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La questione del lettore
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Caro fratello
Nicola, mi piacerebbe sentire una tua opinione sul famoso passo di 2 Corinzi
6,14-18 (non vi mettete con gli infedeli...). Dico «famoso» perché viene quasi
sempre usato per scoraggiare fidanzamenti ed eventuali matrimoni con non
credenti.
Fermo restando che il sottoscritto è pienamente d’accordo che il credente debba
fidanzarsi e sposarsi con un’altra credente e viceversa (credente donna con
credente uomo), per varie ragioni dottrinali (vedi in particolare 1 Corinzi 9,5,
dove Paolo sembra in qualche modo esaltarne l’ovvietà: la moglie doveva essere
una sorella in fede per ogni discepolo che si rispettasse, apostoli in prima
linea) e di «buon senso», ritengo che forse il brano di 2 Corinzi 6 non sia
proprio direttamente rivolto a questo argomento.
In effetti, mi pare — correggimi se sbaglio — che il contesto di 2 Corinzi 6 sia
piuttosto la connivenza e l’unione dei Corinzi con i «superapostoli», nei
confronti dei quali il tono dell’apostolo nel corso della sua lettera si fa
sempre più acceso. Il problema dei Corinzi è che avevano fatto posto nei loro
cuori ai «superapostoli», togliendo dal loro cuore i veri apostoli, cioè Paolo e
i suoi collaboratori. D’altronde 2 Corinzi 6,14-18 credo si leghi bene a 2
Corinzi 11 dove Paolo parla di «serpente che sedusse Eva con la sua astuzia»
(v. 3) di «sommi apostoli» che sono falsi, operai fraudolenti che si travestono
da apostoli di Cristo. E li considera servitori di satana (vv. 13-15).
A mio avviso, la complicità che Paolo denunciava in 2 Corinzi 6 non si riferiva
— perlomeno in prima istanza — ai «matrimoni misti», tanto più che nella sua
prima epistola — in particolare al capitolo 7 — l’apostolo aveva già affrontato
l’argomento del matrimonio e del celibato.
Il fatto che 2 Corinzi 6,14-18 oggi venga quasi sempre usato soltanto per
scoraggiare le unioni sentimentali «miste», mi fa riflettere. Che si tratti di
promuovere un concetto giusto (no alle unioni sentimentali «miste»), usando un
passo che tuttavia non ha, a mio avviso, questo immediato significato?
Io applicherei 2 Corinzi 6,14-18 ai tanti credenti succubi di «superapostoli»
odierni, sul modello Benny Hinn...
Che te ne pare? Grazie della tua gentilezza e disponibilità. Ti abbraccio con
molto affetto nel Signore Gesù. {Luca Ciotta; 18 novembre 2008}
La risposta ▲
■ Non limitare: Limitare 2 Corinzi 6 solo a fidanzamenti e matrimoni, è
evidentemente fuori luogo. Chiaramente un credente deve sposarsi «nel Signore»
(1 Cor 7,39). Restringere però tale brano solo al giogo matrimoniale, è
chiaramente limitativo e fuori luogo.
■ Il contesto: Di primo acchito si può affermare che il brano parla in
senso generale di qualunque attività umana che porta i credenti a compromessi e
al sincretismo religioso. Nel contesto Paolo parlò del fatto che l’opera di
Cristo abbia permesso di riconciliarsi con Dio e di essere una «nuova
creazione», lasciandosi dietro il vecchio modo di vivere (2 Cor 5,13-21). Egli
cominciò il capitolo esortando i Corinzi a non aver «ricevuta la grazia di
Dio invano» (2 Cor 6,1). Poi, dando se stessi come modello (vv. 3-10),
l’apostolo affermò: «Noi non diamo motivo di scandalo in cosa alcuna,
affinché il ministero non sia denigrato» (v. 3). Nei versi 14-16 l’apostolo
richiese una coerenza morale, in accordo con l’Evangelo e il nuovo patto, anche
dai Corinzi. A riprova della santità dei membri del patto («sarò loro Dio, ed
essi saranno mio popolo»), citò brani dell’AT, in cui Dio richiedeva una
separazione dagli impuri (vv. 16b-18). Non a caso, subito dopo, Paolo esortò: «purifichiamoci
di
ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la
nostra santificazione nel timor di Dio» (2 Cor 7,1).
Il brano ha quindi a che fare con l’etica generale, ossia con tutti quei casi in
cui un credente si mette sotto uno stesso giogo con gli infedeli, ad esempio
negli affari. Detto questo, però, non si può non vedere che «l’ambito vitale»
proprio del brano è quello strettamente religioso (Beliar [Bel = Baal],
infedele, idoli, impuro). Il problema principale è qui il sincretismo religioso.
■
Superapostoli?: Connettere tale brano ai «sommi apostoli» giudaici, che
introdussero nella chiesa di Corinto il sincretismo religioso di stampo
gnostico, è indubbiamente interessante. Certamente essi avevano accreditato se
stessi, vantandosi di ciò che non avevano fatto in realtà e screditando
l’apostolo e la sua squadra, sebbene essi avessero fatto tanti sacrifici per
l’opera. Sì, Paolo considerò i Corinzi come ammaliati e sedotti da tali
superapostoli, come essi si definivano. Sebbene i Corinzi si vantassero di
conoscenza (gnosi) e di carismi di discernimento, egli li accusò di ingenuità e
di aver accettato contenuti dottrinali estranei alla predicazione apostolica: «Se
uno viene a predicarvi un altro Gesù,
diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere
uno Spirito diverso da quello che
avete ricevuto, o un Evangelo diverso
da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!» (2 Cor 11,4). Paolo
non usò mezzi termini verso tali imbonitori e imbroglioni di allora (vv. 12ss).
Essi erano, come già detto, propugnatori dello gnosticismo giudaico (sincretismo
fra contenuti biblici, esoterismo e «religioni dei misteri»). Il parallelo con
certi «unti carismaticisti» odierni non è fuori luogo, visto che propagano una
spiritualità esoterica cristianamente mimetizzata, mischiando tecniche
mesmeristiche (ipnosi lucida di massa), suggestione di massa, contenuti
religiosi gnostici biblicizzati (teologia della prosperità, guerriglia
territoriale, miracolismo fine a se stesso, esperienze mistiche interpretate con
contenuti biblici, ecc.), desiderio di dominio sulle chiese, devozione cristiana
quale fonte di arricchimento personale e così via.
Dovremmo però restringere 2 Corinzi 6,14-18 a questo significato? Se i «sommi
apostoli» c’entrano, come è possibile? Lo vedremo nei seguenti punti.
■ Le correnti in Corinto: La corrente gnostica, alimentata dai
superapostoli giudaici, univa in sé aspetti sincretistici (esoterismo
cristianizzato), manifestazioni mistiche (visioni, glossolalia) e di potenza
(miracolismo) e il dualismo fra corpo e spirito. L’aspetto sincretistico,
dualistico e materialistico era questo: poiché lo spirito del cristiano è stato
salvato da Cristo, egli può usare il corpo come meglio crede, visto che è
destinato alla tomba; può quindi partecipare ai banchetti in onore degli dèi,
visto che gli idoli sono dei niente; può altresì partecipare ai riti orgiastici
dei culti pagani o recarsi lì da prostitute e prostituti sacri, senza che allo
spirito del cristiano accada nulla di particolare.
Per contrappasso, alcuni Corinzi scioccati da tale libertinismo, si rifugiarono
in una spiritualità ascetica, secondo cui qualsiasi contatto col mondo
era peccato, qualsiasi espressione sessuale contaminava (anche col proprio
coniuge) e qualsiasi cosa o alimento, non preventivamente accertato, rendeva
impuri. Paolo rispose a questi ultimi che non si potevano interrompere tutti i
contatti con la gente del mondo, ma che bisognava separarsi dai falsi fratelli
soltanto (1 Cor 5,9-12). Per evitare la fornicazione, è bene che ognuno abbia il
proprio coniuge e faccia il proprio dovere coniugale (1 Cor 7,1ss). Bisogna
mangiare di ciò che è venduto al macello o offerto da chi ospita un credente,
senza farsi troppi scrupoli di natura religiosa, poiché gli alimenti sono doni
di Dio (1 Cor 10,25ss); l’unica eccezione è quando uno è avvertito
preventivamente che qualcosa è sacrificata agli idoli, ma ciò solo per non
alimentare la superstizione religiosa negli altri e per non essere d’intoppo a
qualcuno (vv. 28-33).
■
L’imbroglio dello gnosticismo: Esso crea spesso un abisso fra pratiche
religiose misticheggianti e l’etica quotidiana. È venuto a galla che predicatori
alla moda del cosiddetto «Evangelo di potenza» tradivano regolarmente le proprie
mogli e in certi casi avevano rapporti omosessuali (cfr. Paul Cain). Non molto
tempo fa, mi telefonò un credente pentecostale da Torino e costernato mi disse
che lì da loro conosce donne che di domenica in sala fanno sfoggio della loro
devozione, recitando stupende preghiere e parlando in lingue mirabili discorsi
divini, ma durante la settimana vanno a letto con vari maschi.
A Corinto la prostituzione sacra era parte integrante dei cosiddetti culti di
fertilità (come già in Canaan nei culti di Baal e Astarte). Il sincretismo
religioso che si respirava a Corinto, alimentato nella chiesa dai superapostoli
giudaici, faceva sì che anche i cristiani partecipassero ai banchetti in onore
degli dèi e andassero dalle prostitute e dai prostituti sacri. Tanto,
affermavano nel loro dualismo, lo spirito è oramai salvo e il corpo deve
disfarsi prima o poi.
Paolo trattò la questione delle «carni sacrificate agli idoli» in 1
Corinzi 8. Allora pressoché tutto ciò che si vendeva al macello, poteva
provenire dai culti idolatrici e ciò rappresentava un problema per coloro, la
cui «coscienza, essendo debole», pensavano così di contaminarsi (v. 7),
magari con un demone. In Corinto i «forti», ossia coloro che sapevano che gli
idoli sono dei nulla, rappresentavano un pericolo per i «deboli», che
attribuivano a tali carni un significato particolare (v. 9). Infatti, i primi si
sedevano «a tavola in un tempio d’idoli» (v. 10), rappresentando così una
trappola per i secondi (v. 11). Ciò fu considerato da Paolo un peccato contro il
fratello, che è stato scandalizzato, e contro Cristo stesso (vv. 12s).
Sul piano dell’etica sessuale, i Corinzi non solo tolleravano fra di loro
la fornicazione (1 Cor 5), ma ritenevano che da cristiani tutto era loro
concesso (1 Cor 6,12). Paolo parlò invece del cambiamento spirituale e morale
(v. 11) e li avvertì, togliendo loro eventuali illusioni, che «gli ingiusti
non erediteranno il regno di Dio» (vv. 9s). Un problema rilevante era fra i
Corinzi proprio l’esercizio della fornicazione (lussuria, lascivia, connubi
illeciti) e nella fattispecie di andare dalle prostitute (vv. 13-16); come già
detto, ciò avveniva specialmente come prostituzione sacra presso i templi di
divinità della prosperità. Paolo invece, parlando del corpo come «tempio dello
Spirito Santo», ingiunse in conclusione: «Fuggite la fornicazione. Ogni altro
peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il
proprio corpo» (v. 18). Tale discorso fu ripreso anche verso la fine della
sua seconda epistola, quando espresse il timore che «al mio arrivo… io abbia
a piangere molti di quelli che hanno precedentemente peccato, e non si sono
ravveduti della impurità, della fornicazione e della dissolutezza, a cui si
erano dati» (2 Cor 12,21).
■
Conclusione: Il brano di 2 Corinzi 6,14-18 è da inserire in tale ampio
contesto di sincretismo religioso e morale che vigeva nella chiesa di Corinto.
Una buona parte dei Corinzi, da una parte portavano in processo i fratelli (1
Cor 6,6ss), dall’altra si univano alle prostitute (vv. 13ss) e, pur chiamandosi
cristiani, si comportavano come pagani (1 Cor 5,11). In tutto ciò avevano
chiaramente una grande responsabilità tali giudei cristiani che, introdottisi
nella chiesa di Corinto, seminarono il loro infausto lievito dottrinale, il loro
sincretismo gnostico, il loro dualismo morale e il loro libertinismo.
Nel brano in questione Paolo denunciò tutta una serie di commistioni religiose e
morali dei cristiani di Corinto, affermando l’incompatibilità di un giogo comune
fra cristiani e infedeli, portando come esempio coppie di cose incompatibili fra
loro per definizione (vv. 14ss): giustizia e iniquità (rapporti, p.es. affari,
unioni affettive, imprese), Cristo e Beliar (fede e culto), fedele e infedele
(moralità, mentalità), tempio del Dio vivente e idoli morti (culto, prassi
religiosa). Il patto col Signore e le sue promesse richiedono un cambiamento di
mentalità e di stile di vita (vv. 16ss) e una purificazione da ogni tipo
contaminazione, ossia di carne e di spirito (niente dualismi!), compiendo così
la propria santificazione nel timor di Dio (2 Cor 7,1).
Sulla chiesa di
Corinto e le relative problematiche si rimanda per l’approfondimento in Nicola
Martella,
Entrare nella breccia
(Punto°A°Croce, Roma 1996), all’articolo: «Discernimento degli spiriti II», pp.
59-62 (Alcune problematiche in Corinto). Per
certi aspetti si veda pure in Nicola Martella,
Generi e ruoli
2 (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli
articoli: «La donna in 1 Corinzi 11», pp. 9-27; «La donna in 1 Corinzi 14», pp.
28-41. |
►
Giogo in 2 Corinzi 6,14 e società con increduli
{Nicola Martella} (D)
►
Il giogo diseguale fra credenti e increduli
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Non_con_infedeli_Car.htm
19-11-2008; Aggiornamento: 30-06-2010
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