1. SOLO SE SPOSATO?: Quando pensi di aver sentito tutto, rimani stupito per
l’ennesima vota. Avevo sentito parlare della tesi, secondo cui chi aspira a
diventare conduttore di chiesa, dev’essere assolutamente sposato.
Atri aggiungono un altro cavillo: oltre a essere sposati, bisogna che i candidati abbiano già dei figli!
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Conduttore solo se sposato e padre?] In tal caso, Paolo e
Barnaba non avrebbero mai potuto guidare la chiesa di Antiochia (At 13,1) né
tanto meno fare i missionari, non essendo sposati (1 Cor 9,5). Quindi non
potevano fondare chiese e guidarle fino a che, dovendole lasciare, non
riconoscessero le guide locali (At 14,23). Anche Timoteo e Tito non erano
sposati, eppure erano loro a ordinare le cose nelle chiese fondate (cfr. Tt
1,5). Secondo i fautori di tale tesi, Paolo diede quindi un cattivo consiglio,
quando esortò i credenti maschi a essere come lui, ossia celibe, per servire il
Signore senza distrazione (1 Cor 7,7s.35).
2. SOLO CON
FIGLI MAGGIORENNI?: Qual è ora la novità? È che per aspirare alla
conduzione, bisogna avere assolutamente
figli maggiorenni! Quindi, non solo bisogna escludere i celibi, ma anche
coloro, che hanno figli piccoli e adolescenti. Con tali precondizioni nessun
giovane o giovane adulto potrebbe praticamente mai aspirare a condurre una
chiesa. Eppure, Paolo ingiunse a Timoteo: «Ordina queste cose e insegnale.
Nessuno disprezzi la tua giovinezza; ma sii d’esempio ai credenti, nel
parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede, nella castità»
(1 Tm 4,11s).
Che cosa prevedeva Paolo riguardo ai prerequisiti di chi aspirava alla
conduzione? Nel caso in cui il candidato era sposato, non poteva essere
poligamo («marito di una sola moglie»; 1 Tm 3,2; Tt 1,6); a quel
tempo si convertivano nuclei familiari, in cui era normale la poligamia. Inoltre
veniva richiesto «che governi bene la propria famiglia e tenga
figlioli [tékna]
in sottomissione e in tutta riverenza (che se uno non
sa governare la propria casa, come potrà aver cura dell’assemblea di Dio?)»
(1 Tm 3,4s). Anche altrove Polo comandò «che abbia figlioli
[tékna] fedeli, non sotto accusa per dissolutezza o
indisciplina» (Tt 1,6). In ambedue i brani
il termine greco usato da Paolo è tékna «bambini, figli piccoli,
ragazzi», quindi dei «figli biologici», trattandosi della prole prima
dell’emancipazione. Quando un figlio raggiungeva la maggiore età e veniva
emancipato dal padre, era chiamato in greco huiós «figlio emancipato» ed
era dichiarato erede (cfr. Gal 4,7; Eb 1,2; Ap 21,7).
A ciò si aggiunga che i figli sono, per legge, , sottomessi ai genitori,
solo fintantoché non raggiungono la maggiore età. Nessun genitore può pretendere
di governare la vita dei suoi figli maggiorenni o addirittura le loro famiglie!
Nessun genitore credente può avere la sicurezza che i suoi figli maggiorenni non
diventino dissoluti o sfrenati. Anche famosi predicatori avevano figli
non-credenti, atei o dissoluti; ma non si può imputare ciò ai suoi genitori, ma
a scelte personali dei figli maggiorenni. [►
Conduttori e figli dissoluti o insubordinati]
3. ASPETTI
CONCLUSIVI:
Tutto ciò confuta la tesi singolare e
arbitraria, secondo cui può aspirare alla conduzione solo chi ha già figli
maggiorenni.
Si pensi a un credente, che appena l’ultimo dei figli compie 18 anni, viene
accettato nel collegio dei conduttori. Poi, però, sua moglie rimane
inaspettatamente incinta e nasce un
nuovo figlio. Dovrebbe smettere subito di fare il conduttore?
Si pensi anche a un credente, che ha condotto la chiesa per uno o due decenni,
muore la moglie,
si risposa e nascono altri figli. Dovrebbe smettere di condurre
l’assemblea, aspettando fino a quando i figli compiranno almeno 18 anni?
Si pensi inoltre a un conduttore, che perde il suo unico figlio maggiorenne.
Dovrebbe ritirarsi dalla conduzione, perché non ha più figli?
Chi risponde con un «sì» a queste domande, è evidentemente affetto da una
cronica «paranoia ideologica» di origine ecclesiogena, oramai resistente
pure all’antidoto dell’esegesi contestuale.
Si noti che al tempo del NT l’età media era
molto più bassa di oggi, a causa di malattie, carestie e lavori pesanti; poi,
c’erano anche le persecuzioni. Inoltre, essendo la mortalità infantile
alta, i soggetti fertili mettevano molti figli al mondo, e cioè fino alla
fine dell’età fertile, essendo essi la loro assicurazione per la vecchiaia.
L’altra parte della medaglia era l’incidenza dell’infertilità, a causa di
varie malattie. Con tali premesse oggettive, se si fosse veramente preteso che
un credente doveva avere assolutamente figli, e cioè figli già adulti, per poter
aspirare alla conduzione, praticamente di rado un’assemblea avrebbe
potuto avere conduttori.
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Un’assemblea, in cui ci si aspetta che, per diventare conduttore, bisogna che un candidato abbia tutti i figli già maggiorenni, non avrà un «collegio degli anziani», ma un consiglio di soli vecchi, che staranno al capezzale di una comunità oramai moribonda. |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Conduz_figli_UnV.htm
12-05-2016; Aggiornamento: |