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   Ecco le singole parti principali:
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CONDUZIONE MONOCRATICA O COLLEGIALE?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Conduzione monocratica o collegiale?». Manterrò i miei interventi al minimo, poiché risponderò in un articolo ad hoc.

     Sebbene io preferisca personalmente un conduzione plurale in ogni comunità, tuttavia ciò non deve condizionare la mia analisi di ricercatore. Nel NT io riconosco almeno tre sistemi di conduzione: ▪ 1. Conduzione plurale collegiale (p.es. ogni anziano guidava una «chiesa in casa»; Rm 16); ▪ 2. Primo tra pari (Giacomo aveva una posizione di presidente fra gli anziani di Gerusalemme); ▪ 3. La conduzione unica (Gesù scrisse a sette conduttori a capo di altrettante chiese; Ap 2s). Non vado oltre, poiché tratterò tutto ciò in un articolo extra.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Salvatore Paone

2. Pietro Calenzo

3. Silvano Creaco

4. Antonio Capasso

5. Gianni Siena

6. Ciro Peluso

7. Franco Gioioso

8. Alessandro Saraino

9. Pietro Calenzo

10. Salvo Perrella

11. Nicola Martella

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Salvatore Paone}

 

Solo poche parole, anzi solo un verso, che ritengo che si conosce molto bene: «Gli anziani, che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento» (1 Tm 5,17). Il plurale «anziani» determina che c’era un «collegio». Una chiesa deve essere biblicamente «governata» da un gruppo di fratelli, che sanno tenere bene la «presidenza»; questa parola racchiude in sé un quadro completo: saper «pascere il gregge», discernimento, saper insegnare, essere irreprensibili, eccetera. Tuttavia non vogliamo soffermarci sui requisiti, perché non è questo il tema. In molte occasioni Paolo parla di «anziani» in un numero collettivo (Atti 11,30; Ebrei 13,17). Anche altri brani fanno intendere che la chiesa è governata da «anziani». {26-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Se c’erano «anziani, che tengono bene la presidenza», ce n’erano altri che non erano capaci di ciò; quindi gli anziani non erano tutti uguali. L’ecclesiologia d’allora, con la presenza delle «chiese in casa» con ognuna a capo un responsabile (Rm 16), faceva intendere «anziani» al plurale in altra ottica rispetto ad oggi, visto che oggigiorno sono tutti nelle stessa sala di culto.

 

 

2. {Pietro Calenzo}

 

Sono per una guida collegiale, per il fatto scritturalmente accertato che nel Nuovo Testamento si parla sempre di una pluralità di anziani (Atti 20,17-28; Tito 1,5.7). Infatti, a conferma della collegialità della conduzione dell’assemblea, ad esempio, la chiesa di Gerusalemme era condotta da una pluralità di anziani (Atti 11,30). Nel corso dei suoi viaggi apostolici Paolo ordinava degli anziani per ogni nuova assemblea (Atti 11,30), così come erano presiedute da una pluralità di anziani anche altre assemblee non fondate da Paolo (Gcm 5,14; 1 Pietro 5,1). È da sottolineare, ancora, che presbyteros (anziano) indica la dignità della funzione, mentre episkopos denota l’espletamento delle loro funzioni (pascere, sorvegliare), da cui deriva pasturare. È pertanto a mio avviso non scritturale la conduzione monocratica di una assemblea. Per molti esegeti e storici cristiani, l’uso invalso nel secondo secolo d. Cristo di differenziare due categorie di ministeri, pastori e anziani, non ha alcuna base scritturale, e personalmente condivido pienamente tale asserzione. Benedizioni in Cristo Gesù. {27-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Per onestà intellettuale faccio notare che la chiesa di Gerusalemme possedeva un chiaro schema di conduzione «primus inter pares», visto che Giacomo aveva una specie di funzione di presidente fra gli anziani. Tale influenza l’aveva già come primo delle tre colonne della chiesa; dopo la partenza anche di Pietro e Giovanni, la sua posizione risaltò ulteriormente fra gli altri anziani.

     Quanto alla pluralità di anziani, rimando su alla menzione della ecclesiologia differente con la presenza allora delle «chiese in casa». Il termine episkopos non ha direttamente a che fare con «pascere, pasturare», ma con «sorvegliare».

     Sebbene io sia per una conduzione plurale, faccio notare che la conduzione monocratica si è potuta sviluppare soltanto perché era già presente prima in qualche modo.

 

 

3. {Silvano Creaco}

 

Sono d’accordo in pieno con Pietro. E aggiungo che ho fatto esperienza diretta di una chiesa, guidata da un solo pastore, e sono venuto a conoscenza di altre realtà simili. In maniera particolare e mi sento di dire, che lì dove la chiesa è condotta da un solo pastore o anziano, i pericoli sono tanti. Ne cito alcuni: i credenti vivono la loro fede all’ombra della vera o presunta spiritualità del pastore, rimangono bambini spirituali e non si muovono lungo il cammino di fede senza l’approvazione della loro guida, per qualunque problema si rivolgono a lui, venendosi a creare una sorta di dipendenza con gravi conseguenze nel filo diretto con il Signore. In tema di dottrina non mettono in dubbio ciò, che il loro leader gli ha insegnato anzi si rifiutano di ascoltare opinioni differenti; ritenendo il pastore una persona spirituale e infallibile, si auto-convincono che tutto ciò che afferma è la sola verità.

     Ricordiamoci, infine, dell’episodio intercorso in quella confusionaria chiesa di Corinto, che cito brevemente: «Che cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro» (1 Corinzi 3,4-5).

     Una chiesa deve avere al suo interno più guide e anziani che, perché tali, non devono essere irreprensibili su tutto, certo devono sicuramente rispecchiare le qualità essenziali di un vescovo. In quanto all’espressione di Nicola meglio un solo anziano che tre o quattro di paglia, vorrei capire cosa s’intende «anziano di paglia»? Certo fare più anziani tanto per avere numero, è errato. Tuttavia nel passo di Timoteo Paolo esordisce nell’elencare le qualità di un anziano, dicendo: «Se uno aspira»; quindi se uno aspira a fare l’anziano, si presume (almeno si spera) che sia consapevole delle enormi responsabilità che questo comporta, dovrebbe, ripeto dovrebbe essere consapevole che, se aspira a governare una chiesa, di paglia da bruciare ne deve avere ben poca o niente. {27-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): La teologia delle esperienze è una sottile lastra di ghiaccio, che non resiste a un’analisi oggettiva. A un vissuto di un certo genere altri potranno opporvi le loro esperienze di segno opposto. I pericoli sono tanti laddove non ci sono uomini con i prerequisiti biblici, che siano uno o tanti. Infatti, ad esempio, ci sono chiese liberali e altre legaliste, indipendentemente dal numero dei conduttori. Al despota può sostituirsi una diarchia o un triunvirato con gli stessi effetti elencati da Silvano.

     Gli sviluppi nella chiesa in Corinto erano possibili proprio perché le varie «chiese in casa» con i loro leader si ispirarono a predicatori differenti, mentre i «sommi apostoli» giudei con ideologia esoterica cristianizzata la facevano da padroni (2 Cor 11). Ciò non aveva nulla a che fare con la conduzione monocratica, anzi palesa una conduzione collegiale deficitaria.

     Non posso condividere tale uso troppo flessibile del concetto della irreprensibilità (essere al di sopra di ogni reprensione); proprio ciò fa creato molti «anziani di paglia». Questi ultimi sono eletti appunto perché la convenzione dottrinale del «collegio» a tutti i costi, fa credere che sia anomalo avere un solo anziano, se solo questi rispecchia al momento i prerequisiti biblici; allora si allentano le qualità richieste, rendendole non una base obbligatoria, ma un ideale. C’è un «bisogna» riguardo all’irreprensibilità dell’episcopo, dove non si possono fare sconti! (1 Tm 3,2; Tt 1,7).

     Ne ho viste di persone «aspirare» a diventare conduttori, senza avere sufficienti qualità; dove non si sono bruciati loro, hanno danneggiato la chiesa. Si noti in 1 Timoteo 3 «episcopo» al singolare (vv. 1s) e «diaconi» al plurale (vv. 8.12); è solo un caso?

 

 

4. {Antonio Capasso}

 

Caro Nicola, credo che tra conduzione monocratica e la conduzione collegiale vi sia una terza possibilità di conduzione. Si tratta di un anziano che presiede, coordina, e rappresenta un gruppo di anziani; e insieme governano la chiesa. Nella Scrittura viene detto che Paolo andò a Gerusalemme e incontrò «Giacomo e gli anziani» (Atti 21,18). Sembra che Giacomo rivestisse funzione di conduttore e di rappresentante degli anziani di Gerusalemme; infatti lo troviamo anche presiedere la conferenza di Gerusalemme (Atti 15). L’Apocalisse conferma questa ipotesi di un conduttore che rappresenti tutti, anziani e chiesa (Ap 2,1). {27-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Condivido questo pensiero, come già indicato sopra; rappresenta una delle diverse possibilità. Maggiori dettagli ci saranno in un articolo a parte.

 

 

5. {Gianni Siena}

 

Provengo da una assemblea della chiesa dei Fratelli, ma da 35 anni mi «godo» una conduzione «presbiteriana - congregazionalista» (Assemblee di Dio in Italia). Se dovessi assegnare la palma del sistema migliore per condurre un’assemblea, beh non saprei quale scegliere!

     Ricordo i vecchi fratelli dell’Assemblea del mio paese (San Giovanni Rotondo) e questo mi commuove: furono loro a testimoniarmi del Cristo. Ricordo i cari fratelli pentecostali in mezzo ai quali mi convertii, a Nova Milanese, e ho un carissimo ricordo del fratello Francesco Grasso, morto l’anno scorso, pastore della chiesa.

     Non ho preferenze, purché chi guida una chiesa, sappia conservare in essa la struttura di una grande «famiglia» spirituale, dove amore e relazione cristiana siano preponderanti. Per contro, se la chiesa diventa luogo di dominio sulle coscienze (per ambizione di primato o per soldi), essa è destinata a diventare luogo di avvilimento delle coscienze e offesa all’onore del Signore.

     In una struttura monocratica, pastore e anziani si rispettano sapendo di servire, ognuno nel suo ruolo, lo stesso Signore. In una chiesa congregazionalista, gli anziani, ognuno nel suo ministero, si rispettano ugualmente sapendo di servire lo stesso Signore. Un pastore che, avendo un «primato d’onore», prevarica il gregge affidatogli, non è meno negativo di un anziano congregazionalista, che si innalza sui conservi del collegio presbiterale e, conseguentemente, sul resto dell’assemblea. I credenti veri soffrono, nello stesso modo, in qualsiasi chiesa, a prescindere dal particolare tipo di conduzione. Certamente è un vantaggio avere una struttura conduttiva congregazionalista pura, ma la differenza la fa sempre la qualità delle persone chiamate nel servizio. {26-11-2010}

 

 

6. {Ciro Peluso}

 

Anche nelle chiese ai tempi degli apostoli, c’era un solo pastore (l’angelo della chiesa). Poi c’erano gli altri ministeri, i diaconi... Non è detto che dove c’è il pastore, sia lui a «comandare». Gesù deve essere il Capo della chiesa. Noi siamo solo amministratori dei suoi beni. Abbiamo doni differenti. Quella di pastore, come di qualsiasi altro ministero, non deve essere un’etichetta da attaccare alla giacca o alla porta di casa, come alcuni sono soliti fare. Il pastore è colui che ha cura del gregge. Se uno ha questo spirito, sarà il Signore stesso a guidarlo. È normale che dove la chiesa è numerosa, è bene che ci siano più pastori, che si prendono cura della chiesa. {27-11-2010}

 

Osservazioni (Salvatore Paone): Ciro non voglio contraddirti, ma il termine «anziani» è più appropriato alla Scrittura. In nessun passo si parla di «pastori» o del «pastore» come la guida di una comunità. In greco esiste il termine «presbiteri» (anziani), cioè più di uno. {27-11-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): A Ciro Peluso faccio notare quanto segue. Al tempo del NT i conduttori erano chiamati perlopiù «anziani» e «presbiteri», oltre a guide, inviato o rappresentante della chiesa. L’unico titolo che non si trova, è proprio quello di «pastore», che è invece una funzione ministeriale della cura d’anime.

     A Salvatore Paone ho già risposto sopra.

 

 

7. {Franco Gioioso}

 

Bisogna capire se la sorella, che frequenta questi quattro fratelli, ha già frequentato precedentemente una comunità e ha avuto una disputa con il pastore. Questo lo dobbiamo sapere, perché in molti casi ho visto sorelle e fratelli ritirarsi dalle comunità e fare delle cellule di preghiera, o perché il pastore era troppo arrogante o perché dà molti insegnamenti, che non si trovavano biblicamente! Quindi bisogna vedere la situazione, in cui la sorella si è trovata. Poi, la Parola c’insegna che «dovunque due o tre sono radunati nel nome mio, qui sono io in mezzo a loro» [Mt 18,20]. Poi, del resto come scrivi tu, ci sono molti come in 3 Gv 1,9: «Ho scritto qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe che cerca d’avere il primato fra loro, non ci riceve». Ci sono anche queste comunità, che non ricevono altri pastori di altre nazioni o paesi... perché vogliono avere il primato di loro stessi, e magari stare alle loro regole. E la sorella è scappata da questa comunità? Chissà? Quindi bisogna vedere un po’ le motivazioni. Dio vi benedica, shalom {27-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Tali donne credenti e amiche fra loro appartenevano a due distinte realtà ecclesiali, una guidata da un pastore, l’altra guidata da quattro conduttori. La loro era una curiosità biblica, per quanto so, senza grandi conflitti.

 

 

8. {Alessandro Saraino}

 

La pace sia con tutti voi; è la prima volta che intervengo a una discussione. Innanzitutto voglio ringraziare per il tema veramente interessante. Personalmente, ritengo che la chiesa primitiva era condotta da un gruppo di anziani, con a capo però un pastore o una guida per supervisionare. Infatti, si nota chiaramente nella chiesa di Gerusalemme come si svolgevano le assemblee in quel tempo. Infatti in Atti 15 si svolge nella chiesa una discussione riguardante i riti mosaici, e, dopo aver parlato il collegio degli anziani accade questo: «Quando essi tacquero, Giacomo prese la parola e disse: Fratelli, ascoltatemi. Simone ha raccontato come per la prima volta Dio ha visitato i gentili per scegliersi da quelli un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come è scritto: “Dopo queste cose, io ritornerò e riedificherò il tabernacolo di Davide che è caduto, restaurerò le sue rovine e lo rimetterò in piedi, affinché il resto degli uomini e tutte le genti su cui è invocato il mio nome cerchino il Signore, dice il Signore che fa tutte queste cose”. A Dio sono note da sempre tutte le opere sue. Perciò io ritengo che non si dia molestia a quelli che tra i gentili si convertono a Dio, ma che si scriva loro di astenersi dalle contaminazioni degli idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate e dal sangue» (vv. 13-20).

     Giacomo era il capo, e dopo aver ascoltato attentamente il parere e la testimonianza di ognuno, ha espresso il verdetto. A mio avviso questo deve essere il giusto collegio all’interno di una chiesa.

     Piuttosto il problema che è sorto in questi ultimi tempi nelle chiese monocratiche, è quello di pastori-padroni, i quali non si comportano affatto come Giacomo apostolo, ma con asprezza e coercizione e, senza dare ascolto a nessuno, prendono decisioni di proprio arbitrio, creando malumori e scontenti anche tra gli anziani. Un altro problema delle chiese monocratiche, è il pastore fac-totum, dove egli assume la figura di pastore, evangelista, dottore, apostolo, profeta, soffocando così la normale crescita spirituale del corpo. Dio vi benedica. {30-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): La parte finale dei pastori-padroni e dei pastori fac-totum è apprezzabile e condivisibile. Tali conduttori monocratici si sono trasformati da coloro, che pasturano il gregge (cibo, cura, ecc.), in coloro, che l’addomesticano, ossia lo dominano e manipolano a proprio arbitrio.

     Sulla prima parte devo rilevare alcune lacune del pensiero. Per prima cosa, se ci fosse stato un collegio di anziani con a capo un pastore nell’ecclesiologia del NT, Paolo mancò di rispetto proprio al pastore, visto che salutò di Filippi «tutti i santi… con gli episcopi [= sorveglianti] e con i diaconi» (Fil 1,1). In nessun brano in cui compaiono gli episcopi e i presbiteri, che erano la stessa cosa, gli scrittori del NT menzionò un pastore come ufficio particolare, a cui erano subordinati gli altri. Ad esempio, Paolo fece chiamare a Mileto «gli anziani della chiesa» di Efeso (At 20,17), a cui poi disse: «Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti sorveglianti, per pascere la chiesa di Dio…» (v. 28). Sarebbe stato strano che a tale importante e memorabile incontro avesse trascurato proprio il «pastore», se fosse allora esistito. Nel NT non esiste un ufficio di pastore (solo anziano e sorvegliante), ma la funzione pastorale di curare il gregge è di tutti gli episcopi o presbiteri.

     Quanto a Giacomo, faccio notare quanto segue. Egli non era il «pastore» né il capo della chiesa di Gerusalemme. Non si legge che egli avesse inaugurata tale particolare conferenza né che la presenziasse, tanto più che c’erano ancora degli apostoli presenti e la questione era inter-ecclesiale. È scritto: «Allora gli apostoli e gli anziani si radunarono per esaminar la questione» (At 15,6). Non è scritto che Giacomo dirigesse la «gran discussione» sorta, ma il primo a intervenire con una parola autorevole fu l’apostolo Pietro (vv. 7ss). Giacomo, quando poi intervenne dopo un’ulteriore discussione, fece riferimento proprio alle parole di Pietro (vv. 13ss). La sua non fu una parola autorevole, perché era l’ultima parola del capo, ma perché fu sensata. Tale proposta di Giacomo e ulteriori suggerimenti operativi di altri piacque «agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22). Tale lettera non fu scritta a nome di Giacomo, degli apostoli e dei fratelli anziani, ma solo a nome di queste due ultime categorie (v. 23); si noti che gli apostoli furono menzionati prima e che Giacomo era uno degli anziani. Quindi la tesi di un Giacomo «pastore» della chiesa e capo del collegio degli anziani non risulta da Atti 15. Giacomo aveva certamente una posizione d’onore fra gli anziani della chiesa di Gerusalemme, ma anche come «primus inter pares» rimaneva sempre uno degli anziani.

 

 

9. {Pietro Calenzo}

 

Caro Nicola, shalom. Che Giacomo avesse una posizione di primus inter pares, è fuor di dubbio. Egli aveva, diciamo così una posizione di privilegio nel presiedere o di alto onore nel collegio degli anziani gerosolimitani, anche per il fatto di essere il fratello del Signore Gesù. Ancora era reputato una delle colonne della chiesa nascente insieme a Pietro e Giovanni. Non mi pare che tali prassi possa essere stata seguita o sancita nelle successive elezioni di anziani in ogni chiesa locale, successivamente sorta, per le caratteristiche peculiari di Giacomo, e delle altre due colonne della primitiva chiesa (peculiarità irripetibili oggidì). È pur vero, che nel collegio degli anziani delle assemblee paoline, ad esempio, vi erano degli anziani che assumevano la funzione della presidenza del culto nell’ambito di una diligente e scritturale conduzione congregazionale dell’adorazione del Messia Gesù. Ma chi può affermare con certezza che fosse sempre la stessa persona, o piuttosto di anziani che avessero tutti la vocazione celeste alla presidenza, alternandosi fra di loro? Né mi pare probante il caso di specie di Diotrefe, che molto probabilmente, con la sua arroganza spirituale, aveva ridotto al silenzio probabili altri anziani. Ciò non si può escludere. Per quanto concerne, infine, le tante cellule o Ekklesiae di credenti che Paolo cita nella sua closa della lettera ai Romani, esse erano in una fase embrionale del loro sviluppo e della loro organizzazione. Non penso che non si possa pensare legittimamente, che successivamente si siano potute organizzare o sviluppare in congregazioni presiedute, sorvegliate da un collegio di anziani, così come tutto il contesto Scritturale detta o lascia supporre. Un carissimo abbraccio in Gesù il Messia Vivente.

{30-11-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Rispondo a tutto ciò già in un articolo di prossima pubblicazione. Faccio qui solo notare telegraficamente alcune cose.

     ■ Nel libro degli Atti di Giacomo non viene mai messa in evidenza la sua parentela con Gesù quale premessa alla sua particolare posizione nella chiesa e fra gli anziani di Gerusalemme.

     ■ Ho già fatto notare sopra che la menzione di «anziani, che ben presiedono» (1 Tm 5,17), suggerisce l’esistenza di anziani, che non avevano tale capacità; altrimenti non si capisce perché reputare i primi «degni di doppio onore». Inoltre, tra tali specifici anziani vennero evidenziati «specialmente quelli che faticano nella parola e nell’insegnamento». Il legittimo desiderio di lottare contro ogni tipo di clericalismo non deve indurci, per contrappasso, a cadere in un egualitarismo biblicamente infondato. La salvezza è per grazia, il servizio è secondo la chiamata particolare e i carismi ricevuti. Alle chiese fa male sia la conduzione monocratica, sia un egualitarismo che cancella ogni differenza, onore e merito, non solo fra gli anziani, ma anche fra conduttori e membri delle chiesa. Non bisogna guardarsi solo dai dittatori, ma anche dai tanti galli, che ogni mattina devono prima mettersi democraticamente d’accordo, per poi annunciare il nuovo giorno.

     ■ Le «chiese in casa» non era un stadio preliminare alle «chiese normali» (come le conosciamo, ad esempio, ora), ma era una concezione del tutto differente da oggi. Esse non erano presenti solo a Roma (Rm 16), ma costituivano l’ossatura dell’ecclesiologia d’allora.

 

Replica (Pietro Calenzo): Carissimo Nicola, shalom. A detta di molti storici ed esegeti, la mia ipotesi su Giacomo, sulla rilevanza di anziano, anche perché (ma non solo) fratello germano del Signore Gesù, non è poi tanto inedita o inusuale. Un carissimo abbraccio nel Signore. Benedizioni. {30-11-2010}

 

 

10. {Salvo Perrella}

 

Faccio parte di una chiesa locale cristiana libera. La nostra chiesa ha un governo monocratico. Devo dire che molte Scritture lasciano intendere che molte chiese del nuovo patto siano state guidate da anziani o vescovi. Ad esempio, una Scrittura, che mi piace osservare, è la seguente: «Paolo e Timoteo, servi di Gesù Cristo, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi» (Filippesi 1,1). Sembra che l’apostolato di Paolo aveva come peculiarità il mettere al governo più anziani...

     Molti ritengono Tito e Timoteo dei pastori e, quindi, affermano che essi governassero rispettivamente sulla chiesa di Creta e Efeso. Non trovo però alcuna Scrittura, che affermino che essi siano stati pastori. Trovo invece che essi siano stati apostoli in quanto viaggiavano continuamente con Paolo e sembra che la loro permanenza a Creta e a Efeso fosse temporanea... Su questo niente da dire.

     Se leggo però le lettere di Giovanni, sembra che il suo apostolato prevedeva la designazione di un anziano sugli altri. Nella terza lettera esordisce così: «L’anziano al carissimo Gaio, che io amo in verità». Come possiamo notare, egli dice di se stesso di essere l’anziano, mentre Pietro dice di essere un anziano (1 Pietro 5,1). Nella terza lettera di Giovanni vediamo sempre che egli si riferisce a un certo Gaio soltanto, come un vescovo sovraintendente sul resto degli anziani. Poi parla di Diotrefe (vedi i versi 9-10), il quale aveva impedito al resto della chiesa di ricevere gli apostoli e che addirittura cacciava fuori dalla chiesa chi tentava di riceverli (gli apostoli). Questo vuol dire che Diotrefe aveva l’autorità per farlo. Il fatto che cacciava fuori i credenti, che volevano ricevere gli apostoli, fa evincere che Diotrefe avesse autorità su tutti; inoltre il fatto che li cacciasse fuori dalla chiesa fa evincere che usasse male la sua autorità, amando il primato. Non di meno gli era stata assegnata l’autorità.

     Nelle sette chiese dell’apocalisse si evince chiaramente che non erano più gli anziani a governare la chiesa, ma che era un solo angelo, che rappresentava il vescovo. Qui non è più una nostra supposizione su qualcosa, che Paolo lasciava «intendere», ma erano le parole di Gesù Cristo stesso.

     Ho letto le varie risposte del fratello Nicola Martella e devo dire di essere d’accordo con lui. C’è una certa flessibilità nello stabilire il governo di chiesa. Ad ogni modo io sono per questo: un vescovo che designa gli anziani, per il lavoro spirituale; e designa i diaconi per il lavoro pratico.

     La chiesa è la sostanza dell’ombra, intendo dire che la struttura della chiesa è la sostanza della struttura del popolo d’Israele durante l’antico patto. Leggiamo come fu strutturato: Esodo 18,19-26.

     Ora, possiamo essere pronti nello scegliere più anziani al governo, se lo Spirito Santo lo richiede. Possiamo anche essere titubanti, credendo che un solo uomo al governo, possa essere maggiormente esposto alle pressioni, ma non possiamo dire che la Bibbia non parli chiaramente di governi a scala gerarchica con un vescovo al di sopra del resto degli anziani. Con questo non voglio dire che egli debba diventare un dittatore, ma che debba servire meglio, perché su di lui grava una più grande responsabilità. Infatti, come abbiamo letto con l’episodio di Mosè, è necessario che elegga degli anziani (capi) che lo aiutino nell’amministrazione. Credo, quindi, che comunque la miglior forma di governo sia questa e non quella collegiale. Dio può permettere in certi casi il governo collegiale? Si, ma non credo che sia il governo migliore, secondo volontà di Dio. D’altra parte, studiando ancora il governo d’Israele, egli aveva sempre un giudice che governava e non più giudici; e poi un re che governava e non più re.

     Non dimentichiamo, che lo stesso Regno celeste, vede il Padre al governo e al di sopra di tutti. Essere al governo non vuol dire essere migliori, ma avere una funzione e una responsabilità differente. Gesù era come il Padre, ma gli era sottomesso. Shalom a tutti. {30-11-2010}

 

 

11. {Nicola Martella}

 

Qui di seguito rispondo al contributo precedente. Come ho fatto già notare sopra, Paolo menzionava episcopi (sorveglianti) e presbiteri (anziani), ma non alcuni al di sopra di loro, ad esempio un moderno «pastore».

     Tito e Timoteo erano collaboratori dell’apostolo Paolo, non conduttori di chiese; e questo tanto più che essi dovevano insediare nuovi conduttori (Tt 1,5), corrispondenti alle direttive date (1 Tm 3; Tt1).

     Sinceramente non riesco a seguire le riflessioni riguardo a Pietro come solo «un anziano» e a Giovanni «come un vescovo sovraintendente sul resto degli anziani». Neppure riesco a realizzare come nel «Diotrefe… non ci riceve» un’indicazione che ciò fosse riferita agli apostoli. Faccio notare che il titolo di «anziano», che usarono Giovanni e Pietro per sé non aveva oramai nessuna connotazione riguardo a un ufficio ecclesiale ma, vista la loro tarda età, intendeva la dignità legata al lungo ministero. Gli «anziani» erano in genere coloro, che avevano anche una certa età rispetto ai più giovani (1 Pt 5,5); in ambito giudaico l’età e la dignità d’essere «anziano» spesso fluivano insieme. Pietro esortava gli anziani come un co-anziano (gr. synpresbyteros), sia per evidenziare la consapevolezza riguardo a tale ufficio, sia anche per non elevansi sopra di loro (1 Pt 5,1).

     «L’anziano al diletto Gaio» (3 Gv 1,1) era una forma affettuosa di Giovanni e basta (cfr. 2 Gv 2,1), tanto più che nelle altre epistole chiamava i credenti come «figlioli» (in 9 versi in 1 Gv). Lo stesso Paolo usò una tale simile espressione verso Timoteo, quando affermò: «Non trascurare la il carisma che è in te, il quale ti fu data mediante proclamazione con imposizione delle mani dell’anzianità» (1 Tm 4,14), ossia da lui stesso (2 Tm 1,6), che esercitò qui il diritto legato alla «dignità dell’anziano» (gr. presbytérion).

     Giustamente, Diotrefe aveva un’autorità palese sull’intera chiesa locale, solo che ne abusava per mantenere il suo primato assoluto su quelli di dentro e verso quelli di fuori.

     Mi riesce difficile capire riguardo ad Apocalisse 2-3 che cosa significhi l’espressione «non erano più gli anziani a governare la chiesa, ma che era un solo angelo, che rappresentava il vescovo». Tale anghelos «inviato, rappresentante» della chiesa era lui stesso l’episcopo. Come ho già mostrato sopra (cfr. At 20,17.28), i termini episcopo (sorvegliante) e presbitero (anziano) si corrispondevano; si noti che il massimo consiglio celeste è formato da 24 anziani (in 12 versi nell’Ap).

     Come fa un «vescovo» (gr. episkopos «sorvegliante») a designare gli anziani, visto che nel NT rappresentano lo stesso ufficio? Vorrei proprio vedere un chiaro esempio testuale di sosiddetti «governi a scala gerarchica con un vescovo al di sopra del resto degli anziani». È molto rischioso proiettare il governo teocratico dell’AT (aspetti religiosi, civili e penali di un intero popolo) sul nuovo patto (i conduttori non sono legislatori, giudici popolari, né sacerdoti del tempio); sono due mondi e due questioni differenti. Che l’episcopo circondato da presbiteri sia la «miglior forma di governo» e che abbia addirittura il sigillo divino rispetto a quella collegiale, di ciò vorrei avere chiare prove esegetiche nel NT, ma sopra non ne ho trovate.

     I paralleli con l’AT rendono la trattazione falsata e a tratti bizzarra. La citazione di Esodo 18,19-26, che dovrebbe illustrare la presunta relazione fra pastore e anziani col parallelo fra Mosè e gli anziani d’Israele, crea qui molti problemi, di cui questo lettore neppure s’immagina; essendo fuori tema, ci vorrebbe una lunga risposta, che qui non è possibile dare. Dire che Israele «aveva sempre un giudice, che governava e non più giudici» è semplicemente falso: alcuni giudici erano contemporanei. [Nicola Martella, «Giudici», Radici 3-4 (Punto°A°Croce, Roma 1994), pp. 40-54.] Inoltre, bisogna distinguere fra lo šofe (giudice di guerra) e il dajān (giudice di pace, quelli normali e senza funzioni militari), visto che gli anziani di ogni villaggio avevano funzioni di giudici (Lv 5,1; Dt 17,5ss; 19,17ss; Gs 8,33). I conduttori non sono mai paragonati a re. E chi sarebbero allora i Leviti, i sacerdoti e il sommo sacerdote, per non parlare delle altre categorie? Tali paralleli rendono tutto assurdo e poco credibile. Una nazione politica non si può paragonare a una chiesa, né gli organi dell’uno a quelli dell’altro.

     Anche il confronto fra il governo di Dio e quello degli uomini risulta alquanto bizzarro, se si cominciano a fare paralleli. Per appurare la verità bisogna fare un’esegesi contestuale rigorosa e chiara.

 

 

12. {Autori vari}

 

Salvatore Furetto: Non posso che dare ragione a Nicola. In quasi un trentennio di frequentazione evangelica, ho avuto modo di conoscere molte chiese. Alcune condotte da un solo pastore, altre con conduzione collegiale. Però in ognuna di queste realtà la vera differenza non la faceva il modo di conduzione, ma chi era alla conduzione. Prendere per buono un tipo piuttosto che un altro, solo per abitudine ecclesiastica, è quanto di più erroneo possa esserci. {27-11-2010}

 

Tonino Mele: Sia per questa che per altre tematiche, condivido appieno questa tua frase: «Sebbene io preferisca personalmente una conduzione plurale in ogni comunità, tuttavia ciò non deve condizionare la mia analisi di ricercatore». Mi ci son ritrovato quasi istintivamente... e credo che questo sia l’approccio migliore. {30-11-2010}

 

► URL:

http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Conduz_monocrat_collegio_EdF.htm

29-11-2010; Aggiornamento: 01-12-2010

 

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