1. PROBLEMI DI LESSICO
(Fiorina Pistone): Mi pare di riscontrare un
evidente errore lessicale nel dibattito «Le
ondate dello Spirito tra differenze e affinità? Parliamone 2».
Mi riferisco all’intervento di Tonino Mele, che nel penultimo capoverso cita 1
Giovanni 5,4 («Tutto quello che è nato da Dio vince il mondo») e
poi dice: «...il cristiano ha, sin dall’inizio, nella sua natura divina,
quanto gli serve per vincere in questo mondo». La natura divina ce l’ha soltanto
Dio: l’uomo può avere avuto la nuova nascita, cioè la
nascita dallo Spirito.
La natura non è la
nascita, ma «l’insieme delle qualità, tendenze, inclinazioni, considerate innate
e permanenti, che fanno d’un essere quello che è; es. la natura dell’uomo, la
natura di Dio ecc.» (citazione dal dizionario Garzanti). {12 febbraio 2010}
2. RELATIVO E ASSOLUTO
(Nicola Martella): Quanto a ciò che afferma
Tonino Mele, potrà egli stesso spiegare meglio le cose. Faccio notare che
l’espressione «natura divina» non intende l’essere uguali a Dio o essere
divini, ma essa parla della rigenerazione da parte di Dio, chiamata in greco
«nascita dall’alto» (ossia da Dio) o «nascita dallo Spirito». Giovanni la spiegò
così in contrapposizione al rifiuto giudaico: «A tutti quelli che l’hanno
ricevuto egli ha dato l’autorità di diventare
figli di Dio, a quelli, cioè, che
credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne,
né da volontà d’uomo, ma sono
nati da Dio» (Gv 1,12s). Riguardo alla nascita dallo Spirito si veda:
Gv 3,5s.8; Gal 4,29; riguardo alla nascita da Dio si veda: 1 Gv 3,9; 4,7;
5,1.5.18.
Ora, sebbene i credenti
rigenerati siano «uomini della stessa natura» dei non-credenti e debbano
rifiutare ogni adorazione o venerazione cultuale (At 14,14ss), Dio per mezzo
delle sue promesse ha fatto sì che diventassimo «partecipi della natura
divina» (2 Pt 1,4); ciò è avvenuto come caparra alla conversione
(aspetto umano) e alla rigenerazione (opera divina), allorquando i credenti sono
«fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza»
(v. 4b; cfr. vv. 1ss; vv. 5ss ciò che è nato, può svilupparsi), e avverrà come
piena realizzazione alla risurrezione.
Chiaramente tale «natura
divina» non è un obiettivo da raggiungere alla fine di un lungo cammino,
come nella spiritualità gnostica, ma rappresenta la rigenerazione spirituale
all’inizio del cammino cristiano. Inoltre Pietro parla del fatto di essere stati
«fatti partecipi» d’essa, non di essere diventati divini in sé, come
suggerisce la spiritualità esoterica. Paolo espresse tale concetto anche
diversamente, quando affermò di essere morto con Cristo e che Egli viveva in lui
(Gal 2,20). In tale simbiosi poté dire: «Portiamo sempre nel nostro corpo la
morte di Gesù, perché anche la vita di
Gesù si manifesti nel nostro corpo; poiché noi che viviamo, siamo sempre
esposti alla morte a causa di Gesù, affinché anche
la vita di Gesù sia manifestata
nella nostra carne mortale» (2 Cor 4,10s).
Per tali motivi, si può ben
dire che la «natura divina», di cui Dio fa partecipi i credenti, si manifesta in
loro con la rigenerazione o «nuova nascita». Chiaramente la creatura
rimane tale, essendo Dio l’unico immortale (1 Tm 1,17), ma il credente ha parte
a tale natura in Cristo, essendo diventati immagine di Dio o di Cristo
(Rm 8,29; 2 Cor 3,18; Col 3,10). Essendo essi «rinnovati nello spirito della…
mente», possono «rivestire l’uomo nuovo che è creato all’immagine di Dio
nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità» (Ef 4,23s).
Nella risposta che segue,
l’autore non era a conoscenza del contenuto di queste mie osservazioni.
3. NUOVA CREAZIONE
(Tonino Mele): Indubbiamente non volevo
fare un’affermazione di tipo ontologico. Dio rimane Dio e l’uomo rimane uomo
anche dopo la nuova nascita. Infatti ho anche virgolettato la frase «natura
divina». Probabilmente, mentre scrivevo, avevo in mente le parole
dell’apostolo Pietro: «...affinché diventiate partecipi della natura divina»
(2 Pt 1,4). Anche queste parole, ben più «canoniche» delle mie, sono state
criticate da molti critici, vedendoci l’influsso del tardo platonismo o di
qualche religione misterica. Tuttavia, a differenza di ciò che avveniva nel
mondo ellenistico, Pietro non sta certamente parlando d’una «divinizzazione»
dell’uomo, e neppure io, ma di quello status nuovo e permanente, che il
cristiano riceve con la nuova nascita. Questo divenir «partecipi»
mi pare più della semplice «possibilità» di partecipare alla «natura divina»,
cioè un semplice «usufrutto» nel tempo. Mi pare che Pietro parli di qualcosa di
nuovo, che il credente diventa (che da l’idea d’un momento più preciso). [N.d.R.
Sebbene teologicamente parlando tale momento, in cui si diventa «figli di Dio»
(quindi participi della sua natura; Gv 1,11ss), sia nel momento della
rigenerazione, è possibile che in 2 Pt 1,4 l'apostolo pensasse alla
realizzazione escatologica, quindi alla risurrezione.]
L’apostolo Paolo lo esprime con queste parole: «Se dunque uno è in Cristo,
egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono
diventate nuove» (2 Cor 5,17 [gr. «nuova creazione», N.d.R.]). Ed ancora: «Infatti,
tanto la circoncisione che l’incirconcisione non sono nulla; quello che importa
è l’essere una nuova creatura» (Gal 6,15).
Quindi, distinguere tra «natura» e «nascita» mi pare poco pertinente con i dati
neotestamentari. Perlomeno si deve parlare di «nuova natura» che ci viene data
con la «nuova nascita». Se poi si debba usare l’espressione «natura divina» per
identificare questa «nuova natura», se ne può discutere. Credo si possa farlo,
se tra virgolette e con opportuni distingui, come qui abbiamo fatto; ma non
voglio difendere questo punto a spada tratta, perché, più che alla dottrina,
attiene al linguaggio che usiamo, la cui legittimità deriva dall’essere
portatore d’un messaggio chiaro e senza fraintendimenti. {15 febbraio 2010}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Natura-divina_nato-da-Dio_EdF.htm
21-02-2010; Aggiornamento: 22-02-2010 |