Qui di seguito
riportiamo alcuni
esempi che mostrano come la cultura, in cui si è inseriti in un certo tempo, può
causare problemi d'interpretazione e, quindi, di comportamento. Altri esempi
mostrano come ciò che il traduttore crede, può addirittura causare problemi di
traduzione della Bibbia. Ciò non vale solo per la Vulgata o per la traduzione di
qualche gruppo ideologico, ma può succedere anche a cristiani di ogni genere. Le
convinzioni personali di un traduttore possono arrivare al punto da condizionare
la traduzione del testo, prendendo così posizione in una discussione
controversa? La risposta è sì, e ciò non è una questione solo odierna. Perciò,
consigliamo di prendersi a cuore questo motto: «Fidarsi di una traduzione è
bene, confrontare più traduzioni è meglio, controllare nell'originale ancor di
più!». {Nicola
Martella} |
Argentino Quintavalle
■ 1 Cor 11,5,6 nella Nuova Diodati recita: «Ma ogni
donna, che prega o profetizza col capo scoperto, fa vergogna al suo capo, perché
è la stessa cosa che se fosse rasa. Ora se la donna non si copre, si faccia pure
tagliare i capelli; ma se è una cosa vergognosa per la donna farsi tagliare i
capelli o rasare, si copra il capo». La comprensione è collegata alla
cultura, e quello che è comprensibile in una cultura è oscuro in un’altra. Fino
agli anni Sessanta del 20° secolo nessuno avrebbe mai messo in dubbio
l’interpretazione di questo brano: le donne si coprivano il capo quando
entravano in un luogo di culto. Personalmente ricordo mia nonna (cattolica) che
ogni qualvolta entrava in chiesa si metteva un fazzoletto in testa. Dopo la «rivoluzione culturale», però, che in Italia è
avvenuta nel 1968, questa interpretazione, dopo quasi due millenni, è stata
presa a «picconate». È la stessa cosa che è accaduta nel secolo precedente,
quando la nuova cultura «scientifica», che a quei tempi prometteva mari e monti,
ha attaccato l’interpretazione creazionista delle origini del mondo.
■ Un altro esempio è il seguente: negli Stati Uniti,
uno dei paesi con la più alta presenza evangelica del mondo, in molte chiese
viene fatta la Santa Cena non con il vino ma con il succo d’uva. La
giustificazione addotta è che Gesù non parlò di vino ma di «frutto della vigna»,
negando però il fatto che la cena pasquale gli Ebrei la facevano (e la fanno)
con il vino. La verità è che negli Stati Uniti l’alcolismo è una piaga sociale e
questo problema sociale ha condizionato l’interpretazione biblica.
■ Ancora un esempio: nella nostra società
superstiziosa, parlare dei dodici segni zodiacali equivale ad avallare
l’oroscopo e tutto quello che si muove dietro ad esso. In Israele, invece, che
non ha una cultura superstiziosa come la nostra, ogni segno zodiacale viene
associato tranquillamente a ciascun mese dell’anno (bilancia-tishri;
scorpione-marcheshvan; sagittario-kislev; ecc.), con la profonda convinzione che
le costellazioni che si vedono nel cielo stellato sono anch’esse opera di Dio.
Se poi l’uomo superstizioso e pagano se ne serve per scopi malvagi è un altro
problema. Molti Americani non bevono vino durante la Santa Cena e nella loro
vita comune, noi non possiamo parlare delle costellazioni, ma il principio che
si cela dietro questo comportamento è identico.
■ Domande:
1) La cultura e la società influenzano
l’interpretazione biblica?
2) A sua volta, l’interpretazione biblica influenza la
traduzione stessa della Bibbia?
■ Un esempio di traduzione: Dn 9,27:
Diodati |
«Ed esso confermerà il patto…» |
Nuova Diodati |
«Egli stipulerà pure un patto…» |
CEI |
«Egli stringerà una forte alleanza…» |
Ricciotti |
«Salderà l’alleanza con molti…» |
Paoline |
«E stringerà una forte alleanza…» |
Riveduta |
«Egli stabilirà un saldo patto…» |
Nuova Riveduta |
«L’invasore stabilirà un patto…» |
Ora, i traduttori della Nuova Riveduta, come si può vedere nella tabella, hanno
dato un nome al pronome «egli» identificandolo con «l’invasore». Il problema è
che nel testo ebraico non esiste la parola «invasore». Che cosa è accaduto? È
accaduto che è stata aggiunta una parola, e non abbiamo più una traduzione, ma
un’interpretazione, figlia di una precisa convinzione teologica che ha influito
sulla traduzione della Bibbia. Che poi l’interpretazione sia giusta è tutto da
discutere.
Secondo i traduttori della Nuova Riveduta, il pronome
«egli» all’inizio del v. 27 deve essere riferito al suo più vicino antecedente e
cioè al «capo che verrà» del v. 26. Tuttavia il termine «capo» è in una
posizione subordinata ed è molto improbabile che questa parola possa essere il
soggetto del v. 27, dato che non è soggetto neanche del v. 26 (la città e il
santuario non saranno distrutti da un principe, ma dal popolo di quel principe.
Il popolo è in una posizione di maggior rilievo rispetto al principe). Un
pronome personale non può riferirsi all’oggetto di un complemento di
appartenenza.
Ma pur considerando giusta l’interpretazione della
Nuova Riveduta ci troviamo di fronte a un condizionamento, perché non tutti nel
mondo evangelico interpretano quel versetto nella stessa maniera. Siamo pronti a
criticare i Testimoni di Geova quando manipolano la traduzione della Bibbia per
giustificare le proprie dottrine, ma qui gli evangelici si sono comportati né
più né meno come i Testimoni di Geova hanno fatto con altri brani della Bibbia!
Questo purtroppo non è l’unico caso. ■ Perché, per citare un altro esempio, gli studiosi
ancora sostengono che ai tempi di Gesù la lingua ufficiale era l’aramaico,
quando invece Paolo si rivolgeva al popolo in lingua ebraica? Vedi Atti 21,40;
22,2!
■ Domande: Se la cultura e la società
influenzano l’interpretazione biblica, la quale a sua volta influenza la
traduzione stessa della Bibbia, che cosa devono fare i veri credenti?
Minimizzare e fare finta di non vedere? Tacere, pur tenendo gli occhi aperti?
Oppure parlare e denunciare gli errori correndo il rischio di essere emarginati
dai propri fratelli?
°-°-°-°-°-°-°-°-°-
Nicola Martella ▲
Le convinzioni dottrinali possono condizionare la traduzione della Bibbia? La
risposta è sì; si pensi alla differenza fra «favorita dalla grazia» (originale)
e «piena di grazia» (versione cattolica) in Lc 1,28. Fortunatamente molti
aspetti riguardano soprattutto aspetti non centrali della dottrina. In ogni
modo, anche un aspetto derivato che non è verità (o non lo è pienamente), non
potrà rendere pienamente liberi, anzi può condizionare alquanto il pensiero e il
comportamento dei cristiani e renderli infelici in tale questione. Dopo aver
letto le riflessioni dell'autore precedente, ecco solo alcuni esempi che mi sono
venuti spontaneamente in mente. ■ Ap 1,10 (Riveduta; Diodati): «Fui rapito in
Ispirito nel giorno di Domenica» per avvallare che il giorno di riposo dei
cristiani sia la domenica. Al contrario Paolo affermò in Rm 14,5s la libertà
cristiana di osservare il «giorno» (il sabato da parte dei cristiani giudei) o
di osservare ogni giorno (da parte dei cristiani gentili). La designazione e
l’introduzione del «Dominus Dei» avvenne secoli dopo da parte del vescovo di
Roma per marcare il contrasto verso il giudaismo e il sabato. È chiaro che il
«giorno signorile» è in Ap 1,10 il «giorno di Jahwè», di cui hanno parlato
abbondantemente i profeti e in cui fu trasportato l’apostolo Giovanni per
assistere al giudizio di Dio sul mondo. ■ At 20,11 (Nuova Diodati): «Quindi risalì,
spezzò il pane con loro e mangiò».
La Riveduta traduce correttamente: «Ed essendo risalito, ruppe il pane e
prese cibo»; similmente fanno Diodati («Poi, essendo risalito, ed avendo
rotto il pane, e preso cibo»), la Nuova Riveduta («Poi risalì, spezzò il pane
e prese cibo») e la CEI («Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò»).
La parafrasi brindisina vuole suggerire in combinazione col v. 7 («Il primo
giorno
della settimana, essendosi i
discepoli
radunati per rompere il pane» [D. e N.D.]; «E nel primo giorno della
settimana[, mentre] eravamo radunati per rompere il pane» [R.; N.R., CEI])
questo quadro: fin dai tempi apostolici di domenica i credenti celebravano
regolarmente la «Cena del Signore». Si noti che qui si tratta di sabato sera
(per gli antichi, specialmente per gli Ebrei, il giorno cominciava dopo il
tramonto). Paolo avendo fatto una pausa, a causa dell’imprevisto, prima di
continuare a parlare fino all’alba, si ristorò (gli altri lo potevano fare
ascoltando); «rompere il pane» era la normale espressione per «prendere un
boccone» e derivava dal fatto che il capofamiglia, spezzando il pane, faceva il
ringraziamento a Dio. ■ 1 Cor 7,15 (Nuova Riveduta): «Però, se il
non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella
non sono obbligati a continuare a stare insieme». Questa traduzione («obbligati
a continuare a stare insieme») non si trova in nessun manoscritto greco;
essa soffre dell’accesa discussione sul tema del divorzio e delle seconde nozze
che c’era al tempo in cui essa fu realizzata. È una chiara aggiunta al sacro
Testo (Dt 4,2; 12,32) e una parafrasi interpretativa del testo che si schiera
palesemente in una direzione pregiudizievole nell’intento di condizionare le
scelte dei lettori. Il diritto giudaico, che ha influenzato alquanto l’etica del
NT, e quello romano affermavano diversamente dal «non sono obbligati a
continuare a stare insieme». Le altre traduzioni parlano correttamente del
«vincolo» matrimoniale in sé, inteso come reciproco asservimento: «in tali
casi, il fratello o la sorella non sono vincolati» (R.); «in tal caso il
fratello o la sorella non sono più obbligati» (N.D.); «in queste
circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù» (CEI;
Diodati «sottoposti a servitù»). {Nicola Martella}
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Errori dei copisti
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Traduzioni e interpretazioni dei traduttori? Parliamone
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Traduzione_interpretazione_Mt.htm
27-12-2006; Aggiornamento: 30-06-2010 |