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Le questioni dei lettori
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■ Sono molto incuriosita da certe pratiche che i
sacerdoti dell’AT facevano quando dovevano consultare l’Eterno come gli Urim e i
Tummim, oppure il tirare a sorte del NT per la scelta dell’apostolo. Perché
queste pratiche nel cristianesimo sono considerate «pratiche pagane»? {Letizia
Passeri; 17-08-2008}
■ Molte volte nella Bibbia si parla di sorte, e in
diverse occasioni si tirò a sorte per spartirsi delle terre o per scegliere una
persona, oppure nel caso di Giona, per scoprire il colpevole. Alcuni re
d’Israele utilizzavano gli Urim e i Tummim per consultare il Signore. Metodi
che, dobbiamo ammettere sinceramente, sono identici alla divinazione. Anche gli
apostoli dopo aver pregato, tirarono a sorte per scegliere il sostituto del
traditore.
Quindi a prima vista potrebbe sembrare che la Bibbia
possa legittimare tali mezzi per «consultare l’Eterno» e scoprire così la sua
volontà per la nostra vita. Certo tali casi davano a volte anche responsi
neutri, né sì né no, anche per il fatto che l’Eterno era lontano da loro a causa
dei loro peccati.
Qual è la tua opinione in merito? Tali metodi usati dai
servitori di Dio mi lasciano molto perplesso. Cosa puoi dire al riguardo?
{Gaetano Nunnari; 15-08-2008}
La risposta ▲
1. RICERCA DELLA VOLONTÀ DI DIO NELL’AT:
Se uno pensa che tirare a sorte al tempo dell’AT fosse un evento quotidiano, si
sbaglia. Inoltre bisogna distinguere fra «oracolo teocratico» (o di Stato) e
consulto divino ordinario.
1.1. ORACOLO TEOCRATICO: Esso era limitato alle grandi
questioni che coinvolgevano il popolo e la nazione, ad esempio: le grandi
decisioni nazionali (1 Sm 10,22 Saul), le guerre contro i nemici (Gdc 1,1ss) o
contro una tribù ribelle (Gdc 20,18.23.27s) e così via (1 Sm 22,10.13.15).
L’oracolo teocratico era praticato mediante
gli Urim e i Tummim, che erano gestiti dal
sommo sacerdote. Essi venivano anche chiamati per semplicità solo gli Urim (Nu
27,21).
Il significato dei
termini ’ûrîm e tummîm, rimane discusso quanto a origine. Gli
’ûrîm lascerebbero pensare a ’ôr
«luce»
e ’ûr «fuoco»; altri pensano a una forma derivante da ’arûrîm
«maledetti» o da jārāh
«gettare (la sorte; Gs 18,6), tirare, indicare (col dito)»; la Settanta
(traduzione greca dell’AT) suggerisce dēlōsis
«indicazione, manifestazione, prova» / dēloi
«visibili, manifesti». I tummîm lascerebbero pensare alla radice verbale
tam / tamam «essere completo, terminato, perfetto, devoto» (tāmîm
«completo, intero, perfetto, devoto); la
Settanta suggerisce
alētheia «verità» /
hosiótēs
«devozione, pietà, virtù».
Di là da ciò che i
termini significhino, è interessante notare la funzione di giudizio che essi
avevano e il loro stretto legame col sommo sacerdote: «Metterai sul pettorale
del giudizio gli Urim e i Tummim; e staranno sul cuore d’Aaronne quando egli si
presenterà davanti all’Eterno. Così Aaronne porterà il giudizio dei figli
d’Israele sul suo cuore, davanti all’Eterno, del continuo» (Es 28,30).
Il sacerdote
veniva coinvolto con gli Urim davanti all’Eterno (ossia in luogo sacro), quando
bisognava stabilire il nuovo capo dell’intero popolo, come nel caso di Giosuè
mediante Mosè (Nu 27,18-23). Le domande erano del tipo «sì / no», sia per sapere
da Dio se fare o meno una certa azione (Gdc 20,23.28; 1 Sm 23,2ss), sia per
sapere altre informazioni: chi avrebbe fatto per primo una certa cosa (Gdc
20,18). C’era la possibilità di sapere pure altre informazioni.
Probabilmente c’era anche la possibilità di sapere da Dio questioni concomitanti
e complesse, probabilmente mediante una serie successiva di domande (1 Sm 30,8;
2 Sm 5,19). Un caso specifico era dato dal fatto che alcune famiglie sacerdotali
avevano perso i loro titoli genealogici, allora «il governatore disse loro di
non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote per
consultare Dio con gli Urim e i Tummim» (Esd 2,62s; Ne 7,64s); anche questa
era una questione teocratica, una ragion di Stato.
Ci sono anche
esempi negativi. Ad esempio, il popolo e Giosuè agirono da stolti, quando,
senza consultare l’Eterno, accolsero i furbi Gabaoniti e fecero loro il
giuramento solenne di lasciarli in vita (Gdc 9,14ss). Dio si rifiutò di
rispondere all’apostata e stolto Saul (1 Sm 14,36s; 28,6).
Dio rimproverò i Giudei a causa delle loro macchinazioni politiche
internazionali, che essi portavano avanti «senza aver consultato la mia bocca»
(Is 30,2). Si parlava allora anche di «coloro che non cercano l’Eterno e non
lo consultano» (Sf 1,6).
1.2. CONSULTAZIONE DEL SACERDOTE:
Nessun privato poteva chiedere un tale
responso divino al sacerdote mediante gli Urim.
È scritto che «le labbra del sacerdote sono le guardiane della conoscenza, e
dalla sua bocca uno cerca la legge, perché egli è il messaggero dell’Eterno
degli eserciti» (Mal 2,7). Egli istruiva quindi nelle vie di Dio secondo la
Torà; non dava responsi a privati mediante la sorte. Il sacerdote, già come fece
Mosè (Es 18,15), poteva consultare Dio ma, come è scritto, ciò avveniva così: «Quando
essi hanno qualche affare, vengono da me, e io giudico fra l’uno e l’altro, e
faccio loro conoscere gli ordini di Dio e le sue leggi” (v. 16). Il consulto
normale del sacerdote avveniva riguardo a ciò che diceva il diritto, quindi ciò
che essi insegnavano della Torà, a chi li consultava (Dt 17,8-13).
1.3. CONSULTO DIVINO DEL POPOLO: Esso avveniva, fin
dall’antichità d’Israele, mediante i veggenti approvati da Dio. Ciò valeva sia
per il re, che aveva il suo veggente personale,
sia per il popolo (Saul 1 Sm 9,6). In una nota di 1 Sm 9,9 si legge: «Anticamente,
in Israele, quand’uno andava a consultare Dio, diceva: “Venite, andiamo dal
Veggente!”. Poiché colui che oggi si chiama “profeta”, anticamente si chiamava
“veggente”».
È scritto che «Saul consultò l’Eterno, ma l’Eterno
non gli rispose né per via di sogni, né mediante gli Urim, né per mezzo dei
profeti” (1 Sm 28,6). Questi erano quindi i modi come Dio rispondeva
normalmente a un re, quando egli lo consultava per decisioni; al popolo
rimanevano i sogni e i profeti, oltre all’istruzione basilare nella Torà. In
genere anche i re d’Israele e di Giuda andavano (o mandavano) a consultare i
profeti del Signore,
oppure si circondavano di profeti, legittimi e anche falsi (1 Re 22,5.7ss).
Anche re pagani mandavano a consultare i profeti legittimi d’Israele (2 Re
8,8ss).
Dio parlava al veggente / profeta anche
preventivamente, prima che la persona venisse a consultarlo (1 Sm 9,15ss; 1 Re
14,5s). In certi casi, il profeta doveva aspettare che Dio si rivelasse a lui,
prima d’intervenire (Gr 28,1ss).
Dio si rifiutava di rispondere a chi, pur vivendo da
idolatra, poi lo consultava (Ez 20,1ss.31), oppure rispondeva con responsi di
giudizio sia per chi lo consultava sia per il profeta che si prestava a ciò (Ez
14,3.7.10).
1.4. ASPETTI NEGATIVI
■ Consulto idolatra di Dio?: La tribù di Dan
incontro per strada un levita idolatra, che un certo Mica lo aveva assoldato
come sacerdote del suo idolo. E Daniti gli chiesero di consultare Dio per loro
ed egli assicurò che il loro viaggio sarebbe sotto lo sguardo dell’Eterno (Gdc
18,5s). Non si comprende come egli abbia potuto consultare l’Eterno presso un
tempio idolatra e come Dio poteva rispondere a una tribù che non aveva
conquistata l’eredità assegnatagli da Dio, ma che senza consultare Dio s’era
diretto altrove. Probabilmente il levita era un ciarlatano o usava la
divinazione. Questi continuò a fare il sacerdote idolatra presso i Daniti (vv.
18ss).
■ Consulto occulto: In certi casi, i re apostati
d’Israele mandavano a consultare Ba`al presso i santuari pagani (2 Re 1,3
Achazia), ma Dio li fece riprendere dal suo profeta (vv. 3ss) e annunziò
giudizio di morte (v. 16). Non approfondiamo qui oltre questo aspetto (cfr. Is
19,3; 47,13; Gr 8,2; Ez 21,26; Os 5,12).
1.5. LA SORTE NELL’AT: Ci sfuggono i metodi precisi riguardo
a come gli israeliti, durante il periodo dell’AT, abbiano tirato a sorte fra uno
o più gruppi di persone per stabilire chi fosse un reo, chi dovesse diventare un
capo, chi dovesse vivere e chi morire o chi dovesse ricevere quale parte di
un’eredità. Questo vale sia per l’uso degli Urim (su cui ci sono varie ipotesi)
sia per il comune tirare a sorte. Uno dei metodi poteva essere, ad esempio,
quello di mettere in un recipiente i nomi di tutte le persone (o gruppi) tra cui
scegliere (Nu 26,55). I termini «sorte» ed «eredità» erano strettamente connessi
nel linguaggio (Gs 23,4; Sal 16,5s).
Non bisogna neppure dimenticare che non tutti i metodi
erano legittimi e ortodossi, poiché alcuni di loro erano
metodi divinatori, proibiti dalla legge mosaica, poiché il tirare a sorte o
presagi era accompagnato dall’evocazione di potenze occulte (Ez 21,26s). Il Pur
o sorte fu molto importante al tempo di Ester, per stabilire il giorno propizio
in cui gli avversari dei Giudei si sarebbero potuto vendicare di loro su
istigazione di Haman (Est 3,7; 9, 24); qui si parla di tirare la sorte «un
giorno dopo l’altro e un mese dopo l’altro», ossia finché sarebbe comparsa
una certa combinazione di elementi, ritenuta propizia, ma che ci sfugge. Inutile
dire che si trattava di un’arte divinatoria, dettata dalla superstizione (si
veda il fatto che Zereš, moglie di Haman, si circondò di «saggi», ossia di
occultisti e lei stessa era tale; Est 6,13). Similmente accadde, durante la
tempesta, sulla nave, sulla quale si trovava Giona (Gna 1,7).
Ecco qui di seguito una breve tipologia fra le cose
legittime. Tralasciamo qui l’uso traslato di sorte nel senso di «parte
spettante, destino».
■ Scelta fra due: Bisognava scegliere quale
capro sacrificare e quale lasciar libero (Lv 16,8ss). L’ambiente sacro fa
presumere l’uso dell’oracolo sacerdotale.
■ Spartizione del paese: In Nu 26,55s il metodo
sembrava contemplare una differenza fra due categorie, le tribù a maggior numero
e quelle a numero minore. Anche in Nu 33,54 il metodo distingueva fra le
grandezze tribali, quindi non era prettamente casuale.
In Gs 18,6.8 il resto del paese Giosuè lo voleva dividere in sette parti, delle
quali disse: «le tirerò a sorte qui,
davanti all’Eterno, al nostro Dio» (vv. 10s poi avvenne così). Visto
che in Gs 19,51 fu ribadito il coinvolgimento del sacerdote, oltre che di Giosuè
e dei capi tribali, e visto che ciò accadde «davanti all’Eterno, all’ingresso
della tenda dell’incontro», c’è da chiedersi se ciò non fosse accaduto
mediante gli Urim e i Tummim. Lo stesso procedimento fu usato per stabilire le
città levitiche (Gs 21,4-8.40; 1 Cr 6,54.61.63.65).
■ Precursori nella battaglia: Si traeva a sorte
quale tribù doveva cominciare per prima la guerra contro un comune nemico (Gdc
20,9).
■ Scelta di un capo: Il metodo era a esclusione
progressiva: con la sorte prima si stabiliva la tribù, poi la famiglia
patriarcale all’interno di quest’ultima, poi la casa e infine la persona
specifica (1 Sm 10,20ss). Qui il consulto della volontà di Dio avvenne mediante
l’Urim, visto che si parla di consultare l’Eterno (v. 22) e ciò era affare di
Stato (vedi sopra).
■ Scelta del colpevole: Il metodo era a
esclusione successiva. Saul fece scegliere fra due gruppi (se stesso e
Gionathan, da una parte, e il popolo, dall’altra). Poi fece scegliere fra sé e
Gionathan (1 Sm 14,40ss). Anche qui fu usato l’oracolo teocratico, ossia gli
Urim, visto che si trattava di una faccenda di Stato e si parlò di un altare,
del sacerdote e del consulto di Dio (vv. 35ss). Similmente avvenne molto tempo
prima, al tempo di Giosuè, per scoprire chi fosse il colpevole (Achan); prima le
tribù, poi le famiglie della tribù designata, poi i casati della famiglia e
infine le singole persone di tale casato designato si accostarono dinanzi
all’Eterno, ossia al santuario, e l’Eterno designò mediante gli Urim l’uno a
esclusione degli altri fino ad arrivare al colpevole (Gs 7,14s.16ss).
■ Ripartizione delle classi per il servizio sacro:
Davide fece dividere i sacerdoti, secondo i due figli di Aaronne, che avevano
avuto figli, e in base alla loro consistenza numerica (16 a 8), poi furono
tirati a sorte e classificati secondo le mansioni del tempio (1 Cr 24,5s). Poi
fu tirato a sorte fra i Leviti (v. 31). Similmente avvenne per i cantori (1 Cr
25,7ss) e i portinai (1 Cr 26,13ss). Al tempo di Nehemia, fu tirato a sorte il
turno secondo cui gli Israeliti dovevano portare al tempio la legna per l’altare
(Ne 10,34). C’è da presumere che in tutto ciò fossero stati usati gli Urim,
visto che ciò riguardava la vita del santuario e il servizio sacro.
■ Regolamentazione: Al tempo di Nehemia si
stabilì a sorte che solo uno su dieci reduci dovesse abitare a Gerusalemme (Ne
11,1), sebbene diversi si offrirono volontariamente (v. 2).
■ Divisione e decisione: Una cosa, invece di
dividerla, veniva tirata a sorte per stabilire a chi toccava (Sal 22,18). Tirare
a sorte fra qualcuno, significava fare con loro parti uguali (Pr 1,14),
spartirsi qualcosa o qualcuno (Gle 3,3; Na 3,10). In altri casi significa avere
di qualcosa la parte spettante (Is 24,17 fiere). Il proverbio: «Si gettano le
sorti nel grembo, ma ogni decisione vien dall’Eterno» (Pr 16,33), potrebbe
riferirsi semplicemente alla procreazione.
2. RICERCA ISTITUZIONALE DELLA VOLONTÀ DI DIO NEL NT
2.1. LA SORTE: La prima volta che nel NT si tirò a sorte
(gr. klēros «sorte, parte [ereditaria]»), fu quando i soldati decisero di
non fare a pezzi la tunica di Gesù, oramai crocifisso, ma di decidere a chi
toccasse, tirando a sorte (Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,24).
L’ultima volta che nella Bibbia si fosse tirato
a sorte, fu nel libro degli Atti quando il primo nucleo della chiesa decise di
sostituire l’apostata Giuda con uno dei testimoni oculari, per ricomporre la
cerchia dei dodici apostoli. Si noti che essi presentarono i due candidati
migliori (At 1,23), pregarono Dio di guidare la scelta (vv. 24s) e poi trassero
a sorte (v. 26). Come tale sistema abbia funzionato, non è detto (p.es.
estrazione di un nome).
Sta di fatto che tale sistema fu applicato prima di
Pentecoste e in tutto il NT non venne più menzionato. Poi nel testo italiano
«sorte» (e in quello greco klēros) ricorre solo un uso traslato
del termine: «avere (in / come) sorte; toccare in sorte; partecipare alla sorte
o alla (parte di) eredità.
In At 1,17 klēros è stato tradotto con «parte» in italiano.
Il metodo del tirare la sorte per sapere la volontà di
Dio, è quindi alquanto residuale nel NT. Da Pentecoste in poi non ricorre più.
2.2. LE DECISIONI ISTITUZIONALI NEL NT: Dopo Atti 1, il
metodo di tirare a sorte non fu più riportato come quello usato nelle decisioni
delle chiese. In Atti 6
per eleggere gli stretti collaboratori degli apostoli, fu usato il seguente
metodo: Pietro disse alla componente ellenistica della chiesa di Gerusalemme: «Fratelli,
cercate di trovare fra voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza,
pieni di Spirito e di sapienza, e che noi incaricheremo di quest’opera» (At
6,3). Poi «li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato,
imposero loro le mani» (v. 6).
In Atti 13, i credenti della chiesa d’Antiochia
cercavano la volontà di Dio probabilmente per sapere chi di loro dovevano andare
in missione, visto che si erano presi un tempo in cui «servivano il Signore e
digiunavano» (il testo non parla di «culto»). In tale frangente, «lo
Spirito Santo disse: “Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale
li ho chiamati”» (v. 2). Probabilmente si tratta di un convincimento comune
che lo Spirito Santo diede loro nei cuori. «Allora, dopo aver digiunato e
pregato, imposero loro le mani, e li accomiatarono» (v. 3).
In Atti 15, durante il Concilio di Gerusalemme,
si arrivò ad appurare la volontà di Dio mediante un confronto delle diverse
posizioni, mediante il ragionamento basato sulle sacre Scritture (allora l’AT),
l’illuminamento dello Spirito Santo e il convincimento che a mano a mano si fece
strada, dopo aveva parlato Pietro (vv. 7ss) e Giacomo (vv. 13ss). Infine la
terminologia che fu usata fu questa: «parve bene agli apostoli e agli anziani
con tutta la chiesa» (v. 22), «è parso bene a noi, riuniti di comune
accordo» (v. 25) ed «è parso bene allo Spirito Santo e a noi» (v.
28). Poi scrissero una lettera per le chiese dei Gentili, in cui espressero tale
comune convincimento e le motivazioni.
In campo di missione erano gli apostoli (o
missionari fondatori) con le loro relative squadre a stabilire dapprima i
conduttori delle chiese che fondavano, prima di proseguire il loro percorso
ministeriale (At 14,23). Dove le cose non erano ancora mature, lasciavano lì sul
posto un rappresentante della loro squadra missionaria (Tt 1,5).
3. ASPETTI CONCLUSIVI: La maggior
parte delle azioni legate al tirare a sorte, al tempo dell’AT, riguardava
l’oracolo teocratico, gestito dal sommo sacerdote mediante gli Urim e i Tummim.
Ciò riguardava le faccende dello Stato e del santuario e non le singole
decisioni della vita. Non esiste nessun caso nella Bibbia, in cui un comune
cittadino israelita si fosse rivolto al sacerdote per questioni strettamente
private per consultare Dio mediante gli Urim. L’oracolo teocratico era una
ragion di Stato. Oggigiorno tutto ciò non esiste più.
Altre forme comuni del tirare a sorte riguardava una
forma per spartirsi qualcosa, per evitare litigi.
C’erano poi forme legate alla divinazione, contro cui
la Bibbia è chiara.
Da Pentecoste in poi, le decisioni ecclesiali furono
prese per convincimento mediante la discussione e l’illuminamento dello Spirito
Santo.
Personalmente sconsiglio di usare il tirare a sorte o
cose simili per sapere quale sia la volontà divina; si scivola facilmente nella
superstizione, nella divinazione e nella cabala, come diversi casi deleteri e
funesti insegnano sia fra i giudei sia fra i cristiani.
Bisogna guardarsi oggigiorno di chiedere un responso
divino ad autonominati profeti per questi motivi: ▪ 1. Nel NT i profeti sono
proclamatori della Parola sulla base della lettura comune della Bibbia (1 Cor
14,29-32); ▪ 2. In effetti coloro che oggigiorno si autonominano profeti sono
spesso ciarlatani, che usano solo parole generiche e imbonitrici (come fa
l’oroscopo), oppure indovini, che attingono a forze paranormali cristianizzate.
▪ 3. Molte delle cose annunziate da tali autonominati profeti statisticamente
non si adempiono, ma essi sanno che la gente dimentica e che la mente umana
ricorda poi solo ciò che ritiene si sia adempiuto. ▪ 4. Le scienze psicologiche
hanno mostrato che chi consulta tali autonominati profeti, tende ad adempiere
inconsciamente egli stesso ciò che essi dicono, poiché ritengono ciò una
«profezia»; è lo stesso meccanismo dell’oroscopo e di altre sedicenti
predizioni.
Inoltre bisogna guardarsi dal consultare persone che
vivono nel disordine morale o nell’idolatria, oppure che nutrono false dottrine
e attingono a fonti torbide.
Quando un cristiano cerca la volontà di Dio, fa bene a
consultare la sua Parola in preghiera; spesso si sbaglia nella vita per scarsa
conoscenza biblica (Os 4,6) o perché si pongono altre convenzioni al di sopra
della sacra Scrittura (Mt 15,6). A tal riguardo può essere utile chiedere
consiglio a chi ha più conoscenza biblica e maturità spirituale, specialmente ai
conduttori della propria chiesa. Bisogna ricordarsi però che Dio risponde agli
ubbidienti, a coloro che hanno in cuore di fare la sua volontà; Saul insegna (1
Sm 28,6).
Nella sacra Scrittura ci sono cose chiare ed evidenti
che bisogna assolutamente fare (se comandate) o tralasciare (se proibite);
tuttavia bisogna ricordarsi che con l’introduzione del nuovo patto, il cristiano
è sotto la «legge di Cristo», non sotto la legge mosaica. Nelle cose non
chiaramente rivelate nel NT (cosa che bisogna assolutamente prima accertare), il
cristiano può chiedere a Dio luce in merito e, se non trova in merito almeno un
principio analogico con altre cose più evidenti, potrà agire poi secondo
coscienza, rispettando l’altrui al riguardo (Rm 14). [►
L’etica della libertà e della responsabilità]
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Tiro a sorte e oracolo divino? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Sorte_oracolo_divino_Lv.htm
23-08-2008; Aggiornamento: 30-06-2010
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