L’autore prosegue qui di seguito nella risposta alle domande di un lettore
(Mario), che ha chiesto quali siano le differenze tra l’UCEBI e il
Proto-Battismo. Per «Proto-Battismo» (o Vetero-Battismo) s’intende qui il
Battismo delle origini. La
prima parte affronta la questione dell’ispirazione della
Bibbia. La
seconda parte tratta la soteriologia e l’etica. La domanda
dell'attuale parte è la seguente: L’UCEBI è ancora o è mai stata un'unione di
chiese congregazionaliste? L'attuale versione, strutturata e redatta da
noi in modo confacente allo stile di un articolo, si basa su uno scritto che
aveva, in origine, lo stile di una lettera personale. {Nicola Martella} |
1. IL PROTO-BATTISMO: Nello scritto di Smyth «Principi e
deduzioni riguardante la Chiesa visibile («Principles and inferences concerning
the visible Church») è evidenziato il concetto di chiesa congregazionalista.
In questo scritto «la Chiesa visibile» è definita come «una comunione visibile
di santi», i quali singolarmente «devono essere considerati fedeli ed eletti».
Si afferma ancora che la Chiesa «è una visibile comunione di santi formata da
due, tre e più santi uniti insieme dal patto con Dio, secondo la Parola, per la
loro mutua edificazione e per la gloria di Dio...». La vera Chiesa ha potere di
ricevere «membri nella comunione; responsabili che esercitano cariche di
dirigenza». [W.T. Whitley, The Works of John Smyth (Cambridge University
press, 1915), pp. 252, 254, 256.] Questa definizione di Chiesa come «gente del
patto» sarà da Smyth modificata a favore del
battesimo degli adulti. Infatti, Helwys afferma nella sua confessione di
fede all’Art. 10: «Che la Chiesa di Cristo è una comunione di persone fedeli (1
Cor 2; Ef 1,1) separata dal mondo per la Parola e lo Spirito di Dio (2 Cor
6,17), essendo intessuta dal Signore e gli uni e gli altri dal battesimo (1 Cor
7,13), sulla loro propria confessione della fede (Atti 8,37) e dei peccati (Mt
3,6)».
Nell’Art. 11 Helwys afferma: «Che sebbene nel rispetto di Cristo la Chiesa sia
una (Ef 4,4), ancora essa consiste di diverse particolari congregazioni, in ogni
caso molte come ci saranno nel mondo; ognuna delle quali congregazioni, sebbene
in esse ci siano due o tre [credenti], hanno Cristo che è stato dato a loro
stessi con i mezzi della loro salvezza (Mt 18,20; Rm 8,32; 1 Cor 3,22), sono il
corpo di Cristo (1 Cor 12: 27) e l’intera Chiesa (1 Cor 14,23), e quindi possono
e devono, quando essi sono venuti insieme, pregare, profetizzare, rompere il
pane e amministrare tutte le sante ordinanze, anche se essi sono privi di
dirigenti o che i loro dirigenti sono in prigione, malati, o per altri mezzi
ostacolati dalla Chiesa (1 Pietro 4,10 e 2,5)».
Continuando, Helwys afferma all’Art. 12: «Che come una congregazione ha Cristo,
così ha tutto (2 Cor 10: 7), e che la Parola di Dio non viene fuori da qualcuno,
né a qualche congregazione in particolare (1 Cor 14: 36), ma su ogni particolare
“Chiesa”, come essa fa su tutto il mondo (Col 1,5-6). E quindi nessuna Chiesa
deve contendere ogni privilegio sull’altra». [W.H. Burgess, John Smyth, Thomas
Helwys and the planting of the first Baptist Church in England (J. Clarke,
London 1911), p. 214.]
Il concetto che viene enfatizzato è che ogni chiesa ha pari dignità e
autorità come tutte le altre visibili chiese (questa è una delle prime
asserzioni della concezione del congregazionalismo).
2. L’UCEBI: La Confessione di fede dell’UCEBI nei suoi
diciannove articoli raggruppa tre articoli che potrebbero indurci a pensare che
essi pongano in risalto la devozione congregazionalista. Tuttavia, l’articolo 8,
che è quello che c’interessa, non è chiaro. Non si parla di conversione di vita
vissuta nella santità, di separazione dal mondo. L’articolo 8 s’esprime in
questa maniera: «Ovunque i credenti sono raccolti insieme dalla Parola
dell’Evangelo per ascoltarla sempre di nuovo, per condividere la Cena del
Signore, per coltivare il vincolo dell’amore, per far discepoli mediante
l’insegnamento e il battesimo, là s’individua la Chiesa di Cristo, perché Egli è
là in mezzo a loro. Ciascuna chiesa così raccolta s’organizza in un luogo e in
un tempo determinati secondo la parola dell’evangelo e sotto la sola autorità di
Cristo. Tutte le chiese hanno davanti al Signore pari dignità, tutte sono
fornite dallo Spirito dei ministeri atti a rispondere efficacemente alla loro
vocazione e tutte sono chiamate a coltivare l’unità dello Spirito con il vincolo
della pace. Noi crediamo che la chiesa del Signore, così determinantesi nella
storia, è una in Cristo, santa nello Spirito, apostolica nella sua derivazione e
nella sua missione, universale nel suo orizzonte in virtù dell’evangelo di cui
vive e che annunzia».
3. ALCUNE CONSIDERAZIONI: Cercando di capirne di più
dobbiamo leggere anche l’Art. 7 che riguarda il discepolato cristiano: «Quanti
ascoltano e accolgono la parola di Cristo sono chiamati a seguire il Signore
come discepoli. Questo itinerario comporta l’assunzione per amore, di gravi
responsabilità storiche, mai esenti da contraddizioni e pericoli di compromessi,
ma sempre animati dalla speranza di Dio».
Ma neppure l’Art. 7 ci aiuta a cogliere il concetto della «Chiesa
congregazionalista», che è alla base del primo Battismo. Dobbiamo affidarci al
commento di Tomasetto per poter capirne di più. Egli, commentando l’Art. 7,
prende a prestito le parole di Bonhoeffer, senza citarlo: «Solo chi crede
obbedisce, e solo chi obbedisce dimostra di credere». [Cfr Bonhoeffer,
Sequela (Queriniana ed, Bs), pag. 43.] Continuando, Tomasetto afferma: «C’è
un legame molto stretto fra fede e obbedienza; la fede, oltre che nella
confessione, diventa visibile nell’obbedienza. Cristo chiama la persona al suo
seguito, alla sequela e, senza ulteriore intervento, chi è chiamato obbedisce
prontamente. Il discepolato non risponde soltanto confessando a parole la sua
fede in Cristo, ma con un atto d’obbedienza reale e concreta... Il discepolato
consiste nel porsi alla sequela di Cristo... Si è chiamato fuori e bisogna
“venire fuori” dal tipo di vita condotta fino a quel momento... Il passato resta
indietro, lo si lascia completamente...» (p. 64). Tomasetto fa uso di termini
evangelici come «vita nuova», «nuova creatura».
È interessante leggere tra le righe del commento di Tomasetto le affermazioni
forti e rivoluzionarie di Bonhoeffer citate nel suo libro «Sequela». Tomasetto
afferma: «Un’idea di Cristo, una dottrina di Cristo, una dottrina, una
conoscenza religiosa generale della grazia e del perdono dei peccati non
richiede obbedienza». [Cfr. Sequela, pp. 37, 43.] Tomasetto sta
affermando concetti stravolgenti sul discepolato cristiano, che è il retroterra
della chiesa, ma purtroppo astratti che hanno il sapore d’un ragionamento
retorico, privo d’incisività nella vita morale e spirituale di molte chiese
dell’UCEBI. Il ragionamento di Tomasetto assomiglia a quello fatto da quei
credenti compiacenti che sono nella mente di Giacomo, i quali si specchiano, ma
dimenticano se stessi, dopo essersi specchiati. Sono i neofarisei che dicono ma
non fanno, e, ancor peggio, calpestano la dignità umana.
È comunque nel commento all’Art. 8, che Tomasetto chiarisce un po’ di più il
linguaggio enigmatico dell’articolo stesso: «Questo articolo è importante per le
chiese battiste, in quanto è su quest’argomento che in Inghilterra, agli inizi
del XVII secolo, esse si sono divise fraternamente dalle chiese riformate e, in
base alla nuova comprensione ecclesiologica, si sono riallacciate anche alla
prassi del battesimo dei credenti confessanti, tipica del Cristianesimo
primitivo». Dopo un preambolo che stabilisce i dati teologici generali, quelli
organizzativo-istituzionali e i caratteri costitutivi della chiesa, passa a
definire quello che è la comprensione battista della chiesa secondo l’UCEBI: la
Chiesa è formata da persone che sono raccolti dalla Parola dell’Evangelo per
ascoltarla, condividere la Cena del Signore, coltivare il vincolo dell’amore,
fare discepoli mediante l’insegnamento e il battesimo cristiano. La chiesa è
chiesa se accadono questi eventi: gente che, raccolta dalla parola del Signore,
condivide, coltiva, fa discepoli. È interessante che Tomasetto sottolinea il
concetto teologico della «convocazione di Dio» che rende il gruppo convocato
«Chiesa». Ciò che Tomasetto sta affermando riguardante la 2a sezione
è interessante ai fini del nostro commento finale. Egli dice: «La 2a
sezione punta decisamente verso la comunità locale come espressione
ecclesiologica primaria cui le altre dimensioni sono subordinate. Questa è la
concezione tipicamente battista della chiesa. Da un punto di vista
ecclesiologico non c’è altra autorità che possa essere superiore alla Chiesa
locale o alla quale questa sia gerarchicamente subordinata. L’unica autorità che
si riconosce nella chiesa è quella del Signore stesso e quella della Scrittura.
Ogni comunità ha il diritto, fatto salvo il riconoscimento delle due autorità
ricordate, d’organizzarsi liberamente secondo un proprio ordinamento interno. Le
chiese battiste sono congregazionaliste in quanto s’autogovernano e nello stesso
tempo stabiliscono legami di collaborazione, di fraternità e di sostegno
reciproco con altre comunità battiste locali». Di seguito parla d’Associazioni e
d’Unioni per svolgere il proprio servizio e avere un legame anche stretto con le
altre chiese sorelle. Nella terza sezione è enfatizzata la sua dignità di chiesa
che provengono dalla tradizione apostolica, la quale professa la Chiesa «Una,
Santa, Universale e Apostolica».
Nel cercare di comprendere l’ecclesiologia battista dell’UCEBI dobbiamo anche
riferirci al loro Regolamento che getta luce sull’ambiguità del loro
essere congregazionalisti.
Inizio con il citare l’Art. 12 (Collegamenti compreso nel Capo 3° - Rapporto
delle Chiese tra loro): «Le chiese membro dell’Unione sono libere, nella loro
autotomia, di collegarsi tra loro per il raggiungimento di finalità comuni».
Ma L’Art. 12 quater (Chiese collegate per la cura pastorale), recita: «In
mancanza di pastori in numero sufficiente a provvedere di cura pastorale il
Comitato Esecutivo (CE) invita le Chiese sprovviste di pastori a collegarsi con
altra o altre viciniori per usufruire di cura pastorale congiunta... A comporre
eventuali divergenze che insorgono tra chiese collegate provvede l’Associazione
regionale o di zona a cui le chiese appartengono. Se queste non appartengono
tutte alla medesima Associazione o se le divergenze insorgono tra Chiesa e
pastore, provvede il Comitato Esecutivo. Avverso i provvedimenti
dell’Associazione o del Comitato Esecutivo è ammesso il ricorso al Collegio
degli Anziani a istanza d’una della chiese o del pastore interessati».
Nel Capo 4° (Rapporti tra Chiesa e pastore) si afferma ancora quanto segue.
L’Art. 13 (Scelta) recita: «La chiesa manifesta la sua preferenza riguardo alla
scelta del pastore, dandone comunicazione all’interessato e al CE». L’Art. 18
prevede l’utilizzo d’un pastore locale. Gli organi istituzionali dell’UCEBI sono
il Comitato Esecutivo, il Collegio dei revisori, il Collegio degli Anziani.
Sembra che questi organi istituzionali siano esecutori del mandato assembleare,
ma di fatto essi esercitano un potere più accentrato. Tanto è vero che il
Collegio degli Anziani su richiesta del Comitato Esecutivo interviene negli
affari delle chiese locali emettendo «Raccomandazioni», che sono in realtà delle
vere e proprie ingiunzioni. Se una chiesa o un soggetto della chiesa non
s’attiene a ciò, tali organi hanno potere d’esclusione dall’Unione.
4. APPROFONDIMENTI: Alla luce di quanto è stato esposto, è
doveroso fare alcune osservazioni.
■ 1. L’UCEBI non è una Associazione o Unione di chiese rigorosamente
congregazionaliste. Vi sono riferimenti peraltro vaghi nella loro
confessione di fede con riferimenti teologici anch’essi vaghi, se non
strettamente teoretici.
■ 2. I cosiddetti credenti nella maggior parte delle loro chiese sostengono una
teologia che è la negazione dell’Evangelo, sebbene teoreticamente
mostrano di rispettare. Si parla di conversione, di nuova nascita, di nuova
natura, di lasciare il vecchio mondo e abbracciare il nuovo, ma di fatto i molti
dell’UCEBI conservano gelosamente e, direi, in modo fondamentalista,
arrogantemente la loro vecchia natura (forse mai messa in discussione). C’è
anche da dire che molte delle loro chiese non sono convocate dal Signore, ma
sono formate da religiosi che s’autoconvocano. Non c’è la serietà della santità
(è frequente la frase: «Tutti siamo peccatori», e nessuno ha il dovere di
rimproverare il fratello in obbedienza al dettame dei principi disciplinari).
Quando si parla di discepolato, il reale senso di questa forte parola biblica è
quello d’addomesticare dei contribuenti, considerati un valido supporto alle
loro poverissime ed esigue risorse finanziarie, cosa che è il risultato d’un
fallimentare accentramento d’esse (famoso è il loro piano di cooperazione che ha
come obiettivo il risanamento del loro cospicuo deficit economico senza portare
peraltro ad alcun risultato utile).
■ 3. La teoria delle Chiese indipendenti che si auto-sostengono, si
auto-finanziano, e si auto-determinano, che richiama senz’altro la spiritualità
ecclesiologica battista, è vanificata dal fatto che esistono organi
istituzionali che intervengono nelle realtà locali, stravolgendoli secondo la
loro sensibilità teologica liberale. Il pastore nella maggior parte dei casi non
è scelto all’interno delle comunità locali, ma viene proposto dal Comitato
Esecutivo; è quindi un soggetto estraneo alla vita ecclesiale interna della
chiesa locale (questa è un’ecclesiologia episcopale o presbiteriana).
L’incorporamento di due chiese, pasturate dallo stesso pastore, non è una prassi
battista (i battisti si sostengono da soli fino a quando viene eletto tra le
loro fila un pastore). Il Collegio degli Anziani è un organo spurio, estraneo
alla spiritualità delle chiese battiste organizzate in Associazioni o Unioni.
Inoltre, vi sono affermazioni di pastori battisti dell’UCEBI, che, di fronte
all’aggravarsi o acuirsi della crisi economica (che è dovuta al loro falso
congregazionalismo e alla loro teologia liberale), prospettano una possibile
fusione con il mondo valdo-metodista, che senz’altro non è congregazionalista
(un’esperienza simile la fece Smyth quando volle fondersi con in Mennoniti: in
un giro di quasi trent’anni la chiesa di Smyth finì d’esistere essendo stata
assorbita da quella mennonita).
■ 4. Non è biblico né battista la differenza tra pastore a tempo pieno e
pastore locale: questa nomenclatura è una invenzione dell’UCEBI. Il pastore
è colui che è stato chiamato ed è pronto a qualsiasi cosa: può essere sostenuto
dai beni dei credenti della chiesa locale, ma può auto-sostenersi come Paolo ha
fatto nella sua esperienza corinziana (fu fabbricante di tende). I pastori
dell’UCEBI devono forse imparare a essere più umili e a mettersi nell’ordine
delle idee bibliche di lavorare, facendo anche i lavori più umili pur di poter
portare avanti la missione (ma loro sono abituati a essere dei «professionisti»
dell’Evangelo e difficilmente s’abbasseranno a lavorare come operai (benché in
passato abbiano sostenuto idee di sinistra e comuniste).
Se l’UCEBI è in
agonia, è perché ha rinunciato a vivere l’Evangelo a caro prezzo. (Forse
Tomasetto avrebbe dovuto aggiungere questa parolina alla sua squisita
teorizzazione del «solo chi crede obbedisce, e solo chi obbedisce mostra di
credere».) Il suo fallimento ecclesiale è il fallimento della sua teologia
liberale applicata alla spiritualità battista.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-UCEBI3_congregaz_OiG.htm
17-10-2009; Aggiornamento: 13-03-2010 |