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La questione del lettore
▲
Ciao Nicola, ho
trovato su un libro che sto studiando una dichiarazione interessante, e vorrei
sapere cosa ne pensi, anche se dai tuoi scritti so già che non la condividi.
Tuttavia credo che sia degna d’approfondimento.
Il pastore battista Umberto delle Donne nel suo libro «La Torre d’argilla» a
pagina 39 riporta la dichiarazione del rabbino Simeon Joachi, il quale nel suo
commentario sulla prima sezione della Genesi (Firenze 1884), nel fare l’esegesi
del nome divino «Elohim», affermò testualmente: «Questa parola rivela tre
aspetti, tre parti o nature che insieme formano un unico tutto».
Certamente egli non intendeva affermare una concezione trinitaria (evidentemente
questo non era il suo problema), tuttavia raccoglie una sorprendente immagine
teologica che non va trascurata e che può dare un notevole apporto nella
comprensione del mistero di Dio.
Cosa ne pensi? Credo che un’affermazione tale, fatta da un rabbino non
cristiano, getti un’interessante prova a sostegno della Trinità. {Gaio Rannuni,
ps; 21-11-2007}
La risposta ▲
Premetto che la
comprensione di un solo Dio (in quanto categoria unica ed esclusiva) in tre
distinti, personali e contemporanei individui con la stessa natura divina sia
una fondamentale dottrina del NT, senza la quale non si potrà comprendere
correttamente la novità e la profondità del nuovo patto. Quindi sbagliano gli
antitrinitari ariani e quelli modalisti. [►
Antitrinitari mimetizzati?;
►
Trinità e antitrinitari;
►
La concezione modalista di Dio]
Alcuni cristiani, tuttavia, pur di avere ragione verso i loro avversari
dottrinali, retroproiettano sull’AT argomenti legittimi solo all’interno del NT
(la rivelazione è progressiva!) e addirittura cavillano sul nome divino ebraico
’ëlohîm «tremendo, autorità», proiettando in esso arcani
significati, i quali però si infrangono come spuma sullo scoglio di un’analisi
obiettiva dal punto di vista etimologico, letterario, storico e culturale. Per
tagliare rettamente la Parola di verità (2 Tm 2,15), bisogna cominciare con
l’essere onesti verso di essa. Barando si può apparire come uno che ha ragione
al momento, ma non significa essersi avvicinati di più alla verità che rende
liberi.
Ora passo a rispondere alla missiva. Non ho avuto il piacere di conoscere il
pastore battista Umberto delle Donne. Non conoscevo neppure l’affermazione del
rabbino Simeon Joachi. Non capisco neppure come di posa «fare l’esegesi del nome
divino “Elohim”»; tutt’al più si può fare una ricerca filologica e mostrare
altresì l’uso di tale nome.
L’affermazione del sunnominato rabbino è interessante, ma rimane solo una
dichiarazione, se non viene dimostrata testualmente e contestualmente (questo sì
che necessita l’esegesi). Manca anche il contesto in cui tale frase è stata
originalmente inserita. Le lingue antiche conoscevano un «duale» che aveva in
genere la stessa forma del plurale (rarissimo in italiano, cfr. «ambedue»), ma
non un «triale»; rimane un mistero da dove Simeon Joachi abbia cavato tale
significato dal nome
’ëlohîm!
Inoltre mi verrebbe da rispondere con lo scrittore umoristico israeliano Kishon:
«Per esempio non è una prova». Non capisco perché la citazione di un rabbino, in
quanto tale, dovrebbe costituire di per sé una «prova»!? Una prova è un fatto
accertato, non una semplice dichiarazione. Nel NT i rabbini (scribi e farisei)
non ebbero una buona fama in genere (Mt 23; forse tranne Nicodemo e Gamaliele) e
Paolo ricordò dispute intorno a genealogie (Tt 3,9) e favole giudaiche (Tt
1,14).
Non penso che la dichiarazione di tale rabbino su ’ëlohîm
possa «dare un notevole apporto nella comprensione del mistero di Dio» o
presentare «un’interessante prova a sostegno della Trinità». Infatti bisogna
argomentare con in modo corretto e chiaro, basando le proprie dichiarazioni su
prove esegetiche.
La rivelazione è progressiva e prima di Fil 2 e Gv 1 è difficile dimostrare una
pluralità di persone all’interno della stessa categoria della Deità, aventi la
stessa natura divina e in modo esclusivo.
Quanto a ’ëlohîm
ho mostrato a sufficienza che il suo significato non si differenzia dal
singolare ’ëlôach e che esclude di per sé una
chiara indicazione della Trinità per il fatto che viene usato con significato
singolare anche per altri dèi. Sulla verità non bisogna barare solo per avere
ragione: è la verità che rende liberi (Gv 8,32). Riporto un solo caso
emblematico per rendere l’idea: «Allora Elia s’accostò a tutto il popolo e
disse: “Per quanto [tempo] salterete [ritualmente] voi dai due lati? Se Jahwè è
’ëlohîm, seguite lui; se poi lo è Ba`al, seguite lui… 24Allora
invocate voi il nome del vostro ’ëlohîm, e io, io invocherò il nome
di Jahwè. E lo ’ëlohîm che risponde mediante il fuoco, egli è
’ëlohîm» (1 Re 18,21).
Era veramente difficile attribuire a un nome (qui ’ëlohîm) un
significato che non poteva avere (p.es. essere trino), essendo usato allora sia
per il Dio vero sia per Ba`al senza alcuna differenziazione di sorta (o era
anche Ba`al un essere trino?). La Trinità è un’importante e fondamentale
dottrina nel NT; bisogna però usare argomenti adeguati e probatori per
parlarne.
Per l’approfondimento si veda la seguente letteratura:
■ Nicola Martella,
Temi delle origini.
Le Origini 1 (Punto°A°Croce,
Roma 2006), articolo: «Dio nella Genesi», pp. 15-24. ■ Nicola Martella,
Esegesi delle origini.
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma
2006), brani: Gn 1,1 (Elohim), pp. 13ss; Gn 1,26 (facciamo), pp.
74s; Gn 3,22 (verbi plurali), pp. 256ss. ■ Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Dio: pluralità», pp.141s; «Tremendo»
(Elohim), pp. 365ss. |
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Elohim_trinita_MT_AT.htm
24-11-2007; Aggiornamento:
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