Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I CODICI SEGRETI DELLA TORÀ

 

 a cura di Nicola Martella

 

Si afferma che alla base del testo ebraico consonantico dell’AT ci siano dei «codici segreti», con cui Dio avrebbe suggellato la sua Parola e in cui avrebbe posto la conoscenza di tutta la storia passata, presente e futura. Lo stesso fenomeno è conosciuto anche come «codice Genesi» o «codici ELS». Si tratta della vecchia cabala riportata in auge in questo tempo di ricerca di misticismo? (cfr. il presunto «codice Da Vinci», il sedicente «vangelo di Giuda»). Quanto sono obiettivi i metodi statistici usati dai fautori di questa corrente di pensiero? Si tratta solo di un «giuoco» statistico con cui si può trovare ciò che si vuole? Quanto si bara effettivamente? Che cosa si omette di dire? Se si traducesse in ebraico (con testo solo consonantico), ad esempio, la Divina Commedia di Dante Alighieri, il Manifesto di Karl Marx o un’altra opera, a che risultati si arriverebbe dal punto di vista statistico?

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Gaetano Nunnari

2. Nicola Martella

3. A. Quintavalle

4. Nicola Martella

5. A. Quintavalle

6. Nicola Martella

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Gaetano Nunnari} ▲

 

È da tempo che si parla dei famosi codici ELS, e l’altro giorno ne ho sentito ancora parlare riguardo a ciò che sta accadendo fra Israele ed il Libano. A quanto pare, sarebbe predetto che nel 2006 ci sarà una guerra nucleare in Medio Oriente. Adesso la domanda sorge spontanea, è possibile che i versi di Daniele, che dicono che negli ultimi tempi la conoscenza aumenterà, possa giustificare la scoperta di questi codici, oppure si tratta di sticomanzia? [N.d.R. divinazione mediante l’interpretazione soggettiva di un versetto o parte di esso.] Tu, in quanto esegeta che cosa ne pensi? Ti invio il link della pagina che sostiene delle tesi del genere. Magari se ne può discutere anche sul tuo sito.

 

 

2. {Nicola Martella} 

 

Caro Gaetano, ho letto l’articolo indicato dal link e affermo che rimango solo perplesso! Gli argomenti sono affascinanti, ma fasulli. Il messaggio biblico dell’AT e del NT è così semplice che ognuno lo può capire. Paolo metteva in guardia Tito e Timoteo verso cose simili, dispute intorno a genealogie e giudaizzazioni simili.

     A ciò si aggiunga che il testo ebraico si presta a tali «giuochi di prestigio» statistici per i seguenti motivi:

     ■ 1) È un testo solo consonantico. Lo stesso lemma, ad esempio quello italiano «PN», può dare origine a tutte le parole immaginabili: pane, pino, pena, pone (da porre), punì, eccetera. ▪ Nel testo usato le doppie non esistono come segni consonantici distinti e ciò lascia molto spazio all’arbitrio. Lo stesso lemma, continuando con quello italiano «PN», può dare origine anche a: panna, pinna, penna, panno, eccetera. E si pensi che abbiamo usato solo due consonanti!

     ■ 2) La maggior parte delle radici delle parole ebraiche ha solo tre consonanti; anche quelle parole che contengono più di tre consonanti, possono comparire anche in varianti con tre, quando si tratti ad esempio di «j» e «w» come segnaposto grafico per «i», «o» e «u» (p.es. ipoteticamente TWRH per tôrāh e TRH per torāh). Sta nell’arbitrio di chi segue questo metodo, scegliere l’una o l’altra possibilità per far tornare i conti. A ciò si aggiunga che lo stesso grafema consonantico può derivare da radici del tutto diverse.

     ■ 3) Tali parole vengono ricercate in tutte le direzioni (come su uno scacchiere).

 

Per questi motivi, si tenga presente anche quanto segue:

     ■ 1) Usando tale metodo, è possibile trovare tutto e il contrario di tutto (anche illazioni e bestemmie).

     ■ 2) Qualsiasi testo tradotto in un ebraico solo consonantico darà risultati secondo ciò che si vorrà cercare e trovare.

     ■ 3) Così si rischia di trascurare il testo evidente, per dedicarsi a cercare cose non evidenti. Questo, oltre a comportare una notevole perdita di tempo, può diventare una specie di divinazione e perciò proprio uno strumento del diavolo.

     ■ 4) Tale metodo alimenta gli «esperti» (gli gnostici o pneumatici di un tempo; cfr. Origene), i quali diranno che senza di loro non si potrà capire correttamente il testo.

     ■ 5) Si pretenderà di interpretare il testo chiaro — non alla luce dell’esegesi — ma con le briglie soggettive di tale prassi statistico-cabalistica.

 

Tutto ciò non rende onore al Dio vivente che ha detto: «Fin dal principio io non ho parlato in segreto» (Is 48,16). «Io non ho parlato in segreto: in qualche luogo tenebroso della terra» (Is 45,19).

     A coloro che pretendono di trarre cabale da tali dati (ci sono coloro che pretendono così di predire fatti futuri come la terza guerra mondiale entro il 2006!), si può applicare questa parola: «E l’Eterno mi disse: “Quei profeti profetizzano menzogne nel mio nome; io non li ho mandati, non ho dato loro alcun ordine, e non ho parlato loro; le profezie che vi fanno sono visioni menzognere, divinazione, vanità, imposture del loro proprio cuore”» (Gr 14,14; cfr. 23,21s; Ez 13,7).

     Ecco come Dio ha parlato nei secoli e, nonostante ciò, non è stato ascoltato dal suo popolo: «Ed egli mi disse: “Figli d’uomo, va’, recati alla casa d’Israele, e riferisci loro le mie parole; poiché tu sei mandato, non a un popolo dal parlare oscuro e dalla lingua non intelligibile, ma alla casa d’Israele: non a molti popoli dal parlare oscuro e dalla lingua non intelligibile, di cui tu non intenda le parole. Certo, se io ti mandassi a loro, essi ti darebbero ascolto; ma la casa d’Israele non ti vorrà ascoltare, perché non vogliono ascoltare me; poiché tutta la casa d’Israele ha la fronte dura e il cuore ostinato”» (Ez 3,4-7).

     Si tenga presente anche che il NT cita perlopiù l’AT nella versione greca (Settanta). Se tali codici fossero stati importanti per Dio, non avrebbe fatto tradurre il testo sacro in greco (la maggior parte dei Giudei al tempo di Gesù lo leggeva in questa lingua), non avrebbe fatto usare il greco per il NT né avrebbe permesso che gli scrittori del NT usassero la Settanta, quando citavano l’AT!

     Da ragazzo mio padre mi ricordava un proverbio popolare: «Chi non ha niente da fare, pettina cani». Il mondo ha fame di verità e dell’Evangelo, e la gente della Bibbia perde tempo a trovare presunti codici! Mentre Costantinopoli veniva assediata dai maomettani, dentro i cristiani discutevano accesamente sul sesso degli angeli! Oggi sono di turno presunti codici segreti.

     Non bisogna dimenticare che l’interesse per tali codici segreti è nato diversi secoli fa nel giudaismo all’interno della cabala, lo spiritualismo gnostico-esoterico giudaico. È interessante che ora, che si sono risvegliati l’esoterismo e lo gnosticismo a livello mondiale, tali «codici segreti» trovino tanto seguito!

 

Per l’approfondimento degli aspetti che attengono all'esoterismo, si veda l’articolo «L’esoterismo e Bibbia» in Nicola Martella, Dizionario delle medicine alternative, Malattia e guarigione 2 (Punto°A°Croce, Roma 2003), pp. 157-164.

 

 

3. {Argentino Quintavalle} 

 

«Nella parola di Dio, quello che ci obbliga non sono le oscurità ma ciò che capiamo. La parola di Dio è stata data perché noi la mettiamo in pratica e non perché ci esercitiamo all’esegesi delle sue oscurità» (S. Kierkegaard).

     Poiché credo che la rivelazione chiara di Dio è di gran lunga più importante rispetto a qualsiasi rivelazione nascosta, forse sarebbe molto più sano lasciar perdere la questione. Quindi essa ha soltanto valore «accademico», niente di più!

     Detto questo, per quanto riguarda i codici segreti della Torà, ovvero i codici ELS (equidistant letters sequence), non sarei così dogmatico, per non correre il rischio di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca.

     Nella Bibbia, non è soltanto il profeta Daniele che parla di cose nascoste. Salomone ci avvisa, nei Proverbi, di aver scritto degli enigmi (Pr 1,6). Oltre a ciò leggiamo: «È gloria di Dio nascondere le cose; ma la gloria dei re sta nell’investigarle» (Pr 25,2). In Ap 13,18 leggiamo: «Qui sta la sapienza. Chi ha intendimento conti il numero della bestia, poiché è numero d’uomo; e il suo numero è 666». Molti commentatori liquidano questo versetto dicendo che è inutile spremersi ora le meningi, quando sarà il momento tutti capiranno il suo significato. Ma ragionare così significa rifiutare la sfida della parola di Dio, la quale ci chiama 1) a essere sapienti, 2) ad avere intendimento, 3) a contare; senza le quali cose sarà impossibile capire ciò che essa ci dice. Voglio far notare il terzo punto, il quale ci chiama a «contare», e qui, tempo permettendo, si dovrebbe aprire tutto un discorso sulla numerologia biblica e sulla gematria.

     Ora, è vero che l’esegesi, intesa come testo nel contesto, per sua stessa definizione non può ammettere certe cose. Ma non bisogna considerare l’esegesi (testo nel contesto) come il punto finale dell’interpretazione, bensì come il punto di partenza e che da sola non esaurisce il significato di un brano. Per esempio, Gn 1,3 dice: «Sia la luce! E la luce fu». Limitare il significato di queste parole alla creazione della luce (testo nel contesto) è solo il punto di partenza. Il punto di arrivo lo troviamo in 2 Cor 4,6: «Perché il Dio che disse: “Splenda la luce tra le tenebre”, è quel che risplende nei nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo».

 

Codici segreti della Torà: l’acqua sporca

    Usare questo metodo per fare delle profezie o per dare nuove rivelazioni è assolutamente non biblico. Sono completamente d’accordo che non si può e non si deve profetizzare chi vivrà o chi morirà domani usando i codici della Torà. Chi lo fa si mette allo stesso livello degli interpreti di Nostradamus. Su questo aspetto penso di aver chiarito la mia posizione e non voglio aggiungere altro.

 

Codici segreti della Torà: il bambino da non buttare via insieme all’acqua

    Qui mi si apre una finestra. Che lo si creda o no questi codici esistono eccome e servono, non per rivelare cose nuove, ma per testimoniare della meraviglia del testo biblico. Per rendere tutto più chiaro, ecco la dimostrazione: bisogna prendere il testo biblico ebraico e chiunque potrà controllare quanto dico:

     ■ Nei primi due libri del Pentateuco, Genesi e Esodo, partendo dalla prima TAU del v.1, dopo ogni 49a lettera (7x7) troviamo rispettivamente le lettere WAW, RESH, HE che formano la parola TWRH (per Torah; provare per credere).

     ■ Nel libro centrale del Pentateuco, Levitico, partendo dalla prima YOD del v. 1, dopo ogni 7a lettera, troviamo rispettivamente le lettere HE, WAW, HE che formano la parola YHWH (provare per credere).

     ■ Negli ultimi due libri del Pentateuco, Numeri e Deuteronomio, sempre dopo ogni 49a lettera, troviamo la parola TORÀ, ma questa volta in senso contrario. Nel libro dei Numeri si parte dalla prima HE; mentre nel libro del Deuteronomio si parte dalla prima citazione della parola TORAH, che si trova al v. 5 (provare per credere).

 

Questi sono solo alcuni esempi, ma l’Antico Testamento è pieno di meraviglie simili a queste! Possono non essere presi in considerazione, ma essi ci sono, sono un dato di fatto che nessuno può contestare per il semplice fatto che esistono e bisogna prenderne atto. È la firma di Dio sulla Bibbia. Questi studi non sono stati fatti da qualche sprovveduto, ma sono stati pubblicati dall’Università di Gerusalemme.

     Qualcuno può dire che le stesse cose si possono fare con qualsiasi altro libro. Questo non è vero, perché la caratteristica dei codici ELS è quella di dare un significato di senso compiuto soltanto con un piccolo brano a disposizione. Nessun altro libro presenta questa caratteristica. Ma non ci sono solo i codici ELS, ci sono anche le strutture numeriche, e queste abbondano anche nel Nuovo Testamento.

     Qual è il valore di queste cose? Come ho già detto, non è quello di darci nuove rivelazioni, ma quello di provare scientificamente che la Bibbia non può essere stata scritta da semplici esseri umani, ma che essa è un libro soprannaturale ispirato e dato da Dio. Sono fatti che confondono gli atei e gli agnostici e che nessuno può screditare e confutare. Sono fatti che costringono anche i pensatori più moderni e scettici ad accettare la Bibbia come un libro soprannaturale ispirato da Dio. Sono fatti che senza dubbio costituiscono una delle più grandi scoperte degli ultimi tempi.

     Non vi può essere dubbio che la Bibbia rivendica di essere un libro soprannaturale ispirato da Dio (2 Tm 3,16; 2 Pt 1,21). Però molti hanno sollevato questa domanda: «È questa rivendicazione proprio vera? È la Bibbia realmente l’esatta Parola di Dio»? I fatti che sono stati recentemente scoperti sotto la superficie del testo originale della Bibbia, provano scientificamente che la rivendicazione della Bibbia è vera: essa è realmente un libro soprannaturale ispirato da Dio.

     Uno può ignorare queste cose o distogliere gli occhi da esse, ma i fatti restano là. Le nostre proprie opinioni, piaccia o non piaccia, non alterano i fatti in alcun modo. La loro presenza è una verità che ogni persona deve accettare. Non si può spiegare semplicemente per mezzo della casualità. Se non stanno lì per caso, allora c’è una sola alternativa: sono state disposte di proposito, e la loro ricorrenza meravigliosa e misteriosa nello stesso tempo, fu ideata e architettata.

     Riporto un esempio che ho letto: supponiamo che qualcuno porti un sacco che contenga 24 arance. Supponiamo che improvvisamente il sacco si rompa e le 24 arance cadano al suolo. Quale caso sarebbe se le arance cadessero in quatto perfette file di 6 arance per ciascuna fila, e che ciascuna arancia sia perfettamente dietro all’altra? Una simile disposizione sarebbe considerata impossibile!

OOOOOO

OOOOOO

OOOOOO

OOOOOO

 

Supponiamo ora che qualcuno entri nella stanza e trovi al suolo le arance disposte nella maniera descritta; l’unica conclusione a cui può arrivare è che esse furono disposte di proposito in quella maniera. Nessuno vorrebbe rischiare di essere chiamato stolto insistendo che una simile cosa sia accaduta per caso.

     In maniera simile queste caratteristiche della Bibbia non vi sono per puro caso, ma di proposito. Poiché, la scoperta di un disegno prova l’esistenza di un disegnatore, sorge la conseguente logica domanda: «Chi progettò e pose queste caratteristiche nel testo biblico?». Soltanto DIO!

     La Bibbia è diversa da tutti gli altri libri. Nessun altro libro, per quanto si sappia, contiene caratteristiche simili a quelle trovate nel testo biblico. Gli apocrifi non mostrano alcuna evidenza del genere. Varie persone hanno dedicato molto tempo all’esame dei classici greci sforzandosi di trovare le stesse strutture in testi brevi, ma niente è stato trovato (se non su testi molto lunghi). Per quanto riguarda le strutture matematiche, poi, non è stato trovato assolutamente niente.

     È evidente che la Bibbia non è l’opera di molte menti, ma l’opera di una sola Mente. Le strutture letterarie (codici ELS) e numeriche provano scientificamente che la grande rivendicazione della Bibbia al riguardo di se stessa è realmente vera. La Bibbia è realmente il libro soprannaturale ispirato e dato da Dio come essa sostiene di essere, perché dei semplici esseri umani da soli non avrebbero mai potuto scriverla e costruirla nella meravigliosa maniera in cui essa è costruita.

     Alcune cose su cui riflettere:

     ■ Il primo tempio è stato dato alle fiamme il 9 del mese ebraico Ab. È forse un caso che anche il secondo tempio è stato dato alle fiamme il 9 di Ab? È forse un caso che il secondo tempio è stato distrutto dopo 1.000 anni dall’inaugurazione del primo tempio?

     ■ La nazione d’Israele perse la sua sovranità nazionale nel 605 a.C., con la prima invasione babilonese e la prima deportazione di Ebrei. Gerusalemme invece fu persa dalla nazione 19 anni dopo, nel 586 a.C. ● La nazione d’Israele ebbe di nuovo la sua sovranità nazionale nel 1948. Gerusalemme invece ritornò a essere capitale nel 1967, dopo 19 anni, in una sorta di processo inverso. È un caso?

     Naturalmente non sono autorizzato a fare profezie per il futuro in base a questi fatti, ma sono libero di ammirare, contemplare e far notare la perfezione dei progetti di Dio.

     L’importante è che possiamo rallegrarci del fatto che la salvezza si trova in Cristo, che morì, fu sepolto e risuscitò, e non nel modo in cui investighiamo queste cose nascoste.

 

 

4. {Nicola Martella} 

 

Qui di seguito mi riferisco specialmente al contributo del mio caro amico Argentino, sebbene le osservazioni possano andare oltre il suo testo.

     A proposito dei presunti «codici segreti» dell’AT, si cita continuamente Daniele 12,4, ma in questo libro non si fa mai cenno a qualcosa del genere. In tutto il libro Daniele interpreta fatti, eventi, visioni, sogni ma mai la sacra Scrittura.

     Si fa altresì riferimento a Pr 1,6 e al fatto che Salomone avesse scritto degli enigmi, ma neppure lui li riferisce mai a un’interpretazione segreta della Torà. Il termine enigma significa «discorso velato» e nei Proverbi ci sono diversi esempi di ciò, ad esempio le massime numeriche (Pr 30,1-30). Un chiaro enigma è quello di Gdc 14,14, a cui gli avversari di Sansone risposero con un contro-enigma (v. 18). Ma ciò non aveva nulla a che fare con sedicenti codici segreti. [Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Enigma», Manuale teologico dell’AT (Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 154s; cfr. qui anche «Indovinello», p. 186.]

     Si cita spesso anche Pr 25,2 dove ricorrono i verbi «nascondere» (Dio) e «investigare» (re). Se si leggesse il v. 3, si vedrebbe che Salomone intendeva cose concrete della natura: «L’altezza dei cieli, la profondità della terra e il cuore dei re non si possono investigare». Se si leggesse l’Ecclesiaste, si vedrebbe che egli parlò spesso di «investigare» e «applicare il cuore per conoscere» e simili, ma intendeva sempre la natura quale libro illustrato di Dio e le vicende umane (Ec 1,13).

     Infine, non può mancare Ap 13,18 quale presunta prova per i codici segreti. A parte il fatto che esistono tante opinioni sul «666» quante unità di questo numero, esso fu definito un «numero d’uomo», ossia umano (non celeste) o riferito a un uomo. Anche qui non si tratta di qualcosa di nascosto in un codice segreto nel testo, ma di qualcosa di palese e razionale che si può calcolare, probabilmente sulla base della gematria, ossia la corrispondenza fra lettere e numeri nelle lingue antiche. La gematria, sia che se ne faccia un uso legittimo o meno (si pensi a tutti i suoi abusi esoterici da parte della cabala giudaica!), non ha direttamente a che fare con presunti codici segreti, presenti nel testo consonantico ebraico, né legittima di per sé questi ultimi.

     Dire che l’esegesi da sola non esaurisca il significato di un brano, è alquanto pericoloso. Citare Gn 1,3 e 2 Cor 4,6 insieme non è una prova a tale ragionamento. Se si fa un’esegesi accurata, si arriva a questo risultato: Gn 1,3 parlò dell’apparizione della luce sulla faccia della terra, in 2 Cor 4,6 Paolo partì da qui e ne fece un’applicazione spirituale, ma questa non invalidava l’esegesi propria di Gn 1,3! Il ragionamento era questo: Colui che ha fatto splendere concretamente la luce tra le tenebre, è altresì Colui che porta luce nei nostri cuori. È quindi un’applicazione analogica riferita alla predicazione (v. 5). Si tratta della «manifestazione della verità» (v. 2) e della «luce dell’Evangelo della gloria di Cristo» (v. 4). Tale tenore del brano si ricava solo da un’accurata esegesi.

     La ricorrenza del lemma TWRH (per Torah) in Gn ed Es ogni 49 lettere non significa nulla, visto che è un termine ricorrente da Es in poi e che si trova anche ad altri intervalli. Lo stesso valga TWRH in Nu e Dt. Non a caso l’intera opera, conosciuta come Pentateuco, si chiama Torà per gli Ebrei. Lo stesso ragionamento vale per il lemma JHWH (per Jahewëh) che nel Levitico ricorre in 283 versetti, quindi a qualsiasi intervallo di lettere.

     Tali sequenze di consonanti (più J, W e H, quando sono segnaposto per certi tipi di vocali) vengono cercate in tutte le direzioni su uno scacchiere immaginario: sia nelle quattro direzioni cardinali, sia nei quattro sensi obliqui; ciò aumenta enormemente le possibilità. Abbiamo visto che la prima lettera di una sequenza di lettere non si trova solo a certe distanze, ma anche tra un intervallo e l’altro. Chi parla di una presunta «firma di Dio» sulla Bibbia (gli Ebrei parlano solo dell’AT ebraico consonantico!), non può non tener presente tutto ciò. Non può neppure trascurare il fatto che tali «esperti» hanno cavato dal testo ebraico, col senno del poi, tutto e il contrario di tutto: nomi di personaggi ebrei degli ultimi 2.000 anni (p.es. nomi di rabbini), fatti storici (p.es. la persecuzione nazista), eventi d’attualità e gossip (la morte della principessa Diana d’Inghilterra), eccetera. Che interesse avrebbe avuto Dio a tramandare in modo criptato fatti del genere, mettendoci la propria firma?

     Qualsiasi testo può diventare un «arcano», se ridotto alle sole consonanti (senza spazi fra di esse): poi sarà la mente dello scopritore a dargli il significato, aggiungendo a suo arbitrio le vocali. Il testo ebraico si presta a tale «gioco di codici segreti», poiché è fin dall’inizio consonantico, viene letto da secoli dagli studiosi rabbinici anche così, vi è un’antica tradizione cabalistica che si è interessato di cose del genere e i computer hanno solo amplificato tali interessi e semplificato tali ricerche.

     Certo alcuni vorranno rifiutare l’aspetto divinatorio di tali procedimenti, ma gli Ebrei, specialmente di estradizione mistica, ricercano morbosamente proprio tali cose. E tali ricerche sono nate proprio per tali scopi!

     Usare in queste cose il termine «scientifico» e ribadire una sedicente «prova», secondo cui tali «codici segreti» rivendicherebbero per la Bibbia di essere un libro soprannaturale ispirato da Dio, sono alquanto contestabili proprio da un punto di vista scientifico. (Gli studiosi cristiani contestano proprio per questa ragione coloro che affermano di aver provato «scientificamente» l’evoluzione!) Per provare «scientificamente che la Bibbia non può essere stata scritta da semplici esseri umani», bisognerebbe assoggettarla a criteri scientifici, basati sull’esperimento e su una prova col doppio cieco. Ciò è evidentemente impossibile, visto che Dio non si assoggetta agli esperimenti umani. I cosiddetti «codici ELS» non costituiscono una «prova scientifica», ma tutt’al più una curiosità letteraria, se mai sarà accertata veramente da una vera analisi scientifica neutrale.

     A ciò si aggiunga che tali evidenze, se veramente accertate in modo incontrovertibile da una scienza neutrale, non costringeranno per nulla gli scettici ad accettare la Bibbia come un libro ispirato da Dio in modo soprannaturale. «L’ispirazione» è un fatto troppo complesso per essere ridotta a una semplice dettatura di un capufficio a una serie di segretari. Gli atei e gli agnostici non si faranno convincere da cose del genere, per di più molto controverse, poiché «la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo» (Rm 10, 17; cfr. v. 14).

     La Bibbia insiste sulla fede non su prove scientifiche. La natura quale «libro illustrato di Dio», si apre solo a chi ha accettato la fede biblica (Sal 19; 1 Cor 2,14). L’autore della Lettera agli Ebrei, parlando dei suoi connazionali, affermò: «La parola udita non giovò loro nulla non essendo stata assimilata per fede da quelli che l’avevano udita» (Eb 4,2). Qui non hanno effetto né miracoli né prove scientifiche. Per questo egli affermò: «Or la fede è certezza di cose che si aspettano, dimostrazione di cose che non si vedono» (Eb 11,1) e poi parlò della creazione del mondo (v. 2) e delle scelte di fede di uomini famosi (vv. 3-33). La Bibbia è un libro sovrannaturale poiché è arrivato fino a noi e perché il suo messaggio ha cambiato innumerevoli vite.

     Sorvolo sulla coincidenza delle date riguardo alla storia d’Israele, poiché non concorre come elemento di prova per i «codici segreti» dell’AT. Dico volentieri qualcosa sull’esempio di Zc 8,5-12,10. È il classico esempio di «chi cerca, trova». Per chi crede a tale teoria, vedrà in ciò qualcosa di «sorprendente». Ma di «sorprendente» c’è solo il fatto che qualunque sequenza di lettere accanto a JŠW` (per Ješûa`) o in una qualsiasi direzione, intersecando il Zc 12,10, può significare qualcosa di «arcano», di significativo o di blasfemo. Si potrebbe argomentare, ad esempio, che nell’AT il nome abbreviato Ješûa` si trova solo in epoca post-esilica — in pochi casi in Esd, Ne e 1-2 Cr — ma non si trova mai in Zaccaria che, pur parlando di un Giosuè-Gesù (in ebraico è lo stesso nome; Zc 3,1.3s.6.8s; 6,11), non lo chiama mai col diminutivo Ješûa`, ma col suo nome completo Jehôšua`. Se tale codificazione fosse stata importante, avrebbe un riscontro palese anche nel testo stesso.

     Nel testo di Zaccaria, accanto alla sequenza JŠW` (per Ješûa`) troviamo a destra la sequenza RKRR che si può interpretare, ad esempio, come rak «egli è molle, viene meno o è pauroso» (da rakak; Dt 20,3 del cuore) e rār «egli cola, fa fluire» (da rûr; Lv 15,3 a proposito del flusso genitale). Volendo, tirando e spingendo, da ciò si può ricavare un significato «profondo», sia positivo sia negativo, specialmente in connessione con Ješûa`, ad esempio: «egli è preso da paura, si perde [d’animo] Ješûa`».

     Come si vede, così facendo, all’arbitrio non è posto alcun freno: prima o poi si troverà ciò che si cerca! E da ciò si caverà qualche arcano significato! Così il testo diventa una «discarica abusiva», dove ognuno vi depone a suo arbitrio ciò che poi vorrà trovare… ritenendo di dare così più gloria a Dio!

 

 

5. {Argentino Quintavalle} 

 

Caro fratello, su questo argomento penso che soltanto lo Spirito Santo può dare convinzione. Rispondo al tuo articolo soltanto precisando alcune cose.

     ■ 1) Non ho mai sostenuto che i codici segreti della Torà si leggono in qualunque direzione: destra, sinistra, sopra, sotto, obliqui, ecc. (addirittura alcuni hanno provato anche tridimensionalmente). Gli esempi che ti ho portato sui primi cinque libri della Bibbia si leggono in un solo modo: da destra a sinistra, come la scrittura ebraica, e prendendo le lettere nella sequenza che ti ho detto si forma sempre la stessa parola per tutta la lunghezza del libro. Questo non si riscontra in nessun altro libro del mondo.

     ■ 2) Non ho mai sostenuto che l’espansione del significato di un verso, o l’applicazione (per me pari sono), invalidi il suo significato letterale. Ma se un verso permette un’applicazione, o una estensione, significa che il suo significato letterale non completa quello che il Signore vuole dire con quel verso.

     ■ 3) Per non accettare questi codici non basta dire che così facendo si può far dire qualunque cosa alla Bibbia. Purtroppo alla Bibbia gli si può far dire qualunque cosa anche con il senso chiaro e letterale delle parole. Basta prendere degli studiosi di varie confessioni religiose e di fronte a un brano biblico vedrai che diranno cose diverse. In questo caso l’esegesi perde tutto il suo valore, perché ognuno ha la sua propria esegesi che crede essere migliore di quella degli altri.

     ■ 4) Non vedo, inoltre, perché Dio non abbia potuto fare una cosa del genere. Dove sta il problema? La parola di Dio è perfetta non solo nell’insegnamento ma anche nella sua struttura. Gesù disse che neanche un apice della legge passerà che tutto non sia adempiuto. Se vogliamo interpretare letteralmente questo brano del Signore dobbiamo ammettere che ogni singola lettera, che è stata scritta, si trova nel posto giusto e ha la sua importanza. Questa è la «firma di Dio» sulla Bibbia: essa è perfetta anche nella sua struttura «fisica». Io la trovo una cosa meravigliosa. Se poi qualcuno ne fa un cattivo uso è un altro discorso e che trova tutta la mia disapprovazione.

 

 

6. {Nicola Martella} 

 

Bisogna certamente distinguere fra ciò che afferma Argentino, che ha una posizione mite, e ciò che asseriscono i seguaci di queste metodologie, che appartengono a correnti di pensiero del tutto diverse. Ecco qui di seguito alcune domande che possono orientare la discussione. In un confronto su un certo argomento che cosa fa testo: le opinioni personali di chi attinge a un metodo o gli scritti ufficiali dei fautori di tale metodo? Gesù parlando di ogni apice della Torà intendeva ciò che era palesemente intellegibile a lui e agli scribi del suo tempo o si riferiva a presunti «codici segreti»? C'è veramente chiarezza che cosa sia una corretta «esegesi» o parliamo di cose diverse? Abbiamo capito la differenza fra esegesi letteraria di un brano e le sue eventuali applicazioni? Che cosa differenzia una corretta «esegesi» (analisi testuale e contestuale riferita alle intenzioni originarie dell'autore) da una «eisegesi» (proiezione nel testo delle proprie convinzioni religiose e ideologiche)? Nell'approccio alla Scrittura, qual è la differenza tra una «teologia biblica» (o esegetica) e una «teologia dogmatica» (o dottrinale)? Il cattivo uso versettologico, che alcuni praticano riguardo alla Bibbia, ci dovrebbe autorizzare a fare altrettanto? Ammesso che l'AT contenga veramente alcuni di tali «codici segreti», sebbene gli studiosi non siano concordi su ciò, tale «firma [fisica] di Dio» nel testo (come alcuni la chiamano), che aggiungerebbe alla maggior parte delle dottrine fondamentali del cristianesimo? Quali sono invece i rischi di affidarsi a tali metodi e ai loro propugnatori sia per la comprensione della Scrittura sia per le dottrine bibliche? Possono sorgere delle nuove eresie dall'uso soggettivo e arbitrario di tali metodi?

   Per alcuni aspetti qui trattati, per non ripeterci, rimando al seguente articolo sull'ermeneutica: ► La ragione delle cose {Nicola Martella}. Si veda pure il seguente articolo: ► Gli scrittori del NT usarono il metodo allegorico per interpretare l'AT? {Nicola Martella}.

 

Per approfondire le questioni, rimandiamo nell’opera a cura di Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), ai seguenti articoli: «Ermeneutica», p. 155; «Interpretazione allegorica», pp. 192s; «Interpretazione deduttiva», p. 193; «Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 352s; «Versettologia», pp. 378s.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Codici_segreti_MT_AT.htm

2007; Aggiornamento: 12-01-2010

 

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