1. La questione
Mettere versi biblici in rete e illustrarli in modo intelligente, per renderli
più comprensibili e attraenti, è una buona cosa. Chiaramente deve trattarsi di
brani chiari, evidenti e che abbiano a che fare con le verità centrali
dell’Evangelo. Uno di tali versi è, ad esempio, il seguente: «Non
mi vergogno dell’Evangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di
chiunque crede» (Romani 1,16). In genere
tali versi, centrali per la dottrina, si trovano nelle epistole del NT.
Altra cosa è se si attinge
da libri storici come gli Evangeli e il libro degli Atti, dove sono riportate
narrazioni specifiche e dove sono contenute promesse specifiche a persone
particolari in determinate situazioni. Prendere bonariamente una di tale
promesse particolari e generalizzarla per tutti, può creare molti equivoci
e perplessità di diverso genere.
2. Il caso concreto
Ho trovato in rete un’immagine contenete il seguente verso: «Credi nel Signor
Gesù, e
sarai salvato tu e la casa tua» (Atti 16,31). Essa era accompagnato da
un’illustrazione stilizzata di una famigliola. Oltre a ciò, non c’era altra
scritta o didascalia, che l’accompagnava. Era evidente che l’autore presentasse
effettivamente l’immagine con tale verso come una promessa assoluta di Dio,
valida per tutti. Per lui era, quindi, scontato il seguente significato:
quando qualcuno si converte, il Signore, prima o poi, toccherà immancabilmente
tutta la sua famiglia, portandola alla fede.
Poiché il tutto era stato presentato in un gruppo di discussione, pensai di
intervenire, aiutando a far capire a lui e agli altri che si trattava di una
promessa circostanziata e non di una promessa universale. Ecco che cosa
scrissi in concreto.
Esegeticamente parlando, essa era una promessa personale di Dio a una
famiglia specifica
di Filippi, che Dio ben conosceva quanto a predisposizione. Non possiamo
applicare, quindi, tale promessa indiscriminatamente a tutte le famiglie,
quantunque ci auguriamo di cuore che intere famiglie si convertano. Sebbene
anche oggigiorno possano esserci, in casi particolari, interi nuclei
familiari pronti per la salvezza, l’esperienza di vita e di fede mostra però che
non sempre si convertono intere famiglie e che, anzi, a volte alcuni rimangono
per sempre gli unici credenti all’interno della famiglia paterna, della
propria famiglia (coniuge e figli non seguono la fede) e del proprio parentado.
Il vantaggio dell’esegesi contestuale (a differenza di un’applicazione
decontestualizzata) è che non si suscitano false speranze, essendo che Dio non
costringe nessuno alla salvezza. Pregare, testimoniare e sperare rimangono
comunque attività devozionali valide.
3. Excursus: Una reazione inaspettata
Mi sarei aspettato di trovare come autore, che chiamo qui Lucio Seppe (ps.), una
persona saggia e matura, che apprezzando il mio contributo, mi rispondesse
con garbo
e moderazione: «Riflettiamo meglio sulla cosa. Controlliamo meglio tale testo
nel contesto. Vediamo che cosa diranno gli altri membri del gruppo…». Al
contrario mi rispose: «Troppi ragionamenti limitano la fede. Dopo averti
dato il tempo di leggere questo post cancellerò il tuo».
Gli feci notare che cancellare ciò, con cui non si è d’accordo, invece di
rispondere nel merito, è sempre un segno di debolezza. Gli dissi anche: Da te,
sinceramente, mi aspetterei una risposta a quanto da me asserito; solo così
potremo dialogare nel merito.
Fallii nel mio intento, poiché, invece di ricevere finalmente un’adeguata
risposta, Lucio Seppe mi disse esplicitamente: «I tuoi commenti sui miei post
sono poco graditi». Inoltre: «Con i tuoi ragionamenti e la tua cultura
cerchi di scoraggiare
e far venire meno nella fede». Secondo lui io cercherei «di svilire ciò,
che la Scrittura dice e che va accettata con fede, col cuore e non con la mente.
Ecco il tuo torto, nelle cose metti solo la mente e non metti il cuore.
Adesso sai».
Questa è la tipica reazione degli spiritualisti, abituati a un
sentimentalismo religioso e che vedono nel ragionamento su un testo nel suo
contesto solo un pericolo per la «fede» e per il «cuore» (nel significato
odierno di sede dei sentimenti).
Eppure, mi fece forza e non dissi nulla di tutto ciò, ma mi limitai a quanto
segue: Perché non mi mostri con la Scrittura alla mano (specialmente con
Atti 16), che tu hai ragione?
Infine, ti faccio notare che nella Scrittura «cuore» è proprio il termine
per mente. Ad esempio, si parla di mettere, insegnare o avere nel cuore sapienza
(1 Re 10,24; Sal 51,6; Pr 2,10) o intelligenza (Pr 2,2; 14,33); col cuore si
riflette, s’investiga e si conosce (Ec 1,13.16s; 7,25; 8,16). Tutte queste sono
attività, che noi attribuiamo alla mente; infatti per gli Ebrei il cuore
era la mente.
Se uno pensa che uno spiritualista misticheggiante rinsavisca così presto,
facendosi convincere dalla Scrittura, ha sbagliato registro; così è successo a
me. Lucio Seppe mi rispose: «Prova a dare a Dio il tuo cuore e non la tua
mente e vedrai che tutto ti apparirà diverso». Poi s’appellò alla «semplicità
dell’Evangelo», che contrappose a «tantissima teoria», e scomodò qui il fatto
che «Dio cela la sua rivelazione ai savi e agli intellettuali e la rivela ai
piccoli fanciulli».
Potete immaginarvi come rimasi perplesso dinanzi a tali discorsi
spiritualistici, fuori tema e contenenti false supponenze. Non riuscivo a capire
che cosa avesse a che fare tutto ciò con Atti 16,31. Di una cosa ero certo: da
tale spiritualista non potevo attendermi una risposta scritturale, né un dialogo
nel merito di tale testo nel suo contesto. A lui non interessava la verità, ma
solo il suo romanticismo religioso a qualunque costo… anche della verità.
In certi ambienti misticheggianti, lo studio rigoroso (esegetico,
contestuale) della Parola di Dio non è di casa; si preferisce accusare chi vuol
aiutare a intendere, invece che capire. Come abbiamo visto, si portano in campo
argomentazioni, che in realtà sono solo una «foglia di fico» mistica, dietro cui
nascondersi. Non è un caso che in tali ambienti misticheggianti con tale
atteggiamento buonista e spiritualista si scusano tutti i falsi profeti e falsi
maestri, che vengono a proferire elefantasie e stranezze romantiche con
«cuore in mano», ossia con tanto sentimentalismo speculativo e pathos misto a
allegorie.
4. Approfondimenti riguardo ad Atti 16,31
A Filippi,
Paolo e Sila
erano stati arrestati, battuti pesantemente, gettati nella prigione più interna
e avendo i piedi serrati nei ceppi (At 16,22ss). Verso mezzanotte essi si misero
a celebrare il Signore, quando avvenne un terribile terremoto, le porte si
aprirono e i legami di tutti i prigionieri si sciolsero (vv. 25s). Il
carceriere, temendo una fuga di massa, si stava suicidando, quando Paolo gli
gridò di non farlo, essendo essi ancora tutti lì (vv. 27s). Si vede che tale
uomo deve aver avuto sentore del messaggio che Paolo e Sila predicavano, poiché,
fatto luce, si gettò ai loro piedi tutto scosso e, poi, portatili fuori, disse:
«Signori, che debbo io fare per essere salvato?» (vv. 30s). A ciò
seguì la promessa, che stiamo discutendo: «Credi nel Signore Gesù, e sarai
salvato tu e la tua casa» (v. 31).
Si noti che qui non c’è
scritto «famiglia» in greco (come alcune traduzioni invece riportano), ma «casa»;
essa era composta da tutti coloro, che abitavano sotto il tetto del carceriere:
moglie, figli, familiari e schiavi compresi. Ciò avvenne anche subito, secondo
la promessa. Paolo e Sila «annunziarono la parola del Signore a lui e a
tutti coloro, che erano in casa sua… e subito fu battezzato lui con tutti
i suoi» (vv. 32s). L’effetto fu il seguente: «Poi li condusse su in
casa sua, apparecchiò la tavola dinanzi a loro, e si rallegrava con tutta la
sua casa, perché aveva creduto in Dio» (v. 34).
5. Aspetti conclusivi
■ Promessa personale adempiuta: Abbiamo visto che si trattata solo di una
promessa circostanziata e particolare. A ciò si aggiunga che il suo adempimento
fu abbastanza rapido e immediato. Può darsi che nella storia potremo trovare
alcuni pochi altri casi, in cui un intero casato si possa essere convertito e
possa essere stato battezzato nella stessa notte, ma saranno abbastanza
rari. Ciò mostra che non possiamo generalizzare tale promessa specifica, come se
fosse un impegno, che Dio avrebbe preso verso ogni credente. Ciò
non è semplicemente vero.
■ Sì all’esegesi e no all’indebita versettologia: Ci viene comandato di
tagliare correttamente la Parola della verità; questo è un obbligo morale e
l’alternativa alla confusione (2 Tm 2,15). Questo è l’antidoto all’indebita
versettologia spiritualistica, che toglie versi dal loro contesto e li usa a
proprio arbitrio, secondo il significato soggettivo, che gli si vuol
dare. Tale arbitrio riguarda anche l’estensione: alcuni limitano a pochi
eletti ciò, che nel contesto è inteso come universale (p.es. Gv 3,16; 1 Tm 2,4);
altri prendono promesse o minacce circostanziate e rivolte a specifiche persone
e le estendono a tutti, semplicemente allegorizzandole.
È incredibile dove alcuni autonominati «maestri» possano arrivare,
decontestualizzando brani biblici e riempiendoli con le proprie fantasie
allegoriche!
■ Il pericolo delle false interpretazioni di Atti 16,31: Estendere a
tutti questa promessa personale, porta con sé molti problemi e non poche
conseguenze. Se si insegna che Dio salverà assolutamente l’intera casa di
chi si converte, si sarà sfiduciati, delusi e infelici, quando si constata, dopo
lungo tempo, che
ciò non è accaduto. Allora si istaureranno i tipici meccanismi di
circostanza:
● Forse non sono veramente un credente rigenerato o un «eletto»; per questo Dio
non adempie tale promessa nella mia famiglia.
● Forse non ho fatto abbastanza il mio dovere cristiano, perché Dio adempia Atti
16,31 anche nella mia casa.
● Forse Dio non mi ama abbastanza, non mi ha veramente perdonato e cose simili.
● Forse non me lo merito.
● Forse…
■ Tu non sei il carceriere di Filippi: Che dubbi, confusione ed
infelicità
produce Atti 16,31 in chi constata di non essere tra i fortunati! Che
liberazione dev’essere per quel credente, che comprende che si trattava di
una promessa personale, circostanziata e adempiuta in quel momento storico e per
quella specifica persona. E che rianimazione avverrà in lui, quando
prenderà atto che la Scrittura è piena di promesse generali, a cui si può
attingere per la propria vita!
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Atti 16,31 e il pericolo delle interpretazioni spiritualistiche? Parliamone {Nicola Martella} (T)
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URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-At16-31_interpreta_Avv.htm
10-02-2012; Aggiornamento: 14-02-2012 |