Qui di seguito
discutiamo l’articolo «C’era
la morte fin dalle origini?». La Scrittura, parlando dell’umanità,
afferma che la morte è entrata nel mondo con il peccato, venendo poi trasmessa a
tutti gli uomini, essendo essi peccatori (Rm 5,12). Alcuni estendono tale
concetto anche al resto della creazione, affermando che anche dalla ribellione
primordiale in poi anche animali e piante cominciarono a morire.
È probabile che si tratti di un falso sillogismo, basato su premesse non
verificabili con l’esegesi. In effetti, l’uomo cominciò a morire con
l’allontanamento dall’albero della vita. Nell’articolo «Le origini e la morte» [Temi
delle origini.
Le Origini 1
(Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 307-311] mostro tutta la problematica e le
ragioni, secondo cui nel regno vegetale e animale la morte già esisteva, e che
ciò era «buono» per motivi ecologici e per la sopravvivenza di tutte le specie.
Visto che in origine tutti gli animali erano erbivori, un modo sovraffollato
sarebbe diventato un deserto disabitato in un tempo relativamente breve.
Per la discussione esegetica dei singoli brani, che verranno discussi qui di
seguito, rimando a Nicola Martella,
Esegesi delle origini.
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma
2006).
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I contributi sul tema
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(I
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1. {Gianni
Siena}
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Ecco le mie
risposte ai quesiti della lettrice.
■ 1. Adamo poteva respirare sott’acqua?: Temo di no, essendo egli una
creatura terrestre e non marina.
■ 2.
Nell’Eden l’uomo era, in qualche modo, immortale?: «Immortale» sì, a patto
che non facesse atti autolesionisti tali da compromettere la sua integrità
spirituale e l’incolumità fisica: cosa che fecero entrambi mangiando il frutto
proibito.
■ 3. La morte era già esistente?: Sì, l’estinzione fisica per gli animali
terrestri era già implicata nel fatto, che essi potessero mangiare d’ogni pianta
(Gen 1,29-30). Questo implicava anche mangiare il frutto poi proibito all’uomo
in un secondo tempo (Gen 2,16-17). Evidentemente, Dio voleva risparmiare
all’uomo l’esperienza dolorosa della morte fisica. La creazione era «buona» in
sé (Gen 1,4.12.17.25), ma con la creazione dell’uomo a sua immagine e
somiglianza (Gen 1,26) essa divenne «molto buona» (1,31).
■ 4. L’uomo poteva morire, magari dopo un numero lunghissimo d’anni?: No
perché Dio voleva risparmiare all’uomo la morte fisica; prova ne è che il
diavolo fece credere alla donna che non sarebbero morti (Gen 3,4).
■ 5.
Altrimenti perché Dio stesso avrebbe interdetto l’accesso al Giardino all’uomo
per paura che ne mangiasse e divenisse immortale?: Per il fatto che l’uomo,
ormai divenuto peccatore, mangiando il frutto della vita sarebbe
rimasto peccatore in eterno. Questo non avrebbe permesso a Cristo di salvare
coloro che avrebbero risposto positivamente alla richiesta di ravvedimento.
L’umanità paga, nella carne, la conseguenza del peccato con la morte fisica; ma
se Adamo fosse diventato immortale (mangiando il frutto d’immortalità), la sua
discendenza sarebbe nata peccatrice e irredimibile. Grazie al Signore per una
decisione dura, ma salutare per noi tutti (Gen 3,22-24).
■ 6. Ma allora che ci stava a fare l’albero e perché era vicino a quell’altro
(roba che uno si sbagliava ed era rovinato), messi tutte e due al centro del
Giardino?: Rispondo con una domanda: La storia del «cherubino protettore»
(= satana) non insegna niente? Era lui che custodiva la via verso il
centro del Giardino (Ez 28,14).
In ebraico, «nakhash» o serpente (Gen 3,1) significa anche «colui che
custodisce il segreto della sapienza». Dunque, ogni essere vivente doveva essere
indirizzato a mangiare il corrispettivo frutto: satana ingannò la donna ed ella
ne mangiò con suo marito (Gen 3,6).
Su questo punto mi permetto una digressione, c’è una quaestio teologica
sul momento della caduta di satana. Io credo che avvenne in Eden (Ez
28,13), quando il cherubino protettore decise di tentare l’uomo (Ez 28,15).
Il fatto che fosse «astuto» (Gen 3,1) non deve fuorviare, l’astuzia è
anche «prudenza», avvedutezza, previdenza. L’intelligenza non è mai abbastanza.
{02-10-2010}
2. {Nicola
Martella}
▲
Che Gianni Siena
abbia cercato di rispondere ai quesiti della lettrice, è mirabile e
apprezzabile. Ho avuto comunque l’impressione che egli risponda, non tenendo
conto per nulla ciò che ho scritto io, come se ciò non esistesse proprio. Faccio
soltanto alcune osservazioni su punti specifici, seguendo la sua
numerazione.
■ A 2. I termini «mortale» e «immortale» sono categorie ontologiche, ossia
legate all’essere in sé, non circostanziate. Dio solo è immortale per
natura (1 Tm 1,17). Adamo ed Eva erano per natura mortali e, per non
decadere fisicamente, necessitavano dell’albero della vita. Infatti, appena
allontanati da Eden, cominciò il processo di decadimento fisico, che poi portò
alla morte della prima coppia e della loro discendenza.
■ A 3. La
morte di piante (servivano da cibo) e di animali era parte di un
progetto ecologico, per evitare l’autodistruzione delle specie e di tutte le
creature viventi. È evidente che la dieta degli uomini e degli animali era
differente (Gn 1,29s); quindi, la morte degli animali era di natura
programmatica e non aveva nulla a che fare col mangiare del frutto proibito
all’uomo (Gen 2,16s).
■ A 5. Faccio presente che l’uomo, per rimanere peccatore in eterno,
avrebbe dovuto mangiare il frutto dell’albero della vita in eterno. Infatti il
suo effetto era a tempo. Già prima del peccato, Adamo ed Eva ne mangiavano
(Gentile 2,16s), e ciò permise loro, dopo la loro cacciata da Eden, di vivere
per centinaia d’anni (Gen 5,5). La mortalità è una questione strutturale degli
esseri creati e
nessuna sostanza può renderli immortali in eterno. Non esisteva un «frutto
d’immortalità», ma solo un frutto che permetteva di continuare a vivere,
fintantoché lo si assumeva a tempo debito.
■ 6.
Ezechiele 28 non c’entra proprio nulla con l’esegesi di Genesi 3, poiché
parla soltanto del re di Tiro, usando una metafora risalente al linguaggio
mitologico di tale re, tipico per i regnanti orientali, che volentieri si
fregiavano di attributi trascendentali. Per non ripetermi, rimando nell’articolo
«La caduta primordiale e l’avversario»
Temi delle origini.
Le Origini 1, al punto «2.1.3. Brani fuori contesto» (pp. 285s), dove
tratto anche Isaia 14 (re di babilonia).
Quanto alla distinzione fra i termini ebraici
nāḥā́š
«serpente» e
nàḥaš
«divinazione», rimando a
Esegesi delle origini.
Le Origini 2, p. 181. In ogni modo, nessuno di questi due termini significa
certo «colui che custodisce il segreto della sapienza». Che la caduta di
satana sia avvenuta in Eden, lo si può approfondire nell’articolo «La caduta
primordiale e l’avversario» Temi delle
origini.
Le Origini 1, al punto «2. Creazione degli angeli e ribellione del
diavolo» (pp. 284-287), senza scomodare Ezechiele 28.
3. {Pietro
Calenzo}
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Carissimo Nicola,
shalom. Gli interrogativi che la gentile sorella ha posto, a mio modesto parere
non solo sono molto intelligenti, ma anche molto pertinenti. Personalmente, sono
stato arricchito ,e molto, tanto dalle domande poste dalla lettrice quanto dalle
risposte esegeticamente perfette e scritturali da te esposte.
Ti confesso, che alcuni aspetti dell’albero della vita, dopo tanti anni di
vocazione in Gesù Messia, non le avevo mai ponderate o conosciute, benché sia un
discreto lettore dei commentari biblici. E il bello è che tutto si integri con
la tua analisi perfettamente scritturale. L’unico Immortale è e sarà sempre solo
Dio, ed è edificante e spiritualmente confortante sapere come il Signore ha
provveduto che i figli di Dio, pur essendo per natura mortali, saranno
eternamente con il loro Signore, in virtù della sua opera e sapienza infinita.
Grazie, e Dio ti benedica, carissimo Nicola. Benedizioni in Gesù. {02-10-2010}
4. {Samuel
Simoni}
▲
■ Contributo:
Leggendo l’articolo mi sono ricordato che un giorno la morte verrà gettata nello
stagno di fuoco, quindi non capisco perché ci sarà la necessità di mangiare il
frutto dell’albero della vita. In cosa sto sbagliando? Grazie. {02-10-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): L’uomo non è immortale in sé, né lo sarà mai. L’unico
immortale rimane soltanto Dio (1 Tm 1,17). La sua vita e salute spirituale
(compreso salvezza, comunione con Dio, benedizioni, ecc.) verranno mediate e
garantite da Gesù Cristo. La sua
vita e salute biologiche verranno mediate e garantite dall’albero della
vita. I dettagli si possono leggere in Nicola Martella (a cura di),
Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), specialmente nelle sezioni: «Lo
stato eterno», pp. 312-349; «Il cielo è diverso», pp. 350-393.
5. {Massimo
Ricossa}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, per quanto riguarda l’argomento dell’immortalità
dell’uomo in Eden, avrei alcune perplessità su quanto tu hai scritto. Premetto
che io conosco a mala pena l’italiano e quindi posso disquisire solo sui
concetti. Domanda: Se Adamo e Eva fossero stati esseri mortali (anche se
dopo chissà quanti anni), perché Dio avrebbe minacciato di farli morire se
avessero disubbidito?
Altra domanda, ma se
nel NT il Signore promette vita eterna a tutti coloro che credono
nel sacrificio di Cristo, questa vita eterna dipende dalla fede in Cristo
o dal mangiare dell’albero della vita nel paradiso di Dio? Poi, vita eterna
per uno come me che conosce appena la lingua italiana, vuole dire vita senza
fine. Ciao e grazie della tua risposta. {03-10-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Se c’è l’eventualità di morire, come Dio avvertì
Adamo, l’uomo non era immortale. Egli viveva perpetuamente in virtù del
frutto
dell’albero della vita; un essere immortale in sé non necessita di sussidi
esterni.
Gesù Cristo è garante della vita eterna; questa è una qualità di vita (vita con
Dio), non una vita immortale posseduta dall’uomo in sé. Il mezzo come Dio
garantirà una vita biologica perpetua, quindi senza fine, sarà proprio
l’albero della vita, poiché l’uomo non possiede l’immortalità inerente. Le
nazioni che ripopoleranno al nuova terrà necessiteranno della continua
guarigione mediata dall’albero della vita (Ap 22,2). Esso è un privilegio
dei redenti (v. 14), ma verrà vietato ai non redenti (v. 19).
6. {Gaetano
Nunnari}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, insieme alla famiglia Selce abbiamo letto
l’articolo citato. Ne è nata una discussione con delle domande, che vorremmo
sottoporti:
Se Adamo e Eva non avessero peccato, noi umani saremmo mai morti? Se la
risposta è no, ne consegue che a un certo punto avremmo sofferto di
sovraffollamento. Se la risposta è si, cosa sarebbe successo all’uomo dopo
la morte? (N.B.: La Bibbia dice che la morte è passata su tutti gli uomini,
perché tutti hanno peccato. In questo caso sarebbe quindi fuori luogo?). Grazie
per un tuo riscontro. Fraterni saluti... {03-10-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): L’esegesi non si basa sui «se», ma sul testo biblico che si
ha; preferirei quindi attenermi a esso, senza speculare. Premesso che la
morte esisteva già nel mondo vegetale e animale, ciò che la impediva
nell’uomo, era l’assunzione del frutto dell’albero della vita. È evidente che
una minaccia circostanziata (Gen 2,17) si realizza, soltanto quando si
verificano le premesse (Gen 3,6). Ciò ci fa concludere che se non si fossero
verificate le premesse (la ribellione), l’uomo non sarebbe morto. Quanto al
sovraffollamento, non sappiamo ciò che sarebbe successo, ma le opzioni
sarebbero tante ed è fuori luogo menzionarle qui tutte; Colui che gestisce Cieli
e terra, sarebbe stato in grado di risolvere anche tale problema.
Mentre la morte delle piante e degli animali faceva parte del piano ecologico di
Dio per il mondo fin dall’inizio, la vita dell’uomo dipendeva dall’albero della
vita e la loro morte era legata alla
disubbidienza relativamente al comando divino. Faccio comunque notare che
nel piano di Dio la caduta era prevista, visto che nel NT si parla del «prezioso
sangue di Cristo, come d’agnello senza difetto né macchia, ben preordinato prima
della fondazione del mondo» (1 Pt 1,19s). Intanto, dopo la caduta, Dio
insegnò all’uomo la dinamica dell’espiazione, rivestendo gli uomini:
alcuni animali dovettero morire perché l’uomo potesse essere coperto (Gn 3,21).
Troviamo come cosa scontata che Abele sacrificasse olocausti a Dio (Gen 4,4).
7. {Jonathan De
Felice}
▲
Pace Nicola, ho
letto con interesse quest’articolo, tuttavia ci sono alcuni punti da te
trattati, che non mi convincono del tutto.
Hai detto che l’uomo continuò a mangiare dell’albero della vita, finché non
gli fu impedito da Dio, dopo la disubbidienza. La Bibbia non ci dice quanto
tempo passò tra l’ordine di Dio di mangiare da tutti gli alberi, fuorché da
quello della conoscenza del bene e del male, e la disobbedienza dell’uomo.
Perciò, non sappiamo se l’uomo avesse mai veramente mangiato dall’albero
della vita, né dagli altri.
Fin dai tempi antichi, l’obiettivo di Satana è stato quello di screditare
Dio e distruggere la sua opera. Non dobbiamo ignorare le macchinazioni di
Satana, per cui sappiamo che il diavolo batte il ferro soprattutto quand’è caldo
e prova il tutto e per tutto per distruggere l’opera di Dio fin dall’inizio. Con
Gesù ha fatto lo stesso; non ha aspettato la fine dei 3 anni per tentarlo, ma la
tentazione fu la prima — e non ultima — prova che il Signore dovette affrontare.
Affermerei, dunque, che Satana non abbia perso molto tempo dal comando di Dio
per ammaliare la donna e allontanare il genere umano da Dio.
Inoltre, pensare che l’albero fosse l’unica cosa che mantenesse l’uomo in uno
stato di «eterna giovinezza», non lo condivido. Hai detto che la vita
dell’uomo è andata via via diminuendo, perché non attingeva più a quell’albero,
ma la Scrittura parla di morte (sia spirituale che la cessazione della vita)
come conseguenza dell’atto di disobbedienza e non perché non mangiava più
dell’albero della vita. Il salario del peccato è la morte. Quindi, non è il
distacco dall’albero che fa morire l’uomo, ma il peccato.
Leggendo Genesi 5, non si può proprio affermare che la longevità dell’uomo
andasse regredendo. Tra il verso 10 e il verso 24 ci sono casi di persone
vissute al di sotto dei 900 anni, ma poi compaiono i più longevi: al verso 20 e
al 27 troviamo Jared e Methuselah che vissero rispettivamente 962 e 969 anni. Al
verso 31 c’è Lamek, il meno longevo che visse 777 anni. Non conosciamo le cause
della morte, per cui non si può con certezza affermare che sia morto di morte
naturale, non essendo specificato.
In Genesi 6,3,
Dio decreta si abbrevi che la vita dell’uomo, portando i suoi
giorni a centovent’anni. Non ritengo il distacco dall’albero della vita il
motivo per cui l’uomo cominciò a «appassire», ma il decreto di Dio.
Infine, in
1 Corinzi 15,42-58 si parla d’incorruttibilità e immortalità dovute a questo
corpo glorificato, di cui saremo rivestiti. Non si parla d’immortalità
estrinseca, cioè per l’assunzione di cibi particolari nel caso specifico, «poiché
il regno di Dio non è mangiare e bere, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito
Santo» (Rom 14,17), ma d’intrinseco al corpo incorruttibile. Non possiamo
basare la vita eterna su un frutto. Al contrario, insieme all’apostolo Paolo
dico «La morte è stata inghiottita nella vittoria [...] per mezzo del Signor
nostro Gesù Cristo».
«Noi saremo simili a lui» (1 Gv 3,2), per cui, come Dio non ha permesso
che «il tuo
Santo veda la corruzione» (Salmo 16,10), altrettanto non la vedremo
noi, perché, essendo simili a lui, avremo il suo stesso corpo glorificato. Certo
si parla di un albero della vita, ma sappiamo che quel tipo di visioni,
soprattutto nel libro dell’Apocalisse, sono molto allegoriche. Ammetto la
mia ignoranza sul ruolo dell’albero, ma sono sicuro che non ha un ruolo
preminente nel donare la vita eterna all’uomo, altrimenti parleremmo di
ambrosia.
L’uomo sarebbe
morto se fosse rimasto sott’acqua senza respirare per lungo tempo? Non mi
porrei questa domanda. È un ragionamento deduttivo non applicabile alla Parola
di Dio, perché sono convinto fermamente che l’uomo non sarebbe mai venuto a
trovarsi in situazioni, che avrebbero attentato alla sua vita. Non c’erano i
presupposti per situazioni di pericolo. L’ambiente era ideale, il suolo
produceva il frutto da sé e permetteva all’uomo di vivere in condizioni
idilliache, che noi possiamo solo lontanamente immaginare.
Per concludere, mi permetto di precisarti una questione. Il ragionamento
deduttivo applicato dal bambino è corretto, logico secondo la forma mentis
umana, ma tu, in qualche articolo precedente, hai contestato un fratello, che
affermava che, per vedere Dio, l’uomo deve santificarsi; di conseguenza, se non
si santifica (per cui salvato e, perciò, avente la possibilità di santificarsi)
non vedrà Dio. Scusami, ma qui mi sembra lo stesso tipo di ragionamento. Dio ti
benedica. In Cristo… {05-10-2010}
8. {Nicola
Martella}
▲
Ringrazio il
lettore per il suo impegno nella riflessione e nel confronto. Cerco di
rispondere ad alcune sue osservazioni.
Tra la disubbidienza e la cacciata da Eden ci sono vari eventi e atti;
effettivamente non sappiamo il lasso di tempo trascorso.
Sul fatto «se l’uomo avesse mai veramente mangiato dall’albero della
vita», lo sappiamo bene, visto che, proibendogli l’albero della conoscenza, gli
diede il seguente privilegio: «Mangia pure liberamente del frutto
d’ogni albero del giardino»
tranne uno (Gentile 2,16s).
Quanto tempo abbia usato l’Avversario per diventare tale e poi per sedurre gli
uomini, non c’è dato a conoscere. Con Gesù era già il Satana, l’Avversario; con
l’umanità lo diventò appena in Genesi 3. Quindi, è un argomento di poco senso.
Il peccato è la causa, la morte è l’effetto. Se l’albero della vita non
fosse stato decisivo per il mantenimento in vita dell’uomo, non
avrebbe avuto nessun senso allontanare l’uomo da esso. Il progressivo
abbassamento dell’età delle prime generazioni corroborano tale convinzione. La
diminuzione dell’età non bisogna osservarla confrontando singoli casi, ma intere
generazioni; anche oggigiorno ci sono casi di persone che arrivano a 140-1450
anni, ma ciò non inficia l’età media in un certo periodo.
Quanto a Genesi 6,3, faccio notare che il decreto dei 120 anni non si
riferisce all’età dell’uomo, ma al lasso di tempo di tolleranza divina prima del
giudizio mondiale, periodo necessario a Noè e ai suoi figli per costruire
l’arca.
Non c’è qui lo spazio per trattare qui dettagliatamente 1 Corinzi 15,42-58,
ma non mi sento di condividere tali conclusioni Tale brano dev’essere visto alla
luce di altri, dove si afferma che l’unico immortale in senso ontologico è
soltanto Dio (1 Tm 1,17) e che l’albero della vita servirà di guarigione alle
nazioni (Ap 22,2); si veda su per il resto. 1 Corinzi 15 affronta soltanto
alcune questioni, dovute alle problematiche presenti in Corinto, non tutte.
Si può dire: in 1 Corinzi 15 si afferma che cosa avverrà, in Apocalisse 22 come
ciò si realizzerà. [Per l’approfondimento rimando in Nicola Martella (a cura
di),
Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), all’articolo «Due umanità e
immortalità?», pp. 345-349; e alla sezione «Il cielo è
diverso», pp. 350-372.
La
versettologia indebita, usata da questo lettore, non aiuta, ma crea qualche
confusione. «Simile» a Cristo (1 Gv 3,2) non significa uguale. Il Salmo
16,10 si riferiva alla corruzione nella tomba e nient’altro; applicato a
Gesù, significò la risurrezione (At 2,31; 13,37), e nient’altro. Tutte le
generazioni fino alla risurrezione vedono la corruzione nella tomba; è fuori
luogo applicare tale verso alla vita dopo la risurrezione.
Se l’albero della vita è un’allegoria, allora lo è tutto ciò che è ivi
descritto: il nuovo mondo, la nuova Gerusalemme, il trono di Dio, eccetera. Qui
si aprono porte e portoni alle speculazioni. In Apocalisse 22 ci sono
descrizioni concrete del mondo futuro. Ripeto ancora una volta, che si parla
dell’effettiva presenza e dell’uso concreto dell’albero della vita (vv. 2), del
privilegio concreto di accedere a esso (v. 14; 2,7) e della minaccia di esserne
privati (22,19), come in Eden. Quindi, è esegeticamente fuori luogo parlare qui
di allegoria (cfr. v. 19 albero della vita e città santa).
L’albero della vita ha a che fare con la vita biologica e fisiologica,
con la sua capacità di non invecchiare, mediante la «guarigione» continua che
esso porta (Ap 22,2).
Non so in quale articolo io avrei contestato che l’uomo, per vedere Dio, deve
santificarsi; non credo di aver mai affermato in tali termini una cosa del
genere. Non capisco sinceramente che c’entra tutto ciò col tema attuale.
Mischiare capre e cavoli rende il tutto incomprensibile. Rimango perplesso.
9. {Salvatore
Paone}
▲
■ Contributo: Ho
letto l’intero articolo (è molto interessante). Ottima osservazione riguardo
alla morte nell’Eden. Ma c’è una domanda, che mi pongo, e vorrei che qualcuno mi
rispondesse: Spiegatemi se Adamo ed Eva dovevano morire, in qualche modo,
per natura (cfr. Romani 5,12). {06-10-2010}
▬ Risposta (Nicola Martella): Perché dovevano morire per
natura? Per natura erano «mortali», ma fintantoché avevano l’albero per
la «guarigione» (Ap 22,2), ossia per la riparazione dei meccanismi
biologici, potevano vivere in perpetuo e senza problemi.
Tale «farmaco» non era
disponibile agli animali, perciò essi morivano, finendo il loro ciclo biologico.
10. {Anna
Barbuzza}
▲
■ Contributo: Ho
trovato quest’articolo davvero molto interessante e mi ha dato l’occasione di
approfondire quest’argomento finora tralasciato (da parte mia). Non avevo fatto
caso che Adamo e Eva potevano essere sottoposti anch’essi alla morte fisica,
dicasi la stessa cosa per la razza animale! Le mie conclusioni, o meglio le mie
riflessioni sono andate così più in profondità.
In effetti, Genesi 3,22 dice: «E l’Eterno Dio disse: “Ecco, l’uomo è
divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male. Ed ora non bisogna
permettergli di stendere la sua mano per prendere anche dell’albero della vita
perché, mangiandone, viva per sempre”».
Credo che l’albero della vita nel giardino fosse un albero reale che possedeva
proprietà spirituali e dimostra che esso avesse di fatto «il potere
materiale di portare vita».
Evidentemente l’albero impartiva vita, per sua stessa natura! Adamo era
già un’anima vivente; Dio aveva soffiato nelle sue narici lo spirito della vita
(Genesi 2,7), eppure lì c’era l’albero della vita che avrebbe potuto dare vita a
Adamo.
Pare quindi che, se Adamo fosse rimasto ubbidiente al suo Creatore, a suo
tempo, Dio gli avrebbe permesso di mangiare di quell’albero come simbolo del
fatto che si era dimostrato degno di vivere per sempre.
Ma Adamo trasgredì; così gli fu negata
l’opportunità di mangiare il frutto dell’albero. Ma sappiamo anche che,
grazie all’intervento del sacrificio di Gesù, noi siamo messi nuovamente nella
condizione di avere vita e al compimento dei tempi di vivere per sempre,
che è diverso dall’immortalità!
Concludo facendo una mia considerazione personale: L’albero della vita per me è
il Signore Gesù e anche l’albero su cui Egli è morto... {07-10-2010}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Faccio soltanto qualche osservazione significativa. Nella mia
opera esegetica «Esegesi delle origini»
(Le
Origini 2) traduco Genesi 3,22b dall’ebraico come segue: «E ora
che egli non stenda la mano e prenda anche dell’albero della vita, e mangi, e
viva in perpetuo». Per la discussione rimando a tale opera alle pagine 259s.
Per prima cosa i verbi sono in un tempo continuo (non una tantum), cosa
che è accentuata dalle congiunzioni. Un confronto con Genesi 2,16 («Di
ogni albero del giardino di mangiar
ne puoi mangiare»; così in ebraico, poi segue un’unica proibizione) mostra
che non si trattava di un gesto unico, che potesse comunicare vita
perpetua.
L’albero non era, quindi, un eventuale premio futuro della fedeltà di
Adamo verso Dio, ma era parte del progetto di Dio per il presente quotidiano
della prima coppia. Ad Adamo non fu impedita la possibilità di mangiarne una
tantum, ma di continuare a mangiarne per impedire che rimanesse in stato di
«guarigione», senza invecchiare.
L’albero della vita era sì un albero reale, ma non possedeva nessuna «proprietà
spirituale», ma solo sostanze adatte a indurre i sistemi biologici a
riparare le anomalie bio-fisiche, quindi a indurre quella che viene chiamata
auto-riparazione o auto-guarigione biologica (cfr. Ap 22,2). Ciò impediva
l’invecchiamento progressivo delle cellule. In ciò non c’era nulla di
«spirituale». L’albero non impartiva vita, ma la conservava.
Il rinnovamento portato da Gesù è dapprima di natura spirituale e morale,
visto che anche i redenti muoiono. Poi ci sarà la risurrezione come rinnovamento
del corpo. Infine, Dio darà ai redenti il privilegio di rimanere in stato di
«guarigione» bio-fisiologica, attingendo alle virtù terapeutiche dell’albero
della vita (Ap 22,1).
Le conclusioni spiritualeggianti mi permetto di non condividerle, poiché
mischiano capri e cavoli e vanificano la comprensione della verità. La croce
non è un «albero di vita», ma un patibolo. Gesù
non è «l’albero della vita» concreto, altrimenti non serviva averne uno nella
nuova Gerusalemme.
11. {}
▲
12. {Vari
e brevi}
▲
■
Fortuna Fico: Dio ti benedica, fratello caro, per questi chiarimenti, di
cui ci fai partecipi. È impressionante di come ogni volta che si legge la
Scrittura, essa ci svela nuove cose, è assolutamente affascinante! Grazie al
Signore per il tuo dono di dottorato, che metti a disposizione di noi tutti!
{01-10-2010}
■ Francesco Murgiano:
Ringrazio il Signore per il pane che mi ha dato. Ho letto la risposta che hai
dato a Angelina Resina. È vero, io pensavo che se Adamo e Eva avessero mangiato
due volte del frutto dell’albero della vita, sarebbero divenuti immortali. Mi
rendo sempre di più conto che sono un essere misero. Che bello, potrò trovare
numerose risposte. Ciao. {04-10-2010}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Morte_origini_Mds.htm
05-10-2010; Aggiornamento: 07-10-2010 |