Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
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■ Abbecedario riflessivo
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■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

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INNI CHE EVITO DI CANTARE! PARLIAMONE

 

 di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l'articolo «Inni che evito di cantare». Ribadiamo ancora una volta che siamo molto grati al Signore per tutti quei cristiani biblici, che nei secoli ci hanno arricchito con inni e cantici, con cui poter esprimere la nostra lode a Dio e il nostro amore per Lui, per supplicarlo e ringraziarlo. Inni e canti cristiani hanno anche un grande significato didattico, poiché riportano alla mente importanti contenuti dottrinali della fede biblica. Essi sono una specie di professione di fede. Qui valga questo motto: «Dimmi che cosa canti e ti dirò chi sei».

    Per questo motivo, non ci si può permettere che essi contengano strafalcioni di vario genere: errori grammaticali e sintattici, mezze verità, discutibili contenuti dottrinali o addirittura false dottrine. Le cosiddette «licenze poetiche» possono riguardare l'uso di sinonimi e il linguaggio metaforico, ma non i contenuti stessi. Gli autori sono responsabili dei testi che scrivono, ma altresì i conduttori di chiesa, che non verificano i testi che fanno cantare nelle loro chiese.

    L'impulso che è all'origine di un inno, è comprensibile, ma poi ci vuole una verifica logica, formale e dottrinale di tale canto. Guai a credere di essere così «ispirato», da non necessitare una verifica e correzione, credendo che tanto i propri testi e musiche sarebbero dello Spirito Santo! Così ragionano gli ideologi e i demagoghi religiosi, che aspirano a diventare «guru» e «santoni».

    Scrivere testi e musiche è un'attività «profetica» (= proclamatoria ispirata) e, come tale, dev'essere soggetta al giudizio degli altri (1 Cor 14,29-32). Un autore di testi innologici fa bene a collaborare insieme a un teologo o almeno a un credente maturo nella fede ed esperto di dottrina biblica. Il Signor Gesù stesso ha dato questo avviso: «E a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà» (Lc 12,48).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Stefano Frascaro

2. Nicola Martella

3. Gianni Siena

4. Nicola Martella

5. Jonathan De Felice

6. Nicola Martella

7. Salvatore Paone

8. Antonio Romanelli

9. Antonio Capasso

10. Nicola Martella

11. Gianni Siena

12. Pietro Calenzo

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Stefano Frascaro}

 

Introduzione

     Caro fratello, penso che il Signore ti abbia guidato nel proporre questo argomento, ma Egli ti dovrà ben guidare, poiché questo tema può venir affrontato o in maniera «superficiale», ossia andando ad analizzare verbi e congiunzioni (non perché non siano importanti, ma ritengo per mantenere la «musicalità» del brano ci possano essere alcune «costrizioni, vedi ad esempio «alma» al posto di «anima»), oppure in maniera esegetica, e questo è sicuramente più importante.

     È su questa base che dobbiamo vegliare. Un canto in una chiesa viene innalzato a Dio! E deve essere a Lui gradito, non alle nostre orecchie. Il ministero nella musica viene a volte, a mio parere, «stravolto». Chi partecipa al ministero della musica in una chiesa, non deve farlo solo perché ha una bella voce, sa suonare bene, vuole suonare per forza, anche se non ne è capace, ecc. Deve essere consapevole che ciò che fa lo fa per Dio e non per se stesso. E deve essere proprio il responsabile di questo ministero, che ha un compito importantissimo nella chiesa, che deve analizzare tutte queste cose!

 

Esempi e osservazioni

     ■ Tu nell’articolo hai citato un inno, io ti potrei rimandare ad esempio al quell’inno che si canta normalmente alla scuola domenicale, che recita: «La Bibbia leggi ogni dì, se vuoi andare lassù…». Noi non andiamo «lassù» in virtù del fatto che leggiamo la Bibbia! Sai per quanto tempo l’ho fatto e sicuramente non sarei andato «lassù», se non avessi trovato in essa la verità salvifica in Cristo Gesù! Ma il ritornello è molto da «scuola domenicale» e viene cantata.

 

     ■ Ti potrei portare altri esempi, vedi l’inno in cui il Centurione prega il Signore di non entrare da lui... ma quando mai! Io, pure se consapevole della mia indegnità, chiedo: «Ti prego di entrare in casa mia!» Tuttavia, il ritornello è sicuramente gradevole.

 

Ora, non credo che questo tuo spunto debba diventare un ricettacolo di errori esegetici negli inni (che ben venga anch’esso), bensì voglia mettere in guardia. Ebbene spero di darti il mio contributo.

     ■ In molte chiese viene cantato «Mi rialzerai» (filmato), canzone bellissima, che a molti, me compreso, ha fatto venire le lacrime. Poi però il «caso» ha voluto che capitassi nella versione inglese: «You raise me up» e qui ho potuto trovare tutte queste informazioni che seguono.

     Molto rapidamente, è una melodia popolare irlandese / norvegese, classificata come genere «new age». Suggerisco inoltre di tradurre direttamente dall’inglese il testo (chiaramente se, si ha la possibilità, tralasciando i traduttori automatici) e si scoprirà che l’interprete è triste finché «Until you come and sit awhile with me», ossia rivolto a una donna: «Finché tu  non vieni e ti siedi un po’ con me». Uhm, penso che si pensava poco al Signore, quando fu scritta...

     Ma andando avanti si scoprono altre cose interessanti come «I am strong, when I am on your shoulders; You raise me up… To more than I can be»; ciò può essere tradotto così (sempre rivolto a lei): «Io sono forte, quando sono sulle tue spalle; Tu mi rialzi… di là da ciò che io possa fare».

     Ora non è mia intenzione demonizzare questa canzone, ma è importante analizzare bene ciò che si canta, per vedere veramente se porta gloria al Signore. Il Signore ti benedica. {13-07-2010}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Introduzione

    Qui di seguito faccio alcune osservazioni al contributo precedente. Ringrazio Stefano Frascaro per la maturità mostrata nel partecipare a questo tema di discussione. Certo, un’analisi superficiale di questo tema può renderlo banale o radicalizzarlo. Non penso comunque che ciò si riduca a una questione di musicalità e dei sinonimi (alma / anima), che nulla aggiunge o toglie alla sostanza; essa non riguarda le licenze poetiche, ma è di natura dottrinale.

     Giustamente un inno dev’essere primariamente innalzato a Dio, il quale è però il Dio di verità che vigila sulla sua Parola (Gr 1,12) e chiede ai suoi servi di fare altrettanto (At 20,28ss; 2 Tm 4,3; Tt 1,9; 2,1). Giustamente chi ha il ministero nella musica in una comunità, dev’essere consapevole, responsabile e specialmente teocentrico, valutando con discernimento i testi, perché sappia «per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà» (Rm 12,2). Chiaramente ciò è un ministero per «uomini maturi» e non per gente che necessita ancora il latte (1 Cor 14,19s; Ef 4,13; Eb 4,12ss).

 

Esempi e osservazioni

     ■ L’inno «La tua Bibbia leggi ogni dì… se vuoi salir», è proprio un esempio di come l’uso ricorrente faccia calare l’attenzione e renda passabili mezze verità… e questo proprio agli occhi dei bambini. Ecco l’originale e la revisione che suggerisco.

 

Versione 1

 

Versione 2

La tua Bibbia leggi ogni dì,

leggi ogni di, leggi ogni dì;

la tua Bibbia leggi ogni dì,

se tu vuoi salir.

     Se tu vuoi salir,

     verso il ciel salir,

     la tua Bibbia leggi ogni dì,

     se tu vuoi salir.

 

Leggi la Bibbia, prega  ogni dì,

prega  ogni dì, prega  ogni dì.

Leggi la Bibbia, prega  ogni dì

e tu crescerai.

     E tu crescerai,

     e tu crescerai.

     Leggi la Bibbia, prega  ogni dì,

     e tu crescerai.

 

In varie comunità viene cantata purtroppo la prima versione. La seconda, non solo è migliore, ma è più aderente all'originale in inglese. Anche in inglese ci sono varie versioni con la stessa musica (filmato 1 con seconda strofa al contrario; 2 musica col nostro testo e altre due strofe), ma la «versione 1» in italiano non trova nessun originale, da cui potrebbe provenire. Che nella prima versione non sia intesa una crescita nella conoscenza soltanto, è mostrato dalla spiegazione «verso il ciel salir». La discutibile dottrina è la seguente: leggendo la Bibbia, si può salire verso il cielo. Di là dai benefici di leggere la Bibbia quotidianamente, questo significherebbe chiaramente salvarsi per le proprie opere; è un evangelo all’acqua di rose. È chiaramente meglio usare la seconda versione.

 

     ■ Quanto al canto del «Centurione» (filmato 1; 2), fintantoché esso è l’interpretazione dei fatti storici degli Evangeli (Mt 8,5-13), va tutto bene. La cosa equivoca è l’applicazione: si dice proprio il contrario (entra nel mio cuore!) di ciò che disse il centurione (non entrare in casa mia!). C’è una logica chiaramente contorta e controversa in questo bell’inno. Sarebbe stato meglio limitarsi soltanto agli aspetti storici ed evidenziare nell’applicazione fiducia cieca del centurione e della potenza di Cristo. Questo esempio mostra che non basta essere «ispirato», ma ci vuole un controllo logico, tecnico e dottrinale dei testi.

 

     ■ Quanto al canto «Mi rialzerai», un classico della musica New Age, si veda qui l’originale profano: «You raise me up» (= Tu mi rialzi; anche qui; ci sono in rete decine di interpretazioni). Si veda qui quella della «donna celtica»; sotto quest’ultimo link un uomo ha scritto: «Questa canzone ha reso così felice la mia ragazza, mi disse che le piacevano quasi un anno fa, e non lo aveva più menzionato da allora. Lei ha avuto una delle notti più difficili della sua vita stanotte e mi sono ricordato che le piaceva questa canzone, così ho iniziato a suonarla. Con le lacrime agli occhi ella entrò nella stanza e sorridendo chiede come avessi mai potuto ricordarmene. Un uomo innamorato non dimentica mai le cose importanti per una donna».

     Non c’è nulla di male in una canzone d’amore, che declama una relazione umana, sentimentale, passionale e sensuale fra un marito e una moglie; ma cantare ciò, che è stato pensato fra un uomo e una donna, proiettandolo sul rapporto fra Dio e l’uomo, può portare a molti equivoci. Sono nati vari canti, che lasciano il sospetto che siano in effetti canti d’amore profano, reinterpretati in modo religioso. È bene tener separato il sacro dal profano, e viceversa. Il nostro rapporto verso Dio non è romantico o erotico, ma di fede e «in spirito e verità» (Gv 4,23s).

 

 

3. {Gianni Siena}

 

     ■ 1. Alla nuova nascita il credente sa che lungo il cammino, mentre segue Cristo, può ancora peccare e cadere in modo grave... purtroppo, succede e gli esempi biblici non mancano. Quando uno pecca lo Spirito Santo è contristato e, per disciplinare il reo, si ritira «temporaneamente», giusto per farlo riflettere e ravvedersi. Per quanto deplorevoli, questi casi richiedono da parte del peccatore ravvedimento e riconsacrazione.

     «Con santo ardor io vengo a Te o sommo Iddio, nel nome santo di Gesù Cristo il Signor, per donare in quest’ora soltanto a Te tutto quanto fa parte di me...». È un inno penitenziale come il Salmo 51; dal duplice atroce gesto di Davide si registra la miseria di chi si lascia andare... occorre poco per scivolare nel peccato.       Non c’è un «errore» di dottrina nel cantico citato, è sufficiente chiedersi «chi» l’ha scritto e si spiega la situazione dell’autore. Ispirazione divina? No, essa ha varie gradazioni, non è «plenaria e verbale»: la Scrittura e i Salmi sono, dunque, altra cosa!

     Il cantico «Il tempio di Dio», riflette un peccatore che si sta arrendendo al Signore... o un credente che si riconsacra dopo aver sbagliato o trascurato la sua posizione. Uno nato di nuovo non «dovrebbe» cantare cantici di ravvedimento... ma i credenti non sono perfetti e, talvolta, hanno bisogno di pentirsi e, avendo di nuovo peccato, riconsacrarsi. La vita cristiana non è apoteosi di perfezione ma un cammino cominciato con la nascita dall’alto. Che non evita cadute, non rende «perfetti» al’istante... a causa della natura umana.

 

     ■ 2. Conosco i «furori» dottrinali dei revisori d’inni e non mi piacciono i «mutilatori» dei cantici. Un cantico ch’è stato storpiato per renderlo «dottrinale» (?) è «Su quel colle fatal». A suo tempo, un marinaio inglese, causa il naufragio della sua nave, rischiava l’annegamento nel mare. Vide una croce piantata sulla riva cinese (Macao) e capì che la terra era vicina. Si salvò e in una chiesa cristiana s’arrese al Signore, convertendosi. Evangelizzato in patria, non si decideva a ravvedersi: il ricordo dell’esperienza terribile di quella notte lo scosse; la crocifissione e la croce vista si fusero in una visione che gli dettò il cantico.

     Quando nel 1975 fui appena salvato, «Su quel colle fatal» era uno dei miei pezzi preferiti e mi commuoveva: la grazia di Cristo che m’aveva perdonato e dato vita eterna trovava espressione nelle parole del cantico. Non conosco la versione inglese ma in italiano l’avrei cantato notte e giorno, eccone qualche brandello: «Su quel colle fatal io rimiro per fe’ quella croce che parla d’amor, su quel legno crudel fu immolata per me quell’offerta che lava il mio cuor... si fa buio nel ciel... e tutto nell’ombra scompar, ma dirada quel vel un chiaror celestial è la croce che brilla e appar». La stessa cosa si può dire dove la rozza croce ancora «sanguina». Non una deriva misticista, la fede «attualizza», contemplando, la croce con Gesù morente; fatto già avvenuto e se ne nutre: cibo spirituale. Questo cantico l’abbiamo cantato con tanta gioia... un giorno qualcuno vi vide il pericolo di «misticismo». La «croce» poteva essere come il simulacro cattolico e lo si «corresse»: «...È Gesù che brilla e appar». Non ho corso mai questo «rischio», ho sempre visto sulla «croce» appeso l’Uomo morto per i miei peccati. Il revisore è, semmai, a rischio di «misticismo»... dunque, se non si abusa non è sbagliato.

 

     ■ 3. Un cantico decapitato cominciava così: «Mano nella mano con Lui cammino»; era espressione di un’anima che, per la prima volta, si sentiva guidata e accompagnata da Cristo. Gesù è Salvatore e Signore ma, c’è anche scritto che in futuro, il Messia sarà «padre» per i cittadini di Gerusalemme. La citazione è forzata ma le persone hanno carenze affettive, a causa del loro vissuto. Lasciamo ch’esprimano la soddisfazione del bisogno affettivo con parole simili! Se sono «salvate», scopriranno presto che Dio è molto di più di un «padre»!

 

     ■ 4. Gesù non ha bisogno di «salire» e «sedersi» alla destra del Padre; non serve più... se ne gioisce. Egli ha promesso di stare con due o tre radunati nel suo nome e gli vogliono tributare l’affetto e l’adorazione dovuti. Il cantico dice: «Gesù t’innalziamo proclamandoti Re; tu sei qui proprio in mezzo a noi». È, dunque, «adorazione», sottomissione ed esaltazione del Cristo presente tra i suoi fratelli riuniti nel suo nome (= T’innalziamo... sali in alto: Siedi sul trono della mia vita!).

 

     ■ 5. Invocare lo Spirito Santo? Non c’è evidenza chiara ma, essendo Egli Dio, non esiste un «divieto» scritturale. Non l’ho mai fatto, ma non mi «scandalizza» se ne odo le espressioni: «meglio» invocare Lui o «Maria»?

 

     ■ 6. Si sia cauti nel recensire le composizioni innodiche; occorre stroncare cosa non corrisponde al «modello delle sane Parole». Gli inni devono trasmettere la verità al cuore e alla mente: non invidio chi deve fare questo delicato «compito». Ma la «censura» esagera molto spesso con il «dottrinalizzare». Si scarta perché «non contiene» verità bibliche esplicite. {13-07-2010}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

Ho ricevuto un lunghissimo articolo di Gianni Siena, che qui ho ridotto alle cose compatibili col tema. Nel leggerlo, ho notato diverse cose che mi hanno meravigliato: ho visto poca serenità, dato dal distacco dall’oggetto, e molta animosità, tipica di chi fa rigurgitare cose da tempo tenute tappate, trovatane qui l’occasione. In effetti, Gianni aveva scritto tale articolo dapprima in risposta a un lettore, che aveva fatto un’osservazione su un inno da non cantare. Ho numerato le singole parti per rispondervi. Ho eliminato le parti problematiche che richiamano la «visualizzazione» buddista ed orientale e cose simili, che qui allungano solo la zuppa, ma che non c’entrano nulla e farebbero soltanto deviare la discussione su altro. Ho anche tralasciato tutta la diatriba che il lettore fa fra chiese intellettuali ed emozionali, come pure l’altra fra dottrina ed esperienza, visto che tutto ciò non rientra in questo tema. Mettendo così troppa carne a cuocere, si rischia sempre di istigare a lasciare la pietanza (il tema) e a concentrarsi, per reazione, sul contorno introdotto dal lettore. Mi dispiace, ma devo essere rigoroso per salvare la sostanza; rimandiamo ciò a un’altra discussione. E separare la paglia dal grano mi è costato tanto, tanto lavoro.

 

     ■ 1. Il primo inno («Il tempio di Dio voglio essere io») non ha nessun paragone col Salmi 51, poiché tratta la situazione tipica di chi si converte per la prima volta, non è ancora ravveduto né ancora «tempio di Dio». Non aggiungo altro, ma rimando nell’articolo al punto 2.3.

 

     ■ 2. È interessante la storia che ha dato origine all’inno «Su quel colle fatal», come pure l’affetto che lega questo lettore a tale inno. Ora io non so quale versione Gianni abbia cantato, ma la versione usuale ha nel ritornello «Rozza croce che sanguina ancor»; ciò è storicamente e teologicamente uno sproposito, visto che nella storia c’è un prima e un poi. Paolo affermò giustamente: «Se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo più così» (2 Cor 5,16). Poi aggiunge subito: «Perciò, se qualcuno è in Cristo, egli è una nuova creazione; il vecchio è passato, ecco è diventato nuovo» (v. 17). Rimando per il resto nell’articolo al punto 2.4.

 

     ■ 3. Il canto «Mano nella mano con Lui cammino» è ancora cantato da noi. Il contenuto è ideale e chi parla esprime la sua sequela di discepolo e interroga l’altro: «E tu cosa fai?». È quindi un canto evangelistico.

 

     ■ 4. Sul canto «Gesù t’innalziamo» le mie perplessità rimangono. Gesù è presente fra i credenti per mezzo dello Spirito Santo; ma fisicamente è alla destra dell’Onnipotente. Stefano disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell’uomo in piè alla destra di Dio» (At 7,59); si veda qui l’Apocalisse. Gesù è già sul trono e non deve salire più in alto, ma «lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni”. E chi ode dica: “Vieni” (…) Vieni, Signor Gesù!» (Ap 22,17.20). Rimando per il resto nell’articolo al punto 2.1.

 

     ■ 5. Riguardo questione sullo Spirito Santo, il lettore è proprio calato a un livello indicibile, che da lui non mi aspettavo. Non si può banalizzare così tale questione. Rimando nell’articolo al punto 1.

 

     ■ 6. Certo, ci vuole prudenza nell’analizzare i testi dei canti. Tutto ciò sarebbe più semplice, se chi traduce testi di canti da un’altra lingua, ne fa subito una revisione conforme alla Scrittura, visto che deve poi anche metterli in rima. Se invece i testi sono nostrani, chi scrive d’impulso, fa bene poi a chiedere consiglio a chi è maturo nella fede e s’intende di sacra Scrittura, oltre che di canti.

     Un buon inno è come il mosto: dapprima fermenta (ispirazione), poi decanta (maturazione). È meglio farli «decantare» entrambi bene all’inizio, per avere poi un prodotto di buono «spirito»…

 

 

5. {Jonathan De Felice}

 

Pace, fratello. Ho letto per intero il tuo articolo. Devo dire che sei andato a pescare delle sottigliezze, che non a tutti potrebbero balzare all’occhio. Sono pentecostale, ma non frequento una comunità ADI, quindi siamo più soggetti a importare canti da più fonti, forse perché vagliamo meno o non vagliamo affatto quello, che ci viene propinato. Ti sei limitato a dei canti che, bene o male, sono accettabili, salvo alcune correzione, ma c’è certa spazzatura che veramente non dovrebbe essere minimamente accennata nelle chiese.

     ■ Per quello che hai scritto, sono d’accordo sul canto, che dice «Sali in alto...». Cantiamo anche noi questa versione (sono da poco in questa comunità per via di un trasloco), e sinceramente non ha alcun senso. Io ne conosco un’altra versione che recita: «Vieni e regna, Signore, su noi».

 

     ■ Per il canto «Il tempio di Dio», comprendo che esso letteralmente non ha senso. Tuttavia quello che ho sempre inteso io, non era il fatto di voler essere un tempio per lo Spirito Santo, perché già lo sono per opera di Cristo; ponevo invece sempre il mio cuore sul senso di santità, quella santità che è richiesta affinché Dio abiti pienamente questo tempio, perché Dio è un Dio santo e odia l’iniquità. È vero, la fine del ritornello è magari «negativa», ma, se non moriamo al mondo che tenta di attirarci a sé con la sua concupiscenza, io so che questo prima o poi mi porterà lontano dal Signore; se quella radice piccola d’iniquità nel mio cuore non viene estirpata, un domani porterà frutto e saranno dolori. Rivedo anche grandi predicatori nel passato (soprattutto recente), uomini usati da Dio, successivamente scaduti nell’adulterio, perché forse non avevano mai arreso quel loro problema a Dio.

 

     ■ «Rozza croce» è stato tradotto male; conoscendo la versione in inglese, posso dirlo. Anche se, pensandoci bene, quel colle era fatale. Era stato «destinato» o, meglio, predestinato a ospitare la morte del Signore. Non parlo del fatto come lo intendevano i Romani (da cui abbiamo preso la parola), ma di quel disegno divino che sicuramente aveva destinato quel luogo come terra di morte per Gesù. Quindi, il termine fatale non è completamente errato. Tuttavia, è un pensiero che butto lì e va preso per quello che è. Pace del Signore! {13-07-2010}

 

 

6. {Nicola Martella}

 

Il discernimento (o la sua mancanza) non hanno denominazione, ma dipende dalla vicinanza (o distanza) dalla sacra Scrittura. I tre inni da me analizzati e ricordati dal lettore, sono tutti e tre belli. Il problema sta nei dettagli.

     ■ Che di quell’inno, che recita: «Sali in alto e regna su noi», esista un’altra versione, che afferma: «Vieni e regna, Signore, su noi», mostra che anche altri credenti si sono posto il problema dottrinale di tale affermazione.

 

     ■ Per il canto «Il tempio di Dio», possiamo certo trovare le nostre interpretazioni giustificatorie. Fatto sta è che l’orante ha il desiderio di diventarlo ancora, non quello di vivere da tempio di Dio. È un bell’inno per chi deve ancora convertirsi.

 

     ■ Quanto a «Su quel colle fatal» il problema non è il «colle fatale» nel senso di fatidico e inesorabile, ma il fatto che s’affermi anacronisticamente che la «rozza croce» «sanguina ancor». Difficile a crederlo. Le motivazioni le ho già date nell’articolo e anche negli altri interventi sopra.

 

 

7. {Salvatore Paone}

 

Un inno da cantare è il seguente:

     Voi tutti gli abitanti della terra giubilate nel Signore, giubilate nel Signore. Voi che amate il Signore, odiate il male, camminate nel bene e nella verità, nella verità Dio vi amerà.

     Coro: La luce risplende sul giusto, la pace su quelli che son puri di cuore, la gioia è nel Signore, la gioia è nel Signore.

     Venite nelle sue porte con ringraziamento e con lode, lodatelo e benedite il nome del Signor...

     Voi tutti gli abitanti della terra giubilate nel Signor... {15-07-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Certo, di inni da cantare ce ne sono tanti. Non vorremmo però adesso elencarli tutti qui con testo e note. Qui vorremmo ragionare su questo tema. Ammetto che l'appello morale a camminare nella luce è molto significativo in questo inno. Parimenti è suggestiva e vera l'accentuazione del fatto che Dio ama nella verità. Vorremmo vedere molti inni con uno «spessore» dottrinale e morale pari a questo, e non soltanto rime scontate tipo amore, cuore, dolore, Signore...; per non parlare di testi banali ed equivoci, tipici di una spiritualità umanistica cristianizzata, del tipo (invento): «L'acqua è chiara, il cielo è blu; Dio ti ama, amati anche tu».

 

 

8. {Antonio Romanelli}

 

Caro fratello, ti saluto con la pace del Signore. Penso si possa anche cantare un inno con il testo revisionato. Voglio solo aggiornarti che uno dei canti «non scritturali», «Rozza croce», è stato revisionato («Inni di lode» n. 331), ed allego il testo.

 

1. Su quel colle fatal / Io rimiro per fe’ / Quella croce che parla d’amor. / Su quel legno crudel, / Fu immolata per me / Quell’offerta / Che lava il mio cuor.

 

Coro: Ora guardo al mio caro Gesù / Sulla croce il suo sangue versò. / Al mio posto trafitto Egli fu / E la gloria del ciel mi donò.

 

2. Quella croce è per me, / Un ricordo d’amor / Una voce di sangue e dolor; / Essa dice che un dì / Fu immolato e morì / Gesù Cristo, / Per me peccator.

 

Coro: Ora guardo al mio caro Gesù…

 

3. Si fa buio nel ciel, / Su quel monte fatal / Ogni cosa nell’ombra scompar; / Ma dirada quel vel / Un chiaror celestial: / È Gesù / Vittorioso che appar.

 

Coro: Ora guardo al mio caro Gesù…

 

Dio ci benedica al fine di crescere nella conoscenza del nostro Signore e possiamo avere lo stesso scopo di predicare il Vangelo per la salvezza dei perduti. {15-07-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Il lettore ha ragione, si può cantare  «Rozza croce» con un testo revisionato. Questo mostra come sia possibile cantare una musica così suggestiva con un testo dottrinalmente corretto. E ciò vale per ogni canto o inno, se il revisore è abile e ha conoscenza biblica e discernimento dottrinale. Così si può trasmettere l’Evangelo in verità e amore! Spero che buoni revisori faranno lo stesso con altri canti, che hanno ancora dei «nei» deturpanti. Grazie ad Antonio Romanelli per la segnalazione.

 

 

9. {Antonio Capasso}

 

‎«La Riforma fu una rivoluzione in canto. In Germania con le prediche bibliche degli inni di Lutero, nei paesi della Riforma di Calvino con il canto dei salmi ugonotti. Senza i suoi inni Lutero sarebbe lo stesso Lutero della storia, ma la Riforma, probabilmente, non sarebbe divenuto il movimento popolare elettrizzante nella vastità con cui si è verificato. Disse il gesuita Concelio (1620): “I cantici di Lutero hanno ucciso più anime che non tutti i suoi scritti e discorsi”» [M. Furst-Wulle, Il canto cristiano nella storia della musica occidentale (Claudiana)]. L’autrice definisce gli inni di Lutero «prediche bibliche»; è di questo genere d’inni che avremmo bisogno.

     Purtroppo non è cosi negli ultimi tempi. Infatti l’autrice di questo libro afferma che, nel corso degli anni, nel canto «si assiste a un lento, sistematico spostamento che concentra gli interessi sui sentimenti del credente, sui travagli patetici della sua anima religiosa a contatto con vicissitudini della vita, sulle sue emozioni, sulle sue debolezze, sulle sue esperienze. Non più Dio, la sua Parola, il suo onore e la sua gloria è l’oggetto della confessione della fede espressa nel canto, ma l’uomo, con le oscillazioni sublimanti o morbosamente deprimenti della sua sensibilità. L’uomo diventa anche nell’ambito ecclesiastico, la misura di tutte le cose e fa di se stesso l’oggetto del proprio lamento o della propria lode».

     Karl Bart aggiunge: «La storia del canto ecclesiastico ci mostra la secolarizzazione del protestantesimo». Questo genere d’inni, di cui parla la Furst-Wulle non mi edificano, preferisco ascoltare le canzoni mondane (scherzo). Quando nell’inno c’è qualche errore dottrinale o grammaticale, lo si può correggere; ma quando i cantici sono privi di contenuti diventano solo canzonette, che non edificano. Meglio scartarli. {15-07-2010; il grassetto nelle citazioni è redazionale}

 

 

10. {Nicola Martella}

 

Con queste citazioni ben ricercate, Antonio mi ha letto proprio nel cuore. Invece di dire ovvietà e, a volte, «aria fritta» cristianizzata, presentare una ricerca seria è sempre la cosa migliore. Anche nei canti si è passati da «solo Cristo» (compresa la sua opera) e dalla «sola Scrittura» (quale unica livella) — quindi dal cristocentrismo e bibliocentrismo — all'antropocentrismo e al sentimentalismo, se non addirittura al narcisismo religioso. L'uomo vuole ora lodare e adorare Dio secondo canoni umanistici, con i suoi blabla e le sue performance, non secondo quanto prescrive un Dio santo e giusto; e pretende che Dio possa considerarsi soddisfatto... anche laddove ci sono «contaminazioni» con fuoco estraneo.

    Abbiamo visto che certe canzoni secolari vengono semplicemente adattate al cristianesimo. In certi canti cristiani si è incerti se l'autore sta descrivendo il rapporto passionale con la sua donna o la comunione con Dio.

    Fenomenologicamente certi cosiddetti concerti cristiani non si distinguono molto da quelli degli interpreti secolari. In essi il popolo di Dio scandisce sillabe, scuote mani, si emoziona, partecipa a una dinamica di gruppo (ben descritta dagli psicologi), s'inebria di ritmi, danza e rasenta l'estasi psichica... Pensa che tutto ciò sia stato prodotto dallo Spirito Santo e non dalla normale chimica celebrale. Intanto, poppando continuamente tale latte, invece di attingere a piene mani dalla sacra Scrittura, impoverisce quanto a conoscenza biblica.

    Qualcuno ha paventato che oramai al centro di tali fenomeni non ci sia neppure Dio più come oggetto di venerazione, ma solo un moderno vitello d'oro... Ho dovuto pensare al rimprovero che Dio faceva a Israele prima della deportazione: «Il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva, e s’è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l’acqua» (Gr 2,13).

 

 

11. {Gianni Siena}

 

Che Dio sia l’autore della sapienza, anche «pratica», lo si vede già in antico: Ooliab e Bezaleel erano artigiani, capaci di ogni lavoro artistico, in grado di attuare ogni descrizione di Mosè, relativamente alle istruzioni divine ricevute su Horeb, in merito alla costruzione del santuario. Che Dio sia l’ispiratore di cantici particolarmente espressivi, emotivamente edificanti e coinvolgenti, dottrinalmente efficaci nel trasmettere verità basilari del cristianesimo, lo si capisce dalla lettura dei Salmi.

     Egli lo è anche di cantici come «Forte Rocca è il nostro Dio», vista la loro buona riuscita. Chi potrebbe dubitare dell’ispirazione di un simile cantico? Sappiamo anche le circostanze, che permisero a Dio di dare a Lutero le parole che lo compongono. Il cuore del credente può fare proprie queste parole, nei momenti difficili della vita cristiana, ricordandosi che ha una Rocca nella quale rifugiarsi. Lutero non ha mai detto: «Me l’ha dettato lo Spirito Santo....». Dio non ha bisogno delle «credenziali» di nessuna «colonna» della chiesa, di Lutero come di altri. […] {16-07-2010}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Quanto qui riportato, è la prima parte di un contributo di Gianni Siena, la seconda parte si trova qui (13°).

    Che Dio abbia dato perizia a tali artisti, è fuori dubbio. Ma non tutto ciò che essi facevano, era ispirato. Non so chi, ma qualcuno deve aver pure fatto il vitello d’oro. Sembra che Aaronne fosse solo il supervisore dell’opera, mentre come autore (forse mandante) è indicato il popolo (Es 32,35; cfr. vv. 1-4.23s), certo servendosi di artisti (anche del re si diceva: «costruì la città di…»; 2 Re 11,27; 22,39; 2 Cr 8,4ss.11).

    Che bisogna fare una differenza fra ispirazione biblica e quella innologica, è mostrato proprio dal bello e suggestivo inno «Forte Rocca è il nostro Dio». La prima serve a giudicare la seconda (1 Cor 14,29ss). Canto volentieri tutto l’inno, tranne la fine della terza strofa in italiano: «Se migliaia di demoni - ne volessero inghiottire, / le malefiche legioni - non vedranci impallidire; / con tutti i lor terror - si mostrin pure, il cuor / no, non ci trema. - A un detto dell’Eterno / fia depresso il re d’inferno» (adattamento di G.B. Niccolini; Inni e cantici cristiani, ed.UCEB 1972). L’ultimo verso è il neo teologico di questo bell’inno in italiano, dettato dalla dogmatica allora corrente. Infatti, il diavolo non è il «re d’inferno», ma lì verrà tormentato giorno e notte, nei secoli dei secoli, insieme alla bestia, al falso profeta e a tutti coloro che lo seguono (Ap 20,10).

nbsp;   In tedesco, il testo recita qui: «E se il mondo fosse pieno di diavoli / e volesse ingoiarci tutti, / allora non temiamo più di tanto, / ce al potremo certamente fare. / Il principe di questo mondo / comunque si mostri arrabbiato, / non ci fa nulla. / È così, è giudicato. / Una parolina lo può abbattere» (traduzione mia; testi in italiano e tedesco qui). Non c'è quindi traccia di un presunto «re d’inferno»!

    Come vediamo, facciamo bene a non dare all’innologia una caratteristica di ispirazione assoluta, poiché l’ispirazione innologica si basa sulla riflessione umana sulla sacra Scrittura, sulla fede e sulla vita. Come già ricordato, l’innologia è paragonabile alla «profezia» (= proclamazione spirata) e, come tale, non ha direttamente Dio come autore e dev’essere provata dalla chiesa. In questo caso, se l’originale viene dichiarato scritturale (cfr. Sal 46), a ciò si aggiunga che bisogna anche mettere alla prova la traduzione.

 

 

12. {Pietro Calenzo}

 

Sarebbe cosa utile e biblicamente corretta che allorquando uno o più credenti sentano l’ispirazione di comporre inni di lode al Signore, facciano controllare il contenuto dei loro testi canori a fratelli teologicamente e scritturalmente preparati. Non e raro il caso, infatti, che talune melodie di lode contengano delle inesattezze scritturali, e in alcuni casi propaghino celatamente dottrine in palese contrasto con alcune verità della Parola di Dio.

     L’importanza della innologia è particolarmente rilevante, difatti Martin Lutero, essendo egli stesso un compositore, affermò che chi canta prega due volte; non solo, ma ci mise anche in allerta verso quei credenti che, presi dai loro stati di estasi o ascesi spirituale, ci trascinano verso un «non lecito godimento di Dio». Benedizioni nel Signore Gesù Cristo. {18-07-2010}

 

L’ispirazione innologica {Nicola Martella} (T)

Musica equivoca fra sacro e profano {Nicola Martella} (D)

Testo e musica dello Spirito Santo {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Inni_non-cantare_Mds.htm

13-07-2010; Aggiornamento: 18-07-2010

 

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