1. ENTRIAMO IN TEMA:
Chiaramente potremmo anche parlare di mestieri preclusi a tutti i cristiani
biblici, ma limitiamo qui il tema a coloro, che hanno un ministero pubblico
nelle chiese
e in particolare portano in esse predicazioni e insegnamenti. In Italia, la
stragrande maggioranza di coloro, che servono con la Parola nelle chiese,
esercitano un mestiere secolare per sostenersi; è importante sapere, quindi, se
esistono lavori compatibili o meno, eticamente degni o indegni
rispetto alla chiamata e al ministero, che svolgono. Per capire di che cosa
parliamo, bisogna partire dall’articolo «È
lecito fare il deejay e il predicatore?» e specialmente ai
contributi delle persone sotto menzionate nel
tema di discussione
connesso.
Riporto la domanda, che ho posto in quest’ultimo ai miei interlocutori: Per chi
è coinvolto nella predicazione e nei ministeri pubblici della chiesa (o «servizi
sacri»), quali lavori secolari (o «mestieri profani») si può
permettere di esercitare e quali no?
Ricordo che in tali scritti il mestiere secolare al centro della discussione è
quello di un credente impegnato nell’opera della chiesa locale (Rocco), che fa
l’animatore
e l’intrattenitore musicale in una sala da ballo, unitamente a due altri
colleghi non-credenti, con cui forma un trio musicale.
Alcune delle cose, che Giacomo combatteva nella sua epistola, erano
l’ibridismo etico, la doppiezza morale e la dicotomia fra vita secolare e
devozione, cose che rendono il credente «instabile in tutte le sue vie»
(Gcm 1,8) e impuro (4,8). Inoltre, egli faceva notare: «Dalla medesima bocca
procede benedizione e maledizione. Fratelli miei, non dev’essere così. La fonte
getta essa dalla medesima apertura il dolce e l’amaro? Può, fratelli miei, un
fico fare ulive, o una vite fichi? Neppure può una fonte salata dare acqua dolce»
(3,10ss).
Faccio
inoltre presente che la qualità maggiore, che viene premessa per chi serve nella
chiesa con un ministero pubblico, specialmente nella predicazione e
nell’insegnamento, è essere irreprensibile, ossia al di sopra di ogni
riprensione, per così essere credibile e un modello da imitare nelle parole, nei
fatti, nella castità e in ogni cosa (1 Tm 4,12; 5,2).
2. IL DIALOGO FRA I LETTORI:
Riporto dapprima il dialogo, che si è sviluppato in particolare fra alcuni
lettori come reazione all’articolo
e al tema summenzionati.
■
Roberta Sbodio 1:
Leggendo l’ultimo post di Nicola mi sorge spontanea una domanda: per un
credente sarebbe pertanto preclusa qualsiasi carriera artistica, in
quanto mestiere profano e non conciliabile con un coinvolgimento nella
predicazione o altro? Potrei citarvi parecchi compromessi, ai quali mi
sono sottratta in ambiti «omologati», in settori «seri», nessuno avrebbe mai
saputo, né dubitato, però il rischio è ovunque, questo è quello che
intendevo; per questo motivo non mi sento di demonizzare certi tipi di contesti.
Noi trasmettiamo quello, che siamo, ovunque siamo. Capto spesso tra i credenti
un timore delle emozioni, sembra che qualsiasi cosa esuli dalla musica
cristiana, sia problematico. Però Dio ci ha regalato i sentimenti, le
emozioni; e se ami la musica, quella è un modo per trasmettere queste cose.
Nella mia chiesa il problema per fortuna non si pone effettivamente, se no non
frequenterei più una chiesa. Crediamo nella grazia, in Dio che compie in
noi il volere e l’operare. Onestamente ho a volte la sensazione che molti
credenti vivano dei grossi problemi e tensioni interiori, che li portano a
volersi difendere da tutto e tutti, per paura di cadere nel peccato; forse
perché vivono prigionieri e non liberi? E la musica fa paura, perché va oltre
l’intelletto, s’infila nell’anima, tocca il cuore. {12-10-2012}
■
Luca Sgro 1:
Caro Nicola, l’obiezione di Roberta per me è molto interessante; e, prima che
lei la esprimesse, è stato il motivo principale per cui seguivo questa
discussione. Forse al momento è diventato un pochino off topic (= fuori
tema), ormai, ma credo meriterebbe di essere approfondito magari in una
occasione dedicata. Per rispondere alla tua domanda avrei bisogno che mi
aiutassi a capire come possiamo distinguere mestieri «profani» e il loro
contrario (mestieri «sacri»?) indipendentemente, credo tu intenda, dalla
personale interpretazione del credente. Io personalmente penso che siano le
motivazioni, lo spirito, le intenzioni, che ci mette il credente a cambiare
il mestiere, a renderlo profano e meno. E questo mi permetto di dirlo non come
scarto di musicista, quale io sono, ma come ginecologo, oncologo e ostetrico.
Tre specialità che ti garantisco possono essere vissute in maniera molto,
molto profana, oppure in modo assolutamente compatibile con un
ministero in chiesa. {12-10-2012}
■
Salvatore Paone 1:
Ho letto i vari commenti e nel meditare i vostri discorsi rispondo con il
Salmo 1, in cui si parla delle due vie, dei giusti e degli empi, contrapposte: «Beato
l’uomo, che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma
nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, ma
il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e
notte. Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo
frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che
fa prospererà» (vv. 1-3).
In questo caso la Scrittura impartisce tre insegnamenti: ▪ 1. il non
camminare
secondo il consiglio degli empi; ▪ 2. chi cammina con loro, si ferma
anche; ▪ 3. e chi si ferma, si siede pure. Quindi, credo che ogni
credente deve riflettere e capire che anche certi lavori possono portarci a
camminare, fermarci e addirittura sederci con chi commette il peccato. Il mio
commento sarà drastico, ma la Parola di Dio è chiara quando dice: «Beato
l’uomo, che non cammina secondo il consiglio degli empi». {13-10-2012}
■
Luca Sgro 2:
Caro Salvatore, hai citato un bel salmo, e te ne ringrazio. Sono particolarmente
affezionato a tutti quei brani che c’insegnano il tema del custodire il
nostro cuore. È un aspetto a cui dobbiamo essere sempre molto attenti ogni
giorno, nel lavoro come nel divertimento, nei giorni feriali come nelle vacanze,
paradossalmente molto di più quanto più viviamo al di fuori del nostro
protettivo ambiente cristiano. Là dove è il nostro tesoro, lì sarà il nostro
cuore; per cui custodiamo questo nostro cuore. Bellissimo.
E sono certo che non ti sarà certo sfuggito il valore metaforico di questo brano
dell’Antico Testamento, ancora di più alla luce delle accuse, che
venivano fatte a
Gesù stesso, di camminare insieme ai mafiosi e alle prostitute,
e di sedersi con loro, e di andarci pure a cena insieme. Pazzesco: la grandezza
di nostro signore Gesù, vista con gli occhi di oggi, ci sembra ancora enorme.
Chi di noi oggi ha la forza d’animo di andare a mischiarsi, a parlare, a
mostrare amore, a toccare, abbracciare, consolare mafiosi, prostitute, galeotti,
ladri? Mica è la stessa cosa andare davanti a loro, aprire una Bibbia e
scaricare loro addosso le loro colpe e la loro condanna. E a pensare che Gesù lo
fece 2000 anni or sono! Ovvio che c’è un bella differenza tra il vivere
insieme a queste persone e il condividere le loro azioni, imitarli,
assorbirne lo stile. E, infatti, era su questa differenza che Gesù incentrava il
suo insegnamento. L’amore di Gesù era per queste persone, che valevano
tanto quanto i farisei, che facevano mestieri molto più rispettabili.
Eh, beh, quanto è ancora attuale oggi il suo insegnamento. So che Nicola
potrebbe accusarmi di relativizzare troppo, ma in questo contesto corro
il rischio di prestare il fianco alle sue accuse. Trovo sbagliato giudicare
le persone dal mestiere che fanno (non scivoliamo però nel paradosso: il
sicario, la prostituta, il pusher rimangono logicamente fuori da questa
categoria). Non sono sicuro di saper riconoscere un mestiere sacro da uno
profano
solo in base al mestiere stesso.
In quali casi possiamo evitare di lavorare con gli empi? facendo gli
eremiti? ma qualcuno dovrà pur rimanere a portare l’esempio, a far vedere
che si può lavorare ed essere cristiani, giocare ed essere cristiani, divertirsi
ed essere cristiani, andare in vacanza e continuare a essere cristiani (sto
diventando troppo prolisso?). {13-10-2012}
■
Salvatore Paone 2:
Caro Luca, mi ha fatto molto piacere leggere il tuo commento; infatti mi
hanno colpite alcune tue osservazioni, che in parte condivido. Ma in questo
momento mi viene in mente un esempio, portato un carissimo fratello, che
ora è con il Signore, il quale affermava riguardo a quel che stiamo dicendo: «Se
mettiamo una persona sopra un tavolo e una giù sul pavimento e diciamo loro di
tirarsi con forza il braccio, chi riuscirebbe a cavarsela?». Certamente anche tu
mi dirai: quello, che è seduto sul pavimento. Vuoi per una questione di gravità,
o per una questione di forza, quello che è per terra riuscirà in qualche modo a
trascinare quello che siede sopra il tavolo. Tale esempio mi ha sempre
aiutato a riflettere bene prima d’intraprendere una strada, che poteva farmi
trovare in un «burrone». Inoltre, tale esempio potrebbe essere paragonato un po’
alla vita del credente, quando viene a trovarsi insieme a persone in genere o in
un posto di lavoro, che non onora Dio.
Ovviamente a questo punto tu mi dirai che si dovrebbe fare una lista dei
lavori, che si possono fare e quelli che non si possono fare. Beh, nella
società, in cui veniamo a trovarci oggi, dove il male viene definito bene e il
bene viene identificato come male, starei molto accorto dove mettere i piedi.
Noi non siamo esenti dal peccare, non siamo dei robot, né ci illudiamo che
nessun peccato possa toccarci, anzi, al contrario. Pietro nella sua prima
epistola scrive che Satana è come un leone ruggente, che gira attorno, vedendo
chi possa divorare [cfr. 1 Pt 5,8, N.d.R.]. Anche Paolo scrive agli Efesini 6
dell’armatura, con cui il credente deve armarsi, per non essere vittima
dei continui attacchi o dei dardi infuocati del maligno [cfr. Ef 6,16, N.d.R.];
questo implica sicuramente che noi siamo normalmente soggetti a cadere
nelle insidie del maligno.
È naturale che se un credente che ha un ministero di Parola nella propria
comunità, deve essere anche un modello per gli altri, se no rischiamo veramente
come fanno alcuni, che
predicano bene e razzolano male. È pure vero che non bisogna essere degli
eremiti; ma ricordo pure le belle parole di 1 Giovanni 2,16s il quale
scrisse: «Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della
carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal
Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la
volontà di Dio rimane in eterno». {13-10-2012}
■
Roberta Sbodio 2:
Leggevo i post di Luca e Salvatore. Pensavo che spesso è più facile stare in
guardia in contesti manifestamente anticristiani; se vogliamo dircela
così: se entro in una discoteca e vedo circolare pastigliette, persone in
atteggiamenti ambigui, ovviamente mi sento a disagio e pongo certe barriere.
Molto meno ovvio è non cadere nelle piccole seduzioni di ogni giorno,
quelle ci si presentano facendo i mestieri più comuni, quelli che potremmo
definire «cristiani» (?). Se sono un artigiano, pago le tasse al
100%? Lavoro sempre con il massimo della cura? Faccio prezzi onesti
o quando posso carico delle maggiorazioni? Se lavoro come dipendente: sono
sempre puntuale? Lavoro come se lo facessi per Dio? Sfrutto la mutua
per farmi gli affari miei?
Onestamente penso che la «mondanità» entri nel nostro modo di vivere
molto più in queste cose, apparentemente innocue, legittime e difficilmente
individuabili. Prova ad avere una relazione di lavoro con un fratello di chiesa
e capirai chi è veramente e spesso (parlo per esperienza) i risultati non sono
così incoraggianti. È più facile scappare dal mondo che non viverci per
davvero, ma è solo vivendoci che sapremo davvero chi siamo e se deluderemo noi
stessi; se cadremo, sarà un bene, la cosiddetta «prova del nove»,
un’occasione per una vera conversione. {14-10-2012}
3. MIE OSSERVAZIONI E OBIEZIONI:
Qui di seguito rispondo specialmente a Roberta Sbodio e Luca Sgro. Ho numerato
gli interventi, così che si sappia a quale mi riferisco nella risposta.
▬
A Roberta Sbodio 1:
Non ho una risposta alla questione se a un credente sia preclusa
qualsiasi
carriera artistica, specialmente se è coinvolto in un servizio di primo
piano nella chiesa, soprattutto perché è una definizione troppo generica; penso
che ci sia una differenza fra la carriera di uno strumentista (p.es. pianista)
in un’orchestra o un disk-jockey in una discoteca; allo stesso modo, c’è una
differenza fra il venditore da banco in un supermercato e in un sexy shop o
anche in un negozio di stupefacenti in Olanda. Ciò non è neppure argomento di
questa discussione, visto che in questo tema di discussione parliamo soltanto
del fatto, se chi ha un ministero pubblico
in una chiesa locale, possa lavorare in una sala da ballo come animatore e
intrattenitore, e viceversa.
Personalmente trovo fastidioso il continuo tentativo di relativizzare una
questione, mostrando il marcio, il pericolo e il rischio, che ci sono o
potrebbero esserci in altri settori, come la mia interlocutrice ha già cercato
di fare nel summenzionato
tema
di discussione. Lo trovo poco logico e poco probante. Neppure metterla su
sentimenti, emozioni e passione per la musica è una vera risposta. Poi,
appellarsi qui alla grazia di Dio, è il massimo, essendo considerata come
la coperta, che copre tutto e risolve ogni cosa! Infine, si raggiunge l’apice,
ipotizzando grossi problemi e tensioni interiori nei credenti, che non la
pensano come lei, unitamente alla presunta loro paura di cadere nel
peccato e il fatto che vivrebbero da prigionieri e non liberi. Possibile
che a lei non venga in mente lo scrupolo, che tali cristiani possano
avere di piacere al Signore, di ubbidire ai chiari comandamenti di Dio, di
essere sottomessi alla sua volontà, di tenersi lontani dall’iniquità e di
santificarsi, come la sacra Scrittura comanda? È
scritto che la «grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini», «ci
insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in
questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo» (Tt 2,11s).
E se fosse proprio lei a essersi allontanata da quell’essere «sani
nella fede» (Tt 1,13), dalle «cose, che sono conformi alla sana dottrina»
(Tt 2,1), dalla «fede, che è stata
trasmessa ai santi una volta per sempre»? (Gd
1,3).
▬
A Luca Sgro 1:
Vedo che siamo approdati all’etica del lavoro
tout-court. Devo ripetere per l’ennesima volta, come ho fatto nel tema di
discussione summenzionato, che l’attuale tema di discussione si limita soltanto
al fatto, se svolgere un ministero pubblico in una chiesa locale e un
lavoro in una sala da ballo come animatore e intrattenitore (o simili) siano
compatibili.
Tornando al tema dell’etica del lavoro, non posso condividere che le nostre
valutazioni, se un lavoro sia adatto o meno a un credente biblico, debbano
dipendere dalle sue
motivazioni, dal suo spirito e dalle sue intenzioni. Esse possono
dipendere per un lavoro lecito, che possono essere condotti differentemente a
seconda se uno è empio o giusto. Ad esempio, un commerciante piacerà o
meno al Signore, a seconda se usa pesi giusti e giuste misure o meno (Dt
23,13ss). Posso anche fare l’esempio delle levatrici egiziane, che non
fecero morire i neonati delle Ebree, nonostante l’ordine del re (Es 1,15-21).
Tuttavia, come ho già ricordato, nella Bibbia ci sono mestieri, che sono
semplicemente proibiti indipendentemente dalle intenzioni. Ne ricordo
qualcuno: qualsiasi tipo di mestiere nel campo occulto, esoterico,
divinatorio e così via (Dt 18,10-13), la prostituzione femminile e
maschile (Dt 23,17s), l’usura (Es 22,25ss; Lv 25,36s; Dt 23,19), la
manifattura di idoli (Es 20,4; Lv 26,1; Dt 4,16ss.23ss; 27,15). Diversi
mestieri del genere portavano con sé come punizione la pena capitale (Es
22,18 strega; Lv 20,27 indovino; Dt 13,5 falso profeta; Dt 24,7 ladro di
uomini). Qui le intenzioni non contano.
Nel caso di
conduttori e di collaboratori di chiesa e di missionari, è
assolutamente richiesto loro una condotta irreprensibile all’interno della
assemblea (persone!), della famiglia, della società e del posto di lavoro.
Paolo, quando fu in ristrettezze economiche, non andò a suonare nelle bettole o
nelle feste in onore di Bacco, ma fece il costruttore di tende unitamente ad
Aquila e Priscilla (At 18,3).
Doveva inoltre significare qualcosa il fatto, che uno dei collaboratori di Paolo
lo avesse abbandonato per tornarsene nel «mondo»? «Dema, avendo amato
il presente mondo, mi ha lasciato e se n’è andato a Tessalonica»
(2 Tm 4,10). Che significava mai «amare il mondo»? Una risposta ce la dà
Giovanni: «Non amate il mondo né le cose che sono nel
mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che
è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli
occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E
il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio
rimane in eterno» (1 Gv 2,15ss). Come può un
credente, che esercita il ministero di esporre la Parola agli altri, praticare
un mestiere, che lo espone massicciamente a tali cose, menzionate dall’apostolo?
▬
A Luca Sgro 2:
Chiaramente bisogna custodire il proprio cuore sempre e dovunque.
Ed è anche vero che Gesù aveva a che fare con gente considerata malfamata
dalla società d’allora. V’è comunque un vizio di logica alla base e un inconscio
uso del sillogismo, quando si sterilizzano i fatti veri, per portare un
ragionamento su una base obliqua, che nulla c’entra con la vita e il ministero
di Gesù né col tema in corso. Com’è facile spostare leggermente gli accenti e
farsi un’immagine di Gesù a piacere, per poi giustificare malamente qualcosa,
uno stile di vita, se stessi o qualcuno.
Mettiamo un po’ di ordine ai fatti reali. Gesù aveva chiamato Matteo
(Levi) a seguirlo; questi lo porta a casa sua e in suo onore fa un banchetto, a
cui invita i propri amici e colleghi. I Farisei lo vedono lì e lo tacciano di
avere relazioni con gente malfamata (Mt 9,9-13). Per prima cosa, Gesù non si
mise a
fare l’esattore delle tasse (pubblicano), né andò nei bordelli come
cliente di prostitute o a lavorarci. Il suo incontro con tali persone aveva come
scopo l’annuncio del regno di Dio. Infatti, Matteo stesso cambiò vita e
divenne un apostolo (Mt 10,2ss; At 1,13), come pure il suo collega Zaccheo
(Lc 19,1ss). Lo stesso vale per quelle
prostitute, che accettarono il suo messaggio; Maria si recò da Gesù a
casa del Fariseo Simone! (Lc 7,36ss).
Inoltre, Gesù aveva proprio come compito di portare il messaggio di
ravvedimento in vista dell’avvento del suo regno. Egli non si coinvolgeva nei
discorsi triviali dei pubblicani, né assisteva alle convulsioni amorose degli
astanti insieme alle prostitute ivi presenti. Dove Egli arrivava parlava alle
coscienze e, dove c’era disponibilità, il suo messaggio le trasformava,
che appartenessero sia alla gente malfamata, sia ai religiosi massimalisti. Egli
non si accomodava nel mondo, adattandosi alla sua morale, ma era lì luce
e sale.
Come è stato ben evidenziato in altro modo, Gesù portava il messaggio del regno
di Dio dove c’erano le tenebre morali e dove i religiosi non sarebbero mai
arrivati, ma non si lasciava coinvolgere dall’oscurità morale della gente.
Tuttavia, è meglio
non strumentalizzare la vita e l’opera di Gesù. A relativizzare si rischia
di fiaccare la realtà storica, di spostare i veri accenti delle cose e di
presentare un’approssimazione dottrinale e morale, che è molto
perniciosa, proprio per la sua somiglianza con la verità. E, infatti, dopo aver
presentato qualcosa della vita di Gesù, il falso sillogismo porta poi a dire che
sia «sbagliato giudicare le persone dal mestiere, che fanno». Significa
che Gesù approvava romanticamente il mestiere del pubblicano e delle prostitute?
E perché solo mestieri come il sicario, la prostituta e il pusher dovrebbero
rimanere «logicamente fuori da questa categoria»? Chi ci autorizza a
fermarci qui?
Chi ha parlato di mestieri secolari, dividendoli in sacri e profani? Io ho
parlato del ministero ecclesiale come «sacro» e di tutti i mestieri secolari
come «profani», in corrispondenza alla Parola (cfr. Rm 9,4; 1 Cor 9,13; 2 Cor
9,12). Paolo stesso si riteneva «d’essere ministro
di Cristo Gesù per i Gentili, esercitando il sacro servizio
dell’Evangelo di Dio» (Rm 15,16); ciò era
chiaramente un parallelo col servizio sacro nel tempio, per il quale i sacerdoti
dovevano possedere un’integrità morale e una purità rituale. E ciò vale tanto
più nel nuovo patto.
Chiaramente è inevitabile
vivere e «lavorare con gli empi» (cfr.
1 Cor 5,9s) e in ciò bisogna essere effettivamente degli esempi in tutto ciò,
che si fa sul posto di lavoro e nel tempo libero. Tuttavia, bisogna stare
attenti ai lapsus mentali, passando da questa verità generale a
relativizzare ogni cosa, come se un mestiere valesse un altro! Ciò non dà
un lasciapassare ai credenti per andare a lavorare in contesti, in cui di
per sé regna un alto tasso di concupiscenza e di amoralità e viene messa
«molta carne a cuocere» (1 Gv 2,16s); per non parlare del fatto, quando un
credente deve fare egli stesso
l’animatore e l’intrattenitore in tali contesti. E questo vale molto più per
chi ha un «servizio sacro» nelle chiese.
▬
A Roberta Sbodio 2:
Dopo l’ennesimo tentativo di Roberta Sbodio di relativizzare tutto,
vedo che oramai il tema è diventato tutt’altro. Penso, quindi, che per non
snaturarlo del tutto e renderlo banale, è arrivato il momento di chiuderlo
qui.
Tuttavia, tento di dare un’ultima risposta alla mia interlocutrice, sperando che
essa possa aiutarla, evidenziando alcuni lapsus di logica, vizi intellettuali o
incoerenze di ragionamento. Lei parla di «contesti manifestamente
anticristiani» e poi fa il caso di una discoteca, in cui avviene
qualcosa, che le crea disagio. Tornando al nostro tema, che dire allora di un
cristiano, che lavora lì di notte, per poi servire il Signore, predicando la
Parola in una o più comunità?
Poi parla di «mestieri cristiani»; non so dove nel NT ci sia un tale
elenco. Probabilmente intende mestieri accettabili per la dottrina e l’etica
cristiane. In tale contesto parla delle «piccole seduzioni di ogni
giorno», applicandole poi alle tasse, allo scrupolo lavorativo, all’onestà nel
prezzario, alla puntualità nell’iniziare il turno e alla correttezza verso la
cassa malattie. La domanda, che sorge, è questa: a che serve tale
generalizzazione nell’etica del lavoro? Sarà questo a rendere meno
pesante l’onere del credente impegnato nell’opera e nell’annuncio della
parola, che lavora in contesti ad alto tasso di concupiscenza e amoralità? Fu
così che ragionò, ad esempio, Daniele
dinanzi alla prospettiva di rendersi impuro, infrangendo la legge del Dio
vivente? (Dn 1,8). Fu per questo che Mardocheo doveva piegarsi dinanzi ad
Haman? (Est 3,2-5).
Il falso sillogismo porta alla seguente
sperimentazione: esponiamoci di proposito al fuoco (della mondanità), per
vedere se ci bruciamo. Respiriamo amianto (morale), per vedere se sviluppiamo
patologie polmonari, da cui poi possiamo curarci e imparare qualcosa di
significativo per la fede. Andiamo a Cenobil, per sperimentare se siamo immuni o
meno all’energia nucleare. E così via.
Con tale logica ci viene
proposto di scusare chi si espone ad ambienti a elevato tasso di
contaminazione morale, visto l’alto tasso di mondanità e di piccole
seduzioni, in cui vivono i cristiani d’oggi. È obbligatorio che i cristiani
biblici vivano in modo mondano e moralmente ambiguo? (cfr. Fil 2,15; 4,8s). Tale
via del compromesso, che poi cerca scusanti al peccato, proprio o altrui, è
chiamata nel libro dei Proverbi con un solo nome: stoltezza (cfr. Pr
9,13ss), ed è detto che essa porta alla rovina (Pr 10,14; 18,7; Ec 10,12); essa
sta agli antipodi della chokmah
«perizia, ordine [morale]», che proviene dal timor di Dio (Pr 1,7; 9,10). Le
generalizzazioni nell’etica portano soltanto a prigioni mentali, quantunque le
si chiamino «libertà», che rendono confusi e fonte di confusione.
Un tale
atteggiamento tollerante e così progressista fa sentire avveduto,
illuminato, rispettabile e sufficiente, ma l’analisi di Cristo per il
conduttore della chiesa di Laodicea fu questa: «Non sai che tu sei infelice
fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo» (Ap 3,17); poi seguì la sua
amorevole offerta per chi lo aveva lasciato fuori della porta, pur conducendo a
suo nome una comunità (vv. 18ss).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Mestieri_predica_Sh.htm
14-10-2012; Aggiornamento: 28-07-2013