Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il Levitico 1

 

Bibbia (generale)

 

 

 

 

Il Levitico — Libretto di studio:

   Dopo le istruzioni d’uso e l’introduzione generale, seguono le domande sul testo, che rimarcano le parti principali del Levitico:
■ I sacrifici (Lv 1-7)
■ Il sacerdozio (Lv 8-10)
■ Purificazione del popolo (Lv 11-15)
■ Giorno della riconciliazione (Lv 16)
■ Ordinamenti per il popolo (Lv 17-20)
■ Ordinamenti per il sacerdozio (Lv 21-22)
■ Ordinamenti per le feste (Lv 23-24)
■ Ordinamenti per il paese (Lv 25-26)
■ Appendice: voti e decime (Lv 27).

 

Il Levitico — Libretto di testo

   Si tratta di una traduzione letterale che ricalca da vicino l’ebraico e che è strutturata secondo le parti evidenti del libro. Può risultare molto utile per chi vuole studiare il Levitico in modo profondo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Il Levitico 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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TIRO A SORTE E ORACOLO DIVINO

 

 di Nicola Martella

 

Le questioni dei lettori

La risposta

 

Prima di porre una domanda, il lettore si accerti che non ci sia già una risposta all'interno del sito «Fede controcorrente». È anche possibile che l'autore abbia già trattato l'argomento in uno di suoi libri; in tal caso verrà inviato al lettore il riferimento all'opera e alle pagine. In alcuni casi il gestore del sito si avvarrà dell'ausilio di un competente collaboratore perché venga data una risposta alla domanda del lettore.

 

 

Le questioni dei lettori  

 

     ■ Sono molto incuriosita da certe pratiche che i sacerdoti dell’AT facevano quando dovevano consultare l’Eterno come gli Urim e i Tummim, oppure il tirare a sorte del NT per la scelta dell’apostolo. Perché queste pratiche nel cristianesimo sono considerate «pratiche pagane»? {Letizia Passeri; 17-08-2008}

 

     ■ Molte volte nella Bibbia si parla di sorte, e in diverse occasioni si tirò a sorte per spartirsi delle terre o per scegliere una persona, oppure nel caso di Giona, per scoprire il colpevole. Alcuni re d’Israele utilizzavano gli Urim e i Tummim per consultare il Signore. Metodi che, dobbiamo ammettere sinceramente, sono identici alla divinazione. Anche gli apostoli dopo aver pregato, tirarono a sorte per scegliere il sostituto del traditore.

     Quindi a prima vista potrebbe sembrare che la Bibbia possa legittimare tali mezzi per «consultare l’Eterno» e scoprire così la sua volontà per la nostra vita. Certo tali casi davano a volte anche responsi neutri, né sì né no, anche per il fatto che l’Eterno era lontano da loro a causa dei loro peccati.

     Qual è la tua opinione in merito? Tali metodi usati dai servitori di Dio mi lasciano molto perplesso. Cosa puoi dire al riguardo? {Gaetano Nunnari; 15-08-2008}

 

 

La risposta ▲

 

 

1.  RICERCA DELLA VOLONTÀ DI DIO NELL’AT: Se uno pensa che tirare a sorte al tempo dell’AT fosse un evento quotidiano, si sbaglia. Inoltre bisogna distinguere fra «oracolo teocratico» (o di Stato) e consulto divino ordinario.

 

1.1.  ORACOLO TEOCRATICO: Esso era limitato alle grandi questioni che coinvolgevano il popolo e la nazione, ad esempio: le grandi decisioni nazionali (1 Sm 10,22 Saul), le guerre contro i nemici (Gdc 1,1ss) o contro una tribù ribelle (Gdc 20,18.23.27s) e così via (1 Sm 22,10.13.15). L’oracolo teocratico era praticato mediante gli Urim e i Tummim, che erano gestiti dal sommo sacerdote. Essi venivano anche chiamati per semplicità solo gli Urim (Nu 27,21).

     Il significato dei termini ’ûrîm e tummîm, rimane discusso quanto a origine. Gli ’ûrîm lascerebbero pensare a ’ôr «luce» e ’ûr «fuoco»; altri pensano a una forma derivante da arûrîm «maledetti» o da jārāh «gettare (la sorte; Gs 18,6), tirare, indicare (col dito)»; la Settanta (traduzione greca dell’AT) suggerisce dēlōsis «indicazione, manifestazione, prova» / dēloi «visibili, manifesti». I tummîm lascerebbero pensare alla radice verbale tam / tamam «essere completo, terminato, perfetto, devoto» (tāmîm «completo, intero, perfetto, devoto); la Settanta suggerisce alētheia «verità» / hosiótēs «devozione, pietà, virtù».

     Di là da ciò che i termini significhino, è interessante notare la funzione di giudizio che essi avevano e il loro stretto legame col sommo sacerdote: «Metterai sul pettorale del giudizio gli Urim e i Tummim; e staranno sul cuore d’Aaronne quando egli si presenterà davanti all’Eterno. Così Aaronne porterà il giudizio dei figli d’Israele sul suo cuore, davanti all’Eterno, del continuo» (Es 28,30).

     Il sacerdote veniva coinvolto con gli Urim davanti all’Eterno (ossia in luogo sacro), quando bisognava stabilire il nuovo capo dell’intero popolo, come nel caso di Giosuè mediante Mosè (Nu 27,18-23). Le domande erano del tipo «sì / no», sia per sapere da Dio se fare o meno una certa azione (Gdc 20,23.28; 1 Sm 23,2ss), sia per sapere altre informazioni: chi avrebbe fatto per primo una certa cosa (Gdc 20,18). C’era la possibilità di sapere pure altre informazioni.[1] Probabilmente c’era anche la possibilità di sapere da Dio questioni concomitanti e complesse, probabilmente mediante una serie successiva di domande (1 Sm 30,8; 2 Sm 5,19). Un caso specifico era dato dal fatto che alcune famiglie sacerdotali avevano perso i loro titoli genealogici, allora «il governatore disse loro di non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote per consultare Dio con gli Urim e i Tummim» (Esd 2,62s; Ne 7,64s); anche questa era una questione teocratica, una ragion di Stato.

     Ci sono anche esempi negativi. Ad esempio, il popolo e Giosuè agirono da stolti, quando, senza consultare l’Eterno, accolsero i furbi Gabaoniti e fecero loro il giuramento solenne di lasciarli in vita (Gdc 9,14ss). Dio si rifiutò di rispondere all’apostata e stolto Saul (1 Sm 14,36s; 28,6). Dio rimproverò i Giudei a causa delle loro macchinazioni politiche internazionali, che essi portavano avanti «senza aver consultato la mia bocca» (Is 30,2). Si parlava allora anche di «coloro che non cercano l’Eterno e non lo consultano» (Sf 1,6).

 

1.2.  CONSULTAZIONE DEL SACERDOTE: Nessun privato poteva chiedere un tale responso divino al sacerdote mediante gli Urim.[2] È scritto che «le labbra del sacerdote sono le guardiane della conoscenza, e dalla sua bocca uno cerca la legge, perché egli è il messaggero dell’Eterno degli eserciti» (Mal 2,7). Egli istruiva quindi nelle vie di Dio secondo la Torà; non dava responsi a privati mediante la sorte. Il sacerdote, già come fece Mosè (Es 18,15), poteva consultare Dio ma, come è scritto, ciò avveniva così: «Quando essi hanno qualche affare, vengono da me, e io giudico fra l’uno e l’altro, e faccio loro conoscere gli ordini di Dio e le sue leggi” (v. 16). Il consulto normale del sacerdote avveniva riguardo a ciò che diceva il diritto, quindi ciò che essi insegnavano della Torà, a chi li consultava (Dt 17,8-13).

 

1.3.  CONSULTO DIVINO DEL POPOLO: Esso avveniva, fin dall’antichità d’Israele, mediante i veggenti approvati da Dio. Ciò valeva sia per il re, che aveva il suo veggente personale[3], sia per il popolo (Saul 1 Sm 9,6). In una nota di 1 Sm 9,9 si legge: «Anticamente, in Israele, quand’uno andava a consultare Dio, diceva: “Venite, andiamo dal Veggente!”. Poiché colui che oggi si chiama “profeta”, anticamente si chiamava “veggente”».

     È scritto che «Saul consultò l’Eterno, ma l’Eterno non gli rispose né per via di sogni, né mediante gli Urim, né per mezzo dei profeti” (1 Sm 28,6). Questi erano quindi i modi come Dio rispondeva normalmente a un re, quando egli lo consultava per decisioni; al popolo rimanevano i sogni e i profeti, oltre all’istruzione basilare nella Torà. In genere anche i re d’Israele e di Giuda andavano (o mandavano) a consultare i profeti del Signore[4], oppure si circondavano di profeti, legittimi e anche falsi (1 Re 22,5.7ss). Anche re pagani mandavano a consultare i profeti legittimi d’Israele (2 Re 8,8ss).

     Dio parlava al veggente / profeta anche preventivamente, prima che la persona venisse a consultarlo (1 Sm 9,15ss; 1 Re 14,5s). In certi casi, il profeta doveva aspettare che Dio si rivelasse a lui, prima d’intervenire (Gr 28,1ss).

     Dio si rifiutava di rispondere a chi, pur vivendo da idolatra, poi lo consultava (Ez 20,1ss.31), oppure rispondeva con responsi di giudizio sia per chi lo consultava sia per il profeta che si prestava a ciò (Ez 14,3.7.10).

 

1.4.  ASPETTI NEGATIVI

     ■ Consulto idolatra di Dio?: La tribù di Dan incontro per strada un levita idolatra, che un certo Mica lo aveva assoldato come sacerdote del suo idolo. E Daniti gli chiesero di consultare Dio per loro ed egli assicurò che il loro viaggio sarebbe sotto lo sguardo dell’Eterno (Gdc 18,5s). Non si comprende come egli abbia potuto consultare l’Eterno presso un tempio idolatra e come Dio poteva rispondere a una tribù che non aveva conquistata l’eredità assegnatagli da Dio, ma che senza consultare Dio s’era diretto altrove. Probabilmente il levita era un ciarlatano o usava la divinazione. Questi continuò a fare il sacerdote idolatra presso i Daniti (vv. 18ss).

     ■ Consulto occulto: In certi casi, i re apostati d’Israele mandavano a consultare Ba`al presso i santuari pagani (2 Re 1,3 Achazia), ma Dio li fece riprendere dal suo profeta (vv. 3ss) e annunziò giudizio di morte (v. 16). Non approfondiamo qui oltre questo aspetto (cfr. Is 19,3; 47,13; Gr 8,2; Ez 21,26; Os 5,12).

 

1.5.  LA SORTE NELL’AT: Ci sfuggono i metodi precisi riguardo a come gli israeliti, durante il periodo dell’AT, abbiano tirato a sorte fra uno o più gruppi di persone per stabilire chi fosse un reo, chi dovesse diventare un capo, chi dovesse vivere e chi morire o chi dovesse ricevere quale parte di un’eredità. Questo vale sia per l’uso degli Urim (su cui ci sono varie ipotesi) sia per il comune tirare a sorte. Uno dei metodi poteva essere, ad esempio, quello di mettere in un recipiente i nomi di tutte le persone (o gruppi) tra cui scegliere (Nu 26,55). I termini «sorte» ed «eredità» erano strettamente connessi nel linguaggio (Gs 23,4; Sal 16,5s).

     Non bisogna neppure dimenticare che non tutti i metodi erano legittimi e ortodossi, poiché alcuni di loro erano metodi divinatori, proibiti dalla legge mosaica, poiché il tirare a sorte o presagi era accompagnato dall’evocazione di potenze occulte (Ez 21,26s). Il Pur o sorte fu molto importante al tempo di Ester, per stabilire il giorno propizio in cui gli avversari dei Giudei si sarebbero potuto vendicare di loro su istigazione di Haman (Est 3,7; 9, 24); qui si parla di tirare la sorte «un giorno dopo l’altro e un mese dopo l’altro», ossia finché sarebbe comparsa una certa combinazione di elementi, ritenuta propizia, ma che ci sfugge. Inutile dire che si trattava di un’arte divinatoria, dettata dalla superstizione (si veda il fatto che Zereš, moglie di Haman, si circondò di «saggi», ossia di occultisti e lei stessa era tale; Est 6,13). Similmente accadde, durante la tempesta, sulla nave, sulla quale si trovava Giona (Gna 1,7).

     Ecco qui di seguito una breve tipologia fra le cose legittime. Tralasciamo qui l’uso traslato di sorte nel senso di «parte spettante, destino».[5]

     ■ Scelta fra due: Bisognava scegliere quale capro sacrificare e quale lasciar libero (Lv 16,8ss). L’ambiente sacro fa presumere l’uso dell’oracolo sacerdotale.

     ■ Spartizione del paese: In Nu 26,55s il metodo sembrava contemplare una differenza fra due categorie, le tribù a maggior numero e quelle a numero minore. Anche in Nu 33,54 il metodo distingueva fra le grandezze tribali, quindi non era prettamente casuale.[6] In Gs 18,6.8 il resto del paese Giosuè lo voleva dividere in sette parti, delle quali disse: «le tirerò a sorte qui, davanti all’Eterno, al nostro Dio» (vv. 10s poi avvenne così). Visto che in Gs 19,51 fu ribadito il coinvolgimento del sacerdote, oltre che di Giosuè e dei capi tribali, e visto che ciò accadde «davanti all’Eterno, all’ingresso della tenda dell’incontro», c’è da chiedersi se ciò non fosse accaduto mediante gli Urim e i Tummim. Lo stesso procedimento fu usato per stabilire le città levitiche (Gs 21,4-8.40; 1 Cr 6,54.61.63.65).[7]

     ■ Precursori nella battaglia: Si traeva a sorte quale tribù doveva cominciare per prima la guerra contro un comune nemico (Gdc 20,9).

     ■ Scelta di un capo: Il metodo era a esclusione progressiva: con la sorte prima si stabiliva la tribù, poi la famiglia patriarcale all’interno di quest’ultima, poi la casa e infine la persona specifica (1 Sm 10,20ss). Qui il consulto della volontà di Dio avvenne mediante l’Urim, visto che si parla di consultare l’Eterno (v. 22) e ciò era affare di Stato (vedi sopra).

     ■ Scelta del colpevole: Il metodo era a esclusione successiva. Saul fece scegliere fra due gruppi (se stesso e Gionathan, da una parte, e il popolo, dall’altra). Poi fece scegliere fra sé e Gionathan (1 Sm 14,40ss). Anche qui fu usato l’oracolo teocratico, ossia gli Urim, visto che si trattava di una faccenda di Stato e si parlò di un altare, del sacerdote e del consulto di Dio (vv. 35ss). Similmente avvenne molto tempo prima, al tempo di Giosuè, per scoprire chi fosse il colpevole (Achan); prima le tribù, poi le famiglie della tribù designata, poi i casati della famiglia e infine le singole persone di tale casato designato si accostarono dinanzi all’Eterno, ossia al santuario, e l’Eterno designò mediante gli Urim l’uno a esclusione degli altri fino ad arrivare al colpevole (Gs 7,14s.16ss).

     ■ Ripartizione delle classi per il servizio sacro: Davide fece dividere i sacerdoti, secondo i due figli di Aaronne, che avevano avuto figli, e in base alla loro consistenza numerica (16 a 8), poi furono tirati a sorte e classificati secondo le mansioni del tempio (1 Cr 24,5s). Poi fu tirato a sorte fra i Leviti (v. 31). Similmente avvenne per i cantori (1 Cr 25,7ss) e i portinai (1 Cr 26,13ss). Al tempo di Nehemia, fu tirato a sorte il turno secondo cui gli Israeliti dovevano portare al tempio la legna per l’altare (Ne 10,34). C’è da presumere che in tutto ciò fossero stati usati gli Urim, visto che ciò riguardava la vita del santuario e il servizio sacro.

     ■ Regolamentazione: Al tempo di Nehemia si stabilì a sorte che solo uno su dieci reduci dovesse abitare a Gerusalemme (Ne 11,1), sebbene diversi si offrirono volontariamente (v. 2).

     ■ Divisione e decisione: Una cosa, invece di dividerla, veniva tirata a sorte per stabilire a chi toccava (Sal 22,18). Tirare a sorte fra qualcuno, significava fare con loro parti uguali (Pr 1,14), spartirsi qualcosa o qualcuno (Gle 3,3; Na 3,10). In altri casi significa avere di qualcosa la parte spettante (Is 24,17 fiere). Il proverbio: «Si gettano le sorti nel grembo, ma ogni decisione vien dall’Eterno» (Pr 16,33), potrebbe riferirsi semplicemente alla procreazione.

 

 

2.  RICERCA ISTITUZIONALE DELLA VOLONTÀ DI DIO NEL NT

 

2.1.  LA SORTE: La prima volta che nel NT si tirò a sorte (gr. klēros «sorte, parte [ereditaria]»), fu quando i soldati decisero di non fare a pezzi la tunica di Gesù, oramai crocifisso, ma di decidere a chi toccasse, tirando a sorte (Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,24).

     L’ultima volta che nella Bibbia si fosse tirato a sorte, fu nel libro degli Atti quando il primo nucleo della chiesa decise di sostituire l’apostata Giuda con uno dei testimoni oculari, per ricomporre la cerchia dei dodici apostoli. Si noti che essi presentarono i due candidati migliori (At 1,23), pregarono Dio di guidare la scelta (vv. 24s) e poi trassero a sorte (v. 26). Come tale sistema abbia funzionato, non è detto (p.es. estrazione di un nome).

     Sta di fatto che tale sistema fu applicato prima di Pentecoste e in tutto il NT non venne più menzionato. Poi nel testo italiano «sorte» (e in quello greco klēros) ricorre solo un uso traslato del termine: «avere (in / come) sorte; toccare in sorte; partecipare alla sorte o alla (parte di) eredità.[8] In At 1,17 klēros è stato tradotto con «parte» in italiano.

     Il metodo del tirare la sorte per sapere la volontà di Dio, è quindi alquanto residuale nel NT. Da Pentecoste in poi non ricorre più.

 

2.2.  LE DECISIONI ISTITUZIONALI NEL NT: Dopo Atti 1, il metodo di tirare a sorte non fu più riportato come quello usato nelle decisioni delle chiese. In Atti 6 per eleggere gli stretti collaboratori degli apostoli, fu usato il seguente metodo: Pietro disse alla componente ellenistica della chiesa di Gerusalemme: «Fratelli, cercate di trovare fra voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, e che noi incaricheremo di quest’opera» (At 6,3). Poi «li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani» (v. 6).

     In Atti 13, i credenti della chiesa d’Antiochia cercavano la volontà di Dio probabilmente per sapere chi di loro dovevano andare in missione, visto che si erano presi un tempo in cui «servivano il Signore e digiunavano» (il testo non parla di «culto»). In tale frangente, «lo Spirito Santo disse: “Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”» (v. 2). Probabilmente si tratta di un convincimento comune che lo Spirito Santo diede loro nei cuori. «Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani, e li accomiatarono» (v. 3).

     In Atti 15, durante il Concilio di Gerusalemme, si arrivò ad appurare la volontà di Dio mediante un confronto delle diverse posizioni, mediante il ragionamento basato sulle sacre Scritture (allora l’AT), l’illuminamento dello Spirito Santo e il convincimento che a mano a mano si fece strada, dopo aveva parlato Pietro (vv. 7ss) e Giacomo (vv. 13ss). Infine la terminologia che fu usata fu questa: «parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22), «è parso bene a noi, riuniti di comune accordo» (v. 25) ed «è parso bene allo Spirito Santo e a noi» (v. 28). Poi scrissero una lettera per le chiese dei Gentili, in cui espressero tale comune convincimento e le motivazioni.

     In campo di missione erano gli apostoli (o missionari fondatori) con le loro relative squadre a stabilire dapprima i conduttori delle chiese che fondavano, prima di proseguire il loro percorso ministeriale (At 14,23). Dove le cose non erano ancora mature, lasciavano lì sul posto un rappresentante della loro squadra missionaria (Tt 1,5).

 

 

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: La maggior parte delle azioni legate al tirare a sorte, al tempo dell’AT, riguardava l’oracolo teocratico, gestito dal sommo sacerdote mediante gli Urim e i Tummim. Ciò riguardava le faccende dello Stato e del santuario e non le singole decisioni della vita. Non esiste nessun caso nella Bibbia, in cui un comune cittadino israelita si fosse rivolto al sacerdote per questioni strettamente private per consultare Dio mediante gli Urim. L’oracolo teocratico era una ragion di Stato. Oggigiorno tutto ciò non esiste più.

     Altre forme comuni del tirare a sorte riguardava una forma per spartirsi qualcosa, per evitare litigi.

     C’erano poi forme legate alla divinazione, contro cui la Bibbia è chiara.

     Da Pentecoste in poi, le decisioni ecclesiali furono prese per convincimento mediante la discussione e l’illuminamento dello Spirito Santo.

     Personalmente sconsiglio di usare il tirare a sorte o cose simili per sapere quale sia la volontà divina; si scivola facilmente nella superstizione, nella divinazione e nella cabala, come diversi casi deleteri e funesti insegnano sia fra i giudei sia fra i cristiani.

     Bisogna guardarsi oggigiorno di chiedere un responso divino ad autonominati profeti per questi motivi: ▪ 1. Nel NT i profeti sono proclamatori della Parola sulla base della lettura comune della Bibbia (1 Cor 14,29-32); ▪ 2. In effetti coloro che oggigiorno si autonominano profeti sono spesso ciarlatani, che usano solo parole generiche e imbonitrici (come fa l’oroscopo), oppure indovini, che attingono a forze paranormali cristianizzate. ▪ 3. Molte delle cose annunziate da tali autonominati profeti statisticamente non si adempiono, ma essi sanno che la gente dimentica e che la mente umana ricorda poi solo ciò che ritiene si sia adempiuto. ▪ 4. Le scienze psicologiche hanno mostrato che chi consulta tali autonominati profeti, tende ad adempiere inconsciamente egli stesso ciò che essi dicono, poiché ritengono ciò una «profezia»; è lo stesso meccanismo dell’oroscopo e di altre sedicenti predizioni.

     Inoltre bisogna guardarsi dal consultare persone che vivono nel disordine morale o nell’idolatria, oppure che nutrono false dottrine e attingono a fonti torbide.

     Quando un cristiano cerca la volontà di Dio, fa bene a consultare la sua Parola in preghiera; spesso si sbaglia nella vita per scarsa conoscenza biblica (Os 4,6) o perché si pongono altre convenzioni al di sopra della sacra Scrittura (Mt 15,6). A tal riguardo può essere utile chiedere consiglio a chi ha più conoscenza biblica e maturità spirituale, specialmente ai conduttori della propria chiesa. Bisogna ricordarsi però che Dio risponde agli ubbidienti, a coloro che hanno in cuore di fare la sua volontà; Saul insegna (1 Sm 28,6).

     Nella sacra Scrittura ci sono cose chiare ed evidenti che bisogna assolutamente fare (se comandate) o tralasciare (se proibite); tuttavia bisogna ricordarsi che con l’introduzione del nuovo patto, il cristiano è sotto la «legge di Cristo», non sotto la legge mosaica. Nelle cose non chiaramente rivelate nel NT (cosa che bisogna assolutamente prima accertare), il cristiano può chiedere a Dio luce in merito e, se non trova in merito almeno un principio analogico con altre cose più evidenti, potrà agire poi secondo coscienza, rispettando l’altrui al riguardo (Rm 14). [ L’etica della libertà e della responsabilità]

 

Tiro a sorte e oracolo divino? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

 

[1]. 1 Sm 10,22; 2 Sm 2,1s; 2 Sm 5,23s.

[2]. L’unico caso, descritto nell’AT, riguardo a un responso mediante il sacerdote non avvenne mediante gli Urim; il marito geloso e sospettoso di un tradimento della moglie fece assoggettare quest’ultima a un giudizio divino di ben altre natura (Nu 5,11-31).

[3]. 1 Cr 25,5; 29,25; 35,15.

[4]. 2 Re 3,11; 22,13s.18; Gr 21,2; 37,7.

[5]. Nu 16,9 «la sorte comune a tutti gli uomini»; v. 40; 2 Sm 18,32; Gb 6,27; 8,13; 18,20; Sal 16,5s; 37,5; 92,11; Pr 1,19; 18,18; Ec 2,14s; 3,19; 9,2s; Is 17,14; 47,15; 57,6; 61,7; Gr 13,25; Ab 1,11; Na 3,19.

[6]. Cfr. Nu 34,13; 36,2s; Gs 13,6; 14,2; 15,1; 16,1; 17,1s; 19,1.10.17.24.32.40.

[7]. Altri brani: Gs 23,4; Gdc 1,3; Sal 78,55; Ez 45,1; 47,22; 48,29.

[8]. At 8,21; 26,18; Col 1,12; 1 Pt 5,3; in Eb 10,33 non c’è questo termine. Per l’uso traslato prima di Pentecoste cfr. Mt 11,23s; 24,51; Lc 10,12.14; 12,46. Per l’uso concreto cfr. Lc 1,9.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Sorte_oracolo_divino_Lv.htm

23-08-2008; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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