Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Conduttori
e figli dissoluti o insubordinati». Aggiungiamo anche la seguente
richiesta di chiarimento: «Pace, Nicola, volevo chiederti quanto segue: Se un pastore ha figli, che si allontanano dalla verità oppure che non hanno accettato Gesù,
lui che colpa ne ha?» {Carmela Spina; 17-03-2016}
Preoccuparsi della qualità dei
conduttori delle chiese è importante; specialmente da loro dipende la
qualità delle chiese. Se un credente non sa dirigere casa sua
in senso spirituale e morale, difficilmente saprà farlo nella chiesa locale. Se
qualcuno, per fare il conduttore di chiesa, trascura casa propria, si crea una
specie di schizofrenia spirituale e morale fra casa e chiesa.
La domanda, che un lettore ci ha posto, è stata la seguente: «Se i figli sono
dissoluti o insubordinati, fino a che età un credente è responsabile per
ciò, che fanno?». È stato salutare constatate che 1 Timoteo 3 e Tito 1 non si
tratta di «figli emancipati» (gr. huiói), ma di «figli generati»
(gr. tékna). Abbiamo mostrato tale differenza col diritto romano. Abbiamo
anche detto riguardo alla conduzione che la menzione della «casa»
suggerisce che un padre sia responsabile dei figli, fintantoché essi sono
minorenni o vivono sotto il tetto paterno.
Abbiamo anche considerato che, se un uomo ha la maggior parte dei figli
increduli, se non addirittura tutti dissoluti o insubordinati, sebbene siano
maggiorenni, egli dovrebbe riflettere, per motivi di opportunità, se il suo
compito sia proprio quello di conduttore di chiesa; infatti, predicare o
consigliare agli altri ciò, in cui si è stati personalmente un fallimento, fa
mancare della
necessaria credibilità.
Per essere conduttore non bastano la brama di esserlo né le buone intenzioni, ma
bisogna
corrispondere ai prerequisiti di 1 Timoteo 3 e di Tito 1 ed essere
irreprensibili, ossia ad di sopra d’ogni sospetto e riprensione. Sebbene nessuno
abbia la garanzia che i suoi figli seguiranno la via della fede, un ampio
fallimento come padre è sempre un cattivo indizio e una base lacunosa per
esercitare la funzione di conduttore di chiesa.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Sonia
Ronzani}
▲
■ Contributo:
Essere genitori non è facile, specie al giorno d’oggi. Sicuramente chi
guida una chiesa, è sotto una lente d’ingrandimento per il suo
comportamento non solo in famiglia. Conosco bravissimi fratelli, che non
hanno figli credenti: è una loro mancanza? Io ringrazio Dio che ho due bravi
figli, ma ho una sorella in fede, che ha un figlio, che le fa passare le
«pene dell’inferno», passatemi questo termine, come aiutarla? {24-01-2011}
Il
[monco in origine]
▬
Nicola Martella: Trattare casi specifici,
ci farebbe deviare dal tema. Qui non si tratta di parlare di casi di fratelli
con figli increduli o di sorelle con figli dissoluti o
insubordinati, ma solo quelli che attengono a chi vuole esercitare il ministero
di conduttore.
2. {Samuele
Maodda}
▲
■
Contributo: Che bella spiegazione del tema.
Grazie, fratello Nicola, Dio ti benedica.
Porrei una domanda ai lettori: Anziché accusare un responsabile, un
ministro della chiesa locale, a cui apparteniamo di non saper condurre nemmeno
casa propria, abbiamo pregato Dio appunto per la casa loro, prima di
tutto, fratelli? Oppure siamo solo pronti a puntare il dito e accusare?
Credo proprio che le esortazioni, da cui il tema, siano rivolte a ogni fratello,
che riveste un ruolo affinché esamini se stesso, e non come base per accusare.
Se qualcuno ritiene che il proprio conduttore o qualche ministro non sia in
grado di condurre o ministrare per motivi anche giusti, preghi Dio per
lui e lo aiuti, intercedendo! Pensiamo che magari proprio per il fratello quella
è una
situazione di prova e difficile, quindi sosteniamolo!
E in ogni caso, se è lì, Dio ha voluto che lo fosse? O no? Sarà Dio a
toglierlo nel tempo che Lui ha stabilito, come tolse Saul e fece ungere
Davide. Il comportamento di Davide ci dovrebbe insegnare molte cose al
riguardo.
Con questo, non voglio andare fuori tema, fratello Nicola, ma credo che sia un
aspetto della verità complementare.
Padre santo e benedetto in eterno, insegnaci a amare sempre più come tu
vuoi, dacci sapienza, discernimento e guidaci. {24-01-2011}
▬
Nicola Martella: Trattate un tema, non
significa accusare alcuno; mi meraviglio che venga posta tale questione,
visto che nella mia trattazione non c’è ombra di ciò. Qui parliamo dei
prerequisiti per accedere alla carica di conduttore; essi devono essere
affrontati con molto rigore e senza sconti per nessuno, se vogliamo chiese sane
e conduttori autorevoli. Quando, poi, qualcuno accede a tale ministero, per aver
adottato una soglia spirituale e morale troppo bassa, sebbene pregare e
intercedere sia buono, ciò non risolverà da solo il vero problema di tale
chiesa. È quindi meglio che si sia perentori al momento della scelta. Se
il fondamento è storto, lo sarà anche il muro costruito sopra; e un vestito con
toppe su toppe alla fine si logora del tutto, e il danno è enorme.
Il Dio, che ha dato prerequisiti morali e spirituali ai fini del riconoscimento
di un conduttore (1 Tm 3; Tt 1), non può certo contraddirsi, volendo in
carica un credente, che non corrisponde a tali qualità. Non possiamo fare
paralleli con
Saul e Davide, visto che erano re unici di una nazione e non conduttori
di una chiesa locale, che può avere più di un conduttore. Neppure possiamo
rifugiarci dietro al luogo comune «Sarà Dio a toglierlo, quando vorrà»,
poiché tale responsabilità nella chiesa spetta ai credenti; essere indulgenti
in caso di peccato o di mancanza di capacità, significa condannare una chiesa
locale alla distruzione. Se un principio vale per ogni persona, quanto più per
un conduttore: «Infatti, che ho io da giudicare quelli di fuori? Non
giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudica Dio. Mettete fuori il
malvagio da voi stessi!» (1 Cor 5,12).
In ogni modo,
prevenire è meglio che curare.
3. {Stefano
Frascaro}
▲
È stata fonte di
benedizione aver letto questo tuo appunto, caro fratello Nicola. Il Signore sa
esattamente di cosa ognuno di noi ha bisogno e in che momento!
Vivo la situazione di genitore, il cui figlio si è allontanato sia da
casa che dalla fede, e sono molte le colpe che sento «mie» per questi
fatti.
La cattiva testimonianza nella fede in casa? Il non saper capire che i
nostri figli vivono in un mondo diverso sia da quello, in cui abbiamo vissuto
alla loro età, ma specialmente vedere il mondo di oggi con i nostri di occhi e
non i loro?
Non so; so soltanto che, se è pur vero che questo brano è specifico per coloro
che aspirano al ruolo di conduttori, penso che ogni credente deve
confrontarsi con queste parole. Dio ti benedica. {24-01-2011}
4. {Tamara
Battiferro}
▲
■
Contributo 1:
Nicola, ho letto il tuo articolo e sono pienamente d’accordo con te. Che il
Signore, nostro Dio meraviglioso, ci dia grazia di sviluppare e riuscire
prima nella nostra casa, e poi fuori!
Mi ha fatto riflettere quanto hai detto verso la fine dell’articolo a
proposito del fatto «se tutti i figli si allontanano da Dio» e al fatto che tali
fratelli «mancano probabilmente delle qualità, che possano dichiararli
irreprensibili e coerenti».
Che il Signore ci dia grazia nel riuscire nei compiti importantissimi,
che Lui ci dona e ci affida ! Dio ti benedica. {24-01-2011}
■
Contributo 2:
Grazie, fratello Nicola, per la spiegazione molto esauriente. Risposta a
Samuele Maodda.
Io credo che infatti il tema trattato non riguardi l’accusa da porre ai
conduttori, quanto invece l’analisi che ognuno deve fare di se stesso, a meno
che esso riguardi il «lasciare in carica» un pastore corrotto e iniquo,
su cui è il caso d’intervenire.
Nel caso invece il responsabile ha dei figli indisciplinati, sarà la
grazia di Dio e il tempo a potere riportare il figlio nell’ubbidienza a Dio e ai
genitori, perché per queste cose bisogna permettere al tempo di fare la
sua opera di maturità e disciplina e ancor più alla grazia di Dio nella
vita di un’anima d’intervenire. E, quindi, non è giusto deporre il
responsabile
subitaneamente, se il conduttore presenta solo questa problematica familiare,
mentre è integro e fedele per il resto.
Tuttavia, nel
caso di corruzione è giusto giudicare il male all’interno della chiesa,
anzi l’apostolo Paolo incitava proprio a farlo; e anche la Scrittura dice di
usare sempre discernimento (non il pregiudizio) per valutare situazioni
gravi e accertate di male. Noi siamo tenuti sì a giudicare (non il
fratello, ma l’azione commessa), e sempre e comunque prima di tutto noi stessi
(non solo nelle azioni ma anche nelle intenzioni e motivazioni interiori), e il
resto comunque sempre nell’amore e nella verità. Se, infatti, in
noi non c’è purezza e intento di amore e verità nell’ammonire, allora è meglio
non intervenire, per non fare danni a nessuno. Infatti, siamo chiamati a non
scandalizzare e a non scoraggiare nessuno, ma anche a fare giustizia e a
non promuovere l’ingiustizia, dove possibile; ricordandoci sempre che
ognuno per primo può avere momenti di caduta, e che il fine della disciplina
(nei casi gravi e sondati) è fare di tutto per ristabilire la persona, non
abbatterla.
È un tema
complesso, penso che ci voglia l’intervento di molti fratelli per
contribuire a completare ancor meglio un argomento, che anch’io mi sono permessa
di analizzare. Ringrazio davvero il fratello Nicola per come ha saputo esprimere
e dare spiegazioni appropriate ed esaurienti in merito. Grazie a Dio per la
sapienza, che dona alla sua chiesa e ai suoi servi, per portare avanti l’opera
sua. {24-01-2011}
▬
Samuele Maodda: È vero Tamara, il tema
potrebbe rimanere strettamente aderente all’analisi dei testi proposti, ma credo
che allargarlo, come ho fatto io e successivamente tu, non faccia poi tanto
male. Dio ci benedica e ci guidi in ogni situazione. {25-01-2011}
5. {Massimiliano
Fellini}
▲
■
Contributo: Secondo me, è sacrosanto dare
ai figli la giusta educazione e indirizzarli alla fede, insegnare ciò che
è bene e ciò che è male, farli crescere in un ambiente sano, inculcando loro i
valori indispensabili per il prosieguo della vita. Anche se credo che non
sempre tutto ciò può bastare, perché purtroppo la vita è piena di insidie
e spesso accade che, se non si è abbastanza forti dal punto di vista morale, si
può cadere. E francamente non me la sento d’imputare tutte le colpe ai genitori,
il mondo in cui viviamo ne è la maggior causa. Dio dà a ognuno di noi la
fede e sta a noi, per grazia divina, accrescere questo seme piantato nel
profondo della nostra anima. {24-01-2011}
▬
Nicola Martella: Chiaramente questo è un
discorso generale e, come tale, non aggiunge nulla di particolare al tema
specifico dei conduttori di chiesa. Visto comunque che le cose stanno così,
ossia ci troviamo in un mondo pieno di insidie, facciamo bene ad attenerci
strettamente ai prerequisiti prescritti per accedere alla conduzione!
6. {Luisa
Lauretta}
▲
Leggendo le Sacre Scritture, ho scoperto che molti
servi di Dio avevano figli insubordinati, se non ribelli. Giacobbe, il
sacerdote Eli, il re Davide… uomini, che amavano Dio, ma non avevano saputo
gestire le relazioni familiari; erano troppo impegnati!
Anche oggi le cose vanno
così, conduttori
preparati e irreprensibili, troppi impegnati in riunioni, convegni, non hanno
tempo per ascoltare i loro figli, parlare delle loro insicurezze, dei loro
problemi. Risultato: un fallimento come genitore. Trovare l’equilibrio e
l’armonia fra essere conduttore e padre potrebbe essere la soluzione! La
Parola è comunque lo strumento, che istruisce genitori e i figli.
Sicuramente molti conduttori
e ministri, leggendo il tuo articolo, avranno modo di meditare e di rimediare
a qualche lacuna, almeno questo è quello che spero. «Se uno non provvede ai
suoi,e in primo luogo a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede ed è peggiore
di un incredulo». {26-01-2011}
7. {Fortuna
Fico}
▲
■
Contributo:
«Figli dissoluti o insubordinati». Cosa succede se invece è un figlio
rispettoso, educato e si comporta in modo ineccepibile, ma ha una propria
identità «religiosa», nonostante gli insegnamenti avuti in casa? Lo si deve
obbligare a credere allo stesso modo? Coercizione? Figli senza carattere o
personalità? Perché ci deve pur essere un motivo se nella stessa casa ci sono
figli convertiti e altri no; si è di buon esempio per uno e di cattivo per
un altro? Io penso che ci sia una
distinzione tra «sottomessi» e «credenti»; anche un figlio «ateo» può
essere sottomesso al padre, alle regole della casa e della legge. Quindi, stiamo
parlando di figli «dissoluti» o «non credenti» ? E fino a che punto un padre
è responsabile di un figlio ultramaggiorenne (ma che vive in casa), che non
ha accettato il Signore e ha una visione propria della fede, pur rimanendo
rispettoso? {18-07-2013}
▬
Nicola Martella:
Sono domande pertinenti. Non so se qualcuno darà loro una risposta.
Suggerisco la lettura dell’articolo di riferimento: «Conduttori
e figli dissoluti o insubordinati».
Si noti che non abbiamo parlato di «figli non-credenti», ma di quelli
dissoluti o insubordinati. Inoltre, si noti la differenza fra «figli emancipati»
(gr. huiói) e «figli generati» (gr. tékna). A ciò si aggiunga che
l’anomalia (particolarmente italiana) è quella di permettere ai «figli
emancipati» (maggiorenni) di vivere a casa propria, ma senza sottostare alle
regole di casa e senza alcun dovere, ma spesso come albergo e ristorante,
con annessa lavanderia. È chiaro che ai figli adulti non-credenti conviene tale
dualismo morale: la governante a casa e l’amante fuori! Se a reggere tale
«gioco» sono genitori credenti, ciò palesa una correità.
■
Fortuna Fico:
Tu affermi: «Si noti che non abbiamo parlato di “figli non-credenti”, ma di
quelli dissoluti o insubordinati». Allora sono d’accordo con te al 100%!
{19-07-2013}
8. {Maurizio
Marino}
▲
Penso che sia un
tema importantissimo. Per una chiesa, avere conduttori qualificati, è di
vitale importanza come per una famiglia avere alla guida un uomo saggio e di
buon esempio. La Parola parla di «irreprensibilità» del conduttore, e
questo per me non significa «perfezione», perché nessuno è perfetto. Quindi, non
si dovrebbe pretendere la perfezione dai propri conduttori (si rischia di
rimanere senza guide), ma neanche bisognerebbe concedere il «permissivismo»,
perché questo significherebbe il disfacimento della chiesa.
Anche nel caso di figli dissoluti o insubordinati le cose dovrebbero
essere analizzate con serenità e saggezza. Se un conduttore mostra le qualità
richieste ed è un esempio per la chiesa in molte cose, ma incappa in un problema
familiare simile a quello proposto, si dovrebbe consigliare di cercare di
risolvere il problema senza puntare il dito, accusandolo. Anzi bisognerebbe
sostenerlo e aiutarlo, dove possibile.
Se, invece, ha una famiglia, che dimostra una tendenza alla «incoerenza»
(figli generalmente dissidenti o disubbidienti), allora la cosa sarebbe diversa,
perché significherebbe che molto probabilmente quell’uomo vive (o permette
usualmente) nella sua famiglia una vita incoerente e questo sarebbe
incompatibile con l’ufficio di conduttore, che svolge nella chiesa. E questo
è valido al di là dell’età dei figli e se vivono ancora nell’ambito familiare.
Per questo alcuni conduttori cercano di alzare un muro d’invisibilità
verso la propria famiglia: nessuno sa cosa succede nelle loro case, mai un loro
problema viene alla ribalta, non c’è mai una richiesta di preghiera che li
riguardi...
Questo mi fa vedere un altro problema: benché sia lodevole aspirare
all’incarico di conduttore, però non deve essere l’obiettivo della nostra
vita, lo strumento per diventare persone «importanti». Ciò che è lodevole
è servire il Signore e la sua chiesa nella sincerità e con amore, oltre
che chiaramente con la dovuta preparazione dottrinale. {18-07-2013}
9. {Salvatore
Paone}
▲
È molto complesso il tema in discussione, ma
bisogna che si applichi la Scrittura. Prima di tutto, bisognerebbe vedere se
tale conduttore ha avuto la chiamata da parte di Dio, per essere un
conduttore (ma non voglio parlare di questo per non deviare dal tema centrale).
In ogni caso, i conduttori dovrebbero quantomeno essere irreprensibili,
sia sul loro conto e sia quello della propria famiglia. Non è affatto facile,
perché non dipende tutto dai genitori, se un figlio o una figlia viva da
dissoluto. I figli vivono nel mondo frequentando scuole, attività sociali, e
hanno a che fare con tanti coetanei, che non sanno del timore di Dio. Tengo a
precisare che non è affatto una giustificazione, essendo che la responsabilità
ricade sempre sui genitori, in quanto rispondono delle loro azioni verso la
propria chiesa locale. A ciò si aggiunga che la chiesa ha il sacrosanto dovere
di riconoscere i propri conduttori e che questi siano irreprensibili;
questo al fine che ciò, che essi insegnano dalla Parola di Dio, sia innanzitutto
applicato nella propria vita, e che non siano di nulla mancanti, affinché
non vengano meno per l’incoerenza dei figli. Poiché, se non si è un buon
governante a casa propria, non si potrà esserlo con quelli della propria
chiesa locale. {18-07-2013}
10. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo:
Ciò è scritturalmente ineccepibile, ma talvolta capita che mancando l’acqua, si
propongano fonti miste. Forse, in tal caso, sarebbe utile attendere
[con il riconoscimento dei conduttori, N.d.R.], per essere pienamente conformi
alla Scrittura. Non devono essere sposati con donne non credenti; in tal
caso, la moglie sarà conquistata dalla buona santa condotta del marito, come
nella gran parte dei casi, con gran misericordia da parte di Dio, Egli tocca i
cuori tutta la famiglia... ma è meglio attendere [che si converti prima,
N.d.R.], a mio parere, che sperare sempre in qualcosa di aleatorio e augurarsi e
pregare fattivamente che Dio salvi sua moglie in misericordia. {19-07-2013}
▬
Nicola Martella:
Sebbene io abbia cercato di ricostruire il tuo pensiero, faresti bene che
spiegare meglio le cose. A te saranno chiare, ma non ai lettori. Ad esempio, si
legge: «sarebbe utile attendere»; «in tal caso, la moglie sarà conquistata dalla
buona santa condotta del marito»: quando? In quale caso?
■
Pietro Calenzo:
Se e quando avverrà [l’elezione di un conduttore, N.d.R.], in base alle
Scritture è meglio che qualcuno si astenga dal proporsi come anziano, o
eventualmente dal condizionare l’accentazione della proposta all’anzianato, se
ha una moglie non-credente, di cui ci si augura che divenga
preferibilmente o possibilmente cristiana. Ho visto un fratello rifiutarsi,
poiché dal suo punto di vista non era in armonia completamente con la Parola di
Dio. Dal mio umile punto di vista, so che non lo fece per viltà, o per pigrizia,
ma per coerenza con Dio e la sua Parola. In verità, molto apprezzai la
sua persona, ancor più di prima.
In relazione ai
figli, dipende dall’età degli stessi, e nel caso siano maggiorenni e non
siano tutti o in parte credenti, è bene valutare caso per caso,
comprendendone con la sapienza di Dio motivi e le ragioni. {19-07-2013}
11. {Edoardo
Piacentini}
▲
■
Contributo 1:
In un mondo tristemente immorale, non solo il pastore, ma tutti i credenti
devono dimostrare castità
cristiana, l’indissolubilità del vincolo matrimoniale e la santità della
famiglia cristiana... Il pastore dovrebbe essere cosi preso dalle realtà
spirituali che, oltre a «parlare di Cristo», dovrebbe far parlare la sua vita,
ossia essere egli stesso una testimonianza vivente dei suoi insegnamenti. Ogni
servitore di Dio, pertanto, dovrebbe poter affermare con Paolo: «Siate
miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo» (1 Corinzi 11,1).
{18-07-2013}
■
Contributo 2:
Gli anziani sono responsabili verso coloro che, sentendosi chiamati al
ministero pastorale, desiderano prepararsi teologicamente e praticamente a tale
opera. Gli anziani devono essere preparati a rispondere in modo positivo ai
primi approcci, forse anche timidi, di un giovane, o talvolta, di uno meno
giovane, quando questi manifesta il desiderio di servire il Signore. Occorre
pregare insieme al giovane per meglio valutare l’entità di questa chiamata,
e provarlo affidandogli qualche incarico preliminare da svolgere. Dopo
aver costatato la sua disponibilità o la buona volontà, prima di pronunciarsi
sulla sua chiamata, occorre che gli anziani verifichino, se possiede tutti i
requisiti richiesti dalla Parola di Dio, per essere un servitore serio e
completo. Infatti, tali requisiti sono tuttora validi: «Bisogna che il
conduttore sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente,
dignitoso, ospitale, capace d’insegnare, non dedito al vino né violento, ma sia
mite, non litigioso, non attaccato al denaro, che governi bene la sua famiglia e
tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi (se uno non sa governare la
propria famiglia, come potrà avere cura della chiesa di Dio?), che non sia
convertito di recente, affinché non diventi presuntuoso e cada nella condanna
inflitta al diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli
di fuori, perché non cada in discredito e nel laccio del diavolo» (1 Timoteo
3,2-7).
Per queste ragioni, la chiesa locale deve essere pienamente partecipe
nel riconoscere e approvare le chiamate, i doni e le qualifiche di chi
aspira al ministero. Tali requisiti devono continuare a sussistere anche dopo la
consacrazione al ministero, perciò gli anziani dovranno «badare a sé
stessi» (Atti 20.28), ossia prima di curare il gregge devono vigilare
attentamente e continuamente sulla loro condizione spirituale davanti a Dio.
Soltanto rimanendo stretti alla Parola di Dio e nutrendosi continuamente
di lei, esercitando la pietà, mantenendosi in tutto integro davanti a Dio,
vigilando in ogni cosa e fortificandosi nella grazia, l’anziano potrà
compiere degnamente l’opera, che Dio gli ha affidato! {19-07-2013}
■
Pietro Calenzo: Pertanto può
verificarsi un classico caso di scuola nel suo aspetto e non impossibile. Se c’è
un anziano che
già pastura con il collegio degli anziani una assemblea, e uno dei suoi
tre figliuoli (o figliuole) in età scientemente consapevole o di maggior età
rifiuta di credere al Signore, tale anziano dovrebbe dare le dimissioni,
oppure la Scrittura afferma di allevare solamente (si fa per dire) i propri
figli nel timor di Dio? Dove termina o quali sono i confini della
responsabilità biblica di un membro del collegio degli anziani di allevare i
propri nel Signore ? Personalmente credo che in tal caso, se l’anziano ha fatto,
con l’aiuto di Dio, ogni tentativo per allevare nella fede il figlio o la
figlia indisciplinato/a, non debba essere allontanato dal suo servizio.
{19-07-2013}
▬
Nicola Martella: Faccio rilevare nuovamente
che nell’articolo di riferimento « Conduttori
e figli dissoluti o insubordinati»
non abbiamo parlato di «figli non-credenti», ma di quelli dissoluti o
insubordinati. Ribadisco nuovamente la differenza fra «figli emancipati» (gr.
huiói) e «figli generati» (gr. tékna); solo quest’ultimo termine
ricorre in 1 Tm 3; Tt 1. Quindi un conduttore è specialmente responsabile dei
figli minorenni (tékna). Dei figli maggiorenni è responsabile
solo, fintantoché abitano a casa sua o copra scientemente le loro iniquità (cfr.
Eli e i suoi figli adulti).
12. {}
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Condutt_figli_dissolut_Mds.htm
25-01-2011; Aggiornamento: 25-05-2016 |