Si afferma che alla base del testo ebraico consonantico dell’AT ci siano dei
«codici segreti», con cui Dio avrebbe suggellato la sua Parola e in cui
avrebbe posto la conoscenza di tutta la storia passata, presente e futura.
Lo stesso fenomeno è conosciuto anche come «codice Genesi» o «codici
ELS». Si tratta della vecchia cabala riportata in auge in questo tempo di
ricerca di misticismo? (cfr. il presunto «codice Da Vinci», il sedicente
«vangelo di Giuda»). Quanto sono obiettivi i metodi statistici usati dai
fautori di questa corrente di pensiero? Si tratta solo di un «giuoco»
statistico con cui si può trovare ciò che si vuole? Quanto si bara
effettivamente? Che cosa si omette di dire? Se si traducesse in ebraico (con
testo solo consonantico), ad esempio, la Divina Commedia di Dante Alighieri,
il Manifesto di Karl Marx o un’altra opera, a che risultati si arriverebbe
dal punto di vista statistico?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1. {Gaetano
Nunnari} ▲
È da tempo che si parla dei famosi codici ELS, e
l’altro giorno ne ho sentito ancora parlare riguardo a ciò che sta accadendo fra
Israele ed il Libano. A quanto pare, sarebbe predetto che nel 2006 ci sarà una
guerra nucleare in Medio Oriente. Adesso la domanda sorge spontanea, è possibile
che i versi di Daniele, che dicono che negli ultimi tempi la conoscenza
aumenterà, possa giustificare la scoperta di questi codici, oppure si tratta di
sticomanzia? [N.d.R. divinazione mediante l’interpretazione soggettiva di un
versetto o parte di esso.] Tu, in quanto esegeta che cosa ne pensi? Ti invio il
link della
pagina che sostiene delle tesi del genere. Magari se ne può discutere
anche sul tuo sito.
2.
{Nicola Martella} ▲
Caro Gaetano, ho letto l’articolo indicato dal link e affermo che rimango
solo perplesso! Gli argomenti sono affascinanti, ma fasulli. Il messaggio
biblico dell’AT e del NT è così semplice che ognuno lo può capire. Paolo
metteva in guardia Tito e Timoteo verso cose simili, dispute intorno a
genealogie e giudaizzazioni simili. A ciò si aggiunga che il testo ebraico si presta a
tali «giuochi di prestigio» statistici per i seguenti motivi:
■ 1) È un testo solo consonantico. Lo stesso lemma,
ad esempio quello italiano «PN», può dare origine a tutte le parole
immaginabili: pane, pino, pena, pone (da porre), punì, eccetera. ▪ Nel testo
usato le doppie non esistono come segni consonantici distinti e ciò lascia
molto spazio all’arbitrio. Lo stesso lemma, continuando con quello italiano
«PN», può dare origine anche a: panna, pinna, penna, panno, eccetera. E si
pensi che abbiamo usato solo
due consonanti!
■ 2) La maggior parte delle radici delle parole
ebraiche ha solo tre consonanti; anche quelle parole che contengono più di
tre consonanti, possono comparire anche in varianti con tre, quando si
tratti ad esempio di «j» e «w» come segnaposto grafico per «i», «o» e «u»
(p.es. ipoteticamente TWRH per tôrāh e TRH per torāh). Sta
nell’arbitrio di chi segue questo metodo, scegliere l’una o l’altra
possibilità per far tornare i conti. A ciò si aggiunga che lo stesso grafema
consonantico può derivare da radici del tutto diverse. ■ 3) Tali parole vengono ricercate in tutte le
direzioni (come su uno scacchiere).
Per questi motivi, si tenga presente anche quanto segue:
■ 1) Usando tale metodo, è possibile trovare tutto
e il contrario di tutto (anche illazioni e bestemmie). ■ 2) Qualsiasi testo tradotto in un ebraico solo
consonantico darà risultati secondo ciò che si vorrà cercare e trovare. ■ 3) Così si rischia di trascurare il testo
evidente, per dedicarsi a cercare cose non evidenti. Questo, oltre a
comportare una notevole perdita di tempo, può diventare una specie di
divinazione e perciò proprio uno strumento del diavolo. ■ 4) Tale metodo alimenta gli «esperti» (gli
gnostici o pneumatici di un tempo; cfr. Origene), i quali diranno che senza
di loro non si potrà capire correttamente il testo. ■ 5) Si pretenderà di interpretare il testo chiaro
— non alla luce dell’esegesi — ma con le briglie soggettive di tale prassi
statistico-cabalistica.
Tutto ciò non rende onore al Dio vivente che ha detto: «Fin dal principio
io non ho parlato in segreto» (Is 48,16). «Io non ho parlato in
segreto: in qualche luogo tenebroso della terra» (Is 45,19). A coloro che pretendono di trarre cabale da tali
dati (ci sono coloro che pretendono così di predire fatti futuri come la
terza guerra mondiale entro il 2006!), si può applicare questa parola: «E
l’Eterno mi disse: “Quei profeti profetizzano menzogne nel mio nome; io non
li ho mandati, non ho dato loro alcun ordine, e non ho parlato loro; le
profezie che vi fanno sono visioni menzognere, divinazione, vanità,
imposture del loro proprio cuore”» (Gr 14,14; cfr. 23,21s; Ez 13,7). Ecco come Dio ha parlato nei secoli e, nonostante
ciò, non è stato ascoltato dal suo popolo: «Ed egli mi disse: “Figli
d’uomo, va’, recati alla casa d’Israele, e riferisci loro le mie parole;
poiché tu sei mandato,
non a un popolo dal parlare oscuro e dalla
lingua non intelligibile, ma alla casa d’Israele: non a
molti popoli dal parlare oscuro e dalla lingua non intelligibile, di cui tu
non intenda le parole. Certo, se io ti mandassi a loro, essi ti darebbero
ascolto; ma la casa d’Israele non ti
vorrà ascoltare, perché non vogliono ascoltare me; poiché
tutta la casa d’Israele ha la fronte dura e il cuore ostinato”» (Ez
3,4-7). Si tenga presente anche che il NT cita perlopiù
l’AT nella versione greca (Settanta). Se tali codici fossero stati
importanti per Dio, non avrebbe fatto tradurre il testo sacro in greco (la
maggior parte dei Giudei al tempo di Gesù lo leggeva in questa lingua), non
avrebbe fatto usare il greco per il NT né avrebbe permesso che gli scrittori
del NT usassero la Settanta, quando citavano l’AT!
Da ragazzo mio padre mi ricordava un proverbio
popolare: «Chi non ha niente da fare, pettina cani». Il mondo ha fame di
verità e dell’Evangelo, e la gente della Bibbia perde tempo a trovare
presunti codici! Mentre Costantinopoli veniva assediata dai maomettani,
dentro i cristiani discutevano accesamente sul sesso degli angeli! Oggi sono
di turno presunti codici segreti. Non bisogna dimenticare che l’interesse per tali
codici segreti è nato diversi secoli fa nel giudaismo all’interno della
cabala, lo spiritualismo gnostico-esoterico giudaico. È interessante che
ora, che si sono risvegliati l’esoterismo e lo gnosticismo a livello
mondiale, tali «codici segreti» trovino tanto seguito!
Per l’approfondimento degli aspetti che attengono
all'esoterismo, si veda l’articolo «L’esoterismo e Bibbia» in Nicola Martella,
Dizionario delle medicine alternative,
Malattia e guarigione 2 (Punto°A°Croce, Roma 2003), pp. 157-164. |
3.
{Argentino
Quintavalle} ▲
«Nella parola di Dio, quello che ci obbliga non sono le oscurità ma ciò che
capiamo. La parola di Dio è stata data perché noi la mettiamo in pratica e
non perché ci esercitiamo all’esegesi delle sue oscurità» (S. Kierkegaard).
Poiché credo che la rivelazione chiara di Dio è di
gran lunga più importante rispetto a qualsiasi rivelazione nascosta, forse
sarebbe molto più sano lasciar perdere la questione. Quindi essa ha
soltanto valore «accademico», niente di più!
Detto questo, per quanto riguarda i codici segreti
della Torà, ovvero i codici ELS (equidistant letters sequence), non sarei
così dogmatico, per non correre il rischio di buttare via il bambino insieme
all’acqua sporca.
Nella Bibbia, non è soltanto il profeta Daniele che
parla di cose nascoste. Salomone ci avvisa, nei Proverbi, di aver scritto
degli enigmi (Pr 1,6). Oltre a ciò leggiamo: «È gloria di Dio nascondere
le cose; ma la gloria dei re sta nell’investigarle» (Pr 25,2). In Ap
13,18 leggiamo: «Qui sta la sapienza. Chi ha intendimento conti il numero
della bestia, poiché è numero d’uomo; e il suo numero è 666». Molti
commentatori liquidano questo versetto dicendo che è inutile spremersi ora
le meningi, quando sarà il momento tutti capiranno il suo significato. Ma
ragionare così significa rifiutare la sfida della parola di Dio, la quale ci
chiama 1) a essere sapienti, 2) ad avere
intendimento, 3) a contare; senza le quali cose sarà impossibile
capire ciò che essa ci dice. Voglio far notare il terzo punto, il quale ci
chiama a «contare», e qui, tempo permettendo, si dovrebbe aprire tutto un
discorso sulla numerologia biblica e sulla gematria. Ora, è vero che l’esegesi, intesa come testo nel
contesto, per sua stessa definizione non può ammettere certe cose. Ma non
bisogna considerare l’esegesi (testo nel contesto) come il punto finale
dell’interpretazione, bensì come il punto di partenza e che da sola non
esaurisce il significato di un brano. Per esempio, Gn 1,3 dice: «Sia la
luce! E la luce fu». Limitare il significato di queste parole alla
creazione della luce (testo nel contesto) è solo il punto di partenza. Il
punto di arrivo lo troviamo in 2 Cor 4,6: «Perché il Dio che disse:
“Splenda la luce tra le tenebre”, è quel che risplende nei nostri cuori
affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio
che rifulge nel volto di Gesù Cristo».
Codici segreti della Torà: l’acqua sporca
Usare questo metodo per fare delle profezie o per dare nuove rivelazioni è
assolutamente non biblico. Sono completamente d’accordo che non si può e non si
deve profetizzare chi vivrà o chi morirà domani usando i codici della Torà. Chi
lo fa si mette allo stesso livello degli interpreti di Nostradamus. Su questo
aspetto penso di aver chiarito la mia posizione e non voglio aggiungere altro.
Codici segreti della Torà: il bambino da non buttare via insieme all’acqua
Qui mi si apre una finestra. Che lo si creda o no questi
codici esistono eccome e servono, non per rivelare cose nuove, ma per
testimoniare della meraviglia del testo biblico. Per rendere tutto più
chiaro, ecco la dimostrazione: bisogna prendere il testo biblico ebraico e
chiunque potrà controllare quanto dico:
■ Nei primi due libri del Pentateuco, Genesi e
Esodo, partendo dalla prima TAU del v.1, dopo ogni 49a
lettera (7x7) troviamo rispettivamente le lettere WAW, RESH, HE che formano
la parola TWRH (per Torah; provare per credere).
■ Nel libro centrale del Pentateuco, Levitico,
partendo dalla prima YOD del v. 1, dopo ogni 7a lettera, troviamo
rispettivamente le lettere HE, WAW, HE che formano la parola YHWH (provare
per credere).
■ Negli ultimi due libri del Pentateuco, Numeri e
Deuteronomio, sempre dopo ogni 49a lettera, troviamo la parola
TORÀ, ma questa volta in senso contrario. Nel libro dei Numeri si parte
dalla prima HE; mentre nel libro del Deuteronomio si parte dalla prima
citazione della parola TORAH, che si trova al v. 5 (provare per credere).
Questi sono solo alcuni esempi, ma l’Antico Testamento è pieno di meraviglie
simili a queste! Possono non essere presi in considerazione, ma essi ci
sono, sono un dato di fatto che nessuno può contestare per il semplice fatto
che esistono e bisogna prenderne atto. È la firma di Dio sulla Bibbia.
Questi studi non sono stati fatti da qualche sprovveduto, ma sono stati
pubblicati dall’Università di Gerusalemme.
Qualcuno può dire che le stesse cose si possono
fare con qualsiasi altro libro. Questo non è vero, perché la caratteristica
dei codici ELS è quella di dare un significato di senso compiuto soltanto
con un piccolo brano a disposizione. Nessun altro libro presenta questa
caratteristica. Ma non ci sono solo i codici ELS, ci sono anche le strutture
numeriche, e queste abbondano anche nel Nuovo Testamento.
Qual è il valore di queste cose? Come ho già detto,
non è quello di darci nuove rivelazioni, ma quello di provare
scientificamente che la Bibbia non può essere stata scritta da semplici
esseri umani, ma che essa è un libro soprannaturale ispirato e dato da Dio.
Sono fatti che confondono gli atei e gli agnostici e che nessuno può
screditare e confutare. Sono fatti che costringono anche i pensatori più
moderni e scettici ad accettare la Bibbia come un libro soprannaturale
ispirato da Dio. Sono fatti che senza dubbio costituiscono una delle più
grandi scoperte degli ultimi tempi.
Non vi può essere dubbio che la Bibbia rivendica di
essere un libro soprannaturale ispirato da Dio (2 Tm 3,16; 2 Pt 1,21). Però
molti hanno sollevato questa domanda: «È questa rivendicazione proprio vera?
È la Bibbia realmente l’esatta Parola di Dio»? I fatti che sono stati
recentemente scoperti sotto la superficie del testo originale della Bibbia,
provano scientificamente che la rivendicazione della Bibbia è vera: essa è
realmente un libro soprannaturale ispirato da Dio.
Uno può ignorare queste cose o distogliere gli
occhi da esse, ma i fatti restano là. Le nostre proprie opinioni, piaccia o
non piaccia, non alterano i fatti in alcun modo. La loro presenza è una
verità che ogni persona deve accettare. Non si può spiegare semplicemente
per mezzo della casualità. Se non stanno lì per caso, allora c’è una sola
alternativa: sono state disposte di proposito, e la loro ricorrenza
meravigliosa e misteriosa nello stesso tempo, fu ideata e architettata.
Riporto un esempio che ho letto: supponiamo che
qualcuno porti un sacco che contenga 24 arance. Supponiamo che
improvvisamente il sacco si rompa e le 24 arance cadano al suolo. Quale caso
sarebbe se le arance cadessero in quatto perfette file di 6 arance per
ciascuna fila, e che ciascuna arancia sia perfettamente dietro all’altra?
Una simile disposizione sarebbe considerata impossibile!
OOOOOO
OOOOOO
OOOOOO
OOOOOO
Supponiamo ora che qualcuno entri nella stanza e trovi al suolo le arance
disposte nella maniera descritta; l’unica conclusione a cui può arrivare è
che esse furono disposte di proposito in quella maniera. Nessuno vorrebbe
rischiare di essere chiamato stolto insistendo che una simile cosa sia
accaduta per caso.
In maniera simile queste caratteristiche della
Bibbia non vi sono per puro caso, ma di proposito. Poiché, la scoperta di un
disegno prova l’esistenza di un disegnatore, sorge la conseguente logica
domanda: «Chi progettò e pose queste caratteristiche nel testo biblico?».
Soltanto DIO!
La Bibbia è diversa da tutti gli altri libri.
Nessun altro libro, per quanto si sappia, contiene caratteristiche simili a
quelle trovate nel testo biblico. Gli apocrifi non mostrano alcuna evidenza
del genere. Varie persone hanno dedicato molto tempo all’esame dei classici
greci sforzandosi di trovare le stesse strutture in testi brevi, ma niente è
stato trovato (se non su testi molto lunghi). Per quanto riguarda le
strutture matematiche, poi, non è stato trovato assolutamente niente.
È evidente che la Bibbia non è l’opera di molte
menti, ma l’opera di una sola Mente. Le strutture letterarie (codici ELS) e
numeriche provano scientificamente che la grande rivendicazione della Bibbia
al riguardo di se stessa è realmente vera. La Bibbia è realmente il libro
soprannaturale ispirato e dato da Dio come essa sostiene di essere, perché
dei semplici esseri umani da soli non avrebbero mai potuto scriverla e
costruirla nella meravigliosa maniera in cui essa è costruita.
Alcune cose su cui riflettere:
■ Il primo tempio è stato dato alle fiamme il 9 del
mese ebraico Ab. È forse un caso che anche il secondo tempio è stato dato
alle fiamme il 9 di Ab? È forse un caso che il secondo tempio è stato
distrutto dopo 1.000 anni dall’inaugurazione del primo tempio?
■ La nazione d’Israele perse la sua sovranità
nazionale nel 605 a.C., con la prima invasione babilonese e la prima
deportazione di Ebrei. Gerusalemme invece fu persa dalla nazione 19 anni
dopo, nel 586 a.C. ● La nazione d’Israele ebbe di nuovo la sua sovranità
nazionale nel 1948. Gerusalemme invece ritornò a essere capitale nel 1967,
dopo
19 anni, in una sorta di processo inverso. È un caso?
Naturalmente non sono autorizzato a fare profezie
per il futuro in base a questi fatti, ma sono libero di ammirare,
contemplare e far notare la perfezione dei progetti di Dio. L’importante è che possiamo rallegrarci del fatto
che la salvezza si trova in Cristo, che morì, fu sepolto e risuscitò, e non
nel modo in cui investighiamo queste cose nascoste.
4.
{Nicola Martella} ▲
Qui di seguito mi riferisco specialmente al contributo del mio caro amico
Argentino, sebbene le osservazioni possano andare oltre il suo testo.
A proposito dei presunti «codici segreti» dell’AT,
si cita continuamente Daniele 12,4, ma in questo libro non si fa mai
cenno a qualcosa del genere. In tutto il libro Daniele interpreta fatti,
eventi, visioni, sogni ma mai la sacra Scrittura. Si fa altresì riferimento a Pr 1,6 e al
fatto che Salomone avesse scritto degli enigmi, ma neppure lui li riferisce
mai a un’interpretazione segreta della Torà. Il termine enigma significa
«discorso velato» e nei Proverbi ci sono diversi esempi di ciò, ad esempio
le massime numeriche (Pr 30,1-30). Un chiaro enigma è quello di Gdc 14,14, a
cui gli avversari di Sansone risposero con un contro-enigma (v. 18). Ma ciò
non aveva nulla a che fare con sedicenti codici segreti. [Per
l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Enigma», Manuale teologico
dell’AT (Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 154s; cfr. qui anche
«Indovinello», p. 186.]
Si cita spesso anche Pr 25,2 dove ricorrono
i verbi «nascondere» (Dio) e «investigare» (re). Se si leggesse il v. 3, si
vedrebbe che Salomone intendeva cose concrete della natura: «L’altezza
dei cieli, la profondità della terra e il cuore dei re non si possono
investigare». Se si leggesse l’Ecclesiaste, si vedrebbe che egli parlò
spesso di «investigare» e «applicare il cuore per conoscere» e simili, ma
intendeva sempre la natura quale libro illustrato di Dio e le vicende umane
(Ec 1,13). Infine, non può mancare Ap 13,18 quale
presunta prova per i codici segreti. A parte il fatto che esistono tante
opinioni sul «666» quante unità di questo numero, esso fu definito un
«numero d’uomo», ossia umano (non celeste) o riferito a un uomo. Anche qui
non si tratta di qualcosa di nascosto in un codice segreto nel testo, ma
di qualcosa di palese e razionale che si può calcolare, probabilmente sulla
base della gematria, ossia la corrispondenza fra lettere e numeri nelle
lingue antiche. La gematria, sia che se ne faccia un uso legittimo o meno
(si pensi a tutti i suoi abusi esoterici da parte della cabala giudaica!),
non ha direttamente a che fare con presunti codici segreti, presenti nel
testo consonantico ebraico, né legittima di per sé questi ultimi. Dire che l’esegesi da sola non esaurisca il
significato di un brano, è alquanto pericoloso. Citare Gn 1,3 e 2 Cor 4,6
insieme non è una prova a tale ragionamento. Se si fa un’esegesi accurata,
si arriva a questo risultato: Gn 1,3 parlò dell’apparizione della luce sulla
faccia della terra, in 2 Cor 4,6 Paolo partì da qui e ne fece
un’applicazione spirituale, ma questa non invalidava l’esegesi propria di Gn
1,3! Il ragionamento era questo: Colui che ha fatto splendere concretamente
la luce tra le tenebre, è altresì Colui che porta luce nei nostri cuori. È
quindi un’applicazione analogica riferita alla predicazione (v. 5). Si
tratta della «manifestazione della verità» (v. 2) e della «luce
dell’Evangelo della gloria di Cristo» (v. 4). Tale tenore del brano si
ricava solo da un’accurata esegesi. La ricorrenza del lemma TWRH (per Torah) in
Gn ed Es ogni 49 lettere non significa nulla, visto che è un termine
ricorrente da Es in poi e che si trova anche ad altri intervalli. Lo stesso
valga TWRH in Nu e Dt. Non a caso l’intera opera, conosciuta come
Pentateuco, si chiama Torà per gli Ebrei. Lo stesso ragionamento vale per il
lemma
JHWH (per Jahewëh) che nel Levitico ricorre in 283
versetti, quindi a qualsiasi intervallo di lettere. Tali sequenze di consonanti (più J, W e H, quando
sono segnaposto per certi tipi di vocali) vengono cercate in tutte le
direzioni su uno scacchiere immaginario: sia nelle quattro direzioni
cardinali, sia nei quattro sensi obliqui; ciò aumenta enormemente le
possibilità. Abbiamo visto che la prima lettera di una sequenza di lettere
non si trova solo a certe distanze, ma anche tra un intervallo e l’altro.
Chi parla di una presunta «firma di Dio» sulla Bibbia (gli Ebrei
parlano solo dell’AT ebraico consonantico!), non può non tener presente
tutto ciò. Non può neppure trascurare il fatto che tali «esperti» hanno
cavato dal testo ebraico, col senno del poi, tutto e il contrario di tutto:
nomi di personaggi ebrei degli ultimi 2.000 anni (p.es. nomi di rabbini),
fatti storici (p.es. la persecuzione nazista), eventi d’attualità e
gossip
(la morte della principessa Diana d’Inghilterra), eccetera. Che interesse
avrebbe avuto Dio a tramandare in modo criptato fatti del genere, mettendoci
la propria firma?
Qualsiasi testo può diventare un «arcano», se
ridotto alle sole consonanti (senza spazi fra di esse): poi sarà la mente
dello scopritore a dargli il significato, aggiungendo a suo arbitrio le
vocali. Il testo ebraico si presta a tale «gioco di codici segreti», poiché
è fin dall’inizio consonantico, viene letto da secoli dagli studiosi
rabbinici anche così, vi è un’antica tradizione cabalistica che si è
interessato di cose del genere e i computer hanno solo amplificato tali
interessi e semplificato tali ricerche. Certo alcuni vorranno rifiutare l’aspetto
divinatorio di tali procedimenti, ma gli Ebrei, specialmente di
estradizione mistica, ricercano morbosamente proprio tali cose. E tali
ricerche sono nate proprio per tali scopi!
Usare in queste cose il termine «scientifico»
e ribadire una sedicente «prova», secondo cui tali «codici segreti»
rivendicherebbero per la Bibbia di essere un libro soprannaturale ispirato
da Dio, sono alquanto contestabili proprio da un punto di vista scientifico.
(Gli studiosi cristiani contestano proprio per questa ragione coloro che
affermano di aver provato «scientificamente» l’evoluzione!) Per
provare «scientificamente che la Bibbia non può essere stata scritta da
semplici esseri umani», bisognerebbe assoggettarla a criteri scientifici,
basati sull’esperimento e su una prova col doppio cieco. Ciò è evidentemente
impossibile, visto che Dio non si assoggetta agli esperimenti umani. I
cosiddetti «codici ELS» non costituiscono una «prova scientifica», ma
tutt’al più una curiosità letteraria, se mai sarà accertata veramente da una
vera analisi scientifica neutrale. A ciò si aggiunga che tali evidenze, se veramente
accertate in modo incontrovertibile da una scienza neutrale, non
costringeranno per nulla gli scettici ad accettare la Bibbia come un
libro ispirato da Dio in modo soprannaturale. «L’ispirazione» è un fatto
troppo complesso per essere ridotta a una semplice dettatura di un
capufficio a una serie di segretari. Gli atei e gli agnostici non si faranno
convincere da cose del genere, per di più molto controverse, poiché «la
fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo»
(Rm 10, 17; cfr. v. 14). La Bibbia insiste sulla fede non su prove
scientifiche. La natura quale «libro illustrato di Dio», si apre solo a chi
ha accettato la fede biblica (Sal 19; 1 Cor 2,14). L’autore della
Lettera agli Ebrei, parlando dei suoi connazionali, affermò: «La parola
udita non giovò loro nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli
che l’avevano udita» (Eb 4,2). Qui non hanno effetto né miracoli né
prove scientifiche. Per questo egli affermò: «Or la fede è certezza di
cose che si aspettano, dimostrazione di cose che non si vedono» (Eb
11,1) e poi parlò della creazione del mondo (v. 2) e delle scelte di fede di
uomini famosi (vv. 3-33). La Bibbia è un libro sovrannaturale poiché è
arrivato fino a noi e perché il suo messaggio ha cambiato innumerevoli vite. Sorvolo sulla coincidenza delle date riguardo alla
storia d’Israele, poiché non concorre come elemento di prova per i «codici
segreti» dell’AT. Dico volentieri qualcosa sull’esempio di Zc 8,5-12,10.
È il classico esempio di «chi cerca, trova». Per chi crede a tale teoria,
vedrà in ciò qualcosa di «sorprendente». Ma di «sorprendente» c’è solo il
fatto che qualunque sequenza di lettere accanto a JŠW` (per Ješûa`)
o in una qualsiasi direzione, intersecando il Zc 12,10, può significare
qualcosa di «arcano», di significativo o di blasfemo. Si potrebbe
argomentare, ad esempio, che nell’AT il nome abbreviato Ješûa` si
trova solo in epoca post-esilica — in pochi casi in Esd, Ne e 1-2 Cr — ma
non si trova mai in Zaccaria che, pur parlando di un Giosuè-Gesù (in ebraico
è lo stesso nome; Zc 3,1.3s.6.8s; 6,11), non lo chiama mai col diminutivo
Ješûa`, ma col suo nome completo Jehôšua`.
Se tale codificazione fosse stata importante, avrebbe un riscontro palese
anche nel testo stesso. Nel testo di Zaccaria, accanto alla sequenza JŠW`
(per Ješûa`) troviamo a destra la sequenza RKRR che si può
interpretare, ad esempio, come rak «egli è molle, viene meno o è
pauroso» (da rakak; Dt 20,3 del cuore) e rār «egli cola, fa
fluire» (da rûr; Lv 15,3 a proposito del flusso genitale). Volendo,
tirando e spingendo, da ciò si può ricavare un significato «profondo», sia
positivo sia negativo, specialmente in connessione con Ješûa`, ad
esempio: «egli è preso da paura, si perde [d’animo] Ješûa`». Come si vede, così facendo, all’arbitrio non
è posto alcun freno: prima o poi si troverà ciò che si cerca! E da ciò si
caverà qualche arcano significato! Così il testo diventa una «discarica
abusiva», dove ognuno vi depone a suo arbitrio ciò che poi vorrà trovare…
ritenendo di dare così più gloria a Dio!
5.
{Argentino
Quintavalle} ▲
Caro fratello, su questo argomento penso che soltanto lo Spirito Santo può
dare convinzione. Rispondo al tuo articolo soltanto precisando alcune cose.
■ 1) Non ho mai sostenuto che i codici segreti
della Torà si leggono in qualunque direzione: destra, sinistra, sopra,
sotto, obliqui, ecc. (addirittura alcuni hanno provato anche
tridimensionalmente). Gli esempi che ti ho portato sui primi cinque libri
della Bibbia si leggono in un solo modo: da destra a sinistra, come la
scrittura ebraica, e prendendo le lettere nella sequenza che ti ho detto si
forma sempre la stessa parola per tutta la lunghezza del libro.
Questo non si riscontra in nessun altro libro del mondo.
■ 2) Non ho mai sostenuto che l’espansione del
significato di un verso, o l’applicazione (per me pari sono), invalidi il
suo significato letterale. Ma se un verso permette un’applicazione, o una
estensione, significa che il suo significato letterale non completa quello
che il Signore vuole dire con quel verso.
■ 3) Per non accettare questi codici non basta dire
che così facendo si può far dire qualunque cosa alla Bibbia. Purtroppo alla
Bibbia gli si può far dire qualunque cosa anche con il senso chiaro e
letterale delle parole. Basta prendere degli studiosi di varie confessioni
religiose e di fronte a un brano biblico vedrai che diranno cose diverse. In
questo caso l’esegesi perde tutto il suo valore, perché ognuno ha la sua
propria esegesi che crede essere migliore di quella degli altri.
■ 4) Non vedo, inoltre, perché Dio non abbia potuto
fare una cosa del genere. Dove sta il problema? La parola di Dio è perfetta
non solo nell’insegnamento ma anche nella sua struttura. Gesù disse che
neanche un apice della legge passerà che tutto non sia adempiuto. Se
vogliamo interpretare letteralmente questo brano del Signore dobbiamo
ammettere che ogni singola lettera, che è stata scritta, si trova nel
posto giusto e ha la sua importanza. Questa è la «firma di Dio» sulla
Bibbia: essa è perfetta anche nella sua struttura «fisica». Io la trovo una
cosa meravigliosa. Se poi qualcuno ne fa un cattivo uso è un altro discorso
e che trova tutta la mia disapprovazione.
6.
{Nicola Martella} ▲
Bisogna certamente distinguere fra ciò che afferma Argentino, che ha una
posizione mite, e ciò che asseriscono i seguaci di queste metodologie, che
appartengono a correnti di pensiero del tutto diverse. Ecco qui di seguito
alcune domande che possono orientare la discussione. In un confronto su un
certo argomento che cosa fa testo: le opinioni personali di chi attinge a un
metodo o gli scritti ufficiali dei fautori di tale metodo? Gesù parlando di
ogni apice della Torà intendeva ciò che era palesemente intellegibile a lui
e agli scribi del suo tempo o si riferiva a presunti «codici segreti»? C'è
veramente chiarezza che cosa sia una corretta «esegesi» o parliamo di cose
diverse? Abbiamo capito la differenza fra esegesi letteraria di un brano e
le sue eventuali applicazioni? Che cosa differenzia una corretta «esegesi»
(analisi testuale e contestuale riferita alle intenzioni originarie
dell'autore) da una «eisegesi» (proiezione nel testo delle proprie
convinzioni religiose e ideologiche)? Nell'approccio alla Scrittura, qual è
la differenza tra una «teologia biblica» (o esegetica) e una «teologia
dogmatica» (o dottrinale)? Il cattivo uso versettologico, che alcuni
praticano riguardo alla Bibbia, ci dovrebbe autorizzare a fare altrettanto?
Ammesso che l'AT contenga veramente alcuni di tali «codici segreti», sebbene
gli studiosi non siano concordi su ciò, tale
«firma [fisica] di Dio» nel testo (come alcuni la chiamano), che
aggiungerebbe alla maggior parte delle dottrine fondamentali del
cristianesimo? Quali sono invece i rischi di affidarsi a tali metodi e ai
loro propugnatori sia per la comprensione della Scrittura sia per le
dottrine bibliche? Possono sorgere delle nuove eresie dall'uso soggettivo e
arbitrario di tali metodi?
Per alcuni aspetti qui trattati, per non ripeterci, rimando al
seguente articolo sull'ermeneutica:
►
La ragione delle cose {Nicola Martella}. Si veda pure il seguente
articolo: ►
Gli scrittori del NT usarono il metodo allegorico per interpretare l'AT? {Nicola Martella}.
Per approfondire le questioni, rimandiamo nell’opera a cura di Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), ai seguenti articoli: «Ermeneutica», p. 155;
«Interpretazione allegorica», pp. 192s; «Interpretazione deduttiva», p. 193;
«Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp.
352s; «Versettologia», pp. 378s. |
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Codici_segreti_MT_AT.htm
2007; Aggiornamento: 12-01-2010
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