Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Conduzione
monocratica o collegiale?». Manterrò i miei interventi al minimo,
poiché risponderò in un articolo ad hoc.
Sebbene io preferisca personalmente un conduzione plurale in ogni
comunità, tuttavia ciò non deve condizionare la mia analisi di ricercatore. Nel
NT io riconosco almeno tre sistemi di conduzione: ▪ 1. Conduzione plurale
collegiale (p.es. ogni anziano guidava una «chiesa in casa»; Rm 16); ▪ 2. Primo
tra pari (Giacomo aveva una posizione di presidente fra gli anziani di
Gerusalemme); ▪ 3. La conduzione unica (Gesù scrisse a sette conduttori a capo
di altrettante chiese; Ap 2s). Non vado oltre, poiché tratterò tutto ciò in un
articolo extra.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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1. {Salvatore
Paone}
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Solo poche parole,
anzi solo un verso, che ritengo che si conosce molto bene: «Gli anziani, che
tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente
quelli che faticano nella predicazione e nell’insegnamento» (1 Tm 5,17). Il
plurale «anziani» determina che c’era un «collegio». Una chiesa deve essere
biblicamente «governata» da un gruppo di fratelli, che sanno tenere bene la
«presidenza»; questa parola racchiude in sé un quadro completo: saper «pascere
il gregge», discernimento, saper insegnare, essere irreprensibili, eccetera.
Tuttavia non vogliamo soffermarci sui requisiti, perché non è questo il tema. In
molte occasioni Paolo parla di «anziani» in un numero collettivo (Atti 11,30;
Ebrei 13,17). Anche altri brani fanno intendere che la chiesa è governata da
«anziani». {26-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Se c’erano «anziani, che tengono bene la presidenza»,
ce n’erano altri che non erano capaci di ciò; quindi gli anziani non erano tutti
uguali. L’ecclesiologia d’allora, con la presenza delle «chiese in casa» con
ognuna a capo un responsabile (Rm 16), faceva intendere «anziani» al plurale in
altra ottica rispetto ad oggi, visto che oggigiorno sono tutti nelle stessa sala
di culto.
2. {Pietro
Calenzo}
▲
Sono per una guida
collegiale, per il fatto scritturalmente accertato che nel Nuovo Testamento si
parla sempre di una pluralità di anziani (Atti 20,17-28; Tito 1,5.7). Infatti, a
conferma della collegialità della conduzione dell’assemblea,
ad esempio, la chiesa di Gerusalemme era condotta
da una pluralità di anziani (Atti 11,30). Nel corso dei suoi viaggi
apostolici Paolo ordinava degli anziani per ogni nuova assemblea (Atti 11,30),
così come erano presiedute da una pluralità di anziani anche altre assemblee non
fondate da Paolo (Gcm 5,14; 1 Pietro 5,1). È da sottolineare, ancora, che
presbyteros (anziano) indica la dignità della funzione, mentre
episkopos denota l’espletamento delle loro funzioni (pascere, sorvegliare),
da cui deriva pasturare. È pertanto a mio avviso non scritturale la
conduzione monocratica di una assemblea. Per molti esegeti e storici
cristiani, l’uso invalso nel secondo secolo d. Cristo di differenziare due
categorie di ministeri, pastori e anziani, non ha alcuna base scritturale, e
personalmente condivido pienamente tale asserzione. Benedizioni in Cristo Gesù.
{27-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Per onestà intellettuale faccio notare che la
chiesa di Gerusalemme possedeva un chiaro schema di conduzione «primus inter
pares», visto che Giacomo aveva una specie di funzione di presidente fra
gli anziani. Tale influenza l’aveva già come primo delle tre colonne della
chiesa; dopo la partenza anche di Pietro e Giovanni, la sua posizione risaltò
ulteriormente fra gli altri anziani.
Quanto alla
pluralità di anziani, rimando su alla
menzione della ecclesiologia differente con la presenza allora delle «chiese in
casa». Il termine episkopos non ha direttamente a che fare con
«pascere, pasturare», ma con «sorvegliare».
Sebbene io sia per una
conduzione plurale, faccio notare che la conduzione monocratica si è
potuta sviluppare soltanto perché era già presente prima in qualche modo.
3. {Silvano
Creaco}
▲
Sono d’accordo in
pieno con Pietro. E aggiungo che ho fatto esperienza diretta di una
chiesa, guidata da un solo pastore, e sono venuto a conoscenza di altre realtà
simili. In maniera particolare e mi sento di dire, che lì dove la chiesa è condotta
da un solo pastore o anziano, i pericoli sono tanti. Ne cito alcuni:
i credenti vivono la loro fede all’ombra della
vera o presunta spiritualità del pastore, rimangono bambini spirituali e non si
muovono lungo il cammino di fede senza l’approvazione della loro guida, per
qualunque problema si rivolgono a lui, venendosi a creare una sorta di
dipendenza con gravi conseguenze nel filo diretto con il Signore.
In tema di dottrina non mettono in dubbio ciò, che
il loro leader gli ha insegnato anzi si rifiutano di ascoltare opinioni
differenti; ritenendo il pastore una persona spirituale e infallibile, si
auto-convincono che tutto ciò che afferma è la sola verità.
Ricordiamoci, infine, dell’episodio intercorso in
quella confusionaria chiesa di Corinto, che cito brevemente: «Che
cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi
avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro»
(1 Corinzi 3,4-5).
Una chiesa deve avere al
suo interno più guide e anziani che, perché tali, non devono essere
irreprensibili su tutto, certo devono sicuramente rispecchiare le qualità
essenziali di un vescovo.
In quanto all’espressione di Nicola meglio un solo
anziano che tre o quattro di paglia, vorrei capire cosa s’intende «anziano di
paglia»? Certo fare più anziani tanto per avere numero, è errato. Tuttavia
nel passo di Timoteo Paolo esordisce nell’elencare le qualità di un anziano,
dicendo: «Se uno aspira»; quindi se uno aspira a fare l’anziano,
si presume (almeno si spera) che sia consapevole delle enormi responsabilità che
questo comporta, dovrebbe, ripeto dovrebbe essere consapevole che, se aspira a
governare una chiesa, di paglia da bruciare ne deve avere ben poca o niente.
{27-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): La teologia delle esperienze è una
sottile lastra di ghiaccio, che non resiste a un’analisi oggettiva. A un vissuto
di un certo genere altri potranno opporvi le loro esperienze di segno opposto. I
pericoli sono tanti laddove non ci sono uomini con i prerequisiti biblici,
che siano uno o tanti. Infatti, ad esempio, ci sono chiese liberali e altre
legaliste, indipendentemente dal numero dei conduttori. Al despota può
sostituirsi una diarchia o un triunvirato con gli stessi effetti elencati da
Silvano.
Gli sviluppi nella chiesa in Corinto erano possibili proprio perché le
varie «chiese in casa» con i loro leader si ispirarono a predicatori differenti,
mentre i «sommi apostoli» giudei con ideologia esoterica cristianizzata la
facevano da padroni (2 Cor 11). Ciò non aveva nulla a che fare con la conduzione
monocratica, anzi palesa una conduzione collegiale deficitaria.
Non posso condividere tale uso troppo flessibile del concetto della
irreprensibilità
(essere al di sopra di ogni reprensione); proprio ciò fa creato molti «anziani
di paglia». Questi ultimi sono eletti appunto perché la convenzione
dottrinale del «collegio» a tutti i costi, fa credere che sia anomalo avere un
solo anziano, se solo questi rispecchia al momento i prerequisiti biblici;
allora si allentano le qualità richieste, rendendole non una base obbligatoria,
ma un ideale. C’è un «bisogna» riguardo all’irreprensibilità
dell’episcopo, dove non si possono fare sconti! (1 Tm 3,2; Tt 1,7).
Ne ho viste di persone «aspirare» a diventare conduttori, senza avere
sufficienti qualità; dove non si sono bruciati loro, hanno danneggiato la
chiesa. Si noti in 1 Timoteo 3 «episcopo» al singolare (vv. 1s) e «diaconi» al
plurale (vv. 8.12); è solo un caso?
4. {Antonio
Capasso}
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Caro Nicola, credo che tra conduzione monocratica e la
conduzione collegiale vi sia una terza possibilità di conduzione. Si tratta di
un anziano che presiede, coordina, e rappresenta un gruppo di anziani; e insieme
governano la chiesa. Nella Scrittura viene detto che Paolo andò a Gerusalemme e
incontrò «Giacomo e gli anziani» (Atti 21,18). Sembra che
Giacomo rivestisse funzione di conduttore e di rappresentante degli anziani di
Gerusalemme; infatti lo troviamo anche presiedere la conferenza di Gerusalemme
(Atti 15). L’Apocalisse conferma questa ipotesi di un conduttore che
rappresenti tutti, anziani e chiesa (Ap 2,1). {27-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Condivido questo pensiero, come già indicato
sopra; rappresenta una delle diverse possibilità. Maggiori dettagli ci saranno
in un articolo a parte.
5. {Gianni
Siena}
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Provengo da una
assemblea della chiesa dei Fratelli, ma da 35 anni mi «godo» una conduzione
«presbiteriana - congregazionalista» (Assemblee di Dio in Italia). Se dovessi
assegnare la palma del sistema migliore per condurre un’assemblea, beh
non saprei quale scegliere!
Ricordo i vecchi fratelli dell’Assemblea del mio paese (San Giovanni
Rotondo) e questo mi commuove: furono loro a testimoniarmi del Cristo. Ricordo i
cari
fratelli pentecostali in mezzo ai quali mi convertii, a Nova Milanese, e ho
un carissimo ricordo del fratello Francesco Grasso, morto l’anno scorso, pastore
della chiesa.
Non ho preferenze, purché chi guida una chiesa, sappia conservare in essa la
struttura di una grande «famiglia» spirituale, dove amore e relazione
cristiana siano preponderanti. Per contro, se la chiesa diventa luogo di
dominio sulle coscienze (per ambizione di primato o per soldi), essa è
destinata a diventare luogo di avvilimento delle coscienze e offesa all’onore
del Signore.
In una
struttura monocratica, pastore e anziani si rispettano sapendo di servire,
ognuno nel suo ruolo, lo stesso Signore. In una chiesa congregazionalista,
gli anziani, ognuno nel suo ministero, si rispettano ugualmente sapendo di
servire lo stesso Signore. Un pastore che, avendo un «primato d’onore»,
prevarica il gregge affidatogli, non è meno negativo di un anziano
congregazionalista, che si innalza sui conservi del collegio presbiterale e,
conseguentemente, sul resto dell’assemblea. I credenti veri soffrono,
nello stesso modo, in qualsiasi chiesa, a prescindere dal particolare tipo di
conduzione. Certamente è un vantaggio avere una struttura conduttiva
congregazionalista pura, ma la differenza la fa sempre la qualità delle
persone chiamate nel servizio. {26-11-2010}
6. {Ciro Peluso}
▲
Anche nelle chiese
ai tempi degli apostoli, c’era un solo pastore (l’angelo della chiesa).
Poi c’erano gli altri ministeri, i diaconi... Non è detto che dove c’è il
pastore, sia lui a «comandare». Gesù deve essere il Capo della chiesa. Noi siamo
solo amministratori dei suoi beni. Abbiamo doni differenti. Quella di pastore,
come di qualsiasi altro ministero, non deve essere un’etichetta da
attaccare alla giacca o alla porta di casa, come alcuni sono soliti fare. Il
pastore è colui che ha cura del gregge. Se uno ha questo spirito, sarà il
Signore stesso a guidarlo. È normale che dove la chiesa è numerosa, è
bene che ci siano più pastori, che si prendono cura della chiesa.
{27-11-2010}
▬
Osservazioni
(Salvatore Paone): Ciro non voglio
contraddirti, ma il termine «anziani» è più appropriato alla Scrittura. In
nessun passo si parla di «pastori» o del «pastore» come la guida di una
comunità. In greco esiste il termine «presbiteri» (anziani), cioè
più di uno. {27-11-2010}
▬
Risposta
(Nicola Martella): A Ciro Peluso faccio notare quanto segue. Al tempo del NT i
conduttori erano chiamati perlopiù «anziani» e «presbiteri», oltre a guide,
inviato o rappresentante della chiesa. L’unico titolo che non si trova, è
proprio quello di «pastore», che è invece una funzione ministeriale della cura
d’anime.
A Salvatore Paone ho già risposto sopra.
7. {Franco
Gioioso}
▲
Bisogna capire se
la sorella, che frequenta questi quattro fratelli, ha già frequentato
precedentemente una comunità e ha avuto una disputa con il pastore. Questo lo
dobbiamo sapere, perché in molti casi ho visto sorelle e fratelli ritirarsi dalle
comunità e fare delle cellule di preghiera, o perché il pastore era
troppo arrogante o perché dà molti insegnamenti, che non si trovavano
biblicamente! Quindi bisogna vedere la situazione, in cui la sorella si è
trovata. Poi, la Parola c’insegna che «dovunque due o tre sono
radunati nel nome mio, qui sono io in mezzo a loro» [Mt 18,20]. Poi, del
resto come scrivi tu, ci sono molti come in 3 Gv 1,9: «Ho scritto qualcosa
alla chiesa; ma Diotrefe che cerca d’avere il primato fra loro, non ci
riceve». Ci sono anche queste comunità, che non ricevono altri pastori di
altre nazioni o paesi... perché vogliono avere il primato di loro stessi, e
magari stare alle loro regole. E la sorella è scappata da questa comunità?
Chissà? Quindi bisogna vedere un po’ le motivazioni.
Dio vi benedica, shalom {27-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Tali donne credenti e amiche fra loro appartenevano a due
distinte realtà ecclesiali, una guidata da un pastore, l’altra guidata da
quattro conduttori. La loro era una curiosità biblica, per quanto so, senza
grandi conflitti.
8. {Alessandro
Saraino}
▲
La pace sia con
tutti voi; è la prima volta che intervengo a una discussione. Innanzitutto
voglio ringraziare per il tema veramente interessante. Personalmente, ritengo
che la chiesa primitiva era condotta da un gruppo di anziani, con a capo però
un pastore o una guida per supervisionare. Infatti, si nota chiaramente
nella chiesa di Gerusalemme come si svolgevano le assemblee in quel tempo.
Infatti in Atti 15 si svolge nella chiesa una discussione riguardante i riti
mosaici, e, dopo aver parlato il collegio degli anziani accade questo: «Quando
essi tacquero, Giacomo prese la parola e disse: Fratelli, ascoltatemi.
Simone ha raccontato come per la prima volta Dio ha visitato i gentili per
scegliersi da quelli un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le
parole dei profeti, come è scritto: “Dopo queste cose, io ritornerò e
riedificherò il tabernacolo di Davide che è caduto, restaurerò le sue rovine e
lo rimetterò in piedi, affinché il resto degli uomini e tutte le genti su cui è
invocato il mio nome cerchino il Signore, dice il Signore che fa tutte queste
cose”. A Dio sono note da sempre tutte le opere sue. Perciò io ritengo che non
si dia molestia a quelli che tra i gentili si convertono a Dio, ma che si scriva
loro di astenersi dalle contaminazioni degli idoli, dalla fornicazione, dalle
cose soffocate e dal sangue» (vv. 13-20).
Giacomo era il capo, e dopo aver ascoltato attentamente il parere e la
testimonianza di ognuno, ha espresso il verdetto. A mio avviso questo deve
essere il giusto collegio all’interno di una chiesa.
Piuttosto il problema che è sorto in questi ultimi tempi nelle chiese
monocratiche, è quello di pastori-padroni, i quali non si comportano
affatto come Giacomo apostolo, ma con asprezza e coercizione e, senza dare
ascolto a nessuno, prendono decisioni di proprio arbitrio, creando malumori e
scontenti anche tra gli anziani. Un altro problema delle chiese monocratiche, è
il pastore fac-totum, dove egli assume la figura di pastore, evangelista,
dottore, apostolo, profeta, soffocando così la normale crescita spirituale del
corpo. Dio vi benedica. {30-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): La parte finale dei pastori-padroni e dei pastori
fac-totum è apprezzabile e condivisibile. Tali conduttori monocratici si sono
trasformati da coloro, che pasturano il gregge (cibo, cura, ecc.), in coloro,
che l’addomesticano, ossia lo dominano e manipolano a proprio arbitrio.
Sulla prima parte devo rilevare alcune lacune del pensiero. Per prima
cosa, se ci fosse stato un collegio di anziani con a capo un pastore
nell’ecclesiologia del NT, Paolo mancò di rispetto proprio al pastore, visto che
salutò di Filippi «tutti i santi… con gli episcopi [= sorveglianti] e con i
diaconi» (Fil 1,1). In nessun brano in cui compaiono gli episcopi e i
presbiteri, che erano la stessa cosa, gli scrittori del NT menzionò un pastore
come ufficio particolare, a cui erano subordinati gli altri. Ad esempio, Paolo
fece chiamare a Mileto «gli anziani
della chiesa» di Efeso (At 20,17), a cui poi disse: «Badate a voi stessi
e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti
sorveglianti, per pascere la chiesa
di Dio…» (v. 28). Sarebbe stato strano che a tale importante e memorabile
incontro avesse trascurato proprio il «pastore», se fosse allora esistito. Nel
NT non esiste un ufficio di pastore (solo anziano e sorvegliante), ma la
funzione pastorale di curare il gregge è di tutti gli episcopi o presbiteri.
Quanto a
Giacomo, faccio notare quanto segue. Egli non era il «pastore» né il capo
della chiesa di Gerusalemme. Non si legge che egli avesse inaugurata tale
particolare conferenza né che la presenziasse, tanto più che c’erano ancora
degli apostoli presenti e la questione era inter-ecclesiale. È scritto: «Allora
gli apostoli e gli anziani si radunarono per esaminar la questione» (At
15,6). Non è scritto che Giacomo dirigesse la «gran discussione» sorta, ma il
primo a intervenire con una parola autorevole fu l’apostolo Pietro (vv. 7ss).
Giacomo, quando poi intervenne dopo un’ulteriore discussione, fece riferimento
proprio alle parole di Pietro (vv. 13ss). La sua non fu una parola autorevole,
perché era l’ultima parola del capo, ma perché fu sensata. Tale proposta di
Giacomo e ulteriori suggerimenti operativi di altri piacque «agli apostoli e
agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22). Tale lettera non fu scritta a
nome di Giacomo, degli apostoli e dei fratelli anziani, ma solo a nome di queste
due ultime categorie (v. 23); si noti che gli apostoli furono menzionati prima e
che Giacomo era uno degli anziani. Quindi la tesi di un Giacomo «pastore» della
chiesa e capo del collegio degli anziani non risulta da Atti 15. Giacomo
aveva certamente una posizione d’onore fra gli anziani della chiesa di
Gerusalemme, ma anche come «primus inter pares» rimaneva sempre uno degli
anziani.
9.
{Pietro Calenzo}
▲
Caro Nicola,
shalom. Che Giacomo avesse una posizione di primus inter pares, è fuor di
dubbio. Egli aveva, diciamo così una posizione di privilegio nel presiedere o di
alto onore nel collegio degli anziani gerosolimitani, anche per il fatto di
essere il fratello del Signore Gesù. Ancora era reputato una delle
colonne della chiesa nascente insieme a Pietro e Giovanni. Non mi pare che
tali prassi possa essere stata seguita o sancita nelle successive elezioni di
anziani in ogni chiesa locale, successivamente sorta, per le caratteristiche
peculiari di Giacomo, e delle altre due colonne della primitiva chiesa
(peculiarità irripetibili oggidì). È pur vero, che nel collegio degli anziani
delle assemblee paoline, ad esempio, vi erano degli anziani che assumevano la
funzione della presidenza del culto nell’ambito di una diligente e
scritturale conduzione congregazionale dell’adorazione del Messia Gesù. Ma chi
può affermare con certezza che fosse sempre la stessa persona, o piuttosto di
anziani che avessero tutti la vocazione celeste alla presidenza, alternandosi
fra di loro? Né mi pare probante il caso di specie di Diotrefe, che molto
probabilmente, con la sua arroganza spirituale, aveva ridotto al silenzio
probabili altri anziani. Ciò non si può escludere. Per quanto concerne, infine,
le tante cellule o Ekklesiae di credenti che Paolo cita nella sua closa della
lettera ai Romani, esse erano in una fase embrionale del loro sviluppo e della
loro organizzazione. Non penso che non si possa pensare legittimamente, che
successivamente si siano potute organizzare o sviluppare in congregazioni
presiedute, sorvegliate da un collegio di anziani, così come tutto il contesto
Scritturale detta o lascia supporre. Un carissimo abbraccio in Gesù il Messia
Vivente.
{30-11-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Rispondo a tutto ciò già in un articolo di prossima
pubblicazione. Faccio qui solo notare telegraficamente alcune cose.
■ Nel libro degli Atti di Giacomo non viene mai messa in evidenza la sua
parentela con Gesù quale premessa alla sua particolare
posizione nella chiesa e fra gli anziani di Gerusalemme.
■ Ho già fatto notare sopra che la menzione di «anziani, che ben
presiedono» (1 Tm 5,17), suggerisce l’esistenza di anziani, che non
avevano tale capacità; altrimenti non si capisce perché reputare i primi «degni
di doppio onore». Inoltre, tra tali specifici anziani vennero evidenziati «specialmente
quelli che faticano nella parola e nell’insegnamento». Il legittimo
desiderio di lottare contro ogni tipo di clericalismo non deve indurci, per
contrappasso, a cadere in un egualitarismo biblicamente infondato. La salvezza è
per grazia, il servizio è secondo la chiamata particolare e i carismi ricevuti.
Alle chiese fa male sia la conduzione monocratica, sia un egualitarismo che
cancella ogni differenza, onore e merito, non solo fra gli anziani, ma anche fra
conduttori e membri delle chiesa. Non bisogna guardarsi solo dai dittatori, ma
anche dai tanti galli, che ogni mattina devono prima mettersi democraticamente
d’accordo, per poi annunciare il nuovo giorno.
■
Le «chiese in casa» non era un stadio
preliminare alle «chiese normali» (come le conosciamo, ad esempio, ora), ma era
una concezione del tutto differente da oggi. Esse non erano presenti solo a Roma
(Rm 16), ma costituivano l’ossatura dell’ecclesiologia d’allora.
▬
Replica
(Pietro Calenzo): Carissimo Nicola, shalom. A detta di molti storici ed esegeti,
la mia ipotesi su Giacomo, sulla rilevanza di anziano, anche perché (ma non
solo) fratello germano del Signore Gesù, non è poi tanto inedita o inusuale. Un
carissimo abbraccio nel Signore. Benedizioni. {30-11-2010}
10.
{Salvo Perrella}
▲
Faccio parte di una
chiesa locale cristiana libera. La nostra chiesa ha un governo monocratico. Devo
dire che molte Scritture lasciano intendere che molte chiese del nuovo patto
siano state guidate da anziani o vescovi. Ad esempio, una Scrittura,
che mi piace osservare, è la seguente: «Paolo e Timoteo, servi di Gesù
Cristo, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i
diaconi» (Filippesi 1,1). Sembra che l’apostolato di Paolo aveva come
peculiarità il mettere al governo più anziani...
Molti ritengono Tito e Timoteo dei pastori
e, quindi, affermano che essi governassero rispettivamente sulla chiesa di Creta
e Efeso. Non trovo però alcuna Scrittura, che affermino che essi siano stati
pastori. Trovo invece che essi siano stati apostoli in quanto viaggiavano
continuamente con Paolo e sembra che la loro permanenza a Creta e a Efeso fosse
temporanea... Su questo niente da dire.
Se leggo però le lettere di Giovanni,
sembra che il suo apostolato prevedeva la designazione di un anziano sugli
altri. Nella terza lettera esordisce così: «L’anziano al carissimo Gaio, che
io amo in verità». Come possiamo notare, egli dice di se stesso di essere
l’anziano, mentre Pietro dice di essere un anziano (1 Pietro 5,1). Nella
terza lettera di Giovanni vediamo sempre che egli si riferisce a un certo Gaio
soltanto, come un vescovo sovraintendente sul resto degli anziani. Poi parla di
Diotrefe (vedi i versi 9-10), il quale aveva impedito al resto della
chiesa di ricevere gli apostoli e che addirittura cacciava fuori dalla chiesa
chi tentava di riceverli (gli apostoli). Questo vuol dire che Diotrefe aveva
l’autorità per farlo. Il fatto che cacciava fuori i credenti, che volevano
ricevere gli apostoli, fa evincere che Diotrefe avesse autorità su tutti;
inoltre il fatto che li cacciasse fuori dalla chiesa fa evincere che usasse male
la sua autorità, amando il primato. Non di meno gli era stata assegnata
l’autorità.
Nelle sette chiese dell’apocalisse si evince
chiaramente che non erano più gli anziani a governare la chiesa, ma che era un
solo angelo, che rappresentava il vescovo. Qui non è più una nostra
supposizione su qualcosa, che Paolo lasciava «intendere», ma erano le parole
di Gesù Cristo stesso.
Ho letto le varie risposte del fratello Nicola
Martella e devo dire di essere d’accordo con lui. C’è una certa flessibilità
nello stabilire il governo di chiesa. Ad ogni modo io sono per questo: un
vescovo che designa gli anziani, per il lavoro spirituale; e designa i
diaconi per il lavoro pratico.
La chiesa è la sostanza dell’ombra, intendo dire
che la struttura della chiesa è la sostanza della struttura del popolo
d’Israele durante l’antico patto. Leggiamo come fu strutturato: Esodo
18,19-26.
Ora, possiamo essere pronti nello scegliere più
anziani al governo, se lo Spirito Santo lo richiede. Possiamo anche essere
titubanti, credendo che un solo uomo al governo, possa essere maggiormente
esposto alle pressioni, ma non possiamo dire che la Bibbia non parli chiaramente
di governi a scala gerarchica con un vescovo al di sopra del resto degli
anziani. Con questo non voglio dire che egli debba diventare un dittatore, ma
che debba servire meglio, perché su di lui grava una più grande responsabilità.
Infatti, come abbiamo letto con l’episodio di Mosè, è necessario che elegga
degli anziani (capi) che lo aiutino nell’amministrazione. Credo, quindi, che
comunque la miglior forma di governo sia questa e non quella collegiale.
Dio può permettere in certi casi il governo collegiale? Si, ma non credo che sia
il governo migliore, secondo volontà di Dio. D’altra parte, studiando
ancora il governo d’Israele, egli aveva sempre un giudice che governava e
non più giudici; e poi un re che governava e non più re.
Non dimentichiamo, che lo stesso Regno celeste,
vede il Padre al governo e al di sopra di tutti.
Essere al governo non vuol dire essere migliori,
ma avere una funzione e una responsabilità differente. Gesù era come il Padre,
ma gli era sottomesso. Shalom a tutti. {30-11-2010}
11.
{Nicola Martella}
▲
Qui di seguito
rispondo al contributo precedente. Come ho fatto già notare sopra, Paolo
menzionava episcopi
(sorveglianti) e presbiteri (anziani), ma non alcuni al di sopra di loro,
ad esempio un moderno «pastore».
Tito e Timoteo erano collaboratori
dell’apostolo Paolo, non conduttori di chiese; e questo tanto più che essi
dovevano insediare nuovi conduttori (Tt 1,5), corrispondenti alle direttive date
(1 Tm 3; Tt1).
Sinceramente non riesco a
seguire le riflessioni riguardo a Pietro come solo «un anziano» e a
Giovanni
«come un vescovo sovraintendente sul resto degli anziani». Neppure riesco a
realizzare come nel «Diotrefe… non ci riceve» un’indicazione che ciò fosse
riferita agli apostoli. Faccio notare che il titolo di «anziano», che
usarono Giovanni e Pietro per sé non aveva oramai nessuna connotazione riguardo
a un ufficio ecclesiale ma, vista la loro tarda età, intendeva la dignità legata
al lungo ministero. Gli «anziani» erano in genere coloro, che avevano anche una
certa età rispetto ai più giovani (1 Pt 5,5); in ambito giudaico l’età e la
dignità d’essere «anziano» spesso fluivano insieme. Pietro esortava gli
anziani come un co-anziano (gr. synpresbyteros), sia per evidenziare la
consapevolezza riguardo a tale ufficio, sia anche per non elevansi sopra di loro
(1 Pt 5,1).
«L’anziano al diletto
Gaio» (3 Gv 1,1) era una forma affettuosa di Giovanni e basta (cfr. 2
Gv 2,1), tanto più che nelle altre epistole chiamava i credenti come «figlioli»
(in 9 versi in 1 Gv). Lo stesso Paolo usò una tale simile espressione
verso Timoteo, quando affermò: «Non trascurare la il carisma che è in te, il
quale ti fu data mediante proclamazione con imposizione delle mani
dell’anzianità» (1 Tm 4,14), ossia da lui stesso (2 Tm 1,6), che esercitò
qui il diritto legato alla «dignità dell’anziano» (gr. presbytérion).
Giustamente, Diotrefe
aveva un’autorità palese sull’intera chiesa locale, solo che ne abusava per
mantenere il suo primato assoluto su quelli di dentro e verso quelli di fuori.
Mi riesce difficile
capire riguardo ad
Apocalisse 2-3 che cosa significhi l’espressione «non erano più gli anziani
a governare la chiesa, ma che era un solo angelo, che rappresentava il vescovo».
Tale anghelos «inviato, rappresentante» della chiesa era lui stesso
l’episcopo. Come ho già mostrato sopra (cfr. At 20,17.28), i termini episcopo
(sorvegliante) e presbitero (anziano) si corrispondevano; si noti che il massimo
consiglio celeste è formato da 24 anziani (in 12 versi nell’Ap).
Come fa un «vescovo» (gr.
episkopos «sorvegliante») a
designare gli anziani, visto che nel NT rappresentano lo stesso ufficio?
Vorrei proprio vedere un chiaro esempio testuale di sosiddetti «governi a
scala gerarchica con un vescovo al di sopra del resto degli anziani». È
molto rischioso proiettare il governo teocratico dell’AT (aspetti
religiosi, civili e penali di un intero popolo) sul nuovo patto (i conduttori
non sono legislatori, giudici popolari, né sacerdoti del tempio); sono due mondi
e due questioni differenti. Che l’episcopo circondato da presbiteri sia la «miglior
forma di governo» e che abbia addirittura il sigillo divino rispetto a
quella collegiale, di ciò vorrei avere chiare prove esegetiche nel NT, ma sopra
non ne ho trovate.
I paralleli con l’AT
rendono la trattazione falsata e a tratti bizzarra. La citazione di Esodo
18,19-26, che dovrebbe illustrare la presunta relazione fra pastore e
anziani col parallelo fra Mosè e gli anziani d’Israele, crea qui molti problemi,
di cui questo lettore neppure s’immagina; essendo fuori tema, ci vorrebbe una
lunga risposta, che qui non è possibile dare. Dire che Israele «aveva sempre un
giudice, che governava e non più giudici» è semplicemente falso: alcuni
giudici erano contemporanei. [Nicola Martella, «Giudici»,
Radici 3-4 (Punto°A°Croce, Roma 1994), pp.
40-54.]
Inoltre, bisogna distinguere fra lo šofeṭ
(giudice di guerra) e il dajān
(giudice di pace, quelli normali e senza funzioni militari), visto che gli
anziani di ogni villaggio avevano funzioni di giudici (Lv 5,1; Dt 17,5ss;
19,17ss; Gs 8,33). I conduttori non sono mai paragonati a re. E chi
sarebbero allora i Leviti, i sacerdoti e il sommo sacerdote, per non
parlare delle altre categorie? Tali paralleli rendono tutto assurdo e poco
credibile. Una nazione politica non si può paragonare a una chiesa, né gli
organi dell’uno a quelli dell’altro.
Anche il confronto fra il
governo di Dio
e quello degli uomini risulta alquanto bizzarro, se si cominciano a fare
paralleli. Per appurare la verità bisogna fare un’esegesi contestuale
rigorosa e chiara.
12. {Autori
vari}
▲
■
Salvatore Furetto:
Non posso che dare ragione a Nicola. In quasi un trentennio di frequentazione
evangelica, ho avuto modo di conoscere molte chiese. Alcune condotte da un solo
pastore, altre con conduzione collegiale. Però in ognuna di queste realtà la
vera differenza non la faceva il modo di conduzione, ma chi era alla
conduzione. Prendere per buono un tipo piuttosto che un altro, solo per
abitudine ecclesiastica, è quanto di più erroneo possa esserci. {27-11-2010}
■
Tonino Mele:
Sia per questa che per altre tematiche, condivido appieno questa tua frase:
«Sebbene io preferisca personalmente una conduzione plurale in ogni comunità,
tuttavia ciò non deve condizionare la mia analisi di ricercatore». Mi ci son
ritrovato quasi istintivamente... e credo che questo sia l’approccio migliore.
{30-11-2010}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Conduz_monocrat_collegio_EdF.htm
29-11-2010; Aggiornamento: 01-12-2010
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