Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Escatologia 1

 

Escatologia

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Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PENSIERI A VOCE ALTA SULL’INFERNO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Ho ricevuto un contributo da un lettore, che me lo presentava con queste parole: «Proprio ieri mi ero messo a scrivere le riflessioni, che ti allego, e stamani trovo questo tuo articolo per certi versi “in tema” col mio contributo. [ Voci infernali dalle viscere della terra?] Come vedrai non si tratta di un articolo vero e proprio, ma è l’espressione di un’incapacità di concepire Dio come colui che punisce eternamente nell’Inferno gli increduli». {Nicola Berretta; 30-11-2007}

     Prendo quindi spunto da ciò per lanciare questo tema.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Nicola Berretta

2. Nicola Martella

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Nicola Berretta}

 

L’esistenza dell’Inferno, concepito come luogo di perenne tormento, riservato a coloro che avranno rifiutato di ricevere la salvezza offerta da Dio, non è facile da digerire. Non lo è per il non credente; ma anche per colui che ha ricevuto per fede il messaggio di salvezza, resta comunque un osso duro da mandare giù.

     L’esistenza dell’Inferno pone infatti il problema di conciliare il carattere amorevole e misericordioso di Dio con quello d’un eterno torturatore, il quale mantiene nella sofferenza eterna coloro che hanno rifiutato di credere in lui. Definire Dio un eterno torturatore può apparire provocatorio, ma il rifiuto di questa definizione deve nascere da una identificazione di che cosa l’Inferno sia, e non certo da un nostra reazione epidermica al fastidio che tale definizione ci provoca.

     L’uomo ha tentato in vari modi d’ovviare all’idea dell’eterno torturatore. Certamente la dottrina cattolica romana sul Purgatorio ne è l’esempio più evidente. Tale teoria permette di farsi la convinzione che solo i peccatori più incalliti andranno veramente all’Inferno, mentre le persone «normali» andranno solo in un luogo di sofferenza transitoria. Credere che Dio manterrà nella sofferenza eterna tipi come Hitler, Pol Pot o Stalin, è abbastanza digeribile, perché gente malvagia come quella, infondo, quel tipo di trattamento se lo merita (o almeno così ci fa piacere pensare).

     Un’altra scappatoia è quella di credere che non sia Dio il torturatore, ma il Diavolo. Sono loro, Satana e i suoi angeli, e non Dio, gli eterni torturatori. Questa idea, pur non essendo (che io sappia) ufficialmente riconosciuta da nessuna della denominazioni cristiane, è abbastanza diffusa nella nostra cultura, forse come retaggio della Divina Commedia dantesca. La Bibbia afferma in maniera chiara ed esplicita che Satana e i suoi angeli soffriranno nell’Inferno (Ap 20,10), per cui quest’ultimo non sarà certo il luogo dove essi gongoleranno soddisfatti d’infliggere sofferenze agli uomini. Dunque, sarà con Satana che gli uomini condannati nel giudizio finale saranno gettati nello stagno di fuoco e di zolfo (Ap 20, 11-15; 21, 8).

     Altre «vie di fuga» all’idea di Dio come eterno torturatore sono certamente le seguenti: 1) L’universalismo prevede una salvezza finale di tutti gli uomini. 2) Secondo la teoria dell’annientamento, la vita eterna sarà riservata ai soli credenti, mentre gli increduli, dopo il giudizio, verrebbero annientati definitivamente. Quest’ultima tesi è sostenuta dai Testimoni di Geova, ma non è raro trovarne fautori anche in ambito evangelico. Ambedue queste teorie però contrastano con affermazioni della Scrittura, quali quelle considerate in precedenza, prese nel libro dell’Apocalisse, oppure anche col racconto di Gesù relativo al ricco e Lazzaro (Lc 16,19-31). Tutti questi brani della Scrittura necessiterebbero d’una ingiustificata lettura allegorica per potersi conciliare con tali teorie.

     La maggior parte dei credenti, almeno per mia esperienza, ovviano all’idea che Dio possa essere un eterno torturatore, ritenendo che l’Inferno non sia un luogo in cui Dio svolge un ruolo attivo di punizione. Esso non sarebbe altro che il risultato d’un venir meno della presenza di Dio. La privazione di Dio porterebbe, come risultato inevitabile, una sofferenza mantenuta per l’eternità. L’esempio più calzante è forse quello che ci viene offerto dai colori. Il rosso, il verde, il giallo ecc. sono effettivamente dei colori, in quanto sono il risultato di luce riflessa a una determinata lunghezza d’onda. Il nero invece non è propriamente un colore, esso infatti è assenza di colore, o meglio, assenza di luce riflessa. Come dunque il nero non è un colore (in senso attivo) ma è il risultato d’una privazione della luce (dunque d’una azione passiva), così l’Inferno è un luogo di tormento non perché Dio sia un eterno torturatore (ruolo attivo), ma in quanto Egli priverebbe eternamente l’uomo della sua presenza (ruolo passivo).

     Mi rendo conto dell’efficacia di questa concezione passiva del ruolo svolto da Dio nelle sofferenze eterne dell’Inferno ma, personalmente, non la trovo del tutto convincente.

     Innanzitutto, ritenere che Dio non svolga un ruolo attivo nell’infliggere sofferenze ai condannati, ma solo passivo, non alleggerisce quella che potrebbe essere vista come una responsabilità di Dio. D’altra parte, se Dio stesso afferma che colui che sa fare del bene e non lo fa, ha eguali responsabilità di chi commette il male (Gcm 4,17), lo stesso principio dovrebbe applicarsi anche a Dio stesso, che potrebbe liberare quei condannati dalla sofferenza, ma non lo fa. Questo ragionamento ha ovviamente senso solo ammettendo che la sofferenza eterna dei condannati sia di per sé un «male». D’altra parte, se «male» non è, perché porsi problemi sull’eventuale ruolo attivo di Dio nel punirli?

     In secondo luogo, l’idea della sofferenza eterna come risultato della privazione della presenza di Dio pone alcuni problemi relativi a Satana e ai suoi angeli. Se è vero, com’è vero, che Satana soffrirà nell’Inferno, dobbiamo dunque assumere che Satana goda ora, in qualche misura, della presenza di Dio nella sua vita?

     Infine, come conciliare quest’idea passiva della punizione eterna con brani in cui Gesù fa un chiaro riferimento a una gradualità nell’entità della pena inflitta (Mt 11,21-24)? Una pena dovuta alla privazione della presenza di Dio sarebbe una pena unica, assoluta e invariabile.

     L’Inferno, come luogo di tormento eterno e consapevole dei dannati, rimane a mio giudizio un mistero, difficile da concepire e da accettare. Pensare che persone buone, gentili, sincere, garbate ed educate, ma che non hanno creduto al messaggio di salvezza offerta in dono da Dio, soffrano per l’eternità assieme a persone come Hitler e Stalin, resta per me difficile da accettare. Sono perfettamente consapevole della basi bibliche e teologiche che sono alla base di questa dottrina, ma la mia mente limitata continua a non riuscire a concepire l’esistenza d’un tale ineluttabile destino.

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Aggiungo al contributo di Nicola Berretta alcune altre riflessioni complementari. Quando si parla dell’Inferno, le tentazioni possono essere tante, ad esempio le seguenti.

     ■ Universalismo: Dio alla fine salverà tutti, diavolo e demoni compresi. È come dopo aver recitato ruoli differenti sul palcoscenico: alla fine tutti si tengono per mano o si abbracciano.

     ■ Distruzionismo: Gli empi verranno distrutti definitivamente dopo il giudizio universale. Questo pensiero è portato avanti da chi vuol conciliare la giustizia do Dio col suo amore nell’intento di difendere Dio (teodicea). Chi lo nutre, in effetti vuol sentirsi tranquillo: ▪ 1) Se sarà redento, vorrà godere senza sensi di colpa; ▪ 2) Se sarà condannato, preferisce fin da ora che venga annientato.

     ■ Temporalismo: La punizione sarà sì lunga dal punto di vista attuale, ma sarà limitata nel tempo dal punto di vista eterno, magari durerà a seconda della colpa; poi i singoli verranno o salvati (una specie di lungo Purgatorio a termine) o distrutti (distruzionismo posticipato).

 

Spesso si adducono argomentazioni come le seguenti.

     ■ 1) Non posso immaginarmi che si possa essere veramente felici sulla nuova terra, sapendo che altre persone altrove soffrono pene d’Inferno. ● È una visione ideologica e non realistica. Questo aspetto non rientra nella nostra normale esperienza attuale. A meno che qualcosa non ci coinvolga personalmente e da vicino, possiamo godere della vita, pur sapendo che altri altrove soffrono. Si chieda, ad esempio, a chi è innamorato, sta andando all’altare, si appressa alle gioie coniugali o prende per la prima volta il proprio neonato nelle mani.

     ■ 2) Dio, essendo amore, non può sopportare un simile spettacolo. ● Qui si pretende di sapere che cosa Dio pensi, senta e debba fare. Alla base c’è probabilmente la manovra inconscia di crearsi un Dio a immagine e somiglianza di se stessi o del sentimento comune.

     ■ 3) Una sofferenza eterna cozza contro la (mia) ragione. ● La ragione per poter affermare qualcosa di certo, deve poter fare un esperimento con la cosa che afferma. Nessuno può accedere alla trascendenza per appurare quali leggi e regole la dominino. La (mia) ragione non è un metro sufficiente per stabilire ciò che cosa sua giusto e che cosa debba esistere nell’aldilà. Chi è stato in varie parti del mondo, sa che altrove le nostre regole non contano e non serve a nulla contestare quelle vigenti in quel luogo o protestare che non corrispondono a ciò che conosciamo e vorremmo avere; nel caso migliore ci diranno che a loro non interessa, nel caso peggiore si rischia di mettere seriamente in pericolo la propria libertà e incolumità. Quando il paradigma muta, cambia anche la logica delle cose. Conosciamo troppo poco del paradigma trascendentale (1 Cor 13,9-12), per poter dare un qualsiasi giudizio con la (nostra) ragione.

 

Ecco alcuni consigli per chi ama la sacra Scrittura. In temi come questi si fa bene a «praticare il “non oltre quel che è scritto”» (1 Cor 4,6). Probabilmente non riusciamo a realizzare tutta l’entità e la profondità del peccato, della santità di Dio e del sacrificio di Cristo. Tutto ciò è una prova per la nostra fede: anche riguardo all’Inferno abbiamo fiducia che Dio dica la verità e sia in grado di fare la cosa giusta? Infine, se abbiamo accettato la salvezza in Cristo, dobbiamo passare al ringraziamento e alla lode, lasciando che Dio sia Dio, il Dio della nostra salvezza; ciò deve diventare anche una responsabilità per avvertire gli altri del pericolo di perdere la loro anima.

     Per l’approfondimento rimando a questo articolo: Nicola Martella (a cura di), «L’Inferno», Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 315-321; cfr. qui anche «Il mondo dei morti», pp. 190ss; «Lo stato personale dopo la morte», pp. 193ss. In particolare si veda qui, nell'articolo «I vari giudizi escatologici», il punto finale «Scrupoli odierni sui giudizi futuri», pp. 218s.

 

«Chi ha preso le dimensioni dello spirito dell’Eterno o chi gli è stato consigliere per insegnargli qualcosa? 14Chi ha egli consultato perché gli desse istruzione e gl’insegnasse il sentiero della giustizia, gl’impartisse la sapienza, e gli facesse conoscere la via del discernimento?» (Is 40,13s).

 

 

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L'inferno {Argentino Quintavalle} (A)

Temperatura del Paradiso e dell’Inferno {Nicola Martella} (A)

Voci infernali dalle viscere della terra? {Nicola Martella} (A)

Voci infernali in Siberia? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Inferno_pensieri_Esc.htm

04-12-2007; Aggiornamento: 05-07-2010

 

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