Sognava
a occhi aperti, ma gli sembrava vero. Era lì a qual tavolo, aspettando che
qualcuno venisse a sedersi di fronte. La scritta era chiara: «Parlo con
chiunque di
qualunque cosa»; e cioè «gratis».
Un coro di voci s’affollava nella sua mente: «È così che ti vorremmo»… ossia
disponibile per tutti e capace di dare una risposta a chiunque.
Direte: «Strano modo di portare il messaggio di salvezza alla gente!».
Pesate sia proprio così? Non dovremmo metterci al livello di percezione
culturale del nostro prossimo, per mostrargli dal suo punto di vista la
via verso la salvezza? Spesso annunciamo la salvezza, partendo dalla nostra
percezione culturale, e l’altro non ci comprende!
La cosa migliore è mettere il nostro prossimo nella
condizione e nella
necessità di chiederci chi siamo, che stiamo facendo, che vogliamo esprimere
con quel, che stiamo facendo, perché lo facciamo e così via. Poiché da sempre
c’è stata una sovrabbondanza di offerte culturali, dobbiamo usare fantasia
per portare il messaggio di Dio, però senza metterlo in ridicolo o portare
scandalo.
I proclamatori dell’antico patto usavano spesso
azioni simboliche, che attiravano l’attenzione e la curiosità degli astanti,
che volevano sapere che cosa significasse ciò; allora era arrivato il momento
ideale, per comunicare il messaggio del Signore. Specialmente Ezechiele usò tale
metodo, ma anche Geremia. Ezechiele usò, ad esempio, un mattone ed altri
oggetti, il rasoio, il bagaglio da esule, due legni incastrati insieme e
addirittura la morte della moglie, durante il lutto per la quale non pianse.
Geremia
usò, ad esempio, la cintura di lino interrata, la brocca rotta, due cesti di
fichi, un giogo, l’acquisto di un campo e addirittura l’ingiunzione divina a non
sposarsi.
Gesù usò le parabole come mezzo di
comunicazione a doppio taglio: chi si apriva al regno di Dio, capiva il senso
profondo, spirituale e morale; per chi era indifferente alla chiamata di Dio,
esse rimanevano solo delle belle storielle (Mt 13,10-13).
Qual era la strategia missionaria di Paolo? «Pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il
maggior numero. E con i Giudei, mi sono fatto giudeo, per guadagnare i
Giudei; con quelli che sono sotto la legge, mi sono fatto come uno che è
sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare
quelli che sono sotto la legge. Con quelli che sono senza legge, mi sono
fatto come se fossi senza legge (pur non essendo senza la legge di Dio, ma
essendo sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che sono senza legge.
Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli. Mi sono fatto
ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni. E faccio tutto per
l’annuncio, al fine di esserne partecipe insieme ad altri»
(1 Cor 9,19-23). Paolo aveva l’abilità di parlare di Cristo a ogni
gruppo culturale, usando il loro mondo d’idee, il loro linguaggio e le loro
peculiarità. Egli si faceva ultimo con gli ultimi, ma sapeva anche parlare a
coloro, che si ritenevano i primi. Sapeva annunciare la salvezza ai Giudei nelle
loro sinagoghe (At 13,5.14ss), ai filosofi d’Atene (At 17,16ss), a persone
intelligenti (At 13,7), ad autorità (At 24,24ss;
26,1ss) e a gente comune, spesso di media o bassa cultura (cfr. At 16,14
commerciante di porpora; At 16,27
carceriere).
Inoltre, se
siamo dotati di «tutta la ricchezza della piena
intelligenza» e siamo in grado di «conoscere a fondo il mistero
di Dio, cioè Cristo», possiamo attingere a «tutti i tesori
della sapienza e della conoscenza», che sono nascosti in Lui (Col 2,2s).
Coloro, che santificano «il Cristo come Signore» nei loro cuori, possono
adempiere all’ingiunzione di Pietro: «Siate sempre pronti a render conto a
chiunque vi chiede spiegazioni della speranza, che è in voi, ma con
mansuetudine e rispetto» (1 Pt 3,15).
La domanda, a cui vorrei che rispondessimo, è
la seguente: Qual è il metodo migliore, che tu hai mai usato per
evangelizzare con fantasia?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Rosalia
Piazza}
▲
■
Contributo:
Per evangelizzare non ci vuole fantasia, ci vuole la nuova natura
di Dio in noi e lo
Spirito Santo, che parla attraverso di noi come dice in 2 Cor 3,5: «Se
uno è in Cristo, è una nuova creatura». {05-04-2014}
▬
Nicola Martella:
In genere evangelizzano i rigenerati, visto che i non-credenti non hanno
motivo per farlo. Tuttavia, per portare l’Evangelo agli altri, ci vuole sì la
fantasia, per parlare in modo efficace a chi si vuole raggiungere. A un
bambino non si parla come a un professore di università; a un
contadino o a un pescatore non si parla come a cittadino,
ossia uno che vive in città e non sta in contatto con la natura ogni giorno. A
un ateo non si parla come a un buddista, e viceversa.
C’è chi sa evangelizzare attraverso gli oggetti, chi lo sa fare
raccontando
storie (Gesù usava parabole, ossia fatti di cronaca o racconti verosimili),
chi lo fa con pupazzi, chi lo fa con una storia mimata, chi lo fa
dipingendo e parlando, e così via. Ci vogliono, e come, molta fantasia e
molta abilità per evangelizzare in modo attraente, espressivo, toccante
ed efficace.
Ad Atene, l’apostolo Paolo cercò l’approccio giusto e lo trovò
nell’«altare al dio sconosciuto» (At 17,23). Era fuori discussione che aveva lo
Spirito Santo e che voleva parlare di Cristo; eppure cercò l’approccio giusto e
il metodo appropriato, poiché era conscio di non trovarsi a Gerusalemme
né in una sinagoga della diaspora, ma tra pagani e tra filosofi.
2. {Bruno Salvi}
▲
1. Guidato
dallo Spirito Santo, devo prendere spunto dalla circostanza, in cui mi
vengo a trovare, e dagli eventuali elementi, che compongono l’argomento,
in cui vengo a trovarmi con l’interlocutore, e dalle domande, che
potrebbe farmi, dimostrandosi interessato. {05-04-2014}
2.
Credo che il metodo migliore sia quello di riconoscere l’occasione, e la
circostanza, in cui ci veniamo a trovare, e prendere lo spunto da essa, guidati
dallo Spirito di Dio.
Trovandomi a
pendere dell’acqua, mi ricordai e ripetei ciò, che Gesù disse alla donna
samaritana (Gv 4,13,14). Poi domandai, «Chi pronunciò queste parole?». Dopo
alcuni secondi, un uomo rispose: «Gesù». Così mi si presentò l’occasione, che mi
permise di testimoniare della grazia di Dio, anche in presenza degli
altri, che aspettavano il loro turno.
A una
distribuzione di abiti usati, organizzata dall’assemblea locale, mi fu
chiesto se potevo stare all’entrata, facendo passare quattro persone alla volta,
dopo che le prime fossero uscite. In quella occasione, lo Spirito Santo, mi
ricordò ciò, che si legge nel passo d’Isaia (61,10s). [v. 10: «Egli
m’ha rivestito delle vesti della salvezza, m’ha avvolto nel manto
della giustizia, come uno sposo che si adorna d’un diadema, come una sposa che
si addobba dei suoi gioielli», N.d.R.] Feci notare ai presenti, che
quei vestiti avrebbero ricoperto solo il corpo, per un tempo, ma per
l’anima c’era un altro vestito, quello della «salvezza». E così iniziai in
gran pompa, dicendo (grazie a Dio): «Cercate prima il regno e
la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più» (Mt 6,33),
eccetera.
Quindi, saranno le circostanze e le situazioni a proporci lo spunto
migliore, con la guida dello Spirito Santo. {05-04-2014}
3. {Andrea
Angeloni}
▲
■
Contributo:
Spero non sia un grosso limite, tuttavia devo ammettere che le volte, che ho
evangelizzato, l’ho fatto sempre in modo molto serio, gravoso, profondo,
andando al nocciolo della situazione senza troppi fronzoli. Anche nella
testimonianza del battesimo, ho parlato trasportato da questi sentimenti
interiori. Non giudico chi evangelizza, facendolo con leggerezza e
fantasia, e anzi apprezzo queste quali, se portano a risultati tangibili.
Importante è che faccia parte dell’indole di quell’individuo e non sia una
ricerca estrema,
artificiosa, che possa sminuire in un certo senso l’intervento dello
Spirito Santo, che in questi casi può operare in noi e per noi. Non so se è
più o meno chiaro il mio intervento. {07-04-2014}
▬
Nicola Martella:
«Evangelizzare con fantasia», non significa farlo con «leggerezza». Non
so come sia nato tale binomio. Nel mio scritto «evangelizzare con fantasia» non
si suggerisce di farlo «fantasticando», ma intende che lo si faccia,
usando il pensiero e la mente e quindi industriandosi a portare
l’annuncio di Cristo nel modo migliore, perché nell’attuale situazione concreta
gli interlocutori, a cui ci si rivolge, lo possano capire al meglio, in
corrispondenza alle loro capacità cognitive, umane, culturali, religiose e così
via.
Si può parlare al prossimo «in modo molto serio, gravoso, profondo,
andando al nocciolo della situazione, senza troppi fronzoli», come tu
suggerisci, ma per lui può restare «arabo cinese», se lui non ti
comprende. Oppure con lo stesso atteggiamento si può «tradurre»
l’annuncio di Cristo in modo tale, che sia lui a capire.
Chiaramente anche «evangelizzare alla leggera» è sbagliato, poiché rende
ridicolo il messaggio di salvezza e rende colpevoli gli ambasciatori.
Parlare al prossimo in modo efficace,
richiede lo sforzo di discernere, industriarsi, di comunicare e trasmettere
sulla «lunghezza d’onda» dell’altro. Poiché le stesse cose possono essere
dette e illustrate, a parole e con atti, in modi differenti, bisogna usare
perspicacia e fantasia, per farlo
in modo efficace. Il fine dell’annuncio agli altri non è gratificare se
stessi, ma che l’altro capisca perfettamente, così da essere desideroso
di emendare la sua vita.
■
Andrea Angeloni:
Evidentemente mi sono poi espresso male. Quando ho parlato di leggerezza,
non intendevo associarlo, insieme alla fantasia, come binomio di cattiva
evangelizzazione, riferito a un
fantasticare sul messaggio di vita, di cui è l’Evangelo. Ho usato un
aggettivo improprio in quel contesto. È invece tutto lecito ciò, che affermi:
l’essere in empatia con il prossimo, con le sue capacità cognitive,
culturali ecc., per poi fare breccia nel cuore dell’interlocutore, usare
perspicacia e intelligenza al fine della testimonianza. Mi trovo in accordo su
questi aspetti e difatti ho premesso a inizio intervento il mio probabile grosso
limite come evangelista (da lavorarci per migliorare). Il punto della questione,
di cui cercavo un nesso chiaro e comprensibile e di cui rimandavo al dubbio
della riuscita nella fase finale del mio intervento, era ed è sulla ricerca
ossessiva di metodi «innovativi» nell’evangelizzazione, che possono
risultare artificiosi, se non supportati completamente dall’intervento dello
Spirito Santo, per realizzare appunto quanto dici tu: «Il fine dell’annuncio
agli altri non è gratificare se stessi, ma che l’altro capisca
perfettamente, così da essere desideroso di emendare la sua vita». Spero di
essere stato più chiaro questa volta. {07-04-2014}
4. {Maurizio
Marino}
▲
Io uso il metodo
consigliato da Engel (quello della cosiddetta scala di Engel): avvicinare la
persona; studiare i suoi problemi e i suoi bisogni; cercare di offrirle amore
pratico per creare un rapporto di fiducia; cercare di mostrarle i cambiamenti
prodotti in me dal Signore; quindi se è disponibile portarla ad accettare di
parlare dell’Evangelo, mostrandole l’amore di Dio in Cristo (usando magari le
quattro leggi spirituali), fino al punto di sospingerla ad accettare di dare il
proprio cuore al Signore.
In poche parole l’evangelizzazione per me è un
cammino, un processo, e non un «unicum», in cui posso parlare del
Signore. Quindi, proprio perché è un processo personale per ogni persona,
chiederò costantemente al Signore sapienza e «fantasia». La
fantasia è uno spirito di adattamento all’altro, senza cambiare i
principi base del vangelo (cosa che alcuni cambiano pur di conquistare adepti).
{07-04-2014}
5. {}
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6. {}
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7. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {Autori
vari}
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Piva Giorgio: Ci sono molte
forme
di evangelizzare. Anche usare la fantasia, che il Signore può dare a uno,
per inventare un metodo di evangelizzazione, è buono. Il centro deve
essere sempre Cristo e la sua opera. {05-04-2014}
■
Carmela Magliano: Bisogna
cercare di districarsi nella
torre di Babele. {05-04-2014}
▬
Nicola Martella:
In che consiste qui la «torre di Babele», visto che parliamo di
evangelizzare?
Al tempo di Gesù e degli apostoli, il clima culturale era diverso, ma la
situazione oggettiva non era più facile. Ad esempio, tu come evangelizzeresti
dei bambini, degli adolescenti, un contadino, un intellettuale, un ateo e un
buddista?
■
Rosario Patrizio Picone: Con
le tue domande, grazie a Dio, riesci sempre a farmi riflettere. Un metodo, che
mi piace, è
intervistare partendo da avvenimenti di attualità, facendo parlare le
persone, aspettando che siano loro a porsi e a farsi delle domande. Spesso si
sono aperte al messaggio dell’Evangelo. Io sono tenuto a gettare il seme,
poi... Grazie per quello che fai, che Dio benedica te e l’opera tua per Lui.
{07-04-2014}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Evangel_fantas_OiG.htm
05-04-2014; Aggiornamento: 08-04-2014 |