Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Ateismo

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ATEI, FEDE OPERANTE O RELIGIONE DI REGOLE

 

 di Andrea Bargagli - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Andrea Bargagli}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

 

Il lettore prende qui posizione riguardo all’articolo «Ateobus: Quando gli atei s’attaccano al tram». Il seguente contributo avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Ateobus? Parliamone», ma a causa della sua lunghezza, della trattazione di aspetti specifici e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra.

 

 

1. Le tesi {Andrea Bargagli}

 

Volevo commentare, solo un particolare aspetto della questione. Premesso che sono d’accordo con molto di quanto discusso, e in particolare che non è una iniziativa felice, che rappresenta un altro dogma (quello dell’ateismo), che la dicitura in inglese era assai meno aggressiva e che comunque la seconda parte del messaggio (enjoy your life) era positiva, mentre la versione italiana assomiglia più a uno slogan politico.

     Il punto di cui voglio parlare è il seguente: perché (a parte le motivazioni politiche) qualcuno dovrebbe prendere una tale iniziativa?

     Credo che questa sia un’esigenza da parte di chi è ateo e che possa avere a che fare con alcuni aspetti della religione, e io qui mi limito a prendere in considerazione quella cristiana (di cui in realtà conosco solo la componente cattolica, quindi potrei fare affermazioni non generalizzabili alle altre confessioni cristiane).

     Il punto è che per coloro che sono disponibili ad ascoltare la Parola di Dio, le modifiche che quest’ascolto suggerisce - inizia - attua nella propria vita, sono percepite come positive come verso una vita più piena, senza paure senza fobie, senza limitazioni (scegliere un regalo invece d’un altro non è una limitazione ma una libera scelta). L’aspetto che invece viene portato più a conoscenza della religione, è solo l’applicazione della regola. Sembra quasi che per un cristiano in ogni situazione di «vita vissuta» sia possibile trovare una regola, un comandamento. La vita diviene allora una accettazione di limitazioni, l’applicazione di successive regole di comportamento. Ecco che si discute se in quel tal caso un cristiano è meglio che si comporti così o cosà, e una volta stabilito che «cosà» è meglio, «cosà» diviene una regola. Il problema è che questo comportamento viene applicato anche ad aspetti che dovrebbero riguardare solo il nostro intimo. Per esempio: «Ama il prossimo tuo come te stesso» diviene una regola, ma l’amore che ne consegue, è fittizio, è un amore preteso. Preteso nel senso che non è amore nel senso pieno (accettazione incondizionata dell’altro) ma un suo surrogato che ha uno scopo, quello di fare di me uno che «ama il prossimo», uno che rispetta la regola, uno che andrà in paradiso.

     Ecco allora che per aiutare gli altri, non offriamo spontaneamente e senza sforzo il nostro possibile aiuto, non offriamo la nostra amicizia. Sopratutto offriamo il nostro consiglio: la nostra regola di comportamento. E molto spesso quell’offerta diventa un tentativo di convincimento, di costrizione.

     Ecco che gli altri (gli atei per esempio) possono avvertire, percepire questa falsità, e reagiscono, perché avvertono che la loro libertà è minacciata (forse a ragione). Se venisse veramente offerta loro vicinanza e disponibilità non credo che percepirebbero una minaccia alla loro libertà.

     Naturalmente, lo scopo di questa mail non è di difendere la libertà degli atei (anche se sarebbe legittimo), ma far notare che se si trascura l’intimo dell’uomo, e quindi anche l’intimo del credente, è difficile giungere a una comprensione limpida della realtà. {13 marzo 2009}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

La livella per i cristiani

     Chiaramente per un credente biblico, ossia la cui massima autorità è la sacra Scrittura, ciò che vale è ciò che «sta scritto», ciò che a Dio piace, quello che è la volontà di Dio. Gesù stesso si difese dal diavolo con «sta scritto» (Matteo 4,4.10); chiaramente anche il diavolo lo disse, ma strumentalizzando la Scrittura. Per il credente biblico ciò che «sta scritto» decide fra verità e menzogna, fra giustizia e iniquità.

     Quanto a ciò che a Dio piace, Esdra disse al popolo contaminato con costumi pagani: «Voi avete commesso una infedeltà… Ma ora rendete omaggio all’Eterno, al Dio dei vostri padri, e fate quel che a lui piace!» (Esd 10,10s). Il «se piace a Dio» (Romani 15,32) o «se piace al Signore, saremo in vita e faremo questo o quest’altro» (Giacomo 4,13-16), determina la vita del credente biblico ed è un atto di umiltà riguardo a un futuro che non sta completamente nelle mani dell’uomo; similmente è quando si parla del volere (o volontà) di Dio in una certa situazione (Romani 1,10).

     Gesù stesso proclamò pubblicamente e al cospetto dei suoi famigliari, che erano venuti per prenderlo, ritenendolo fuori di senno: «Chiunque avrà fatta la volontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre» (Marco 3,35). Al credente biblico viene raccomandata questa trasformazione: «E non siate conformi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento del senno, affinché siate in grado di provare quale sia la volontà di Dio: quella buona e gradita e perfetta» (Romani 12,2). Riguardo ai cristiani di Colosse Paolo e la sua squadra missionaria pregava e chiedeva a Dio che «siate ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e intelligenza spirituale, affinché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» (Col 1,9s; cfr. 4,12). Poi si parla esplicitamente di cose che sono nella volontà di Dio, ad esempio: astenersi dalla fornicazione, trattare il proprio corpo con santità e onore, non soverchiare il fratello né sfruttarlo negli affari (1 Tessalonicesi 4,3-7); e anche: ammonire i disordinati, confortare gli scoraggiati, sostenere i deboli, esser longanimi verso tutti, non rendere male per male, cercare sempre il bene degli altri, essere sempre allegri, non cessare mai di pregare, rendere grazie a Dio in ogni cosa (5,14-18).

     Si badi bene che Dio non salva chi fa opere buone, ma solo per grazia mediante la fede; ma chi è stato da Dio salvato, fa buoni frutti, al pari di un albero innestato. Chi fa la volontà di Dio permette al Signore di realizzare le sue promesse nella vita del credente (Ebrei 10,36). Inoltre, così facendo il bene, si tura «la bocca alla ignoranza degli uomini stolti», si mostra di essere servi di Dio (1 Pietro 2,15s) e ci si allontana dalle concupiscenze degli uomini (4,2). Ciò può portare incomprensioni e sofferenze da parte degli altri (3,17; 4,19), ma il credente sa che «il mondo passa via con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio dimora in eterno» (1 Giovanni 2,17).

 

Volontà di Dio e convenzioni umane

     Bisogna assolutamente distinguere ciò che Dio ha veramente comandato nella sua Parola e se ciò valga per i credenti del nuovo patto, i quali non appartengono alla teocrazia d’Israele, ma alla «assemblea» del Messia. Il discorso sulle «convenzioni umane», accreditate a precetti religiosi, è reale. I credenti biblici sono chiamati a verificare se le cose che praticano siano cose comandate esplicitamente da Dio o se sono state inventate da gente religiosa in tempi post-biblici. Gesù stesso accusava i maestri religiosi del suo tempo di aver snaturato il comandamento divino mediante le proprie convenzioni religiose: «Voi, lasciato il comandamento di Dio, state attaccati alla tradizione degli uomini. E diceva loro ancora: Come ben sapete annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!» (Marco 7,8s). Questo è quindi un rischio reale. Come credenti biblici siamo chiamati a provare noi stessi e le nostre pratiche, per appurare se sono in sintonia con la volontà, esplicitamente dichiarata da Dio nel nuovo patto, e per emendare in corrispondenza i nostri costumi e le nostre pratiche. [ Tradizioni e convenzioni: che cosa determina il comportamento cristiano?; L’etica della libertà e della responsabilità]

 

Amore e volontà di Dio

     Mi ha alquanto meravigliata l’asserzione, secondo cui il comandamento «Ama il prossimo tuo come te stesso», divenga una mera regola. Si trascura di vedere che, se qualcosa ci viene ingiunto da Dio, è perché è giusto dinanzi a Lui e perché la nostra natura è incline a fare altro. Un amore non è fittizio solo perché ci viene ricordato che sia giusto praticarlo. È un po’ una disquisizione oziosa parlare del fatto che non sarebbe «amore nel senso pieno», se viene preteso; è come dire che l’insegnante sbaglia a insegnare a praticare certe cose. Non è il prossimo a reclamare l’amore, ma è Dio a comandarlo ai suoi seguaci; e questo perché l’inclinazione naturale della carne è soltanto quella verso «l’amor proprio» e «l’amore per il proprio clan» di riferimento, mentre il Signore ci insegna ad amare anche coloro che ci sono avversari (Matteo 5,44). Per praticare qualcosa, ci dev’essere insegnato; il comandamento serve a questo. Biblicamente parlando, non si ama il prossimo per andare in Paradiso, ma chi è stato già rigenerato da Dio, ha piacere a osservare il suoi comandamenti e ad amare il prossimo. Questa viene addirittura presentata come prova del nove fra i veri e i falsi credenti. «Se uno dice: “Io amo Dio”, e odia il suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama il suo fratello che ha veduto, non può amar Dio che non ha veduto» (1 Giovanni 4,20). «Chi dice: “Io l’ho conosciuto”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, l’amor di Dio è in lui veramente compiuto» (1 Giovanni 2,4s).

     Noi siamo abituati ad andare a scuola per imparare. Lo stesso vale per la «scuola di Dio»: i suoi insegnamenti sono necessari per creare in noi il suo carattere. Uno di queste lezioni essenziali è di imparare ad amare con l’amore che Dio ci ama. Per questo Gesù insegnò: «Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13,34s). Anche gli apostoli insegnarono ai giovani credenti quanto segue: «Avendo purificate le anime vostre con l’ubbidienza alla verità per arrivare a un amore fraterno non finto, amatevi l’un l’altro di cuore, intensamente, poiché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente» (1 Pietro 1,22s). I comandamenti di Dio sono stimoli, lezioni di vita perché impariamo a esercitarli e ad assimilarli nel nostro carattere.

 

Amore e libertà

     La descrizione mirabile dell’amore di Dio in noi, in tutti i suoi aspetti, si trova in 1 Corinzi 13. L’amore non minaccia la libertà degli altri, essendo esso per definizione la ricerca del bene degli altri. In tale «bene» rientra, secondo la sacra Scrittura, la testimonianza della verità biblica. Dio concede all’uomo la libertà di vivere anche senza di Lui, sia nel tempo che nell’eternità. Quanto alla falsità e all’ipocrisia, questi sono articoli che si possono insinuare in tutte le menti, comprese quelle degli atei. Biblicamente parlando, si può «giungere a una comprensione limpida della realtà» soltanto nutrendo il «timor di Dio», ossia mettendolo al primo posto nella propria vita, nei propri pensieri, nelle proprie decisioni e nei propri atti. «Il timor dell’Eterno è l’inizio della sapienza; buon senno hanno tutti quelli che mettono in pratica la sua istruzione» (Salmo 11,10). «Il timor dell’Eterno è scuola di sapienza; e l’umiltà precede la gloria» (Proverbi 15,33). A che classe ci troviamo nella scuola del Signore?

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Atei_fede_regole_Avv.htm

13-03-2009; Aggiornamento:

 

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