Ho ricevuto un
contributo da un lettore,
che me lo presentava con queste parole: «Proprio ieri mi ero messo a scrivere le
riflessioni, che ti allego, e stamani trovo questo tuo articolo per certi versi
“in tema” col mio contributo. [►
Voci infernali dalle viscere della terra?] Come vedrai non si
tratta di un articolo vero e proprio, ma è l’espressione di un’incapacità di
concepire Dio come colui che punisce eternamente nell’Inferno gli increduli». {Nicola
Berretta; 30-11-2007}
Prendo quindi spunto da ciò per lanciare questo tema.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
tema
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1.
{Nicola Berretta} ▲
L’esistenza dell’Inferno,
concepito come luogo di perenne tormento, riservato a coloro che avranno
rifiutato di ricevere la salvezza offerta da Dio, non è facile da digerire. Non
lo è per il non credente; ma anche per colui che ha ricevuto per fede il
messaggio di salvezza, resta comunque un osso duro da mandare giù.
L’esistenza dell’Inferno pone infatti il problema di conciliare il carattere
amorevole e misericordioso di Dio con quello d’un eterno torturatore,
il quale mantiene nella sofferenza eterna coloro che hanno rifiutato di credere
in lui. Definire Dio un eterno torturatore può apparire provocatorio, ma
il rifiuto di questa definizione deve nascere da una identificazione di che cosa
l’Inferno sia, e non certo da un nostra reazione epidermica al fastidio che tale
definizione ci provoca.
L’uomo ha tentato in vari modi d’ovviare all’idea dell’eterno torturatore.
Certamente la dottrina cattolica romana sul Purgatorio ne è l’esempio più
evidente. Tale teoria permette di farsi la convinzione che solo i peccatori più
incalliti andranno veramente all’Inferno, mentre le persone «normali» andranno
solo in un luogo di sofferenza transitoria. Credere che Dio manterrà nella
sofferenza eterna tipi come Hitler, Pol Pot o Stalin, è abbastanza digeribile,
perché gente malvagia come quella, infondo, quel tipo di trattamento se lo
merita (o almeno così ci fa piacere pensare).
Un’altra scappatoia è quella di credere che non sia Dio il torturatore, ma il
Diavolo. Sono loro, Satana e i suoi angeli, e non Dio, gli eterni
torturatori. Questa idea, pur non essendo (che io sappia) ufficialmente
riconosciuta da nessuna della denominazioni cristiane, è abbastanza diffusa
nella nostra cultura, forse come retaggio della Divina Commedia dantesca. La
Bibbia afferma in maniera chiara ed esplicita che Satana e i suoi angeli
soffriranno nell’Inferno (Ap 20,10), per cui quest’ultimo non sarà certo il
luogo dove essi gongoleranno soddisfatti d’infliggere sofferenze agli uomini.
Dunque, sarà
con Satana che gli uomini
condannati nel giudizio finale saranno gettati nello stagno di fuoco e di zolfo
(Ap 20, 11-15; 21, 8).
Altre «vie di fuga» all’idea di Dio come eterno torturatore sono
certamente le seguenti: 1) L’universalismo prevede una salvezza finale di
tutti gli uomini. 2) Secondo la teoria dell’annientamento, la vita eterna
sarà riservata ai soli credenti, mentre gli increduli, dopo il giudizio,
verrebbero annientati definitivamente. Quest’ultima tesi è sostenuta dai
Testimoni di Geova, ma non è raro trovarne fautori anche in ambito evangelico.
Ambedue queste teorie però contrastano con affermazioni della Scrittura, quali
quelle considerate in precedenza, prese nel libro dell’Apocalisse, oppure anche
col racconto di Gesù relativo al ricco e Lazzaro (Lc 16,19-31). Tutti questi
brani della Scrittura necessiterebbero d’una ingiustificata lettura allegorica
per potersi conciliare con tali teorie.
La maggior parte dei credenti, almeno per mia esperienza, ovviano all’idea che
Dio possa essere un eterno torturatore, ritenendo che l’Inferno non sia
un luogo in cui Dio svolge un ruolo attivo di punizione. Esso non sarebbe
altro che il risultato d’un venir meno della presenza di Dio. La privazione di
Dio porterebbe, come risultato inevitabile, una sofferenza mantenuta per
l’eternità. L’esempio più calzante è forse quello che ci viene offerto dai
colori. Il rosso, il verde, il giallo ecc. sono effettivamente dei colori,
in quanto sono il risultato di luce riflessa a una determinata lunghezza d’onda.
Il nero invece non è propriamente un colore, esso infatti è assenza di colore, o
meglio, assenza di luce riflessa. Come dunque il nero non è un colore (in senso
attivo) ma è il risultato d’una privazione della luce (dunque d’una azione
passiva), così l’Inferno è un luogo di tormento non perché Dio sia un eterno
torturatore (ruolo attivo), ma in quanto Egli priverebbe eternamente l’uomo
della sua presenza (ruolo passivo).
Mi rendo conto dell’efficacia di questa concezione passiva del ruolo
svolto da Dio nelle sofferenze eterne dell’Inferno ma, personalmente, non la
trovo del tutto convincente.
Innanzitutto, ritenere che Dio non svolga un ruolo attivo nell’infliggere
sofferenze ai condannati, ma solo passivo, non alleggerisce quella che potrebbe
essere vista come una responsabilità di Dio. D’altra parte, se Dio stesso
afferma che colui che sa fare del bene e non lo fa, ha eguali responsabilità di
chi commette il male (Gcm 4,17), lo stesso principio dovrebbe applicarsi anche a
Dio stesso, che potrebbe liberare quei condannati dalla sofferenza, ma
non lo fa. Questo ragionamento ha ovviamente senso solo ammettendo che la
sofferenza eterna dei condannati sia di per sé un «male». D’altra parte, se
«male» non è, perché porsi problemi sull’eventuale ruolo attivo di Dio nel
punirli?
In secondo luogo, l’idea della sofferenza eterna come risultato della privazione
della presenza di Dio pone alcuni problemi relativi a Satana e ai suoi
angeli. Se è vero, com’è vero, che Satana soffrirà nell’Inferno, dobbiamo dunque
assumere che Satana goda ora, in qualche misura, della presenza di Dio nella sua
vita?
Infine, come conciliare quest’idea passiva della punizione eterna con brani in
cui Gesù fa un chiaro riferimento a una gradualità nell’entità della pena
inflitta (Mt 11,21-24)? Una pena dovuta alla privazione della presenza di Dio
sarebbe una pena unica, assoluta e invariabile.
L’Inferno, come luogo di tormento eterno e consapevole dei dannati, rimane a mio
giudizio un mistero, difficile da concepire e da accettare. Pensare che
persone buone, gentili, sincere, garbate ed educate, ma che non hanno creduto al
messaggio di salvezza offerta in dono da Dio, soffrano per l’eternità assieme a
persone come Hitler e Stalin, resta per me difficile da accettare. Sono
perfettamente consapevole della basi bibliche e teologiche che sono alla base di
questa dottrina, ma la mia mente limitata continua a non riuscire a concepire
l’esistenza d’un tale ineluttabile destino.
2.
{Nicola Martella} ▲
Aggiungo al
contributo di Nicola Berretta alcune altre riflessioni complementari. Quando si
parla dell’Inferno, le tentazioni possono essere tante, ad esempio le seguenti.
■
Universalismo: Dio alla fine salverà tutti, diavolo e demoni compresi. È
come dopo aver recitato ruoli differenti sul palcoscenico: alla fine tutti si
tengono per mano o si abbracciano.
■
Distruzionismo: Gli empi verranno distrutti definitivamente dopo il giudizio
universale. Questo pensiero è portato avanti da chi vuol conciliare la giustizia
do Dio col suo amore nell’intento di difendere Dio (teodicea). Chi lo nutre, in
effetti vuol sentirsi tranquillo: ▪ 1) Se sarà redento, vorrà godere senza sensi
di colpa; ▪ 2) Se sarà condannato, preferisce fin da ora che venga annientato.
■
Temporalismo: La punizione sarà sì lunga dal punto di vista attuale, ma sarà
limitata nel tempo dal punto di vista eterno, magari durerà a seconda della
colpa; poi i singoli verranno o salvati (una specie di lungo Purgatorio a
termine) o distrutti (distruzionismo posticipato).
Spesso si adducono
argomentazioni come le seguenti.
■ 1) Non posso immaginarmi che si possa essere veramente felici
sulla nuova terra, sapendo che altre persone altrove soffrono pene d’Inferno. ●
È una visione ideologica e non realistica. Questo aspetto non rientra nella
nostra normale esperienza attuale. A meno che qualcosa non ci coinvolga
personalmente e da vicino, possiamo godere della vita, pur sapendo che altri
altrove soffrono. Si chieda, ad esempio, a chi è innamorato, sta andando
all’altare, si appressa alle gioie coniugali o prende per la prima volta il
proprio neonato nelle mani.
■ 2) Dio, essendo amore, non può sopportare un simile spettacolo. ● Qui
si pretende di sapere che cosa Dio pensi, senta e debba fare. Alla base c’è
probabilmente la manovra inconscia di crearsi un Dio a immagine e somiglianza di
se stessi o del sentimento comune.
■ 3) Una sofferenza eterna cozza contro la (mia) ragione. ● La ragione
per poter affermare qualcosa di certo, deve poter fare un esperimento con la
cosa che afferma. Nessuno può accedere alla trascendenza per appurare quali
leggi e regole la dominino. La (mia) ragione non è un metro sufficiente per
stabilire ciò che cosa sua giusto e che cosa debba esistere nell’aldilà. Chi è
stato in varie parti del mondo, sa che altrove le nostre regole non contano e
non serve a nulla contestare quelle vigenti in quel luogo o protestare che non
corrispondono a ciò che conosciamo e vorremmo avere; nel caso migliore ci
diranno che a loro non interessa, nel caso peggiore si rischia di mettere
seriamente in pericolo la propria libertà e incolumità. Quando il paradigma
muta, cambia anche la logica delle cose. Conosciamo troppo poco del paradigma
trascendentale (1 Cor 13,9-12), per poter dare un qualsiasi giudizio con la
(nostra) ragione.
Ecco alcuni
consigli per chi ama la sacra Scrittura. In temi come questi si fa bene a «praticare
il “non oltre quel che è scritto”» (1 Cor 4,6). Probabilmente non riusciamo
a realizzare tutta l’entità e la profondità del peccato, della santità di Dio e
del sacrificio di Cristo. Tutto ciò è una prova per la nostra fede: anche
riguardo all’Inferno abbiamo fiducia che Dio dica la verità e sia in grado di
fare la cosa giusta? Infine, se abbiamo accettato la salvezza in Cristo,
dobbiamo passare al ringraziamento e alla lode, lasciando che Dio sia Dio, il
Dio della nostra salvezza; ciò deve diventare anche una responsabilità per
avvertire gli altri del pericolo di perdere la loro anima.
Per l’approfondimento rimando a questo articolo: Nicola Martella (a cura di),
«L’Inferno», Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007),
pp. 315-321; cfr. qui anche «Il mondo
dei morti», pp. 190ss; «Lo stato personale dopo la morte», pp. 193ss. In
particolare si veda qui, nell'articolo «I vari giudizi escatologici», il punto
finale «Scrupoli odierni sui giudizi futuri», pp. 218s.
«Chi ha preso le dimensioni dello spirito dell’Eterno o chi gli è stato
consigliere per insegnargli qualcosa? 14Chi ha egli consultato perché
gli desse istruzione e gl’insegnasse il sentiero della giustizia, gl’impartisse
la sapienza, e gli facesse conoscere la via del discernimento?» (Is 40,13s).
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L'inferno
{Argentino Quintavalle} (A)
►
Temperatura del Paradiso e dell’Inferno {Nicola Martella} (A)
►
Voci infernali dalle viscere della terra?
{Nicola Martella} (A)
►
Voci infernali in Siberia? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Inferno_pensieri_Esc.htm
04-12-2007; Aggiornamento: 05-07-2010
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