Questo studio premette la prima parte: «
Aspetti generali».
Il brano in cui si
parla delle qualifiche dei diaconi è 1 Timoteo 3,8-12. In realtà il brano inizia
con le qualifiche dei conduttori (o vescovi) e poi passa a quelle dei servitori
(o diaconi). Il brano inizia con un termine di paragone: «Allo stesso modo i
diaconi», riferendosi a coloro di cui aveva parlato in precedenza.
Questo ci porta a considerare l’ufficialità del diaconato nel momento in cui
Paolo scrive questo brano: conduttore (episkopos) e servitore (diakonos)
erano uffici già stabiliti nella chiesa di quel tempo. Passiamo ora alle qualità
richieste.
■ Dignitosi: Il termine greco semnous implica un uomo che è serio,
nobile, chi considera importante il proprio valore morale (ed è un esempio per
gli altri), la propria onorabilità e ritiene importante conservarla. A chi sta
al vertice, viene richiesto questo (vedi cariche di stato).
■ Non di doppia parola: Si tratta di un uomo sincero, coerente, non
ambiguo e senza una lingua biforcuta.
■ A maggior ragione non siano molto attaccati a vino:
Attaccato significa che ha un legame, quindi una dipendenza. Ciò vale oggigiorno
anche per altre specie di dipendenze.
■ Non avidi di guadagno illecito: Molto spesso
ai diaconi veniva e viene affidata la responsabilità di amministrare dei soldi.
«L’amore per il danaro è radice d’ogni specie di male» (1 Tm 6,10). «La
[vostra] condotta sia senza amore per il denaro; accontentatevi delle
disponibilità; poiché Egli stesso ha detto: “Non ti lascerò mai né ti
abbandonerò mai”» (Eb 13,5 traduzione dal greco del redattore). Questo
premette la fiducia in Dio.
Sebbene qui s’intenda primariamente il guadagno economico, per alcuni è guadagno
anche crescere nel prestigio, nell’importanza del proprio ruolo. Diventare
orgogliosi non è sinonimo di maturità cristiana. Se questo vale per il credente,
quanto più lo è per un diacono o un anziano. Al contrario bisognerebbe essere
bramosi d’un guadagno lecito.
■ Che ritengano il mistero della fede in pura coscienza: Ritenere
significa conservare in un contenitore pulito. Paolo esortava il suo discepolo
Timoteo come segue: «Ti affido questo incarico, Timoteo, figlio mio, […]
perché tu
combatta… la
buona battaglia, 19conservando la fede e una buona coscienza; alla quale alcuni
hanno rinunziato, e così, hanno fatto naufragio quanto alla fede» (1 Tm
1,18). Qualsiasi incarico nella chiesa prevede una battaglia:
con se stessi e col nemico. Paolo pose l’accento sul non inquinare la coscienza.
La cattiva coscienza è come un siluro che fa naufragare la fede oppure uno
scoglio che la fa incagliare.
■ Essi siano prima sottoposti a prova, poi servano se sono irreprensibili:
Il verbo
approvare in greco proviene da dokimos «idoneo, capace» e
significa: «esaminare, scrutare, riconoscere come buono dopo esame». Nel mondo antico non c’era un sistema bancario come
oggi. Tutto il denaro era fatto di metallo prezioso. Quando si fondevano le
monete, si limava il bordo per portarle a misura. Molti cambiavalute (i
banchieri d’allora) però continuavano a limarle per ricavarne metallo prezioso
da vendere (un po’ come fanno le banche oggi applicando commissioni su
commissioni). Nella sola Atene, per ovviare a questo malcostume, in un secolo
furono promulgate più d’ottanta leggi. Ma alcuni cambiavalute erano uomini
integri, che non accettavano soldi limati. Erano uomini d’onore che mettevano in
circolazione solo soldi genuini del giusto peso. Tale uomini venivano chiamati
dokimoi «approvati». Con tale apprezzamento si intendevano coloro che erano
non giudicabili, irreprensibili e non accusabili. Nell’espressione «se sono irreprensibili»
il verbo usato è al presente. In altre parole, è una qualità, che non riguarda
quello che s’era prima di diventare un credente. Ogni credente viveva nel
peccato prima di abbracciare la fede e la salvezza. Le qualifiche riguardano
quello che un uomo è, e quindi, la reputazione che ha acquistato dal momento
della salvezza a oggi.
Non è un semplice suggerimento ma una necessità. Questa
qualifica riguarda sia i suoi atteggiamenti, sia le sue abitudini, sia le sue
azioni e il suo modo di parlare.
Tutte le altre qualità che abbiamo analizzato sono aspetti dell’essere
irreprensibile, e ci aiutano a comprendere meglio che cosa ciò voglia dire. Un
diacono deve essere un uomo con una buona reputazione morale e spirituale perché
Dio vede la persona nella sua interezza.
Considerando la responsabilità dei diaconi, è lecito chiedersi: Perché essi
devono essere irreprensibili? I diaconi, come abbiamo visto, collaborano con
gli anziani nella cura della chiesa. Purtroppo vediamo dalla società in cui
viviamo cosa significhi avere autorità non qualificate; sempre più si scivola
nell’immoralità dilagante.
Così sarebbe assurdo affidare ciò che è prezioso a una persona infedele,
immorale o senza autocontrollo. Allo stesso modo Dio richiede che coloro che
amministrano e servono nella sua casa siano uomini moralmente e spiritualmente
irreprensibili.
Irreprensibilità non vuol dire perfezione. È estremamente importante capire
che essere irreprensibile non vuol dire essere senza peccato, in quanto nessuno
è senza peccato. Secondo la Scrittura, chi dice d’essere senza peccato mente a
se stesso e a Dio. Perciò, essere irreprensibile non vuol dire non peccare mai o
non sbagliare mai.
Invece, essere irreprensibile significa avere una vita coerente, una vita in cui
non si cammina nel peccato. Un uomo irreprensibile avrà una vita che rispecchia
il comportamento descritto dalla Bibbia, e cioè rifiuta il peccato, lo
riconosce, lo confessa e lo abbandona.
Visto che la santificazione dura tutta la vita, un diacono deve continuare a
crescere, nella sua vita deve vedersi un progresso. Come per gli anziani, è
normale che ci siano diaconi più maturi d’altri. Però, tutti dovrebbero essere
irreprensibili.
Il rischio che esiste in ogni chiesa è d’avere una valutazione o troppo alta o
troppo bassa per quanto riguarda l’irreprensibilità. Un limite troppo alto
richiede un livello di perfezione che non esiste e quindi gli uomini, che Dio
sta mostrando, non vengono riconosciuti; in tal modo la chiesa mancherà della
cura di cui ha bisogno. Inoltre esiste il pericolo che i pochi riconosciuti
rischiano anche di cadere nell’orgoglio.
Dall’altro estremo, un limite troppo basso produrrà un servizio squalificato,
trascinando la chiesa a peggiorare spiritualmente, anziché crescere.
Perciò, è estremamente importante capire cosa significa realmente essere
irreprensibile. E lo possiamo fare considerando tutte le altre qualità elencate,
perché esse in realtà descrivono un uomo irreprensibile.
■ Siano uomini d’una sola donna: È estremamente importante capire
correttamente questa qualifica. In Italiano abbiamo la traduzione «marito d’una
moglie». In greco, questa frase dice, più letteralmente: «uomo di una
donna», con l’enfasi sulla parola «una». Questa qualifica non prescrive lo stato
civile obbligatorio d’un uomo, cioè Paolo non sta dicendo che un uomo dev’essere
per forza sposato — ossia non scapolo o non risposato, se vedovo — ma implica
una pura e totale fedeltà a sua moglie, nel caso sia sposato.
Essere un «uomo d’una donna» significa essere un uomo che, se sposato,
non mette gli occhi sulle altre donne. Facciamo notare che nella cultura
d’allora ciò escludeva per i diaconi (come per i conduttori) anche la poligamia
e il concubinato con più donne, che a quel tempo era presente nella società.
Nel caso in cui un uomo è scapolo, ciò vuol dire che il suo comportamento con le
donne è correttissimo e imposterà la sua vita in vista della assoluta fedeltà
alla sua futura moglie, se ne avrà una. Se un uomo è sposato, vuol dire che è
visibilmente fedele alla moglie. Ogni uomo di Dio è chiamato a essere così.
Nel libro di Osea il Signore definisce Israele come un’adultera perché era stato
infedele al patto. Il Signore non cambia e desidera che ogni uomo sia fedele ma
sopratutto chi lo serve in modo specifico. Come possiamo essere fedeli a Dio,
che non vediamo, se poi non siamo fedeli a chi ci sta vicino?
■ Curino bene i figli e la propria famiglia: Governare in greco è
proistemi: «curare, dare protezione e attenzioni, essere sopra».
È difficile governare veramente bene una famiglia. Però se un uomo non riesce a
governare la propria famiglia, che vede tutti i giorni e verso la quale ha tante
possibilità, come sarà in grado di curare la chiesa? Infatti la chiesa è molto
simile alla famiglia.
Molti uomini sono bravi a gestire un ufficio o il proprio lavoro, però hanno
difficoltà a governare bene la propria famiglia. Un uomo è chiamato non tanto a
fare cose specifiche quanto ad aiutare ogni membro della propria famiglia a
crescere e a maturare. Anche i diaconi devono essere dei punti di riferimento
per la chiesa e il loro compito sarà anche d’aiutare i credenti a crescere e
maturare nel servizio col proprio esempio oltre che con consigli e l’amore.
Governare dà l’idea di tenere la direzione che è stabilita, ma anche condurre
una nave secondo la propria rotta. E la nostra rotta conduce sempre a Cristo.
Concludiamo con due brani della stessa epistola:
■ «Ordina queste cose e insegnale» (1 Tm 4,11). ■ «Ti scrivo queste cose... affinché tu sappia come
bisogna comportarsi nella casa di Dio» (1 Tm 3,14s).
{Articolo redatto, ampliato e adattato da Nicola Martella, partendo dal testo
con stile retorico di una predica
di Maurizio Marino}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Diaconato2_prescrizioni_UnV.htm
27-09-2007; Aggiornamento: 03-10-2007 |