Qui di seguito discutiamo l’articolo «
È lecito fare il deejay e il predicatore?». Qui aggiungo come introduzione qualche altro aspetto, che potrebbe aiutare nella
discussione.
Solo chi si studia di essere irreprensibile (= al di sopra di ogni
riprensione; cfr. 1 Tm 3,2.10; 5,7; 6,14; Tt 1,6s; Tt 2,8), potrà tagliare
rettamente la «Parola della verità», senza essere confuso e avendo
l’approvazione di Dio (2 Tm 2,15). E solo allora si potrà
risplendere «come luminari nel mondo, tenendo alta la Parola
della vita» (Fil 2,15).
In caso contrario, si
vivrà continuamente con la coscienza sporca e non avrà autorità biblica
nel suo insegnamento e nella pratica della cura pastorale. Nel caso peggiore,
però, dove non ci si ravvede, si tenderà a scusare, consciamente o
inconsciamente, il peccato negli altri, per giustificare se stesso; similmente
si «leggerà» la Parola di Dio col «l’occhio viziato» dal proprio peccato.
«Se dunque l’occhio tuo è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se
l’occhio tuo è viziato, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre»
(Mt 6,22s).
Allora, volenti o
nolenti, sarà grande la tendenza a storcerne il significato, o almeno ad
addomesticarlo, e a predicare un messaggio a propria immagine e somiglianza. Un
indizio al riguardo è sentire continuamente, nelle preghiere e dal pulpito,
preghiere e discorsi generalizzati, incentrati sul fatto che siamo «tutti»
peccatori, che «tutti» necessitiamo di perdono e che Dio ci ami «tutti così come
siamo». Grande è la tendenza anche a «spiritualizzare» il proprio stato di
peccato e a presentare il tutto come un piano divino, in cui Dio ha una
qualche meta misteriosa o ci vuole insegnare qualcosa. Ricordo quel credente e
quella credente, che praticavano insieme fornicazione e si scusavano
dicendo che leggevano la Bibbia insieme, che pregavano insieme, che Dio è amore
e che, quando si ama, si è da Dio. E magari ti dicono pure che stanno parlando
del Signore a qualcuno.
Ricordo quel conduttore di chiesa che alla mia domanda intorno al suo sostegno
finanziario, mi rispose candidamente che stava prendendo il sussidio di
disoccupazione e s’arrangiava anche con un lavoro in nero. Che cosa
poteva egli dire mai a coloro che nella sua comunità affermavano di
«arrangiarsi» per vivere e chiedevano un suo consiglio biblico? Come è successo
al conduttore della chiesa di Laodicea, avendo egli fatto il callo morale,
ci si sente arrivato, soddisfatto e a posto in ogni cosa, mentre la diagnosi del
Signore è questa: «…e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e
povero e cieco e nudo» (Ap 3,17).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli
firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito
può dare uno pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul tema ▲
(I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I
contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante
1. {Enzo
D’Avanzo}
▲
Caspita che storia! Questo Rocco pone una
ragione umana, e umanamente lui potrebbe avere ragione: deve potare il pane
a casa! Però il cristianesimo è una scelta ed è rinunziare a se stesso!
Se si vuole servire Gesù, non si può servire anche il mondo. Non ci si nasconde
dietro al fatto del lavoro con scuse: o si rinuncia al mondo o non si è
cristiani; le due cose non esistono in contemporanea. Qui si pone la questione
di fede, di una rinuncia per Cristo; e se non si rinuncia, non si può
vedere la gloria di Dio. Dio stesso provvederebbe un lavoro vero e serio a
Rocco, se questo rinunciasse di servire il mondo; è scritto nella Bibbia: «Il
giusto, non l’ho mai visto abbandonato, né mai ho visto la sua famiglia
andar chiedendo un pezzo di pane» [cfr. Sal 37,25, N.d.R.]. La ragione è quella,
che, vedendo il Signore i nostri bisogni ed essendo mosso dalla sua bontà, viene
in nostro soccorso con tutta la cura della sua Provvidenza. «Potrà
succedere», riprende poi Isaia, «che una mamma si dimentichi di provvedere per i
suoi figli... ma non si dimenticherà mai Iddio dei suoi servi» [cfr. Is 49,15s,
N.d.R.]. Se Rocco smette di servire il mondo e chiede con fede, Dio lo
farà sorgere; ci sono tanti esempi ancora che potrei citare. Ma se Rocco non ha
fede e non rinuncia a se stesso, allora rinunci a predicare e ministrare
la Parola e anche a cantare e a suonare in chiesa. La fonte mena o acqua
dolce, oppure acqua amara; e non si può servire due padroni: o si serve
il mondo nell’umanità o Dio nella fede. Sinceramente e personalmente, Rocco,
potresti anche non fare il predicatore; che hai da dire circa le cose di Dio, se
non hai da dimostrare nulla? {08-10-2012}
2. {Maurizio
Ferrari}
▲
■
Contributo:
Non sono un pastore, ma un semplice credente. Quando ho perso il lavoro ed ero
oberato dai debiti, facevo il falegname in nero di giorno e il
buttafuori di notte. Quest’ultimo era un lavoro squallido e antipatico. Ma
ho pagato i miei debiti e
lo rifarei. Non farei mai nulla d’illegale, però. {08-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Capisco le difficoltà, in cui ci si possa trovare per sventure nella vita o in
cui ci si mette da sé per mancanza di cautela e di discernimento. Tuttavia, qui
discutiamo il caso di un credente, che ha un qualche ministero pubblico
nella chiesa locale. A chi predica la Parola, è prescritta questa qualità, che
racchiude le altre: essere
irreprensibile, ossia al di sopra di ogni riprensione. Chi fa il
buttafuori di una (presumo) discoteca o lavora in nero, non si può
considerare moralmente irreprensibile; quindi non dovrebbe avere nessun
ministero nella chiesa locale. Ciò vale, in ogni modo, anche per qualsiasi
credente e tanto più per chi ha un ministero pubblico.
3. {Michele
Pace}
▲
■
Contributo 1:
L’apostolo Paolo, un giorno, ebbe modo di scrivere: posso fare ogni cosa, ma non
tutte le cose mi sono vantaggiose! Regalate una nuova Bibbia con Nuovo
Testamento incluso al pastore e al fratello DJ; presumo che la loro Bibbia
manchi di qualche porzione. Ci sono pastori che, purché abbiano da mostrare una
chiesa piena e delle decime nel cesto, adulterano l’Evangelo,
compromettendosi con l’inferno! Una chiesa moderna sì, ma una chiesa compromessa
NO! Alcuni leader di chiese hanno dato concessione ai loro membri di poter fare
tatoo, ma solo con rappresentazioni cristiane; dicono di sì ai
piercing, sì alla convivenza omosessuale!
Nell’ultima «marcia
per Gesù» di Milano, a cui hanno partecipato i nostri ragazzi, sfilavano con
grande orgoglio dei trans, appartenenti a delle comunità evangeliche di
Milano! {08-10-2012}
■
Contributo 2:
Io in quanto pastore e custode del gregge di Dio metto al vaglio la condotta
dei miei collaboratori e mia per primo; e se qualcuno non dovesse essere
idoneo all’etica di uomo o donna di Dio, deve essere messo da parte,
e il pastore o l’anziano deve istruire la persona. Gesù ha ordinato che i
discepoli debbano imparare a ubbidire a tutte le cose! Rocco deve essere
fermato e istruito, per il bene suo prima e della chiesa tutta! {08-10-2012}
■
Edoardo Piacentini: Io non
parlerei di
obbedienza in tutte le cose, perché nessuno è infallibile, parlerei di
attitudini e requisiti idonei per svolgere un ministero alla gloria di
Dio. È evidente che chi non ha una buona reputazione, deve rimettere ogni
incarico nelle mani del pastore, anche se «i doni e la vocazione di Dio sono
senza pentimento» (Romani 11,29). Quando Rocco troverà un altro lavoro,
sarà il pastore della comunità, se ha un cuore di padre, a chiedere di nuovo la
sua collaborazione. {08-10-2012}
4. {Giovanni
Samperi}
▲
■
Contributo:
Risolvere il conflitto, lasciando il ministero? Ma poi la domanda
diventa: è lecito fare il deejay e «...» il cristiano? La risposta
dipende dal verbo, che uno mette dentro la parentesi, ossia se si vuol fare
o se si vuol essere. verbo che si possa mettere nelle virgolette («...»;
p.es. «vivere come») prima di «cristiano», vero?
■
Giovanni Samperi: Sì,
infatti, ritengo che
essere cristiani abbia delle implicazioni molto pesanti nella vita di
coloro, che lo sperimentano; al contrario fingere di esserlo soltanto,
tende a tacitare i problemi di coscienza, che lo Spirito evidenzia. {08-10-2012}
■
Antonio Nappo: Come mai
coloro che si pongono come maestri e padri dicono: «Fate quello che
diciamo, ma non quello che facciamo»? Le cosiddette guide hanno maggior
colpa, anche se essa non può essere scaricabile, perché ognuno sarà giudicato
per quello, che avrà fatto. Quindi s’impone una regola, che non può
allontanarsi dai dettami e dai consigli, che Dio stesso dà nella sua Parola, la
Bibbia. {08-10-2012}
■
Antonina Princi: Quando non
si è propensi a lasciare le cose del mondo, vuol solo dire che c’è bisogno di
conversione. Un cristiano non potrà mai stare in un posto, dove c’è
confusione e
immoralità; e nelle discoteche c’è questo. Allo stesso modo un cristiano non
farà mai il tabaccaio, perché se si è per la vita, non si può vendere
sigarette, che uccidono; se è vero che la responsabilità è di chi fuma, di
fronte a Dio sei responsabile, se ciò, che vendi, fa male al prossimo.
Chi ama il prossimo non venderà mai veleno. {09-10-2012}
■
Giovanni Samperi: Nel mondo
del lavoro essere completamente onesti, penalizza. Sono pochi i mestieri,
dove non servono
compromessi. È veramente molto duro scegliere, quando si ha la
responsabilità di una famiglia. {09-10-2012}
■
Antonio Nappo: Il rapporto
con Dio, creatosi per mezzo di una vera conversione, ossia dopo il
ravvedimento e aver abbandono del peccato, è necessario per una buona
testimonianza in questo mondo cosiddetto cristiano. {09-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Voglio ricordare che qui non trattiamo casi generali di etica biblica,
valido per ogni credente, per appurare che cosa sia permesso di fare o meno in
campo lavorativo a un cristiano biblico; questo ci porterebbe molto fuori del
seminato. Ci occupiamo essenzialmente del caso specifico di un credente, che è
impegnato nell’opera, sebbene faccia un mestiere equivoco come
l'animatore in una sala da ballo. Chiaramente, visto che ci auspichiamo che ogni
credente serva Dio nella chiesa locale con i carismi ricevuti, i principi evinti
si possono poi anche generalizzare nell'applicazione.
5. {Gianni
Siena}
▲
■
Contributo:
Io non obietto sul lavoro, che fa «Rocco»; la sua professione civile è però
incompatibile con il ministero, che svolge in chiesa. Egli dovrebbe rendersi
conto che la discoteca è un luogo non solo di svago, ma anche dove v’è
peccato (= droga, sesso, sballo emotivo, risse dove scorre anche il sangue).
Le cattive frequentazioni corrompono i buoni comportamenti. Ciò è assolutamente
incompatibile con la santità di vita cristiana. E chi ha un ministero,
deve essere irreprensibile. Anche fare il buttafuori è un
mestiere, che dovrebbe indurre qualche riflessione etica: si può fare questo
mestiere (duro) con buona coscienza, ma comporta anche l’esigenza di dover
neutralizzare soggetti, che non intendono stare calmi; può un cristiano correre
questa eventualità? Non mi piace «imporre» agli altri soluzioni e scelte etiche
prefabbricate, ma con l’aiuto del Signore occorre allontanarsi da certi
luoghi. {08-10-2012}
■
Antonio Capasso: Non cadiamo
però nell’errore di avere una doppia etica, cioè, un etica per i
responsabili e un etica per chi non ricopre un ruolo di responsabilità. Se la
cosa è sbagliata, non si può dire a Rocco di non predicare e basta.
Coerentemente si deve dire a Rocco che un cristiano non può svolgere
questo lavoro, a prescindere o meno se predica o non predica. Se il suo lavoro è
visto invece come cosa lecita, si può dire a Rocco che comunque il suo lavoro
può essere un intoppo per le coscienze più deboli e, quindi, non può
predicare. {09-10-2012}
▬
Nicola Martella: Nell’etica cristiana
bisogna argomentare qui col principio «dal minore al maggiore»: se un
mestiere è ambiguo, non consigliabile o espressamente illecito per ogni
cristiano, quanto più lo sarà per chi ha un ruolo pubblico nella chiesa e
addirittura predica la Parola di Dio! Viceversa, con lo stesso principio si può
argomentare così: se a ogni cristiano Dio chiede l’irreprensibilità (1
Cor 1,8; Ef 1,4; Fil 1,10; 1 Tm 5,7; 2 Pt 3,14), quanto più la chiederà a
coloro, che servono con un ministero pubblico e specialmente con la predicazione
della Parola (1 Tm 3,2.10; 6,14; Tt 1,6s; 2,8).
■
Antonio Capasso:
D’accordissimo, ma come dicevo in precedenza, se è sbagliato fare una
cosa, lo è a prescindere dal ruolo, che uno svolge, anche se svolgendo un
ruolo, la cosa è ancor di più sbagliata. {09-10-2012}
▬
Nicola Martella: Se si legge il libro del
Levitico, ci si accorgerà che la «legge di purità», valida per tutti gli
Israeliti, viene poi accentuata a mano a mano che si parli dei leviti,
dei sacerdoti e del sommo sacerdote. Ad esempio se un Ebreo poteva
contaminarsi (e poi purificarsi) per un morto, e poteva farlo anche un levita,
un sacerdote poteva rendersi impuro soltanto per un membro stretto della
sua famiglia, mentre un sommo sacerdote non poteva farlo per nessuno;
anzi, in caso di un lutto improvviso nelle sue vicinanze, doveva richiudersi nel
santuario per il tempo necessario.
Chiaramente nel nuovo patto non abbiamo più un tale sistema sacerdotale e
ministeriale. Siamo tutti sacerdoti del Signore, per offrire sacrifici
spirituali. Tuttavia, in corrispondenza dei carismi e della chiamata
ricevuti, ci sono ministeri pratici e ministeri nella Parola, ministeri
di primo piano (o pubblici) e di secondo piano (senza esposizione diretta). Come
ho mostrato sopra, ciò che viene richiesto a tutti i credenti, vale a maggior
ragione per chi sta in vista nell’opera di Dio e svolge ministeri
pubblici e di proclamazione. Se ci aspettiamo una vita morale esemplare
da chi mette a posto la sala, tanto più ce l’aspettiamo da chi proclamerà la
Parola in quella sala, oltre a svolgere cura pastorale e altri ministeri.
6. {Eliseo
Paterniti}
▲
Un fratello, a cui
va ancora oggi la mia stima, quando era giovane (prima di convertirsi
all’Evangelo), lavorava nei locali notturni, suonando, mentre le donne si
spogliavano. Io ero un ragazzino di poco più di 10 anni. Una sera, vidi
avvicinare questo giovane uomo con una vespa ed entrò in una comunità di
Catania. Nell’ascoltare la Parola di Dio, diede quella sera il cuore a Dio.
Da quella sera fu compunto nel cuore di peccato e subito comunicò alla
fratellanza di allora il lavoro, che faceva. Chiese ai fratelli di pregare per
lui, perché non voleva più lavorare nei locali notturni, però aveva firmato un
contratto e, se lui lo annullava, doveva pagare una grossa penale.
Preciso che lui sosteneva la moglie e i suoi figli solo con questo lavoro. Lui
pregò intensamente il Signore che lo liberasse da questo lavoro in modo
sopranaturale e che gli provvedesse qualsiasi lavoro, purché fosse una lavoro
onorevole. Qualche giorno dopo, l’impresario convocò il nostro fratello,
dicendogli che non poteva portare avanti più il lavoro concordato e gli fece la
proposta di annullare consensualmente il contratto. Immaginate la gioia
del nostro fratello. Dopo non molto tempo, lui fu assunto, in modo miracoloso,
nelle ferrovie dello Stato e, dopo qualche hanno, Dio gli diede una comunità
da curare nella provincia di Catania. Oggi, lui è in pensione da alcuni anni
e serve Dio ancora di più nel suo ministero a tempo pieno.
Se questo fratello Rocco avesse fede e sensibilità spirituale, dovrebbe
chiedere a Dio di provvedergli un lavoro degno per un figlio di Dio e
lasciare questo genere di lavoro. A questo punto mi sorge il dubbio, se in
realtà questo lavoro lo fa perché in effetti gli piace.
Nella mia adolescenza, ho ricevuto due proposte di lavoro per suonare con una
impresa di spettacolo (quando sapevo suonare bene), ma mi sono rifiutato,
declinando pure la garanzia di una presunta carriera nel mondo dello
spettacolo, accontentandomi a fare, fino a oggi, lavori umili però dignitosi.
Non sono pentito di aver rifiutato le due proposte. Dio ha provveduto per me
fino adesso, e sono certo che Egli provvederà per me in futuro.
{08-10-2012}
7. {Mario
Pinto}
▲
■
Contributo:
Io penso che chi ama Dio, può fare anche questo mestiere, senza
contaminarsi e senza incitare le persone, che vanno in discoteca a peccare,
ma soltanto facendoli divertire con quattro salti. Dice la Parola che «tutto
è puro per i puri»; chi teme Dio, per me può mettere musica per mestiere
senza scandalizzare. Il mondo giace nel maligno, non esistono soldi
puliti e sporchi, esistono solo uomini puliti e sporchi. {09-10-2012}
■
Antonio Capasso: Ricordo la
testimonianza di un fratello molto anziano, convertitosi negli anni Quaranta del
secolo scorso. Lui mi raccontava, che il suo lavoro consisteva nell’andare nelle
feste patronali, per vendere lì alcuni alimenti. Chiese di fare il
battesimo, ma il pastore gli disse che doveva cambiare lavoro, se
voleva il battesimo, cosa che lui fece per poter accedere al battesimo.
Personalmente penso che fosse un po’ esagerata ed estremista la richiesta del
pastore. Oggi, però, il pericolo è che si cada in un altro estremismo, quello
del tutto è lecito, tanto Dio guarda al cuore. Il primo capitolo di
Daniele può essere un buon brano biblico per meditare sull’argomento.
{09-10-2012}
■
Mario Pinto: La
sopravvivenza di un uomo è superiore alla stessa legge di Dio. Vedi
Luca 6,1-5: «Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi
discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni
farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?”. Gesù rispose:
“Allora non avete mai letto ciò, che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi
compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e
ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli
sacerdoti?”. E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”».
{09-10-2012}
▬
Nicola Martella: Mario Pinto è un «senza
chiesa» e si crede, nonostante ciò, un
particolare eletto da Dio per un compito verso l’intera chiesa universale,
come ha affermato altrove. Come al solito fa un’analisi di parte delle cose e
usa arbitrariamente un brano biblico, togliendolo dal contesto, sebbene con
questo tema non c’entri nulla, né con l’etica lavorativa. In Luca 6,1ss i
farisei accusarono i discepoli di fare una cosa illecita di sabato, ma
essa non era illecita, poiché la legge mosaica non lo proibiva. Quindi,
in tale brano non si tratta di etica lavorativa.
Inoltre, se «tutto è puro per i puri», perché non fare i prostituti e le
prostitute? Non esistono soldi puliti e sporchi? Ecco che cosa afferma la
Parola di Dio: «Non porterai nella casa dell’Eterno, del tuo Dio, il
guadagno d’una prostituta né il prezzo della vendita d’un cane, per
sciogliere qualsivoglia voto; poiché ambedue sono cose abominevoli
per l’Eterno, che è il tuo Dio» (Dt 23,18).
Il Dio, che ha
proibito certi mestieri (p.es. prostitute Lv 19,29; Dt 23,17; usurai Es
22,25; Sal 15,5; Ez 18,8.13; esoteristi e maghi Dt 18,10ss), dovrebbe avvallarli
in caso di necessità? La tesi, secondo cui la sopravvivenza di un uomo
sarebbe superiore alla stessa legge di Dio, è semplicemente falsa.
8. {Adolfo
Monnanni}
▲
■
Contributo:
Meglio cercare un’altra
via d’uscita per un lavoro più adatto; [fare una cosa del genere]
dovrebbe essere oltre all’ultima spiaggia. Fin dove possiamo spingerci nelle
libertà lavorative?
Meglio cambiare. {08-10-2012}
■
Salvatore Paone: Ma per la
crisi, che viviamo, trovare un lavoro è utopia. Non cambiare la
via vecchia per la nuova. Questo è un discorso umano. Ovvio. {09-10-2012}
▬
Nicola Martella: Salvatore Paone, credo che
intendevi esprimere qualcosa di positivo; ma come hai fatto, mi risulta
un po’ ambiguo. Per questo formulo alcune domande.
● Dovremmo dare il ministero nelle chiese a chi, data la crisi, fa un
lavoro, che non onora il Signore e l’espone
a pericoli morali?
● Dovrebbe un credente di Napoli, che serve nella chiesa a qualche titolo (tutti
dovremmo farlo nella Assemblee), vendere sigarette (per non dire altro)
per strada?
● Qual è il limite fra lecito e illecito, perché si possa essere
cristiani in buona coscienza e anche essere ammesso a un qualche servizio
pubblico nella comunità?
● Fidiamo nella
sovranità e nelle possibilità di Dio, quando abbandoniamo qualcosa di
equivoco o di peccaminoso, per piacere al Signore?
■
Salvatore Paone: Mi sembra
strano che Martella Nicola, conoscendomi bene, non abbia accolto con ironia la
mia
provocazione, ma si sia limitato a farmi una ramanzina. {09-10-2012}
▬
Nicola Martella: Io non ho fatto «ramanzine»,
ma ti ho invitato semplicemente a spiegare meglio il tuo pensiero, che così
espresso risulta ambiguo.
■
Salvatore Paone: Chiedo
scusa, se ho fatto deviare dal tema centrale. Comunque secondo me un credente,
che ha un ruolo nella sua comunità, in tal caso un ministero
d’insegnamento, non può permettersi di fare lavori come quelli del
«deejay», per amore della testimonianza, per la coscienza e un’etica sociale e
sopratutto per i membri della comunità, di cui fa parte. Deve sforzarsi a
trovare un altro impiego. Non sono un massimalista, ma non sono nemmeno per il
troppo liberalismo. Bisogna salvaguardare la nostra testimonianza, prima
di ogni cosa. Sappiamo che il deejay frequenta luoghi, dove avvengono la
concupiscenza umana e le cose più abominevoli.
La notte, quando è silenziosa, porta consiglio; ma molte volte porta alla gente
solo rumore e confusione. {09-10-2012}
9. {Roberta
Sbodio}
▲
■
Contributo:
Magari ci fosse un DJ cristiano, che riesce a influenzare con la
musica grandi quantità di persone, sarebbe un sogno. {11-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Di là da cosa sia un «DJ cristiano», la persona, di cui si parla
nell’articolo, fa animazione in una comune sala da ballo, suonando anche
uno strumento musicale in un trio. Lì non suona musica cristiana, ma quella
profana. Poi, nella sala della sua comunità è parte del gruppo musicale e,
quando è di turno, porta pure la Parola. È di questo che parliamo qui.
Per avere il quadro completo, si legga dapprima l’articolo di base.
■
Roberta Sbodio: Non so,
francamente mi piace la musica e non avrei problemi a suonare il qualche
locale; quando sai chi sei e cosa vuoi, puoi cantare una canzone di Mina,
di Whitney Houston, trasmettere belle emozioni e non vedo cosa ci sia
di male. {11-10-2012}
■
Vincenzo Desiante: È più
semplice che il Dj cristiano si faccia influenzare, piuttosto che
influenzare gli altri. {11-10-2012}
■
Antonio Fausto Gaeta:
Purtroppo, caro fratello, viviamo nel tempo descritto in 2 Timoteo 4,3 «Perché
verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire
si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie».
{11-10-2012}
■
Elisabetta Scivoletto: Il
Vangelo è una cosa seria, non penso che il Signore
Gesù avrebbe fatto lo stesso, se fosse vissuto ai nostri tempi.
{11-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Quando i credenti si accomodano nel mondo, cadono le differenze fra
fedele e infedele; allora non ci mancherà molto che il mondo si accomoderà
nelle loro chiese, se i conduttori non veglieranno. Certe sale di culto
si sono già trasformate in discoteche e sale da ballo «cristiane»; basta
spiritualizzare le cose, che diventano accettabili. C’è chi predica la Parola,
sebbene normalmente lavori in sale da ballo di questo mondo, come nel
caso che stiamo discutendo. Nessuno si pone più il problema, neppure i
conduttori.
Dinanzi a tutto ciò, le parole di Giacomo suonano per loro come il retaggio di
un tempo recondito: «O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è
inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende
nemico di Dio» (Gcm 4,4).
Gesù poneva la questione riguardo al sale, con cui i credenti dovrebbero
salare il loro ambiente, quando diventa insipido: «Con che cosa lo si
salerà?» (Mt 5,13); la sua conclusione è terribile. Il paradosso di vari
cristiani d’oggi è che, invece di far risplendere la
luce dell’Evangelo mediante la loro testimonianza, si fanno permeare
dalle tenebre, fino al punto che essi stessi diventano tenebre (cfr. vv.
14ss). Peggio ancora è quando, come successe al conduttore della chiesa di
Laodicea, si vive da mondani e si pretende di portare la Parola agli
altri, pensando che tutto sia «normale», anzi progressista; poi ci si meraviglia
della diagnosi di Cristo: «E non sai che tu sei infelice fra tutti, e
miserabile e povero e cieco e nudo... Abbi dunque zelo e ravvediti» (Ap
3,17.19).
■
Francesco Lucio Vigilante:
Prudenza... in ogni nostra tasca vi sono carte di valore con il 666. I
compromessi assurdi ci avvinghiano talvolta in modo difficile da discernere.
Bisognerebbe che ogni credente si chieda in ogni azione, se sia utile al
«Cielo» ciò, che ha intenzione di fare o sta facendo. I credenti fanno
sempre ciò, che è utile per Gesù, e mai ciò che gli è lecito. Però,
occorre essere gentili e pazienti e far capire al DJ le cose in modo completo,
così da metterlo in condizioni di fare una buona scelta. Criticare
duramente, alza un muro e intestardisce l’orgoglio. Dio comunque saprà
far capire al giovane, se la sua scelta è stata saggia o no (figliol prodigo).
{11-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Francesco Lucio Vigilante, non capisco che cosa c’entrino qui presunte «carte di
valore con il 666». Se tu hai letto l’articolo di base, allora saprai che
«Rocco» è un nome fittizio per una persona reale, in una situazione
reale. Quindi, stiamo analizzando un «caso» (di studio) stereotipato, di
cui tale «Rocco» nulla sa; ciò non è giudicare, come tu affermi, ma è
analizzare un «caso terzo» alla luce della Scrittura. Quindi, leggi l’articolo
di base, leggi anche gli interventi degli altri lettori e poi intervieni nel
merito.
Apprezzo comunque il fatto che
in ogni azione si debba chiedere,
se
essa sia «utile al “Cielo”», per
fare «sempre ciò, che è utile
per Gesù». D’altra parte, che Dio saprà far capire
a «Rocco» la sua scelta poco saggia, non lo darei per scontato; a volte facciamo
il callo su certe cose, e Dio non ci parla più.
■
Gianni De Pasquale: Non c’è
alcun dubbio che da credenti ci sono lavori da non poter esercitare, poiché
incompatibili con le virtù cristiane (crescita, maturazione), per compiacere
al Signore. Essi sono lavori, dove la menzogna è un mezzo, la persuasione
ingannevole è un obbligo, e la seduzione è l’arma vincente.
{11-10-2012}
10. {Luca
Sgro}
▲
■
Contributo:
M’inserisco forse fuor di tempo. Leggendo l’articolo ho fatto fatica a capire,
se oggetto della tua critica è l’idea di fare il musicista di piano bar o
qualcosa di simile (o il DJ, qualunque cosa questo voglia dire) o il luogo di
lavoro
«presunto» di questo ipotetico Rocco. Ho letto i commenti, e ho avuto la
superficiale sensazione che molti di coloro, che prendono posizioni negative,
abbiamo poca confidenza con lavori musicali, che dovrebbero essere
oggetto della nostra discussione. Sarebbe interessante che nella discussione
intervenisse qualcuno, che lo vive; far parlare di musicisti solo
persone, che non lo sono, rischia di essere un po’ sterile. {12-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Bene, Luca Sgro, per evitare una eventuale sterilità (perché una
discussione dovrebbe esserlo con i tanti punti di vista?), vuoi fare tu tale
analisi, se vivi o hai vissuto una tale esperienza?
Per chi è coinvolto nella predicazione e nei ministeri pubblici della chiesa (o
«servizi sacri»), quali lavori secolari (o «mestieri profani») si
può permettere di esercitare e quali no?
La storia, raccontata da chi conosce i fatti, è
vera, quindi non si tratta di un «lavoro presunto», quello svolto da tale
credente; solo il nome di «Rocco» è fittizio, per non esporre la reale persona
alla «attenzione» degli atri.
■
Rosa Battista:
«Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni
cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò
dominare da nulla» (1 Corinzi 6,12). {11-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Grazie di averci ricordato tale verso. Visto che tu sei appassionata di
musica e canto e svolgi un ministero corrispondente nella chiesa locale,
tu faresti un lavoro di animatrice, cantante (profana), musicista e simili
in una sala da ballo o in una discoteca per sostenerti? Hai avuto di tali
proposte? Hai mai fatto una cosa del genere? Che consiglieresti
a un fratello, che serve nella chiesa con la Parola, se stesse in tale dilemma?
■
Gianni De Pasquale:
In breve: la «musica» da discoteca porta a uscire da sé e trasporta la persona
in una forma di
estasi o trance (non per tutti è chiaro). La sua dinamicità, comunque, non
permette d’allietare, nobilitare o arricchire l’anima. «Quindi,
fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose
giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le
cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche
lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). {12-10-2012}
■
Roberta Sbodio:
Concordo con Luca, un lavoro «musicale» nell’ambito «secolare» non è così
diverso da qualsiasi altro lavoro. Mi veniva in mente una domanda: è il
luogo che determina chi siamo o è quello che viviamo dentro? Ovvero
per estremizzare: se potessi passare 24 ore al giorno in chiesa sarei al
riparo da pensieri non cristiani? Quando sono in un luogo di lavoro «standard»
(ufficio, scuola, negozio), sono sicuro che chi è intorno a me non conduca una
vita depravata con un potenziale rischio di contaminazione? Se vi
descrivessi le serate di certe fiere di elettronica, dove troviamo
dirigenti delle famose Siemens, Bosch, ecc. ecc., ci sarebbe da sconvolgersi.
Eppure, se in chiesa dico di lavorare in quel settore, tutti diranno: «Grazie
a Dio per un buon posto di lavoro», perché l’apparenza inganna, tanto è solo
Dio conosce il cuore. {12-10-2012}
■
Gianni De Pasquale:
Siamo in minoranza senza «tutela garantita». Daniele non volle
contaminarsi, e Dio li diede la capacità, non solo di resistere
all’ordine del re, ma lo fece riuscire oltre le sue aspettative.
{12-10-2012}
■
Vincenzo Desiante:
Il discorso di Luca e Roberta potrebbe anche essere condivisibile da un certo
punto di vista. Quello, che secondo me rappresenta il problema fondamentale, sta
nel fatto che il compito in chiesa e quel tipo di lavoro appaiono contrastanti.
Io che ascolto un fratello predicare la Parola di Dio, che il giorno
prima ha fatto di tutto per divertire un pubblico, sinceramente fa molto
pensare. {12-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Mi permetto di far notare che Luca Sgrò non ha affermato che un lavoro valga un
altro. Alla prima domanda risponderei che è rilevante sia il luogo che il
mio atteggiamento spirituale. Non posso lavorare in un sexy shop, fare lo
spogliarellista o lavorare in un negozio di droga in Olanda, e affermare che
l’importante è «quello che vivo dentro» e, anzi, nella mia prossima
predicazione potrò parlare con molta più convinzione del peccato. Questa sarebbe
cecità mentale e i frutti mostrerebbero l’albero. Non si può vivere da
maiale e ritenersi di essere una pecora di Cristo. «Chiunque è nato da
Dio non persiste nel commettere peccato, perché il seme divino rimane in lui, e
non può persistere nel peccare perché è nato da Dio» (1 Gv 3,8ss; cfr. 1 Cor
5,11ss).
La relativizzazione (un lavoro vale un altro; anche altrove c’è di
moralmente peggio) e la mancanza di differenziazione
(se un collega conduce una vita depravata sono a rischio) da parte di Roberta
Sbodio mi fa pensare alquanto. Mi viene qualche dubbio sul discernimento
reale. Vivere personalmente una «notte brava» o lavorare con un collega,
che l’ha fatto, non mi sembra sia la stessa cosa; nel secondo caso, se volesse
raccontarmi di ciò, gli direi che non m’interessa sapere che cosa abbia fatto o
anzi potrei ammonirlo da parte del Signore. Siccome altrove succedono cose
moralmente peggiori, posso scusare me stesso, che faccio l’animatore e il
musicista in una sala da ballo, sebbene il giorno dopo io porterò il sermone
nella comunità; anzi, mi consolo che Dio conosca i cuori. Questo è
veramente un segno di grande discernimento spirituale!
«Non v’ingannate: Le cattive compagnie
corrompono i buoni costumi. Svegliatevi a vita di giustizia, e non peccate;
perché alcuni non hanno conoscenza di Dio; lo dico a vostra vergogna»
(1 Cor 15,33).
■
Luca Sgro:
Cari amici e fratelli, temo di essere costretto a sfilarmi sommessamente
da questa discussione, in cui sono stato tanto gentilmente invitato. Non ho
capito proprio niente. La mia prima impressione è stata che si trattasse di una
discussione su un «tipo», uno stereotipo, un personaggio ipotetico, che
c’incoraggiasse a esprimere delle idee sull’idea di musicista e cristiano.
Invece vedo che io, e forse Roberta Sbodio, siamo gli unici a non conoscere
questo «Rocco», del quale invece tutti gli altri sembrano essere molto ben al
corrente. Altrimenti non si spiegherebbe che cosa ha a che fare la droga,
la prostituzione, l’estasi mistica con il mestiere del musicista. Detto
fra noi, specificare che si tratti di un «musicista in un locale notturno»
sfiora la tautologia: credo che oltre l’80% della musica si suoni tra sera e
notte; prima delle 22 nella mia zona non ci sono locali, in cui si faccia musica
dal vivo, per cui di regola ogni musicista qui diventa un musicista, che suona
in un locale notturno. Non sono esperto di locali, in cui giri droga e
prostituzione, ma dubito che la musica dal vivo sia una delle loro priorità.
Invece in tutti i locali, in cui mi è capitato di suonare da assoluto
dilettante, al contrario non vi è mai stata ombra di droga prostituzione o
esperienze mistiche. Io purtroppo davvero non conosco questo «Rocco», per cui
non posso capire cosa abbia a che fare un musicista con uno che «faccia di tutto
per far divertire il pubblico». Un musicista suona, e fa di tutto per
suonare meglio che può, con tecnica, stile, passione e originalità. Se il
pubblico si diverte, bene. A volte non si diverte, e sono dolori. Ma in tutto
questo io, che non conosco questo Rocco, non riesco a vederci un difetto, né
un’incoerenza di vita cristiana. Fare il musicista non è far la
lap-dance
né distribuire pastiglie di acido alla gente. Dunque, ho capito che non
sono la persona adatta a parlare di questo Rocco. Addirittura in un primo
momento avrei pensato di spezzare una lancia in difesa del ministero di Rocco:
visto che nessuno aveva accennato alla qualità e alla dedizione della sua
predicazione, avevo inizialmente pensato di suggerire di giudicare un albero
dai suoi frutti, e non dagli altri alberi che gli venivano piantati intorno. Ma
evidentemente ero fuori strada. Io parlavo di un musicista, che è anche
cristiano (o di un cristiano, che fa di mestiere il musicista, fate voi),
mentre qui ho la sensazione che si stia parlando di qualcuno, che usa il
mestiere di musicista come copertura
per uno stile di vita dissoluto e non cristiano. Cosa che mi guardo ben bene dal
difendere. Per cui, visto che non ho capito nulla, di dileguo in punta di piedi.
{12-10-2012}
▬
Nicola Martella:
Nessuno ha mai detto che Rocco si droghi, si ubriachi, pratichi fornicazione o
istighi alla prostituzione. Il punto è stato colto: sembra che per Luca Sgro (e
Roberta Sbodio) il mestiere di animatore e musicista in una sala da ballo
(balera o simile) sia per un cristiano qualsiasi e anche per chi è impegnato
nella predicazione nella sua chiesa e fuori di essa, un
lavoro come un altro, per il quale non ci sarebbe nulla da obiettare. Che
cosa ne avrebbero pensato Gesù e i suoi apostoli, se ciò fosse
accaduto ai loro tempi? Che cosa avrebbe consigliato Paolo a Timoteo e
Tito in tale questione? Probabilmente diventa questa una cosa secondaria per lui
(per loro).
Una mia
domanda, posta sopra, rimane senza risposta: Per chi è coinvolto nella
predicazione e nei ministeri pubblici della chiesa (o «servizi sacri»),
quali lavori secolari
(o «mestieri profani») si può permettere di esercitare e quali no? Oppure
nella chiesa di Luca Sgro (e Roberta Sbodio) tale domanda non si pone proprio?
11. {Vari e
medi}
▲
■
Gianni Siena:
Fare il disc-jockey, in sé non comporterebbe nessuna prevenzione; anche in altri
lavori c’è lo «spirito del mondo». Ma certi mestieri, a causa dell’ambiente, in
cui si svolgono, comportano un dato tipo di contaminazione spirituale.
«Rocco» rinunci al ministero ecclesiale dunque, per non turbare le anime,
che vedono in ciò un «conflitto» con la professione di fede, visto che non può
(o non vuole)
rinunciare a questo lavoro, perché egli lo valuta conforme al suo talento e
perché porta danaro utile al suo bisogno. Ho cercato di stare «leggero» con le
argomentazioni! {08-10-2012}
■
Vincenzo Desiante:
Al riguardo vorrei dire una cosa: più che di «Rocco» mi preoccupo degli
anziani, che mancano di saggezza, permettendogli di svolgere il ministero
della Parola. È possibile essere
cosi leggeri da affidare un compito cosi delicato a chiunque desideri
svolgerlo? È da tempo che in me sta maturando la sensazione che il Vangelo venga
troppo sottovalutato nelle nostre Assemblee. Non si considera che tale compito è
cosi importante che non è possibile
mancare di saggezza nell’affidarlo a chiunque. {08-10-2012}
■
Vincenzo Russillo:
È possibile frequentare tali posti senza cadere in tentazione? Ricordiamo
che nella Bibbia c’è scritto: «Il nostro combattimento
infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze,
contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della
malvagità, che sono nei luoghi celesti» (Efesini 6,12). Il disc-jockey
ha come compito quello di incitare la gente, quindi trovo che un credente
sia facilmente esposto a molte tentazioni.
Un’altra domanda, che bisognerebbe porsi è questa: «Posso chiedere le
benedizioni di Dio per quello, che farò, durante la serata con un mio lavoro
del genere?». Ricordiamo che c’è scritto: «Qualunque cosa facciate, in parole
o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio
Padre per mezzo di lui» (Colossesi 3,17).
Se Gesù tornasse, mentre Rocco si trova a svolgere le proprie mansioni di
disc-jockey [o animatore in una sala da ballo, N.d.R.], egli si troverebbe in
imbarazzo o lo accoglierebbe con gioia?
Ogni cristiano deve esaminare se stesso e
rispondere con sincerità a Dio, poiché prima di tutto dobbiamo ricercare la
sua volontà. {13-10-2012}
12. {Vari e
brevi} ▲
■
Edoardo Piacentini:
È vero che viviamo in
tempi difficili e non è facile trovare un lavoro, per cui chi riesce a
trovarne uno, se lo tiene ben stretto. Ma certi lavori non sono proprio
adatti per chi ha consacrato la sua vita al servizio di Dio. Preghiamo il
Signore affinché Rocco trovi un’altra occupazione. {08-10-2012}
■
Paola Chiarapini:
E se qualche fratello potesse aiutarlo a trovare un altro lavoro? È
difficile, oggi, andare avanti tra tanta corruzione, ma se siamo il corpo di
Cristo, forse c’è qualcuno, che può aiutare chi è in difficoltà. Che il Signore
guidi sempre i nostri passi. Sono concorde nel dire che in questo periodo,
questa persona deve fare una scelta, affinché non viva diviso.
{08-10-2012}
■
Stefano Carta:
Credo che secondo la Parola di Dio quando si parla d’integrità dei
credenti, e a maggior ragione dei suoi conduttori, ci si riferisca sopratutto
all’integrità della testimonianza, la quale deve essere la stessa a casa,
al lavoro, nella chiesa e nella propria coscienza. Un uomo che va al pulpito,
dopo che la notte svolge un simile lavoro, diventa non credibile. Il
paragone con Lot a Sodoma non regge. {11-10-2012}
■
Alaimo Calogero:
No, no e no, non si possono servire due padroni. Quelli che fanno tutto ciò, è
che non hanno abbandonato tutto; io non credo a tali persone. {08-10-2012}
■
Antonio Nappo:
Il comportamento del credente deve essere conforme a quanto dichiara di essere.
{11-10-2012}
►
Mestieri preclusi a chi predica? {Nicola Martella} (T/A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Deejay_predica_UnV.htm
11-10-2012; Aggiornamento: 28-07-2013
|