Nell’articolo «Tiro
a sorte e oracolo divino» abbiamo visto
che, per capire, bisogna distinguere fra «l’oracolo teocratico» (sacerdotale o
di Stato) e il consulto divino ordinario. In quest’ultimo caso ci si rivolgeva
al sacerdote per conoscere la volontà di Dio, ossia ciò che Egli comandava nella
legge mosaica. Successivamente Dio diede i profeti teocratici, che si potevano
consultare; non si dimentichi però che questi ultimi erano essenzialmente
proclamatori della volontà morale di Dio nel presente e non pronosticatori del
futuro.
Qui di seguito diamo la possibilità ai lettori di discutere questo tema, tenendo
presente l’articolo e il primo contributo.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi
al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si
accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e
cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno
pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul
tema
▲
(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I contributi attivi hanno uno
sfondo bianco)
Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica
sottostante
1.
{Argentino Quintavalle} ▲
Nota
editoriale: Alcuni riferimenti bibliografici fra parentesi, quando non
intendono brani biblici, sono preceduti da «T.B.» e da «T.Ger.», sigle che si
riferiscono rispettivamente al Talmud di Babilonia e di Gerusalemme, che fra
loro in parte divergono.
Gettare le sorti
era un metodo comunemente impiegato per conoscere la volontà di Dio, o per
scoprire il responsabile di qualche azione (cfr. Achan in Gs 7,14s e Giona 1,7),
per dividere una proprietà (Nu 33,54; 34,13; Sal 22,18; Mt 27,35; Gv 19,24), o
per scegliere dei rappresentanti di Dio (1 Sam 10,19s). Tribù, famiglie, capi
famiglia, persone, facevano spesso uso della sorte per conoscere la volontà di
Dio (vedi anche 1 Sam 14,41s).
Venivano scritti i nomi o fatti altri segni sugli oggetti che servivano per la
sorte, come potrebbe essere piccole pietre, pezzi di legno, ossa d’animale,
frecce o dadi. Per il capro espiatorio, ad esempio, su uno c’era scritto «per il
Signore» e sull’altro, «per Azazel» (T.B. Yoma 4,1). Uno dei più famosi
dispositivi usati per prendere decisioni erano l’Urim e il Thumim portati dal
sommo sacerdote (Es 28,30). Erano delle pietre per mezzo delle quali veniva
consultata la volontà di Dio (Nu 27,21; Esd 2,63; Ne 7,65). Le richieste rivolte
a quest’oracolo divino erano formulate come alternative tra due sole
possibilità. Dai tempi
della Septuaginta, è stato affermato che queste parole significano «rivelazione
e verità», oppure «luci e perfezioni», ma ciò non può essere confermato per
mezzo della Bibbia. Il Talmud interpreta: Urim = «quelli le cui parole sono
luci»; Thumim = «quelli le cui parole sono adempiute» (T.Ger. Yoma 44c).
Si pensa che l’oracolo era consultato nella seguente maniera: Il sommo sacerdote
indossava i suoi paramenti e la persona dalla quale si cercava una risposta
stava in piedi di fronte a lui, mentre egli era rivolto verso Dio (la Shekinah).
Era necessario pronunciare la questione e porre una breve domanda, ma non ad
alta voce. La risposta era un sì o un no alla domanda posta. Poteva essere fatta
soltanto una domanda alla volta. Secondo il Talmud e Giuseppe Flavio, la
risposta dell’Urim e del Thummim veniva data per mezzo di raggi di luce (T.B.
Yoma 73b).
Giuseppe Flavio riporta il fatto che gli ultimi combattenti di Masada, una volta
che il loro destino era stato segnato, hanno gettato le sorti per stabilire
l’ordine in cui sarebbero morti per suicidio (Guerre Giudaiche 7,395-396).
Famosa è anche la nomina di Mattia ad apostolo.
Tirare a sorte era una forma riconosciuta per accertarsi della volontà di Dio.
Proverbi 16,33 recita: «Si gettano le sorti nel grembo, ma ogni decisione
viene dall’Eterno», il che significa che quello che è attribuito alla
possibilità, al fato, alla fortuna o alla coincidenza è determinato da Dio. Come
ha detto Albert Einstein obiettando l’uso della teoria dei quanti della
probabilità matematica, «Dio non gioca a dadi con l’universo». {20-08-2008}
2.
{Gianni Siena} ▲
Potrebbe essere
utile tirare a sorte ma vi sono sempre vie più consone per il procedere di un
cristiano.
Una storiella racconta di tre ragazzini che fecero questo «sorteggio»:
a) Testa: Andiamo al mare.
b) Croce: Andiamo alle giostre.
c) Se la moneta rimane in piedi andiamo a scuola.
In genere, trovo
puerile affidarmi al sorteggio, sono abituato a pregare e aspettare che maturi
una certa convinzione nel cuore: come risposta alle domande della vita poste
davanti al Signore.
Nel 1977 conobbi mia moglie e dovevo verificare una certa «consapevolezza» al
suo riguardo che s’era insinuata nel cuore e non avevo voglia di farlo. Chiesi
al Signore di darmi un segno «impossibile»: vederla prima d’ogni altro
conoscente della chiesa di Bologna.
Quando il Signore vuole una certa situazione, le cose accadono e sono sempre la
risposta alla sua manifesta volontà, della quale abbiamo timore o dubbio:
avvenne come avevo chiesto e, in seguito, seppi che fu l’unica volta che andò in
chiesa senza la sua compagnia abituale.
Nel 2002 decisi d’andare in pensione, anche allora non sapevo cosa fare, avevo
46 anni compiuti e volevo lavorare ancora qualche anno, anche per raccogliere
una promozione che aspettavo da anni: non sembrava esservi fretta ma qualcosa
mi spingeva a considerare improvvisamente quest’opzione. Le cose erano
maturate, dovevo prendere la decisione e pregai al riguardo; una serata era
riunione di studio e non di preghiera, ma chiesi in questo modo a Dio: «Se
m’alzo dalla preghiera con persuasione favorevole questa è la tua Volontà».
Avrei voluto un «segno di conforto» al riguardo, ma non avevo il coraggio di
chiederlo, il Signore fu invece buono oltre misura. Mentre tornavamo a casa ed ero
certo di quella scelta, mia moglie (non sapeva ancora nulla) mi raccontò del
discorso fatto da due passeggeri sul treno, che prende per recarsi al lavoro. «Combinazione»
parlavano di pensionamento! Uno disse: «Beati coloro che hanno il bonus
dell’amianto». L’altro replicò con queste parole: «Fortunato chi ha questa
possibilità... è un treno da non perdere».
Queste parole, pronunciate da un anonimo lavoratore, confermarono quello che Dio
(attraverso le circostanze e quello stato d’animo) mi aveva incoraggiato a fare.
Dio parla così quando le decisioni sono importanti ma ci guida spesso nella vita
con sentimenti di pace e certezza (leggendo la Scrittura si trova anche ciò).
La «sorte»? Non so cosa sia, se uno è un cristiano sa che Dio si prende cura
d’ogni dettaglio e non ci lascerà mai nella confusione. Se qualche volta non
«parla», vuole che camminiamo per quella strada: alla fine scopriremo che i
segnali della sua Presenza erano molto numerosi... col senno di poi si comprende
anche questo.
Nel Nuovo Testamento c’è un solo caso di «sorteggio», ma è accompagnato da
preghiere e attesa d’una risposta: potremmo farlo anche noi? Sì, forse,
funzionerebbe, ma l’esperienza cristiana e gli ammonimenti della Scrittura
sconsigliano d’usare simili sistemi come pratica abituale.
Un esempio viene dall’aprire la Bibbia e leggere il primo brano che si presenta:
molte testimonianze dimostrano che il Signore s’è servito di questo modo
d’interpellarlo per salvare, consigliare e guidare. Ma in poco tempo esso
esaurisce la sua funzione e ci vuol altro: Se il popolo di Dio non si dà alla
lettura profonda della Bibbia e alla preghiera... non c’è più alcuna aurora!
{16-09-2008}
3. {Nicola Berretta} ▲
Caro Nicola, ho trovato il tuo articolo e il
contributo di Argentino relativo all’uso dell’Urim e Tummim molto interessanti.
Colgo l’occasione allora per porti una domanda. Leggendo in 1 Samuele troviamo
che Davide, dopo la sua fuga da Saul accolse presso di sé il Sacerdote Abiatar,
il quale portò con sé l’Efod (23,6). In un paio d’occasioni troviamo che questo
Efod fu usato per cercare una risposta dal Signore con domande simili a quelle
poste con l’Urim e il Tummim (23,9; 30,7). Per questo motivo ho pensato che in
questi brani s’usasse la parola «efod» come sinonimo d’Urim e Tummim, però,
nello stesso contesto troviamo che Saul cercò inutilmente d’ottenere una
risposta dal Signore attraverso l’uso dell’Urim (28,6). Mi chiedo allora: gli
Urim e Tummim potevano essere più d’uno, in aggiunta a quello in possesso del
Sommo Sacerdote? Oppure anche l’efod di per sé poteva fungere da strumento per
interpellare Dio? {18 settembre 2008}
4. {Nicola Martella} ▲
Il termine
ebraico ’efôd intendeva la veste, la tunica che si portava sulla pelle.
Tale termine fu tradotto dalla Settanta in 2 Sm 6,14 con efoud «efod»,
mentre in 1 Cr 15,27 con stolē «vestimento, veste» (cfr. la stola
romana). Ecco la traduzione di quest’ultimo verso: «Davide era vestito con
una sopravveste di bisso, così come tutti i Leviti che portavano l’arca, i
cantori e Kenanja, capo nell’intonare [il canto] dei cantori; e Davide aveva
sulla sopravveste un efod di lino». Qui vediamo che l’efod era una specie di
camiciotto supplementare. C’era quindi un uso generale e uno specifico del
termine efod. Lo stesso giovane Samuele era cinto di un efod di lino (1 Sm
2,18).
Nell’abbigliamento sacerdotale l’Efod era proprio tale specie di camiciotto che
egli portava al di sopra delle vesti (si veda la corrispondenza
nell’abbigliamento dei chierici in varie denominazioni cristiane; ciò è un
prestito all’abbigliamento rituale del sacerdozio levitico). A esso era poi
applicato il pettorale, la specie di tasca in cui erano posti gli Urim e i
Tummim. Come succede con l’uso, i termini vengono a prendere un significato
tecnico e inoltre spesso la parte viene a stare per il tutto, e viceversa.
L’Efod era l’indumento che caratterizzava i sacerdoti (1 Sm 22,18), una specie
di grembiule che probabilmente serviva per proteggere le vesti durante il
servizio quotidiano. Il «pettorale del giudizio» (Es 28,15ss), su cui o in cui
stavano gli Urim e i Tummim, e l’Efod erano strettamente connessi (vv. 27.31ss).
C’era anche un uso idolatra dell’efod, accanto ad altri oggetti di culto (Gdc
17,5; 18,14.17s.20; Os 3,4). Probabilmente Gedeone fece solo la veste visibile
per il Dio invisibile (Gdc 8,26s), cosa che divenne l’inizio della prostituzione
spirituale dell'idolatria legata al culto di Jahwè. Come parallelo si può tener
presente l’uso tecnico di «abitino» in italiano, che nell’occultismo indica un
sacchettino in cui sono cuciti vari oggetti (riso, santini, chiodi, ecc.) contro
il malocchio. Se un efod servisse anche in ambiente pagano o paganizzato per
divinare, non è chiaro.
In alcuni brani si parla di portare (addosso) o di addurre l’Efod per consultare
l’oracolo. Il sommo sacerdote portava normalmente tale particolare grembiale
dinanzi a Jahwè (1 Sm 2,28; 14,3). Il sommo sacerdote Abiatar lo portò con sé,
quando si rifugiò presso Davide (1 Sm 23,8) e quest’ultimo consultò Jahwè per
mezzo di esso (vv. 9s; 30,7ss).
Si tenga presente che anche sull’Efod erano incastonate due pietre con
rispettivamente sei nomi (Es 28,6-14), oltre poi al «pettorale del giudizio» con
gli Urim e i Tummim (le 12 pietre con i nomi delle tribù d’Israele; vv.
15ss.30). Le possibilità erano due: ▪ 1) Sia l’Efod che gli Urim avevano la
stessa funzione; ▪ 2) Col tempo l’Efod sacerdotale e gli Urim divennero
sinonimi, poiché il «pettorale del giudizio» era strettamente connesso all’Efod;
col tempo il linguaggio si semplifica (vedi come «Urim e Tummim» divennero
semplicemente «Urim») ed Efod «camiciotto, grembiale» divenne più comune di
Urim, il cui significato divenne più oscuro.
Consultare l’Eterno mediante l’Urim (1 Sm 28,6) o mediante l’Efod (1 Sm 30,7s),
sembra essere la stessa cosa. In vari brani per semplicità non è menzionato
neppure lo strumento di consultazione (Gdc 20,27; 1 Sm 23,2.4; 2 Sm 2,1; 2 Sm
5,19.23). È interessante 1 Sm 14.18: mentre l’ebraico ha «fa accostare l’arca
di Dio» (ossia per consultarlo), la Settanta traduce con Efod (cfr. v. 3).
Come si vede è difficile per noi oggi penetrare in tutto e per tutto un «pianeta
culturale» antico di millenni in cui, come oggi, c’era una lingua viva, un vasto
mondo di idee in mutamento, vari usi per gli stessi termini e così via. Per
quello che capisco, l’Efod sacerdotale o era usato come gli Urim o era diventato
il sinonimo più facile per questi ultimi e quindi per l’oracolo sacerdotale.
5. {Argentino Quintavalle} ▲
Il testo di
1 Sam 23,6 dice: «Egli [Abiathar] è sceso con un efod in mano». Secondo
la versione Diodati sembrerebbe che gli fosse caduto e che quindi lo portava
nelle mani: «L’Efod gli cadde nelle mani». Non c’erano due Urim e
Thummim, caso mai due tipi d’Efod. C’era l’efod semplice, una tunica di lino
indossata da tutti i sacerdoti e sprovvista d’ornamenti. Quello di 1 Sam 23,6
era l’efod con gli ornamenti, al quale s’accompagnavano gli Urim e i Thummim (Es
28,30) e che Abiathar teneva in mano. Questo apparteneva solo al sommo
sacerdote, ma siccome suo padre era morto, ora apparteneva a lui, e quindi aveva
cura di portarlo con sé, anche se il verso si può tradurre letteralmente come fa
Diodati.
In 1 Sam 23,9 Davide disse: «Porta qua l’efod», non è perché se lo vuole
mettere lui, ma per dire al sommo sacerdote d’indossarlo. La consultazione con
gli Urim e i Thummim doveva essere fatta con l’efod addosso.
6. {Gianni Siena} ▲
Caro Nicola, pace.
Circa le due pietre sull’efod, per mezzo delle quali si consultava — raramente e
per questioni particolari — Dio, penso che si trattasse in realtà di due
«dadi» particolari, tuttavia,come quelli usati per il gioco o per estrarre a
sorte. Davide che consulta Dio mediante l’efod per sapere circa il da farsi,
ricorda Cesare sul Rubicone: Alea iacta est! «Il dado (della
sorte) è tratto». Su queste due pietre preziose sono incisi i nomi delle dodici
tribù d’Israele (6+6 facce = due dadi); quando si gioca a dadi viene sempre
fuori una combinazione di numeri che danno ragione agli scommettitori: pari o
dispari, per esempio. I nomi delle dodici tribù erano incisi in lettere ebraiche
che, prese singolarmente, hanno un valore numerico e un significato simbolico...
già da esse si poteva trarre qualche interpretazione del quesito. Ma il nome
duplice, che tradurrei come «luci delle perfezioni», potrebbe indicare la
natura del minerale con cui erano state fabbricate.
Da anni sono in vendita dei bracciali che — in modo dimostrabile! — assumono una
colorazione diversa, secondo lo stato d’animo di chi lo indossa. La spiegazione
è la seguente, il tenore emotivo fa variare le micro-correnti elettriche che
attraversano i nervi, queste generano campi elettromagnetici che vanno ad agire
sul campo degli atomi di materiali particolari. Osservazione ed esperienza
potevano rivelare a un sacerdote se una persona mentiva o diceva il vero. Il
metodo non è infallibile ma funziona in casi particolari... la Bibbia ne cita
ben pochi. Siamo (al tempo di Mosè) nei giorni del «ministero della carne» e
questo espediente sacro non mi stupisce più di tanto. Io non vorrei essere
additato come «profano» ma, ragionandovi, ho fatto solo una proposta da
discutere, spero di non essere stato blasfemo, sono sinceramente interessato a
risolvere questo aspetto della problematica costituita dall’identificare le
suddette pietre. {19-09-2008}
7. {Nicola Martella} ▲
Più che profano o
blasfemo, Gianni mostra di avere una fantasia molto sviluppata; anch’essa è
utile per pensare di là dalla cornice, però poi bisogna verificare quanto si
afferma.
■ Per prima cosa bisogna distinguere le due pietre poste sull’Efod, dalle
12 pietre poste sul «pettorale del giudizio».
■ Sulle due pietre d’onice erano incisi i nomi, sei sull’una e sei
sull’altra (Es 28,9s). Non viene detto che la loro forma fosse a forma di dado.
inoltre esse erano incastrate in «castoni d’oro» (v. 11) ed erano poi fissate
sulle spallette dell’efod (v. 12). Inoltre erano sostenute con delle catenelle
fissate ai castoni d’oro (vv. 13s).
Tutto ciò mostra che, per essere «pietre di ricordanza per i figli d’Israele»
(v. 12), dovevano avere una forma rettangolare, perché tali nomi si
potessero vedere. Inoltre, essendo fissati fra loro e l’Efod, esse non venivano
usate a mo’ di dadi né messe nelle mani delle persone di cui si voleva il
vaticinio.
■ Il «pettorale del giudizio» era invece formato da un quadrato (Es
28,15s). Ogni quadrato conteneva tre differenti pietre per fila i quattro ordini
successivi, tutte incastrate nei loro castoni d’oro (vv. 17-20). Per formare un
quadrato di tre pietre per quattro file, le pietre erano dei rettangoli
proporzionalmente più lunghi che alti. Ogni pietra era incisa con un nome delle
tribù d’Israele (v. 21). Il tutto era poi fissato con delle catenelle d’oro al
pettorale e quest’ultimo all’Efod (vv. 22-28), «affinché il pettorale… non si
possa staccare dall’efod» (v. 28). Per questo motivo, dire Efod sacerdotale
e dire Urim (e Tummim) poteva significare la stessa cosa. Infatti era tale
quadrato, incastonato di pietre e fissato sul «pettorale del giudizio», a essere
chiamato «Urim e Tummim» (v. 30).
La funzione del pettorale e delle dodici pietre era normalmente quello di «conservarne
del continuo la ricordanza dinanzi all’Eterno» (v. 29), cosicché il sommo
sacerdote portasse «il giudizio dei figli d’Israele sul suo cuore, davanti
all’Eterno, del continuo» (v. 30).
■ Altri aspetti: Tutto ciò che era sacro, era gestito solo dal sacerdote
e non doveva essere neppure toccato dagli altri! Decade quindi la variazione
cromatica quale criterio del responso, dovuta al contatto fra una persona
oggetto del vaticinio e le pietre. Le due pietre, poste a spalline dell’Efod,
erano incastonate e fissate; le dodici pietre, poste sul pettorale, erano
anch’esse incastonate e fissate (Es 28,17.20). Non erano quindi usate come una
specie di dadi, di cui neppure avevano la forma.
Tutte le pietre erano differenti fra loro quanto a colore e, quindi, a
sostanze contenute (Es 28,17-20). Se ciò avesse avuto anche un significato
durante l’oracolo, non lo sappiamo. Un sistema c’era, ma la Bibbia non ce lo
descrive. Ci vuole umiltà per dire: Non lo sappiamo. Solo però la verità ci
libera dalle ideologie.
La fantasia è un
bene prezioso. A volte produce iridescenti bolle di sapone che, sebbene
affascinanti nell’aria, si infrangono però immancabilmente appena toccano terra.
Così anche molte mirabili idee s’infrangono sullo scoglio della realtà, appena
messe alla prova.
8. {Clara Cristalli, ps.} ▲
Ciao Nicola,
anch’io mi sono spesso domandata se il Nuovo Testamento legittima tale pratica.
Mi è capitato di farlo per decidere se andare a un incontro oppure se delegare
un’altra persona, e cadde su di me la scelta. In realtà, ho poi avuto tanta
agitazione interiore, che ho pregato l’altra persona di sostituirmi, perché non
me la sentivo d’andarvi. Pensando alle persone che avrei incontrato lì, non
avevo pace. E così ho avuto pace all’istante quando sono stata poi sostituita —
contrariamente al tiro a sorte effettuato. {21-09-2008}
Nota redazionale: Saggia decisione, la seconda.
9. {} ▲
10. {} ▲
11. {} ▲
12. {} ▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Sorte_oracolo_parla_Sh.htm
23-08-2008; Aggiornamento: 22-09-2008
|