6). Così anche 1 Giovanni 5,16: «Noi sappiamo che
chiunque è nato da Dio non pecca».
Egli considerava tale «non pecca» come «non pecca mai» o «non può più peccare».
Ciò aveva alcune conseguenza: ▪ 1. Sminuire il proprio peccato (come figlio di
Dio non posso peccare veramente); ▪ 2. Nutrire una specie di antropologia
schizofrenica (è solo il vecchio uomo a peccare); ▪ 3. Chi cade in un vero
peccato, non è mai stato rigenerato; eccetera. Chiaramente una tale
antropologia, sebbene avesse una parvenza di verità, era alquanto singolare e
generatrice di molti problemi dottrinali.
Ad esempio, se secondo tale logica anatomizzante, fosse soltanto il «vecchio
uomo» a peccare, la persona non sarebbe imputabile, ma questo non è mai così
nella Bibbia (cfr. 1 Cor 3 le opere d’ognuno verranno provate col fuoco); nella
Bibbia l’uomo, anche il rigenerato, è sempre un’unità, nel bene e nel male.
In quell’incontro di responsabili cercai di spiegare che in tali testi c’era un
presente continuo, che bisognava tradurre con «non peccare abitualmente» o «non
vive peccaminosamente». Spero che tale stimato fratello abbia rivisto il suo
pensiero al più tardi dopo l’uscita della Nuova Riveduta.
Come si vede, avere buone traduzioni anche nei dettagli è un grande
vantaggio per chi vuole studiare la Bibbia, per chi poi ascolterà i suoi
messaggi e per una conoscenza biblica corretta. Perciò, banalizzare tali temi,
è estremamente dannoso. Ciò mostra soltanto l’incompetenza di chi, per reagire a
false pretese di predicatori senza capacità linguistiche ed esegetiche, che
dicono assurdità sulla Bibbia, va all’altro estremo, facendo singolari sfuriate
contro intere categorie, buttando così il bambino con tutta l’acqua sporca. È
singolare che persone, senza competenze specifiche in campo linguistico, diano
giudizi sulla qualità delle traduzioni bibliche con contributi e articoli pieni
di errori grammaticali e sintattici, mostrando così di non essere in
grado neppure di avere padronanza della lingua italiana! Se si rimane nel
campo assegnato a ognuno da Dio (2 Cor 10,13.16) e si dà il massimo
all’interno di tale perimetro di competenza, si fa del bene all’opera di Dio e
si evita, viceversa, di fare danno.
2. {Salvatore
Paone}
▲
■
Contributo: È un miracolo che un libro, scritto da più di 40 autori,
di culture diverse, in epoche diverse, cioè nel corso di più di 1500 anni
evidenzia una conformità sotto tutti gli aspetti. È umanamente impossibile che
perfino persone della stessa generazione, scrivendo in modo indipendente,
scriverebbero un testo uniforme su Dio. Certamente vi è qualcosa di più che
umano in tale raccolta di libri. Pietro scrive che ciò è dovuto allo Spirito
Santo che ha sospinto i profeti (2 Pt 1, 21). L’affermazione che la Bibbia è il
libro di Dio, cioè ispirato da Lui e che presenta la sua volontà per noi
uomini è enorme. Perciò questo libro dovrebbe essere studiato a fondo e
applicato. Chi non prende la Bibbia in considerazione offende il suo Creatore.
No non credo assolutamente che abbiano in qualche modo trasformato dei concetti
dottrinali assai fondamentali, piuttosto credo che qualche parola di
terminologia possa essere stata cambiata con lo stesso significato; ad
esempio: Quando Gesù si rivolge a Pietro, dicendogli: «Mi
ami tu Pietro?», e Pietro rispose: «Signore sai che
ti voglio bene», perché Pietro
non ha risposto con lo stesso parlare, noi facciamo distinzione tra voler bene e
amare, ma nella lingua greca voler bene e amare era la stessa cosa. Quindi è
stato tradotto in terminologia e grammatica italiana (il motivo non lo so).
Come in alcune traduzioni come quella cattolica troviamo il termine «verbo»
inteso e associato a Gesù Cristo, mentre nelle nuove traduzioni esso è
sostituito il termine «parola».
Secondo il mio modesto parere credo che solo la Bibbia dei Testimoni di Geova
sia taroccata e manomessa, trovandone alcuni versi hanno un significato diverso
a livello dottrinale, sminuendone addirittura la persona di Cristo Gesù.
{18-08-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): La Bibbia è un libro straordinario per la sua armonia
e coerenza, nonostante la copiosità dei suoi autori. È straordinario anche per
la ricchezza dei suoi manoscritti antichi, alcuni vicinissimi agli originali;
neppure questo fatto è da dimenticare, poiché fa della Bibbia il libro più
straordinario del mondo. Tutto ciò non ha però direttamente a che fare col tema
in corso.
Penso che parlare di cose specialistiche come il verbo
agapáō e filéō in Gv 21,15ss non sia opportuno da parte del
mio interlocutore, poiché egli non è in grado di approfondire questo discorso
nelle lingue originali. La cosa che potrebbe fare è citare autorevoli autori nel
merito, ma dare un giudizio su cose che non si è in grado di analizzare fino in
fondo, mentre si usa una dizione italiana approssimativa (certamente correggo la
maggior parte delle cose), crea un vistoso contrasto. È bene che ognuno parli
con certezza delle cose che può veramente sapere.
Se i due verbi fossero stati la stessa cosa, non si capisce perché Pietro avesse
usato qui un altro verbo rispetto a Gesù. Semplicemente perché i due verbi non
esprimevano la stessa cosa! L’esegeta Theodor Zahn nel suo commentario
dell’Evangelo di Giovanni afferma all’incirca la seguente cosa riguardo a questi
due verbi in tale brano:
■ Agapáō: È un atto della volontà e una scelta basata sulla valutazione
del valore.
■ Filéō: È un atto del sentimento e un impulso d’animo basato
sull’amabilità dell’oggetto.
Quanto al termine «verbo»,
esso non significa altro che «parola» nelle locuzioni «non proferire verbo»,
«non intendere verbo», «non aggiungere verbo». Non è di queste sfumature che
parliamo, quando discutiamo di traduzioni della Bibbia.
Qui, se vogliamo parlare seriamente, non possiamo neppure ridurre le questioni
al fatto di «taroccare» una traduzione. Noi abbiamo parlato di competenza
dei traduttori e del metodo da loro usato per tradurre; una lista dei loro nomi
in una introduzione della Bibbia tradotta sarebbe garanzia della traduzione
stessa. Qui però si va di palo in frasca, se non si sa di che cosa stiamo
parlando; e si mischiano capre e cavoli. Rimanendo alle metafore, in tale modo
non si trarrà alcun ragno dal buco.
3. {Andrea
Poggi}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, Dio ti benedica. Ho letto le tue osservazioni in
relazione alla traduzione delle varie Bibbie e personalmente credo che sia un
tema molto importante! Non sono un esperto conoscitore di ebraico e greco,
quindi una mia opinione al riguardo sarebbe superficiale. Mi sono reso conto,
leggendo le varie versioni, che ci sono delle «diversità».
Ecco un esempio: Romani 8,1 recita: «Non c’è più nessuna condanna per
quelli che sono in Cristo Gesù». La Cei e la Versione Riveduta Luzzi (dai
testi originali, cosi afferma) terminano il versetto qui. La Nuova Riveduta
mette tra parentesi quadre «i quali non camminano secondo la carne, ma secondo
lo Spirito» e la Nuova Diodati scrive il versetto integralmente. In questo caso
cosa si deve fare secondo te?
Per quanto mi riguarda, parlo senza sapere cosa dicono i testi originali, mi
sento di abbracciare la versione integrale del versetto in questione in
quanto sono si convinto che «non c’è più nessuna condanna per quelli che sono
in Cristo»; ma sono altrettanto convinto che in Cristo bisogna rimanerci per
mantenere questa grazia ricevuta, e non possiamo rimanerci a nostro piacimento e
alle nostre condizioni! Quindi sapere che ci siamo (in Cristo) e ci rimaniamo
alle condizioni, che Dio ci ha dato, ovvero, se «camminiamo secondo lo
Spirito e non secondo la carne», è una cosa indispensabile, che ci completa.
In 1 Giovanni 5,7s leggiamo: «Poiché tre sono quelli che rendono
testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e i tre sono concordi». Sia
la Cei che la Nuova Riveduta scrivono così. La versione Riveduta (Luzzi) riporta
una nota esplicativa in calce e la nuova Diodati scrive così il v. 7: «Poiché
tre sono quelli che rendono testimonianza nel cielo: il Padre, la Parola e lo
Spirito Santo; e questi tre sono uno».
Vorrei sapere la tua opinione, caro fratello. Vorrei anche sapere come secondo
te è bene muoversi per essere sicuri di studiare la Bibbia correttamente
e approfonditamente. Io generalmente confronto le varie traduzioni e uso i
classici commentari «Investigare le Scritture» AT e NT (anche se non condivido
alcune spiegazioni, le quali sono più idee del commentatore, come dici tu, che
spiegazioni del testo stesso), «usi e costumi della Bibbia», la concordanza,
ecc. Quali commentari mi consigli? Perdonami se ti ho preso troppo tempo... Un
grande abbraccio. Dio ti benedica e ti sostenga ogni giorno... {19-08-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): La «critica testuale» è una scienza letteraria che si
occupa dello studio dei vari antichi manoscritti per risalire a un testo il più
vicino possibile all’originale. Il fatto miracoloso è che, sebbene i manoscritti
per tanti e tanti secoli furono ricopiati soltanto a mano, essi sono arrivati a
noi con un’incredibile precisione. Nei manoscritti ci sono comprensibili
errori di distrazione (occasionali doppie mancanti, lettere mancanti o
eccedenti, ecc.). Il confronto fra i manoscritti chiarisce la stragrande
maggioranza di tali errori di copiatura.
Ci sono inoltre delle note marginali del autore possessore di un
manoscritto, che un copista distratto ha copiato direttamente nel testo. Se poi
un tale manoscritto fu successivamente usato per fare altre copie, tale errore
(non vedendolo più come tale) fu riprodotto nei successivi. Si tratta di
pochissimi casi e un confronto fra manoscritti più antichi con quelli più
recenti, mostra l’errore.
Il problema è che non tutti i cosiddetti traduttori capiscono qualcosa della
«critica testuale». Se si prende per l’AT la recensione «Biblia Hebraica» di
Rudolf Kittel o per il NT la recensione di Nestle-Aland, si scoprirà un
nutrito apparato a piè di pagina, dove sono riportate le varianti dei
manoscritti antichi (in lettere maiuscole o onciali) e di quelli più recenti (in
lettere minuscole o corsive). I codici in onciale sono, ad esempio i seguenti:
il Codex Vaticanus; il Codex Sinaiticus; il Codex Alexandrinus; il Codex
Coislinianus; il Codex Bezae (greco-latino); il Codex Petropolitanus.
Quanto a Romani 8,1, la prima parte è accertata, la seconda si trova ad
esempio nelle traduzioni latine. Dove sta l’errore? Su qualche manoscritto un
copista sbadato ha copiato qui parte del v. 4. Non è verosimile. Traduttori
competenti avrebbero dovuto mettere tutt’al più in una nota a più di pagine tale
variante, spiegando tale riflusso testuale. Come detto però non tutti i
traduttori, veri o improvvisati che siano, capiscono qualcosa di «critica
testuale».
Non entro in tale difesa della cosiddetta «versione integrale», per
difendere convincimenti precisi (ossia arminiani). Come detto tale parte
discussa si trova già nel v. 4, e non c’è necessità che ci sia anche nel v. 1.
Quanto a 1 Giovanni 5,7s la Riveduta, la Cei e la Nuova Riveduta hanno lo
stesso testo. La Diodati originale si ispira letteralmente alla
traduzione latina: «Perciocchè tre son quelli che testimoniano nel cielo: il
Padre, e la Parola, e lo Spirito Santo; e questi tre sono una stessa cosa. 8
Tre ancora son quelli che testimoniano sopra la terra: lo Spirito, e l'acqua, e
il sangue; e questi tre si riferiscono a quell'una cosa». La Nuova Diodati
riproduce più o meno la stessa cosa: «Poiché tre sono quelli che rendono
testimonianza nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre
sono uno. 8 Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra:
lo Spirito, l'acqua e il sangue; e questi tre sono d'accordo come uno».
Tutto ciò è basato appunto sulle versioni latine. È probabile che qui le note
marginali di un lettore siano state ricopiate nel testo da un maldestro copista.
Il testo greco accertato recita letteralmente: «Poiché tre sono quelli
che lo attestano: lo Spirito e l’acqua e il sangue, e i tre sono [diretti] su
quell’uno [= sono concordi]». Il testo della Diodati e della cosiddetta
Nuova Diodati è assolutamente qui da rifiutare.
Per studiare la Bibbia correttamente e approfonditamente, ho già scritto
che bisogna usare una certa quantità di traduzioni differenti, sia in italiano,
sia possibilmente in lingue estere. Il confronto sarà illuminante. Il caso di 1
Giovanni 5,7s mostrerà subito che c’è un problema. Allora si potranno consultare
alcuni commentari esegetici in merito (non quelli devozionali) e
approfondire le questioni problematiche. «Investigare le Scritture» è troppo
succinto per essere un vero commentario, è più un’introduzione e uno schema
ragionati d’ogni libro; qualcosa di simile ho fatto io in «Radici» (1-2;
3-4;
5-6; Panorama dell’AT), sebbene le due opere sia chiaramente
differenti. Evito di fare una lista di commentari esegetici, ma indico la
caratteristica essenziale: spiegano il testo verso per verso, partendo dalle
lingue originale, per risalire alle convinzioni dell’autore del libro biblico;
inoltre non fanno discorsi dottrinali, ma storici e teologici. Ad esempio, nella
mia opera
Le Origini 1-2 distinguo nei due volumi «1.
Temi delle origini» e «2.
Esegesi delle origini». Lì si può
vedere ciò che intendo. Per il resto si vedano i consigli che dà sotto Pietro
Calenzo.
4. {Stefano
Ferrero}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, mi sembra di capire che secondo te la Bibbia
meglio tradotta è la CEI, dato che la ND e la NR, per quanto utili ed
edificanti, sarebbero imprecise.
Visto che hai buone competenze linguistiche in ebraico e greco, perché non
realizzi tu stesso una traduzione completa dei 66 libri ispirati?
Sarebbe utile per tutta la chiesa italiana, non solo adesso ma per moltissimo
tempo nel futuro. Ho visto la tua versione dei primi capitoli di Genesi [=
Le Origini 2] e mi sembra a dirlo in breve, semplicemente eccezionale. Avere
tutta la Bibbia così sarebbe fantastico, e a mio parere assai più utile che
vedere in giro per il web i soliti attacchi contro i cristiani carismatici.
Nel giro di qualche anno potresti farcela senza problemi. Un saluto in Gesù.
{19-08-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Non ho detto che la traduzione della CEI sia la
migliore (basta vedere come hanno addomesticato dottrinalmente brani chiave
necessari alla mariologia!). Ho affermato che in italiano non esistono
traduzioni sufficientemente ottimali per lo studio biblico approfondito e che,
non potendosi fidare nei dettagli di nessuna in particolare, si fa bene a
confrontarne diverse. Sebbene con tanti difetti e toscanismi, la migliore
traduzione in italiano per me rimane la vecchia Riveduta, che è quella che uso
abitualmente.
A parte la gratitudine per la stima mostrata e inaspettata (da Stefano
Ferrero!), una «traduzione completa» della Bibbia non è cosa che possa
fare una sola persona. Una tale cosa richiede un investimento di denari, tempo
ed energie e il supporto di una casa editrice che la diffonderà. Solo un team
competente e affiatato può riuscire a fare una cosa del genere. Tuttavia, finché
sarà facile tradurre semplicemente la King James in italiano, quale
organizzazione vorrà mai prendersi tale giogo sulle spalle?
La mia versione dei primi capitoli di Genesi [=
Le Origini 2] può essere «semplicemente eccezionale», ma fatto sta che ho
dovuto chiudere la casa editrice e sono pochi coloro che hanno tratto profitto
di tale commentario. Ho lavorato alle altre parti della Genesi e ad altre opere,
ma qui in Italia a un autore gli viene solo l’angoscia. Basta poi guardare che
tipi di libri si vendono per la maggiore nelle librerie cosiddette cristiane,
per rendersi conto che quella dello studio serio della Bibbia qui in Italia è
una guerra perduta in partenza.
«Nel giro di qualche anno»: questa frase l’ho sentita tante volte alcuni
decenni fa da parte di singoli che affermavano che stavano facendo una nuova
traduzione della Bibbia oppure una versione interlineare. Non faccio i nomi per
pudore. Non voglio entrare in tale schiera. Chi vuole e lo sa apprezzare, si
goda ciò che ho pubblicato. Oltre a quanto detto sopra, anche questa traduzione:
Nicola Martella,
Il Levitico: Traduzione letterale (Punto°A°Croce, Roma 1998).
5. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo: Carissimo fratello Nicola, ho letto con molto interesse la
tua risposta alla questione sollevata Eliseo Paterniti. Devo confessarti che non
conoscevo tutta la genesi della gestazione della Nuova Riveduta, e ciò
che tu con piena competenza hai affermato, non mi hai certamente rallegrato.
È rispondente al vero che la Nuova Diodati è quasi la fotocopia della
King James in italiano, e i traduttori o i revisori sono per il momento
incogniti. Il mio parere, che si fonda sulla lettura di numerosi libri o
trattati che c’informano sulla genesi di una molteplicità di traduzioni, e la
loro derivazione dal Textus Receptus o dal testo critico di Westcott e Hort, o
dalla Italica, o dalla Vulgata, indubbiamente qualche pensiero lo generano. È
altresì vero che di dottori evangelici, che sappiano tradurre o condurre
un’esegesi profonda dei testi biblici (parlo del panorama evangelico italiano)
non abbondano, ma ringraziando il Signore ce ne sono, non sono tanti, ma il
Signore li ha donati alla Chiesa per il perfezionamento dei santi.
A mio parere ancora, l’antica Diodati, che pur abbonda di linguaggio
arcaico e toscaneggiante, resta a mio parere la migliore traduzione nella lingua
nostrana. È utile, come tu affermi leggere e consultare
numerose traduzioni, facendo però qualche doveroso distinguo.
La versione ufficiale della CEI e della curia romana risulta essere la
traduzione di una revisione della revisione della Vulgata, ed è giusto e
doveroso affermare che contiene al suo interno chiare interpolazioni, come in
Genesi 3,15, dove ipsum è stato successivamente tradotto con ipsa,
in chiave di mariolatria. Così in
Matteo 1,25 è stato travisato l’intero verso della Scrittura per
sottolineare la verginità perpetua di Maria (per questo ultimo verso in Matteo,
viceversa la traduzione, sempre cattolica dell’abate Ricciotti traduce
correttamente «finché»).
Un piccolo inciso, ricordo di aver letto in qualche libro o
pubblicazione, tanti anni addietro, che tale era l’imbarazzo della cupola
vaticana su questo versetto di Matteo, che nei secoli scorsi furono convocati
eminenti studiosi del clero romano, per cercare una diversa traduzione di questo
passo, che creava non poco imbarazzo per l’arrembante culto mariano. Allorquando
un monaco propose, dopo numerosi tentativi poco proficui, la nota formula: «e
senza che la conoscesse», tutto il consesso proruppe in un fragoroso
applauso, per la gioia massima del pontefice di turno e del nostro avversario,
il maligno.
Tornando sul tema in oggetto, naturalmente hai ragione, che della Parola di Dio,
si può fare una lettura esegetica testuale, o anche solamente devozionale, però
a mio parere è bene avvertire i fratelli da parte dei dottori della Chiesa di
Cristo delle trappole che propinano alcune traduzioni della Scrittura.
Ancora, ci sono in vendita in Italia ottimi commentari esegetici dei
G.B.U., anche quelli un po’ antichi, ma sempre valenti della Claudiana reprint
(Stewart, Bosio, Luzzi) o quelli da poco editi di Martin Lloyd Jones e John Mac
Arthur. Personalmente non consiglierei mai di studiare la Scrittura su quelli
della Paideia che sono intrisi di un relativismo e mitizzazione dell’Evangelo a
volte imbarazzante. Benedizioni nel Signore Gesù, il Messia. {20-08-2010}
▬ Risposta (Nicola Martella): Sulla genesi della gestazione
della Nuova Riveduta, ho evitato di fare nome e cognomi dei fratelli
coinvolti. Alcuni di loro, di là dall’amore per la Parola di Dio e delle
competenze linguistiche in italiano, non sanno molto di ebraico e di greco, per
non dire nulla specialmente in ebraico.
È singolare che chiese e denominazioni hanno
investito soldi in varie cose che in genere potrebbero essere nobili
(evangelizzazioni, concerti, assistenza, mega campagne con un evangelista di
successo, ecc.), ma hanno trascurato il fondamento della loro fede: un’ottima
traduzione letterale e letteraria. Tali organizzazioni avrebbero dovuto unire
tali capacità di coloro che il lettore chiama «dottori evangelici» e
rendere quest’ultimi produttivi, investendo soldi in progetti ad hoc.
Non mi riscaldo più di tanto per la versione della
CEI, di cui conosco punti di forza e debolezza. Conoscendo però tali
proiezioni dottrinali nel testo biblico ed evitando tali brani «taroccati», come
direbbe un altro lettore, anche tale eco della Vulgata può essere utile da
consultare insieme ad altre traduzioni. Di brani con alcune proiezioni
dottrinali ci sono anche nella Nuova Diodati e nella Nuova Riveduta, come ho
mostrato altrove.
6. {Eliseo
Paterniti}
▲
■
Contributo: Sappi che il mio post non era un commento affermativo, ma un
commento chiarificatore. Comunque la mia domanda sorta nel mio spazio, prima che
lo chiudessero, era ed è sempre la seguente e quindi la sottopongo più specifica
a te. Per farti un esempio sui
cattolici, mi sono imbattuto con loro diverse volte senza arrivare a un
punto d’incontro. Esempio il versetto Marco 3,32: «Una folla gli stava
seduta intorno, quando gli fu detto: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue
sorelle là fuori che ti cercano”» (Bibbia CEI). Benché in tutte le versioni
si specifica che i fratelli di Gesù erano i fratelli carnali, loro affermano che
i testi originali affermano che non erano quelli i fratelli carnali di Gesù, ma
i cugini.
Come questo potrei prendere altri esempi pure nel mondo evangelico, dove
spesso alcuni affermano che certi versetti, che al momento non sto ricordando
per la tempestività della mia risposta, non sarebbero tradotti correttamente. A
questo punto persone come me che scrivono e parlano appena l’Italiano, a chi
dobbiamo credere? Non so se mi sono spiegato in merito. Riguardo al fatto che tu
hai scritto che nei miei commenti non faccio nomi, ti rispondo che io
rispetto la tua opinione nel fare nomi e cognomi delle persone, a cui parli; io
personalmente non ho quest’abitudine e desidero mantenere quella che chiamo la
mia linea di comportamento. Come ti ho risposto in qualche altro commento, io
amo denunciare pubblicamente l’errore e non chi lo commette, per dare la
possibilità a chi lo commette di rivedersi.
Carissimo Nicola, questo è quello che avrei voluto risponderti. Shalom.
{23-08-2010}
▬ Risposta (Nicola Martella): Avevo scritto ad Eliseo,
sollecitandolo a una risposta all’articolo. Poi è arrivata questo contributo. La
questione è che in tale primo contributo, presente nell’articolo, Eliseo sparava
in modo indifferenziato nel mucchio, accrescendo sospetti su intere
categorie. Qui finalmente ha fatto almeno un esempio per il campo cattolico. Gli
eventuali problemi di traduzione devono essere analizzati a sé, punto per
punto, partendo dal testo nelle lingue originali. Se ci sono versi non tradotti
correttamente, bisogna valutarlo caso per caso. Chi pone il problema, potrebbe
aver ragione, se indica le prove; potrebbe anche aver torto, se sarà
smentito. Tuttavia non si può condannare a priori ognuno che pone un
problema esegetico o di traduzione, né ovviamente tutti i traduttori;
bisognerebbe per prima cosa conoscere questi ultimi e sapere in quali parti
specifiche di una traduzione hanno collaborato.
Non fare nomi può essere una scelta, ma così si lanciano sospetti su intere
categorie. Ho i miei dubbi sull’efficacia del metodo «denunciare pubblicamente
l’errore e non chi lo commette, per dare la possibilità a chi lo commette di
rivedersi». Se il profeta Nathan avesse applicato tale metodo con Davide, o
Paolo con Pietro ad Antiochia, che risultato ci sarebbe stato? Io ritengo che la
colpa è sempre personale, come insegna la Bibbia.
7. {Jonathan De
Felice}
▲
■ Contributo:
Pace, Nicola, ho seguito con interesse la discussione su quest’articolo. Non
voglio rispondere nel merito, ma anch’io ho notato discordanze nelle varie
traduzioni (p.es. 1 Giovanni 5,7 nella ND è presente, mentre nella NR e
nella NIV americana compare solo in nota a piè di pagina). Nel caso di 1 Gv 5,7,
ogni volta che mi confronto con i TdG, evito sempre di menzionare il verso. L’ho
sempre ritenuto «non attendibile», visto che non compare in tutti i manoscritti,
né in tutte le traduzioni. Oltretutto, menzionarlo sarebbe un punto in mio
sfavore, perché immagino che abbiano la risposta pronta per quel verso.
Luca 1,28, ad esempio, cambia tra ND, NR e CEI. Rispettivamente leggono: ▪
«grandemente favorita»; ▪ «favorita dalla grazia»; ▪ «piena di grazia». Mi
sembra che il significato più attendibile sia la prima traduzione della ND.
Assieme a un fratello, che ha il NT interamente scritto in Latino e Greco, dove
nel greco la parola, cercata nel vocabolario d’italiano-greco, significa
letteralmente «grandemente favorita».
Come si dice, la Bibbia è inerrante solo nei testi originali. Però, nelle
varie traduzioni, quando si tiene sempre presente il
contesto, ci si avvicina sempre molto al pensiero originale dell’autore.
Mi piacerebbe cominciare a studiare gli scritti originali, però non
saprei proprio dove e come partire con l’ebraico e il greco. Sapresti darmi
qualche dritta? In un futuro prossimo, vorrei anche intraprendere studi biblici.
Grazie per quest’intervento, è stato molto illuminante. Dio ti benedica! Shalom!
{25-08-2010}
▬ Risposta (Nicola Martella): Su 1 Giovanni 5,7s ho
già parlato sopra. Anche in diverse traduzioni estere tale verso particolare non
compare, in tedesco non compare, ad esempio nella letterale traduzione
Elberferder, in quella di Franz Eugen Schlachter, nella riveduta di Martin
Lutero e in quella di Hermann Menge.
La traduzione della CEI di Luca 1,28 è condizionata dalla Vulgata. Il
termine greco è unico ed è un participio perfetto passivo. L’inizio del verso
recita letteralmente così: «Sii salutata, o favorita [o graziata]».
Infatti, il verbo greco charitóō significa «rendere grazioso o piacevole;
mostrarsi benevolo o pietoso». Il participio perfetto passivo kecharitōménos
intende «grazioso, affabile, soave, gradito, benvoluto». Ciò significa che tutte
e tre le traduzioni sono soltanto interpretazioni.
Per capire il pensiero dell’autore originario (non degli interpreti), si
fa bene a tener presente sempre il contesto e a consultare più di una
traduzione.
Quanto allo studiare gli scritti originali, bisogna sempre considerare se
l’impresa valga la candela. Rimando agli scritti:
►
Ausili per studiare la Bibbia;
►
Bisogno di commentari sui libri della Bibbia;
►
Uso corretto della Bibbia.
8.
{Vari e brevi}
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Andrea Belli: Sull’argomento della traduzione molte volte mi sono
confrontato soprattutto nell’ambito neotestamentario, visto che il greco è uno
dei miei campi di studio. Ogni traduzione ha pro e contro, ma soprattutto
bisogna sapere per quale scopo nasce una traduzione. Io preferisco sicuramente
un ap-proccio letterale, anche se spesso si perde in scorrevolezza. {26-08-2010}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Trad-BB_comp_metod_Lv.htm
23-08-2010; Aggiornamento: 27-08-2010 |