Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DIO PERDONA, MA NON DIMENTICA! PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Dio perdona, ma non dimentica». È stato immancabile che tale soggetto abbia richiamato temi affini e vari ambiti di applicazione.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Gionathan Russo

2. Manlio Muscarella

3. Pietro Calenzo

4. Mario Di Quinzanello

5. Angela Morana

6. Ealasaid Flur Bheag

7. Vincenzo Russillo

8. Carlo Altieri

9. Andrea Poggi

10. F. Aglieri Rinella

11. Angela Palmieri

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Gionathan Russo}

 

Abbiamo parlato della differenza tra perdonare e dimenticare proprio qualche sabato fa nel nostro gruppo giovani! Sono d’accordo con te, Nicola! In effetti, giusto per aggiungere altra carne al fuoco, il nostro Dio è onnisciente, quindi né dimentica né viene sorpreso o deluso da noi, in quanto conosce già in anticipo i nostri errori... eppure in tutto questo, ci perdona! {07-06-2010}

 

 

2. {Manlio Muscarella}

 

La verità, che riguarda un atto compiuto, una parola detta, un atteggiamento del nostro cuore verso il prossimo, è una realtà che entra nel tempo dell’esistenza, che Dio affida a ogni uomo. Questa realtà è come un solco d’un vecchio 45 giri, una volta inciso rimane. Per questo paragone esistono due possibilità, proseguire la nostra «musica» (vita), distorcendo i nostri pensieri, atti, inclinazioni del nostro cuore; oppure ravvedersi e convertirsi per entrare a far parte d’una armoniosa orchestra ed eseguire la musica meravigliosa, che dirige il nostro Maestro, Salvatore e Messia. Egli ha indicato il solco (via) giusto da eseguire. Contemporaneamente ha cancellato i nostri peccati o stonature nell’atto della espiazione.

     Se Dio annullasse la memoria o il ricordo della cattiva e ribelle esistenza distorta d’ogni uomo, annullerebbe sia la misericordia che il giudizio e, correggetemi se sbaglio, anche la salvezza. Questo non credo faccia parte della sua natura di Luce, Giustizia e Verità che siamo chiamati a testimoniare ed eseguire giorno dopo giorno. Grazie per il tema di questa riflessione... Grazia e pace. Shalom. {08-06-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Abbiamo visto che Dio non dimentica, quando perdona. Tanto più, come è stato ricordato, perché è onniveggente e, aggiungo, il Giudice di tutta la terra. Ammesso e non concesso che Dio dimenticasse i singoli peccati, dopo averlo perdonati, ciò non annullerebbe la salvezza, poiché la fonte di salvezza rimarrebbe attiva e sempre disponibile per ogni ulteriore trasgressione commessa, di cui il peccatore si ravvede. Il problema sarebbe non per la salvezza, ma con la premiazione dei redenti. Essendo cancellata la memoria di Dio riguardo ai demeriti dei credenti, tutti riceverebbero il massimo del premi. Ciò è ingiusto e anche in contraddizione con 1 Corinzi 3; infatti chi ha costruito la sua casa con materiali preziosi e chi è salvato come attraverso il fuoco, avrebbero lo stesso premio. Dio risulterebbe un Giudice poco affidabile. Grazie a Dio che le cose non stanno così.

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

Grande è la maestà e potenza del nostro Signore Onnipotente. Che il Signore cancelli il suo ricordo dei nostri peccati, mi pare inverosimile. Possedendo l’Eterno tutti i santi attributi, insiti nella sua perfetta natura e onniscienza, confermata da un così gran numero di passi scritturali, è impossibile che Egli ne cancelli il ricordo. Mi pare che sia invece scritturale la realtà divina che Egli, quando come credenti andiamo ai suoi piedi, per chiedere e ottenere per la sua grazia, il perdono, Egli ne cancelli gli effetti e la conseguente punizione. Se non fosse per la gloriosa e immensa opera espiatrice del nostro Signore, Mediatore, intercessore Gesù, chi si potrebbe avvicinare al trono della sua grazia! Ma come c’istruisce l’apostolo Paolo, avendo aperto il Messia risorto una via recente, accostiamoci con piena fiducia, avendoci acquistata una redenzione certa ed eterna. A Dio la gloria. Benedizioni. {08-06-2010}

 

 

4. {Mario Di Quinzanello}

 

Contributo 1: «Io, io sono colui che per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni,e non mi ricorderò più dei tuoi peccati» (Isaia 43,25). Al di là delle vedute personali o dottrinali, io so soltanto una cosa, che questo passo della Scrittura mi porta a temere il Signore e a non approfittare della sua misericordia. Questo verso mi dice che, anche se io non riesco a perdonarmi, anche se gli altri mi hanno messo un bollino addosso, per ricordarsi, il mio Signore, quando ho confessato il mio peccato e glielo ricordo, mi dice: «Io non mi ricorderò più», e questo mi basta. {08-06-2010}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): È vero, ciò è una na consolazione per noi peccatori, ossia sapere che Dio non vuol riportarsi alla mente i nostri peccati. È altresì vero che temere Dio, non ci fa approfittare della sua bontà. Essendo ciò fuori dubbio, il tema consiste appunto nell’appurare se perdonare significhi anche dimenticare, come alcuni affermano… a torto.

 

Contributo 2 (Mario Di Quinzanello): Sono sicuro che la grazia di Dio, dimostrata con la morte di Cristo e il suo indescrivibile amore, va oltre il concetto umano. Nella dispensazione della grazia si parla della pazienza di Dio e della sua misericordia. E la descrizione del padre del figliol prodigo rende perfettamente l’idea d’un padre che vuole dimenticare e cioè perdonare.

     Ma quando pensiamo al peccato volontario di chi grida sotto la croce: «Costui non è il nostro re», noi vediamo un rifiuto volontario. Gesù che piange su Gerusalemme, mostra che ciò è una conseguenza per chi non vuole, non accetta, rifiuta la protezione di Dio e si espone, quindi, volontariamente alla condanna.

     Ma non dimentichiamo che il giorno di vendetta deve ancora arrivare e, se Dio aspetta, è perché vuole salvare e non condannare. {08-06-2010}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Il peccato volontario, ossia il rifiuto della grazia, non è qui in discussione; chiaramente ci sarà il «giorno di paga» per tutti alla fine dei tempi: gli uni a perdizione e gli altri a salvezza. Qui parliamo soltanto se perdonare è dimenticare o solo non ricordare.

     L’illustrazione del padre del figliol prodigo mostra proprio il fatto che tale padre aveva riaccettato il figlio, creduto morto e che aveva dilapidato la sua parte di eredità, ma che era ritornato confessando il proprio peccato. Se tale padre, oltre a perdonare, avesse dimenticato, avrebbe fatto un torto all’altro figlio, a cui apparteneva de facto la proprietà restante. La riaccettazione è una cosa, i diritti sono un’altra. Tale figlio venne riaccettato per misericordia paterna, ma i suoi diritti all'eredità erano persi per sempre, essendo stati già onorati; tanto è vero che egli stesso voleva essere trattato soltanto come un servo, ossia uno che non aveva diritti. Qui un padre dimentichevole, sarebbe stato un padre ingiusto.

 

Contributo 3 (Mario Di Quinzanello): Caro Nicola, non sono d’accordo quando affermi che il figliol prodigo ha perso i suoi diritti, perché è vero che lui dice: «Non sono più degno d’essere chiamato tuo figlio»; ma risalta nel testo la determinazione del padre nel comandare ai suoi servi di dare al figlio la veste più bella e di mettergli un anello, che secondo me è la dimostrazione che il figlio ha ricevuto di nuovo il diritto, che aveva perso.

     Non è in discussione la necessità d’un ravvedimento, ma non dimentichiamo che dove il peccato abbonda, la grazia di Dio sovrabbonda e come diritto mi riferisco al diritto che Dio mi dà, che procede dalla grazia.

     L’apostolo Paolo afferma io non sono degno d’essere chiamato apostolo... ma per la grazia di Dio io sono quello che sono.

     Non capisco perché tu affermi che il figliol prodigo aveva perso i suoi diritti. {09-06-2010}

 

 

Risposta 3 (Nicola Martella): Riguardo alla storia del cosiddetto figliol prodigo, non bisogna confondere tale storia (probabilmente un fatto di cronaca) con gli aspetti della storia della salvezza. Ogni cosiddetta parabola ha una sola lezione spirituale (come le altre storie di tale contesto): ciò che è perduto, può essere ritrovato, eccetera.

     Tornando a tale storia di cronaca, bisogna tener presente quanto segue. Tale giovane fede la seguente richiesta: «Padre, dammi la parte dei beni, che mi tocca» (Lc 15,12). Quindi si legge: «Ed egli spartì fra loro i beni». Ciò significa che tale figlio ebbe la sua parte d’eredità, e l’altra apparteneva interamente a suo fratello.

     La richiesta di tale giovane, che ritornò, non fu quella di avere ancora una parte all’eredità del fratello, ma avendo perso il suo diritto di erede (figlio ereditiere), chiedeva di rimanere lì almeno come servo (vv. 19.21), per sopravvivere. La compassione del padre verso il figlio perduto riguardava gli affetti (v. 20) e la gioia festosa di aver ritrovato il figlio perso (vv. 22ss). L’altro fratello era abbastanza adirato per tale accoglienza e si fece vento col padre (vv. 28ss). Non era in discussione la parte d’eredità, che apparteneva a tale figlio, che era rimasto a casa. Infatti il padre chiarì subito: «Figlio, tu sei sempre con me, e ogni cosa mia è tua» (v. 31); ossia, l’altro suo figlio, avendo già ricevuto a sua parte d’eredità, non ne poteva aspettare un’altra. Tale padre evidenziò soltanto la grande gioia di aver ritrovato il figlio ritenuto morto (v. 32), né più, né meno. Se tale padre avesse fatto diversamente, sarebbe stato ingiusto. I panni sporchi si sarebbero lavati in casa dopo la festa, magari il giorno dopo; ora era tempo di festeggiare.

     Questa è la storia, un fatto di cronaca reale. Bisogna guardarsi dallo spiritualizzare tutto ciò. Se si proietta in ciò tutta la soteriologia (dottrina della salvezza), si fa solo danno a tale storia e alla comprensione della salvezza. Tale storia aveva una sola lezione e basta, come tutte le altre dell’intera sezione: ciò che è perduto, è stato ritrovato (pecora, dramma).

     Tutto ciò non ha però molto a che fare col nostro tema «perdonare e dimenticare». Né ha a che fare con la grazia di Dio, che sovrabbonda rispetto al peccato (Rm 5,20), né con le affermazioni personali di Paolo sulla sua indegnità biografica e dignità in Cristo (1 Cor 15,9s).

 

 

5. {Angela Morana}

 

Sono d’accordissimo col fratello Pietro. Dio dicendo «non mi ricorderò», è chiaro che intende il fatto che attraverso il sangue di Gesù copre i nostri peccati e ci perdona, e diciamo che non li ricorda più perché Gesù ha pagato per i suoi figli. Lui vede noi attraverso Gesù, il giusto. È chiaro che qui non si parla di memoria, Dio è l’Onnipotente, vede e sa tutto, quindi non dimentica.

     Ora, però, il suo «non ricordare» vuole insegnarci qualcos’altro. Quindi, con questo vuole anche «insegnarci» che noi dobbiamo perdonare, alla stessa maniera, chi ci fa del male, e non farci guidare dalla carne, come quando eravamo senza Dio! Tutti diciamo: «Sì, a parole è facile!». Ma deve esserlo e può esserlo, solo se viviamo una vita «nascosta in Cristo». Non dobbiamo amare solo a parole, come dice l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera. Se siamo figli di Luce, dobbiamo manifestarlo con i nostri atti. E quello del perdono è l’atto più grande e, se non perdoniamo, non siamo suoi figli... e, non saremo perdonati. Ecco cosa ci vuole insegnare il Signore, che col perdono dobbiamo togliere ogni ruggine, ogni rancore verso l’altro dal nostro cuore. E non dobbiamo sentirci mai superiori per aver perdonato qualcuno, perché anche noi possiamo sbagliare alla stessa maniera (se non peggio), ma dobbiamo riguardare all’Agnello di Dio che per noi s’è immolato sulla croce, per noi che non eravamo né amabili, né puri... anzi! {08-06-2010}

 

Osservazioni (Massimiliano Monti): Dio non copre il peccato. Ad Adamo e Eva il peccato fu coperto. Quando s’offrivano i sacrifici, Dio copriva il peccato. Ma con il sacrificio di Cristo, mediante il suo sangue, Egli cancella. Se il nostro peccato fosse solo coperto e non cancellato, esso sarebbe ancora lì, ma il nostro peccato viene non coperto ma cancellato. Scusa, sorella Angela, se ho detto questo, ma era doveroso, Gesù non ha coperto ma cancellato il nostro peccato. Che Dio poi se ne ricordi o meno, questo poco importa, esso è di fatto cancellato. {08-06-2010}

 

Replica (Angela Morana): Sì, hai ragione, ho sbagliato espressione! Lui ha cancellato i nostri peccati e non se ne ricorda più, perché il suo amore è grande e non perché ha poca memoria. È chiaro questo. Scusa, ma m’ero espressa male, anche se era quello che intendevo. Buona serata. {08-06-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Massimiliano Monti e Angela Morana, vi faccio notare che «coprire il peccato» è una questione terminologica legata alla lingua ebraica. Nehemia pregava come segue a causa di Tobia e degli altri schernitori pagani: «E non coprire la loro iniquità, e non sia cancellato dal tuo cospetto il loro peccato» (Ne 4,5).

     Ancora nel NT nei libri redatti da Giudei cristiani e destinati a Giudei cristiani, è scritto: «Sappiate che colui, che riconduce un peccatore dallo sviamento della sua via, proteggerà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di peccati» (Gcm 5,20). «...l’amore copre moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8). Tale modo d’esprimersi viene dal fatto che «espiare» significa coprire; il propiziatorio era il coperchio sopra l’arca, su cui si metteva il sangue della vittima: esso appagava la legge contenuta nell’arca, coprendo appunto il peccato dinanzi a Dio.

     Affermare quindi che il sangue nell’AT «copriva» il peccato, mentre quello del NT lo «cancella», è un’inesattezza sia linguistica, sia teologica. Cancellare i peccati (o colpe) non sta soltanto nel NT (At 3,19), ma già nell’AT: «Nascondi la tua faccia dai miei peccati, e cancella tutte le mie iniquità» (Sal 51,9; Gb 7,21; Is 43,25; Ger 18,23). La differenza non sta nei termini, ma nell’eccellenza del sangue del nuovo patto e nella irripetibilità del sacrificio di Cristo (Eb 9,11ss.23).

 

Replica (Angela Morana): Grazie Nicola! Spiegazione chiarissima! Ecco perché non mi sembrava di essermi sbagliata. Comunque è buono chiarire i termini, perché per questo, a volte, si fa confusione inutile. {08-06-2010}

 

 

6. {Ealasaid Flur Bheag}

 

Interessante discussione, e io ho il mio piccolo pensiero in proposito, ve lo propongo e vorrei sapere cosa ne pensate. Credo che il perdono sia strettamente legato al pentimento e ravvedimento. Dio perdona solo quando ciò avviene. Se mia figlia mi disubbidisse, io esigo che mi chieda scusa per quello che ha fatto, e che non si ripeta. Fino ad allora il nostro rapporto è interrotto. Dopo il pentimento e il ravvedimento, io sono capace di dimenticare nel senso che non le rinfaccerò sempre ciò che ha fatto, anche se ovviamente rimarrà nella mia memoria. Dio perdona così coloro che s’avvicinano a lui con pentimento e, in questo senso, dimentica i loro peccati. {08-06-2010}

 

Osservazioni (Massimiliano Monti): È corretto il tuo pensiero, alla base d’un perdono vi è un ravvedimento; questo è o dovrebbe essere scontato. Infatti Dio ci perdona, a patto giustamente che noi ci ravvediamo. {08-06-2010}

 

 

7. {Vincenzo Russillo}

 

Il perdono potrebbe qualificarsi come un’attitudine che non cancella, ma risana ovvero ristabilisce un rapporto. Questo è avviene ogni giorno, nel profondo legame tra Dio e l’uomo: viene rinsaldata nuovamente questa unione attraverso il suo amore e il perdono. Il Signore senz’altro comanda ai credenti di perdonarsi a vicenda (Efesini 4,32). Ma quest’atto di profondo amore implica che bisogna cancellare ciò che è successo? Perdonare non significa assolutamente dimenticare. Il perdono è una decisione volontaria, che rende liberi da dissidi e riconcilia chi ha commesso il torto verso colui che l’ha subito: ciò implica anche un vero e proprio cambiamento. Nella fattispecie nel rapporto tra Dio e l’uomo, Egli sa già dall’inizio dei tempi dei nostri errori: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Romani 3,23). Ma senz’altro troviamo scritto nell’epistola agli Ebrei: «Perché avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati» (Ebrei 8,12). L’Eterno, avendo perdonato il peccatore, considera ciò, che è successo, come se non fosse mai accaduto; Egli non può dimenticare, ma mediante la nostra fede in Cristo, Egli cancella i nostri peccati. {08-06-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): L'espressione: «L’Eterno, avendo perdonato il peccatore, considera ciò, che è successo, come se non fosse mai accaduto», è incauta, un luogo comune, basato su una convenzione spiritualista. Una tale concezione astorica non è presente nella Scrittura. Dio perdona ciò, che di peccaminoso è accaduto, laddove c'è il ravvedimento e la richiesta di remissione, ma non smette di considerarlo come accaduto. Riprendo tale questione alla fine del prossimo contributo.

 

 

8. {Carlo Altieri}

 

Contributo 1: Un saluto. Mi pare strano sentire, se ben ho capito, che Dio perdona, ma non dimentica. Come si può perdonare e non dimenticare? Non resterebbe rancore? È come si concilia il verso di Isaia 43,25? Oppure in Atti 3,19? Vero è che coloro che non credono, dovranno subire conseguenze, Dio in quel caso non dimenticherebbe; ma per coloro che aprono il cuore, il perdono è assicurato e ogni cosa è dimenticata da Dio. Non riusciremmo veramente a perdonare, se nella nostra mente resterebbe il ricordo del torto o offesa subita. Ovviamente in questo lo Spirito Santo ci verrebbe in aiuto; questo credo. In ogni caso, non sto criticando nessuno, sia chiaro; la pace sia su ognuno! {08-06-2010}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Mi chiedo se tale lettore abbia letto l'intero articolo sul sito? Se lo farà, le nebbie si diraderanno e capirà... In ogni modo, «non voler ricordare» (= non riportarsi alla mente, non farne conto) e dimenticare (cancellare dalla mete) sono due cose differenti; il primo si trova nella Bibbia (Is 43,25; At 3,19), il secondo no.

 

Contributo 2 (Carlo Altieri): Penso d’aver letto l’articolo. In pratica tu dici che Dio perdona e non dimentica; quelle che tu chiami nebbie son rimaste. Per quanto riguarda i libri storici, è chiaro che sono anche d’insegnamento, quindi devono riportare le azioni divine rispetto all’ubbidienza o disubbidienza. Chiaramente un popolo o un singolo riceverà la giusta retribuzione. Gli esempi che citi tipo il Salmo 109, si riferiscono a una richiesta di Davide verso chi l’opprime e lo perseguita, un empio quindi e la sua progenie; è verso quella che il salmista dirige la ricordanza di Dio, nel non dimenticare il peccato non verso un credente. Chi riceve perdono e lavacro di peccati è sicuro che non ci sarà memoria da parte di Dio; da nessuna parte è scritto il contrario. Per quel che concerne l’atto accusatorio in Colossesi 2,14, quello è cancellato; per me una cosa cancellata, è cancellata, non esiste più. Ha fatto un pubblico spettacolo delle potestà sconfitte attraverso la croce, mentre i credenti sono stati perdonati da tutte le iniquità e peccati; non si menziona nulla riguardo al ricordare qualcosa. Tutto questo conferma quanto credo; per il credente il peccato è perdonato e dimenticato, grazie a Lui. A rigor di logica come si potrebbe gustare la presenza di Dio, sentendosi sporchi di peccati commessi, senza certezza d’essere stati lavati e purificati, come se non fossero stati mai commessi? E se Dio ricordasse i peccati, dopo averli perdonati e lavati, come potrebbe avere armonia con il credente? Una cosa lavata, è lavata... non esiste memoria della macchia. Ringrazio Dio che perdona i miei peccati, e son certo che non se ne ricorderà. Pace a te e a quanti leggeranno. {09-06-2010}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Vedo che il lettore non ha afferrato la differenza fra «non (voler) ricordare» (= non riportarsi alla mente, non farne conto) e dimenticare. Il «cancellare» nei brani biblici si riferisce ai peccati (o colpe) e al documento, che le attesta (Legge mosaica), ma non alla consapevolezza di Dio in merito a ciò che è successo. Dio cancella le colpe, non vuole poi riportarsele alla mente, ma non le dimentica come fatto storico successo. Inoltre, un Dio onnisciente non dimentica! Ciò che è stato perdonato, lavato o cancellato, non ha più vigore in giudizio quanto a punizione; ma non per questo viene dimenticato come fatto storico. Altra cosa è per il premio che si può defraudare e di cui si può quindi subire il danno (Col 2,18).

     Un Dio che dimentica i fatti accaduti, come farebbe a essere un giusto «rimuneratore di quelli che lo cercano» (Eb 11,6) e «giudice di tutta la terra» (Gn 18,25; Sal 94,2)? Anche per i figli di Dio, il perdono è una cosa, il premio secondo le proprie opere è un’altra (Ap 2,23; 22,12); se il Signore dimenticasse, come farebbe a premiare in modo giusto i credenti? Il credente pigro e indolente riceverebbe lo stesso trattamento del credente fedele e solerte!? Secondo 1 Corinzi 3, alcuni credenti saranno salvati appena in tempo (v. 15), senza alcun premio, avendo essi vissuto in modo indegno, mentre altri riceveranno una buona ricompensa (v. 14), poiché avranno accumulato ricchi premi di fedeltà al Signore (cfr. Mt 6, 20).

     Faccio anche un esempio pratico. Mettiamo il caso che un conduttore di chiesa cada in un peccato di infedeltà (in campo sessuale, economico, ecc.) e la comunità lo destituisce da tale carica e ministero. Egli alla fine si ravvede, si umilia dinanzi a Dio, ripara alle malefatte e chiede perdono anche alla chiesa, che glielo concede. L’uomo viene riammesso in comunione. Nessuno vorrà rivangare ciò che è stato (ricordare), al fine di ferirlo. Potrà la chiesa locale mai dimenticare tale scandalo? Che cosa farà essa, quando tale credente chiederà di essere riammesso al ministero di conduttore, visto che ha ottenuto il perdono? Chiaramente il perdono (riaccettazione nella comunione) e la sanzione (esclusione dalla conduzione) non sono la stessa cosa. Neppure «non voler ricordare» (per rinfacciare) e «dimenticare» sono la stessa cosa. Ogni chiesa locale ha un protocollo di disciplina ecclesiale in caso di infedeltà e la riabilitazione ministeriale segue normalmente un percorso a tappe più o meno lungo, che va dal perdono pubblico fino all'eventuale reintegro nel ministero precedente.

     Un’ultima annotazione è la seguente. Il lettore afferma che Dio ci tratterrà come se i nostri peccati «non fossero stati mai commessi»; pur cercando in tutta la Bibbia, non ho trovato nulla del genere; in essa s’afferma invece che Egli tratterà i credenti come coloro, a cui è stato perdonato, a causa dei meriti di Cristo. Questa è tutta un’altra cosa.

 

Contributo 3 (Carlo Altieri):Che buffo, fai un notevole distinguo fra il «non ricordare» e «dimenticare», il non riportarsi alla mente... ma secondo te non significano tutti la stesa cosa? Dimenticare? Ripeto è chiaro che i peccati li ricordano quelli che non hanno lavato le loro vesti; ed è chiaro che Dio ricorda di ricompensare i suoi... ma non ricorderà i peccati di coloro che avrà cambiato in nuove creature, lavate con il prezioso sangue di Cristo... La chiamata al ravvedimento anche in Atti 3,19: «Affinché i vostri peccati siano cancellati». Questo cancellare, significa «come mai esistiti»; cancellare è cancellare; significa mai fatti, non puoi ricordare qualcosa mai fatta, questo è nelle possibilità di Dio. Permettimi di continuare a non essere d’accordo con te su questa questione... Buon discernimento a te. La pace di Cristo sia nel tuo cuore. {10-06-2010}

 

Risposta 3 (Nicola Martella): È difficile spiegare qualcosa a chi non sa capire. Dovrei ripetermi, ma vedo che è inutile. «Non ricordare» non è dimenticare. In tutta la Scrittura non viene mai detto che Dio dimentichi gli atti peccaminosi degli uomini, neppure quelli da Lui perdonati. Cancellare una colpa non significa cancellare l’atto storico peccaminoso, come se mai fosse accaduto (questa è una spiritualizzazione che non trova conferma nella Scrittura), ma soltanto che non viene più imputato, poiché un altro ha pagato.

     È la logica del condono: l’atto storico dell’infrazione rimane, ma il legislatore dando la possibilità di sanare la situazione, toglie la possibilità di essere perseguiti per l’infrazione commessa, una volta che si è regolarizzata la propria posizione. Quando la casa verrà venduta, non sarà come se essa fosse stata costruita secondo le regole, ma come una che è stata condonata; il notaio chiederà appunto copia del condono.

     È la logica dell’amnistia: l’atto storico del crimine rimane, ma il reo può lasciare lo stesso il carcere, non come uno che non ha mai commesso il reato, ma come uno a cui è stata fatta grazia. Gli atti commessi non vengono dimenticati dalla legge, soltanto non vengono più imputati. Né per la legge né per la coscienza tali atti storici peccaminosi possono essere considerati come se non fossero mai stati commessi.

     Penso che terminiamo qui questo confronto, per non ripeterci. Il tema è oramai concluso.

 

 

9. {Andrea Poggi}

 

Caro Nicola, vorrei lasciare un piccolo contributo in relazione al tema «Dio perdona, ma non dimentica!». Mi riferisco alla tua riposta n° 2 fatta a Carlo Altieri, quando fai l’esempio pratico citando un conduttore di chiesa che cade in un peccato d’infedeltà. Personalmente credo che questo esempio chiarisce qualcosa di veramente potente riguardo a ciò che Dio è veramente. Dunque: caduta, conseguenze, destituzione da carica e ministero, poi ravvedimento e umiliazione del fratello davanti a Dio e alla chiesa (e fin qui niente da dire); ma vediamo le conseguenze: perdono di Dio (totale) e della chiesa (parziale). Perché? La chiesa «riaccetta nella comunione», ma «lascia l’esclusione dalla conduzione»; ovvero: perdono parziale che viene impedito dal poter più esercitare la chiamata da parte del credente in questione, perché purtroppo la chiesa in verità «non perdona» e nemmeno «cancella» (nel senso che «vuole ricordare il peccato», non lo fa verbalmente per non ferire, per non rinfacciare, ma lo fa con la pratica, escludendo, così ammazza del tutto! Dio ci liberi!). Dio invece «perdona» e «riabilita» perché non è un uomo (sicuramente «non può dimenticare la colpa come fatto storico», ma al contrario dell’uomo che «nemmeno le cancella per non portarle alla mente», Egli lo fa eccome!). Dio ci ha scelti per servirlo e la chiamata che ha fatto ad ognuno non è a tempo determinato, un ministro di Dio rimane tale fino alla fine della corsa. La chiesa può anche non ammettere più la persona (in questo caso alla conduzione), ma ciò vale per qualsiasi altro servizio, e questo è il problema della chiesa, che dovrà risponderne davanti a Dio; la chiesa ha senza dubbio perdono (?) e sanzione, ma Dio ha perdono e riabilitazione. Grazie per l’attenzione. Tante benedizioni, caro fratello Nicola. {10-06-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Veramente rimango perplesso dinanzi a questa sfuriata non abbastanza ponderata, che è per altro fuori tema rispetto al titolo della questione e che prende spunto su un esempio collaterale. In ogni modo, faccio presente che quando un credente o un conduttore cade in un grave peccato, la chiesa commina una disciplina ecclesiale. Qualora non vi sia un sincero e totale ravvedimento, il soggetto può essere allontanato. Quando tale credente si ravvede, il perdono e la sanzione non sono in contraddizione o antitesi, ma si trovano su due livelli diversi.

     Anche Dio distingue fra perdono e sanzione nel suo agire. Il salmista affermò: «Fosti per loro un Dio perdonatore, benché tu punissi le loro male azioni» (Sal 99,8). Nel «salmo di Davide, quando il profeta Nathan venne a lui, dopo che Davide era stato da Batseba» (Sal 51), ci sono tutti gli elementi di un sincero pentimento. Quando Davide disse a Nathan: «Ho peccato contro l’Eterno», questo gli rispose: «E l’Eterno ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai» (2 Sm 12,13). Anche altrove Davide confessò: «Tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato» (Sal 32,5). Eppure ciò non rimase senza conseguenze, come gli comunicò il profeta Nathan: «Il figlio, che t’è nato, dovrà morire» (v. 14). A ciò si aggiungevano altre sciagure di tipo familiare e politico (vv. 9-12).

     La disciplina ecclesiale del reo confesso e la sua riabilitazione passano per diversi stadi, durante i quali egli deve dare prova di se stesso e di essersi veramente ravveduto nei fatti: 1. Perdono; 2. Riaccettazione in comunione; 3. Affidamento di incarichi minori; 4. Affidamento di incarichi non decisionali; 5. Reintegro completo nell’incarico e ministero precedente.

     Tutto ciò ha anche uno scopo pedagogico sia per tale credente caduto nel peccato e poi riabilitato, sia per la comunità. Infatti, è scritto per i servitori: «E anche questi siano prima provati; poi svolgano il servizio, se sono irreprensibili» (1 Tm 3,10). Chiudiamo qui questa questione, poiché ci fa deviare dal tema principale. In ogni modo, anche il tema principale è stato oramai sondato abbastanza e può ritenersi chiuso. Muoversi in cerchio fa perdere soltanto tempo ed energie.

 

 

10. {Francesca Aglieri Rinella}

 

Eppure fratello, Dio dice che getterà i nostri peccati nel mare della dimenticanza... ovviamente quanto c’è il vero e sincero pentimento! {11-06-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Sì, getterà i peccati nel fondo del mare (Mi 7,19): questa è una metafora per dire che non vuole riportarseli alla mente; tale espressione vale nello stesso verso all'altra: «Si metterà sotto i piedi le nostre iniquità», ossia non darà loro più nessun peso. Nella Bibbia però non c’è un «mare della dimenticanza». Queste sono soltanto metafore per far capire il fatto che Dio non vuole più imputare le colpe. Tuttavia, un Dio onnisciente non dimentica, ma perdona lo stesso coloro che si ravvedono.

 

 

11. {Angela Palmieri}

 

Ho sempre saputo che, dopo una confessione sincera, Dio ci perdona realmente i nostri peccati, allontanandoli come l’oriente dall’occidente, e di conseguenza ci tratta come se non li avessimo mai commessi! {12-06-2010}

 

Osservazioni (Patrizia Miceli): Infatti, se li ricorda, ma ci tratta come se non li avessimo commessi. Questa è misericordia.

 

Risposta (Nicola Martella): Il verso menzionato recita così: «Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha egli allontanato da noi le nostre trasgressioni» (Sal 103,12). Tale verso fa parte di una serie di metafore che esprimono il perdono immeritato di Dio e la sua clemenza verso coloro che lo temono (vv. 10-14). Anche qui si vuol dire che Dio non ha imputato le iniquità, ma ha rimesse le colpe.

    Ripeto ancora una volta: Il Dio onnisciente non dimentica, ma perdona (= condona) i peccati di coloro, che si ravvedono. Dio non ci tratta come se non li avessimo mai commessi, poiché i fatti storici (le infrazioni) non possono essere aboliti, ma non ci imputa più le colpe. Rimaniamo peccatori, ma perdonati. Così è per i pregiudicati che ottengono la grazia; così è per una casa condonata. Non si è più perseguibili, ma la memoria storica rimane.

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Dio-perdon_non-diment_Avv.htm

08-06-2010; Aggiornamento: 13-06-2010

 

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