Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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In prima linea — Entrare nella breccia 1:

   Qui sono contenuti i principi di cura d’anime generale. Ecco le parti principali:
■ Gli aspetti generali
■ La consulenza
■ Gli aspetti dottrinali
■ I problemi della consulenza

 

Fare fronte — Entrare nella breccia 2:

   Si tratta della consulenza specifica al problema dell’occultismo. Eccole parti principali:
■ Consulenza specifica
■ Approfondimento delle problematiche
■ Aspetti critici
■ Fatti, casi ed eventi
■ Dizionarietto dei termini
■ Fogli d’analisi
■ Excursus: Rimostranze verso fratelli  

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

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PIANO PERSONALE E ISTITUZIONALE DEI CONDUTTORI?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Antoine Fracchiolla

2. Giovanni Greco

3. Nicola Martella

4. Silvano Creaco

5. Pietro Calenzo

6. Nicola Martella

7. Daniele Guadagnino

8. Salvatore Paone

9. Eliseo Paterniti

10. Sandro Bertone

11. Claudia Falzone

12. Alessandro Saraino

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

Nell’articolo «Piano personale e istituzionale dei conduttori: Disciplina e abuso di potere nella chiesa», abbiamo visto che riguardo ai conduttori bisogna distinguere due piani differenti: il «piano personale» e il «piano istituzionale».

     Essi, come tutti i credenti, sono fallaci nei rapporti interpersonali. Tuttavia, non si può usare ciò come alibi per il loro arbitrio sul piano istituzionale, ossia in questioni di dottrina e nell’abuso di potere nella chiesa locale. Nella sacra Scrittura i due diversi piani sono affrontati e regolamentati in modo differente.

     Questioni interpersonali sono gestite a livello privato e, in caso di rifiuto di uno dei due, si segue una certa gradualità di interventi (Mt 18). Gravi questioni legati all’ufficio, che un conduttore riveste, e al ministero, che esercita, non possono essere affrontati privatamente, poiché coinvolgono l’intera chiesa, la sua sopravvivenza e la sua testimonianza.

     Ecco un consiglio su come procedere in caso di questioni morali e dottrinali e d’abuso di potere. Tali problematiche sono da discutere prima nel «consiglio di chiesa» (esso è formato da tutti i conduttori, diaconi e collaboratori maturi), senza tentativi di colpevole insabbiamento. Appurate le cose, in seguito, è necessario affrontarle nell’Assemblea di chiesa, formata da tutti i credenti battezzati e in comunione. In tale occasione, si consiglia di far parlare prima tale conduttore, per dargli modo di spiegare il suo punto di vista e di difendersi; è altresì consigliabile che un coordinatore gestisca le domande e le risposte, garantendo un clima sereno e razionale. Dopo ciò, l’Assemblea di chiesa deve proseguire i lavori senza di lui, per decidere al suo riguardo. In seguito, bisognerà comunicare dapprima a tale conduttore e poi alla chiesa tutta le decisioni prese. La massima istanza in una chiesa locale è appunto l’Assemblea di chiesa.

    Per sgombrare nuovamente il campo da possibili fraintendimenti, sebbene l'abbiamo chiaramente indicato nell'articolo di riferimento, ribadiamo ancora una volta che nessuno, che operi attivamente nell'opera del Signore, è messo al riparo da critiche e da giudizi; i principi evinti si applicano a chiunque abbia una funzione ministeriale nelle chiese o nell'opera del Signore. Ribadiamo, perciò, ancora una volta, quanto segue. Nell'articolo abbiamo trattato il particolare caso dei conduttori di chiesa (episcopi o sorveglianti, presbiteri o anziani). I principi biblici risultanti e il procedimento biblico da usare in tali questioni si applicano chiaramente a chiunque detiene un ufficio pubblico nell'opera di Dio, secondo le funzioni ministeriali indicate dall'apostolo Paolo: «E lui ha dato gli uni come missionari [fondatori = apostoli]; e altri, come proclamatori [= profeti]; e altri, come araldi [= evangelisti]; e altri, come curatori d’anime [= pastori] e insegnanti [= dottori]» (Ef 4,11). A loro si aggiungono chiaramente anche i «servitori» (= diaconi), ossia i collaboratore o responsabili settoriale, menzionati nello stesso contesto dei conduttori (1 Tim 3). Ciò che varia è l'ambito d'azione dei provvedimenti disciplinari: chiesa locale per i ministeri ecclesiali; chiesa mandante e/o missione per missionari e «servitori del Signore».

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

 

 

1. {Antoine Fracchiolla}

 

Caro Nicola, sono Antoine Fracchiolla. Anni fa, il Signore mi ha chiamato all’opera missionaria, mentre vivevo ancora in Francia.

     Condivido appieno la tua comprensione biblica del tema. Sono io stesso confrontato a queste problematiche. I problemi menzionati sono reali.

     La cosa fondamentale, secondo la mia comprensione dottrinale e sul campo, è dare a tempo alla nuova chiesa partita da zero la capacità di resistere a coloro, che vorranno dominarla. C’è da pregare. Con affetto. {05-10-2010}

 

 

2. {Giovanni Greco}

 

Carissimo Nicola, volevo ringraziarti per il pensiero che hai avuto di farmi partecipe di questo argomento così importante per la salute delle nostre chiese. Devo dire che hai fatto una analisi accurata del problema, avendo come base esempi biblici comprendenti sia l’A.T. che il N.T. Ovviamente non posso che non essere d’accordo con tutto quello che scrivi, proprio perché la base è biblica.

     Io ringrazio il Signore che mi ha dato la gioia di avere due chiese, prima a Bari e ora qui a Vasto, che nella loro sovranità hanno desiderato usufruire del mio ministero in armonia con la Parola di Dio. Il problema in senso generale è che serpeggia nelle chiese lo «spirito di Diotrefe», che si prefigge di eliminare i servitori a pieno tempo.

     Un altro vero problema è il pressapochismo dei conduttori di chiesa. Alcuni si ritrovano a essere «anziani» solo perché sono «uomini», o perché sono tra i primi convertiti. Per esempio, ci sono quelli, che sono costretti a farlo per necessità e Dio li benedice, ma ci sono anche quelli, che lo fanno per il proprio prestigio personale, e ciò reca seri danni alla testimonianza. Di solito, quando ci sono «fratelli» che non hanno la chiamata, ma che pretendono di essere anziani a tutti i costi, ci riescono sì, non perché hanno le qualifiche richieste, ma perché sono fiancheggiati dai numerosi familiari.

     Infatti, ai nostri tempi, in molte chiese, si adotta il «voto» con i «bigliettini» e, quando non si arriva a una chiara elezione, addirittura si va al «ballottaggio». Una leadership che viene fuori da una «prassi antibiblica», non può che portare «problemi» e impoverimento spirituale, con il rischio che chi arriva a «guidare la chiesa», facilmente possa diventare un «despota» e non un servitore.

     La causa principale di questo problema è da imputare proprio alla mancanza di preparazione biblica della maggior parte dei leader delle chiese. Purtroppo «tanti» non si preoccupano di fare studi, né di partecipare a convegni o a conferenze, né tantomeno leggono libri cristiani. In alcuni casi, ci sono quelli che non hanno nemmeno una visione globale del messaggio della Bibbia, perché non l’hanno mai letta tutta. Questo è il motivo principale delle divisioni e delle diverse lotte fra fratelli. Questi ultimi, pur di «creare il proprio regno», sono disposti a fare di tutto e, quando arrivano a essere «anziani», difficilmente lasceranno il loro «trono». Infatti, gli anziani, in molte Assemblee, sono «anziani a vita» con le tragiche conseguenze di una brutta testimonianza. Se poi «qualcuno» vuole riportare l’ordine biblico, questo «qualcuno» diventa un «nemico da eliminare» con qualsiasi mezzo.

     Comunque, prego che nelle chiese ci sia l’apertura biblica per fare secondo le indicazioni stabilite da Dio stesso riguardo alla conduzione nella chiesa; e prego che il tuo articolo possa contribuire a ridonare chiarezza e a prendere una posizione biblica, scevra da ogni tipo di compromesso. Fraterni saluti! In Colui che tutto può! {05-10-2010}

 

 

3. {Nicola Martella}

 

Apprezzo il contributo di Giovanni Greco. Non intervengo nel merito dei singoli punti, ma faccio qualche osservazione su una questione specifica. Ho parlato e scritto da tempo sui «conduttori di paglia», ossia quelli che vengono riconosciuto non perché hanno le qualità descritte (1 Tm 3; Tt1), ma per avere un’artificiosa «pluralità». Essi non solo non sono salutari per la comunità, ma sono nocivi, poiché credono di essere ciò, che non sono, e perché ostacoleranno l’opera di Dio con la loro carnalità rivestita di devozionalismo.

     Detto questo, mi meraviglia che si debba addivenire a un «ballottaggio» fra diversi candidati, visto che la chiesa dovrebbe pronunciarsi — qualunque sia il metodo adottato — solo su una questione: i candidati hanno i prerequisiti biblicamente richiesti (o almeno un’altissima percentuale d’essi) oppure no. Il NT ci parla essenzialmente delle qualità da avere per accedere a un ufficio, non del metodo usato. In ciò c’è una perizia, visto che i metodi dipendono dalla cultura, in cui si è inseriti. Non esiste nel metodo una «prassi (anti)biblica»; esso dev’essere concordato dall’Assemblea di chiesa secondo i bisogni e la situazione. Che poi ogni metodo possa essere abusato, questo è un altro paio di maniche; ciò non dipende dal metodo, ma dalla carnalità degli uomini.

     Nella prima chiesa che abbiamo fondato, l’altro missionario e io abbiamo concordato la verifica dei candidati (conduttori, diaconi) proprio mediante i «bigliettini»: bisognava spuntare «sì» o «no» accanto al nome di ogni candidato e in caso di un «no» bisognava spiegare dietro i motivi. I bigliettini validi dovevano portare nome e cognome della persona che dava la sua valutazione; i candidati non avrebbero mai visto tali bigliettini, ma soltanto un ristretto comitato di persone degne. Proprio per evitare i «papi a vita» senza qualità, ogni conduttore o diacono doveva assoggettarsi a una verifica periodica (ogni 4-5 anni). Tale metodo viene usato fino ad oggi. Io personalmente condivido questo metodo, se accompagnato da un’istruzione biblica preliminare e dalla preghiera. Nella nuova opera ecclesiale, appena ce ne sarà il bisogno, noi missionari lo introdurremo anche lì.

 

 

4. {Silvano Creaco}

 

Contributo: Ho letto e riletto la tua nota, dove tocchi diversi aspetti riguardanti la conduzione di una chiesa o meglio ancora le figure del conduttore nella sotto specie di anziano, pastore, missionario, ecc. Rispondo a questa nota che, oltre a toccarmi in maniera personale, credo che sia di estrema attualità.

     ■ 1. In quanto sono convinto che oggi lo stato spirituale carente di molte chiese è dovuto, a volte, a una conduzione debole; altre volte essa è di natura autoritaria, spesso legata all’incoerenza fra il dire e il fare. Con questo non voglio assolutamente dire che la mancanza di vera consacrazione e uno stato spirituale carente di ogni singolo membro di chiesa sia solo ed esclusivamente colpa dell’anziano o del pastore; sarebbe troppo comodo!

     Premesso questo, sui diversi aspetti ed errori nella conduzione hai toccato tu, in maniera esauriente, ogni singolo aspetto, rimarcando le responsabilità. Da un lato, ci sono membri ribelli, mancanza di sottomissione, individualismo, ecc. Dall’altro ci sono conduttori all’acqua di rose o puri dittatori; essi sono comunque responsabili davanti a Dio di come hanno «governato il gregge».

 

     2. Un unico punto forse ti è sfuggito, almeno io non lo trovo, e cioè i rapporti fra i conduttori di differenti chiese. Mi spiego meglio: mi riferisco al rispetto per il lavoro degli altri; intendo il capire il dolore, che può creare il conduttore di un’altra comunità a colui che veglia, prega, pasce il gregge con amore e zelo, per poi vedere alcuni membri della propria chiesa fuoriuscire dall’ovile, per andare in un altro, in nome della «sana dottrina». Peggio ancora è se tali «pecore» del proprio ovile sono sollecitate da qualche anziano di un’altra comunità, che si presenta come illuminato, sebbene predichi spesso solo se stesso. Queste anime deboli, così adescate, asseriscono di spostarsi in un’altra comunità per «discordanze dottrinali», in effetti però sono animati da un forte spirito d’individualismo e di autoaffermazione, per il quale nella «vecchia assemblea» non hanno trovato terreno fertile. Tale spirito d’individualismo caratterizza, fra l’altro, quegli stessi conduttori, che incoraggiano le pecorelle «contaminate» a fuoriuscire dalla loro chiesa di origine. Di questo sicuramente un giorno, oltre alle cose importantissime che tu hai citato, bisognerà renderne conto davanti al tribunale di Cristo. Chiaramente ciò vale anche per altre cose, e qui parlo a me stesso e poi agli altri: che tipo di marito, padre, lavoratore dipendente e quindi conduttore sono stato. Nel caso di quest’ultimo, visto che è di questo ruolo che si parla, penso alla grande responsabilità di pascere pecore, che fanno parte del gregge di Cristo, dove Lui e il Supremo Pastore.

     Nel concludere, mi piace molto sottolineare che nello straconosciuto passo di 1 Pietro 5,1 si parla anche di sorveglianza. Allora che il Signore ci dia saggezza come sorveglianti, per capire chi sono i lupi rapaci e per proteggere le pecore da loro. Per il momento mi fermo qui. Aspetto altri commenti, magari la prossima volta cercherò di scrivere qualcosa di più specifico sul tema che proponi. Saluti fraterni. {05-10-2010}

Risposta (Nicola Martella): Apprezzo il contributo di Silvano Creaco. Ho numerato le due distinte parti. La prima è in tema. La seconda è un argomento certo importante, tuttavia differente; esso, sebbene arricchisca il quadro, porta ad altre questioni: il rapporto fra chiese locali e fra i loro conduttori.

     Nel tema attuale affrontiamo soltanto i rapporti all’interno della stessa comunità fra i seguenti protagonisti: missionari fondatori, conduttori, assemblea nel suo complesso e i singoli membri. Tutti questi «interpreti» sono implicati verso gli altri con una serie di rapporti, a seconda dei casi, salutari o nocivi, di compartecipazione nel rispetto dei ruoli o di concorrenza, di legalità o di abuso, di giustizia o di empietà, di spirito o di carne, e così via. Qui è di questo che vogliamo parlare e di ciò che bisogna fare in caso di disordine dei membri e di abuso di potere dei conduttori verso la comunità, singoli membri e verso i missionari fondatori.

 

 

5. {Pietro Calenzo}

 

Senza dubbio l’argomento posto dal carissimo Nicola ha una sua valenza preminente per una scritturale e sana conduzione dell’assemblea. In primo luogo sento di dover sottolineare che le assemblee che vengono pasturate dagli anziani, non sono una loro proprietà. Ben lo spiega l’apostolo Pietro, anziano fra gli anziani: «Pascete il gregge di Dio, che vi è toccato in sorte»; e tale assunto pienamente biblico è, a mio parere, ben rappresentato, dalle assemblee dei Fratelli, che forse più di altre denominazioni consorelle, ben hanno focalizzato la centralità scritturale del sacerdozio universale di tutti i credenti. Ciò al di là di delegittimare gli anziani, i dottori delle varie assemblee di Gesù, ne accentua, viceversa, l’alto onere (e onore) che lo Spirito Santo ha loro attribuito per mezzo del dono dei vari carismi. D’altro canto, è peculiare comprendere che la chiesa cristiana, vista globalmente, non è una democrazia ma un regno, dove regna e deve regnare un Sovrano assoluto, Gesù, il Signore, Unto-Re.

     In riferimento, ai quesiti posti dal fratello Martella, in effetti è da differenziare la pacificazione tra un credente e un altro soggetto, e la pubblica ammenda della quale si debba fare carico un anziano di assemblea, o un ministro che insegni, in assemblea o sui vari canali dei media, verità non scritturali, o addirittura fomenti divisioni, emarginazioni, false dottrine. Non dimentichiamo che l’apostolo Paolo riprese pubblicamente Pietro. Similmente Giovanni, che pur è ricordato come l’apostolo dell’amore, assicurò riguardo a Diotrefe, che stava sobillando un’assemblea molto probabilmente fondata dallo stesso apostolo, una riprensione pubblica esemplare.

     Altra problematica, che spesso emerge nella vita spirituale dei cristiani, è quale debba essere il rapporto tra un numero cospicuo di assemblee, per esempio fondate da un unico missionario, e le adunanze medesime. Generalmente si tende a privilegiare il consiglio del fondatore, ma in questo modo non si delimita in qualche modo l’autonomia della chiesa locale?

     Ultimo interessante argomento è se i missionari fondatori possano essere denominati apostoli al di là della ristretta cerchia dei dodici, che furono con il Signore Gesù sin dal principio del suo ministero. Senza dubbio nella scrittura sono denominati come apostoli anche Giunia, Andronico, Barnaba e altri servitori del Signore, ma non nell’accezione degli unici e irripetibili dodici (più Paolo), a cui, soli, spetteranno i dodici troni accanto al Re dei re. E se «apostolo», nell’accezione scritturale e contemporanea, indica un «missionario», uno mandato dal Signore Gesù per fondare nuove testimonianze cristiane in nuove località, è loro competenza dirimere questioni riguardanti, per esempio, diatribe tra due assemblee da loro fondate? Benedizioni nel Signore Gesù. {05-10-2010}

 

 

6. {Nicola Martella}

 

Ringrazio Pietro Calenzo per il suo contributo, che contiene vari spunti di riflessione. Faccio soltanto qualche appunto. I primi due punti sono una digressione dal tema principale, sebbene aiutano al chiarimento globale.

     La chiesa un regno?: La chiesa è nel vero significato del termine greco ekklesia una «assemblea», quindi non è una democrazia, poiché non si sceglie a maggioranza, ma secondo verità. La chiesa non è neppure una monarchia (o teocrazia), poiché i cristiani non stanno tutti in una nazione e non sono soggetti a un unico governo visibile; il regno messianico deve ancora venire. La chiesa è paragonata nel NT a una casa (o tempio) o a un corpo (o corporazione), ma mai a un regno (i due termini non compaiono mai insieme!).

 

     Paolo uno dei Dodici?: Oltre ai dodici apostoli (= inviati, rappresentanti) del Messia, nel esistevano gli «apostoli delle chiese» (così in 2 Cor 8,23; cfr. 2 Pt 3,2 vostri), ossia coloro che erano inviati con un mandato per rappresentare le chiese di provenienza sia in questioni interecclesiali, sia nella missione. Paolo, a mio parere, non era uno dei «dodici apostoli», poiché il loro numero fu legittimamente chiuso già in At 1. C’erano bisogno di due premesse per essere in tale gruppo speciale e irripetibile: 1. Essere stato presente dall’inizio del ministero di Gesù fino alla fine; 2. Essere stato testimone della risurrezione. Infatti la scelta doveva essere fatta «fra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signor Gesù è andato e venuto fra noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno ch’egli, tolto da noi, è stato assunto in cielo, uno sia fatto testimone con noi della risurrezione di lui» (At 1,21s). Soltanto due avevano tali caratteristiche, e «Mattia… fu associato agli undici apostoli» (vv. 23-26). Paolo non rispecchiava tali caratteristiche. Egli era un apostolo delle chiese, essendo stato mandato dalla chiesa di Antiochia (At 13,1ss).

 

     Rapporto anomali fra missionari e conduttori: La questione che riguarda i «missionari fondatori», è la triste esperienza fatta da più di uno di loro in Italia, dopo aver tirato su una nuova testimonianza con tanti sacrifici e dopo aver fatto riconoscere i conduttori locali in armonia con la prassi apostolica del NT (At 14,23). Tali missionari sono stati sistematicamente emarginati ed esautorati proprio da tali conduttori, impedendo loro alcun tipo di ministero e di partecipazione alla vita della comunità. Alcuni missionari fondatori sono stati minacciati di essere messi addirittura fuori comunione, se avessero fatto qualcosa senza il consenso dei conduttori. Alcuni di loro sono caduti in una profonda costernazione e addirittura depressione. Conosco personalmente alcuni di questi casi e le loro dolorose testimonianze. Conosco altri missionari fondatori, i quali, per paura che ciò potesse succedere anche a loro, in pratica sono rimasti i leader della chiesa fondata fino alla fine, cedendo la conduzione soltanto in prossimità del loro ritorno nel Paese di provenienza. Non posso biasimarli, ma neppure imitarli.

 

 

7. {Daniele Guadagnino}

 

Contributo: Sono d’accordo con quanto esposto da Nicola Martella. La chiesa di Dio dovrebbe essere la prima vera democrazia, e non le monarchie, a cui siamo abituati oggi. In effetti l’apostolo Paolo, istruendo la chiesa «primitiva», ha sempre parlato di anziani (ovvero responsabili) per la gestione delle adunanze e non del fatto che queste devono essere governate da un solo pastore.

     Le chiese locali non sono il popolo d’Israele (in senso intrinseco) e, quindi, non hanno bisogno di un re, ma hanno bisogno di uomini onesti e timorati di Dio, che sappiano consigliare, condurre e fare prosperare, nella maniera più democratica possibile, la chiesa (nella moltitudine del consiglio c’è saggezza).

     Perciò posso affermare, senza ombra di dubbio e senza timore, e soprattutto alla luce della Parola di Dio, che le assemblee governate da un solo esponente sono anti-bibliche e fuori dottrina. Pace del Signore a tutti. {08-10-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Questa è una questione, diciamo, parallela rispetto al tema principale. Vero è che la ekklesia (assemblea) non è una dittatura. D’altra parte non è paragonabile neppure a una vera democrazia moderna, in cui si vota a maggioranza (50% + 1). La chiesa è un «corpo» o «corporazione» e in essa si deve mirare alla «com-unione», al «pari consentimento» e alla dinamica espressa da «l’un l’altro». È così che funziona al meglio un corpo! (1 Cor 12,12-27). I ministeri nella chiesa non servono per profilare se stessi, ma per l’edificazione del corpo (Ef 4,11-15). Essendo Cristo il capo, partendo «da lui tutto il corpo, ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore d’ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore» (v. 16).

     È vero, le assemblee governate in senso monocratico non rispecchiano le evidenze del NT. D’altra parte, non corrispondono alle direttive del NT (1 Tm 3; Tt 1) neppure i «conduttori di paglia», che sono privi delle qualità essenziali previste dagli apostoli e stanno in un collegio di conduttori soltanto per fare numero. Il NT non mette tanto l’enfasi sul numero, quanto sulla qualità spirituale, morale e umana dei conduttori, e ciò sebbene un collegio di conduttori sia preferibile a un conduttore monocratico.

 

 

8. {Salvatore Paone}

 

Contributo: Noto che questo punto biblico, menzionato da Daniele Guadagnino, è molto sottovalutato dalla maggior parte delle chiese evangeliche, tranne qualcuna. Credo inoltre che nella Bibbia, in special modo nel NT e sopratutto nelle lettere troviamo spesso parlare riguardo al governo di una chiesa locale del «collegio degli anziani» (presbitero). Essi sono uomini che «servono» la chiesa, affiancati dai «diaconi» e da uomini maturi. Decisioni dottrinali e morali non possono ricadere su un uomo solo, per quanto la sua saggezza può essere grande.

     Apro una piccola parentesi: Credo che Dio abbia donato alla chiesa i svariati doni, oltre che per l’edificazione dei santi, anche per un complemento istituzionale democratico, affinché ci sia unanimità.

     Senza trascurare ciò che dice Paolo in Corinzi 4,6 [«praticare il “non oltre quel che è scritto”»].

     E vorrei aggiungere un particolare importante con questo commento. Dio mi guardi dallo sminuire qualsiasi «pastore» che «governi» una chiesa locale con umiltà. Ho commentato per spiegare biblicamente come stanno le cose. {08-10-2010}

 

Osservazioni (Daniele Guadagnino): Confermo, Salvatore, non sminuiamo i pastori, ma solo i «palloni gonfiati». {08-10-2010}

 

Risposta (Nicola Martella): Sebbene un «collegio degli anziani» possa essere importante e sebbene si parli occasionalmente di «anziani» al plurale, per onestà bisogna annettere che nel testo greco tale espressione non si trova mai (neppure in 1 Tm 4,14 «imposizione delle mani dell’anzianità», ossia da parte di Paolo, come in 2 Tm 1,6). Poiché i raduni avvenivano nelle case (chiese in casa; cfr. Rm 16), non è chiaro se ogni anziano guidasse una tale mini-comunità e se tali anziani di un certo luogo formassero insieme una specie di consiglio.

     Chiaramente espressioni come «complemento istituzionale democratico» non si trovano nel NT, ma più nei manuali di politica. Nella chiesa la democrazia basata su maggioranze alimenta soltanto l’individualismo e le «correnti», inducendo alla convinzione che le decisioni prese a maggioranza siano nella volontà di Dio; no, esse devono essere prese in conformità con la sacra Scrittura. Si veda al riguardo il consenso stabilito in alcune chiese su temi morali, sebbene tali decisioni siano in netto contrasto con la Parola di Dio. Perciò nella chiesa la democrazia basata su decisioni prese a maggioranza può essere nociva quanto la conduzione monarchica, dove uno solo fa il bello e il cattivo tempo.

     L’alternativa biblica è la seguente. Le chiese locali devono riconoscere i propri conduttori, in conformità con le qualità richieste dalla sacra Scrittura (1 Tm 3; Tt 1), ed essi devono poi guidare le comunità, come richiesto loro (1 Pt 5,1ss). Essi sono degni di tale onere e onore fintantoché si attengono scrupolosamente alle prerogative legate a tale ufficio.

     Un meccanismo di verifica periodica (p.es. ogni 5 anni), impedisce che uomini, che hanno perso le qualità richieste o che hanno sviluppato anomalie morali o dottrinali, continuino a guidare le chiese. In tal modo, si ostacolano anche gli «anziani di paglia» e si impedisce che si formino «papi a vita».

 

 

9. {Eliseo Paterniti}

 

Carissimo Nicola, tu ben sai che in questo argomento mi trovi d’accordo. Sono stato sempre fermo in questa battaglia fin da ragazzo. Non so se a motivo che sono cresciuto in un chiesa collegiale oppure perché ho approfondito le mie ricerche nella Scrittura. Credo che siano le due ipotesi messi assieme.

     Ci sono «pastori», che affermano la linea del governo pastorale o addirittura, secondo il «nuovo linguaggio», loro non accettano il governo democratico ma teocratico. Ho chiesto loro quanto segue: ▪ 1. Con quale scritture mi dimostrate la vostra linea? ▪ 2. Cosa significa per voi governo «teocratico».

     Fino ad ora non ho ricevuto nessuna risposta alle mie domande. Addirittura un pastore su Facebook ha risposto evasivo alla mia domanda, postagli due volte. Molti di questi pastori, non so se per ignoranza o per interessi personali, affermano che la teocrazia è sul pastore, perché lui dipende da Dio; e i comandi che Dio dà alla chiesa, li dà solo tramite il pastore come autorità costituita da Dio. Immagina che un giorno, in una discussione personale, un pastore mi disse che Dio ha costituito il pastore nella chiesa e quest’ultimo ha la facoltà e l’autorità di scegliesi il resto dei ministri, che gli devono stare pure loro sottomessi. Per semplificare il discorso, spiego meglio tale logica: Dio sceglie me come pastore e massima autorità della chiesa; e poi sarò io a scegliere chi deve essere un apostolo, un profeta, un evangelista e un dottore. Questi ministri devono stare tutti sottomessi al mio ministero.

     Certamente chiunque ha le idee chiare nelle Scritture, dirà che quest’affermazione è del tutto priva di senso e di fondamento. Vi assicuro che trovate pure me d’accordo con voi. Non a caso sono nella bocca di diversi pastori e sono guardato come un sovversivo, perché tramite internet ho contrastato queste teorie.

     Voglio riportare un’espressione usata da un pastore e credo indirizzata al sottoscritto: «Da tempo noto (in alcuni disassociati, non appartenenti a nessuna chiesa o corpo di Cristo) un grande interesse a destabilizzare la sottomissione verso il pastore o i conduttori, perché? Visto che nessuno chiede di farlo a voi? Cosa ci si guadagna?? Forse ci sono interessi personali? Dio ci illumini e protegga la sua chiesa da questi personaggi, in cerca di autore...».

     In conclusione, desidero chiarire una espressione di Daniele Guadagnino, quando dice: «La chiesa di Dio dovrebbe essere la prima vera democrazia, e non le monarchie a cui siamo abituati oggi». Neanche la democrazia è menzionata nella prima chiesa, anzi gli apostoli nelle loro decisioni erano di pari sentimento a chiedere direzioni allo Spirito Santo. Quando esprimevano una decisione non dissero mai: «Abbiamo deciso per maggioranza...»; al contrario, dicevano così: «È parso bene a noi, riuniti di comune accordo... Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi...» (Atti 15,25.28).

     Giustamente Nicola afferma che le decisioni devono essere prese. Riporto le parole di Nicola: «Ecco un consiglio su come procedere in caso di questioni morali e dottrinali e d’abuso di potere. Tali problematiche sono da discutere prima nel “consiglio di chiesa” (esso è formato da tutti i conduttori, diaconi e collaboratori maturi), senza tentativi di colpevole insabbiamento. Appurate le cose, in seguito, è necessario affrontarle nell’Assemblea di chiesa, formata da tutti i credenti battezzati e in comunione». A mio avviso, se vogliamo promuovere la democrazia nella chiesa, il grande rischio è che tutti anche i neo convertiti senza alcuna conoscenza e maturità spirituale potrebbero decidere. Per esperienza personale posso dire che sarebbe una grande confusione e disorientamento nella chiesa. Daniele, non me ne volere se ho puntualizzato la tua espressione. Questo ci tenevo a chiarirlo. {08-10-2010}

 

 

10. {Sandro Bertone }

 

Caro Nicola, ho letto tutto ciò, che hai scritto, e sono rimasto colpito dal fatto che ci siano situazioni come le hai descritte. Grazie a Dio, non ne ho esperienza. La mia personale scelta è sempre stata quella di «rendere pubblici» tutti i casi, che potevano configurarsi come «ricatti». Smascherare subito è un’arma potente; continuare a nascondere è letale. Se si è commesso un errore, tanto vale ammetterlo; tutti saranno pronti o disposti a perdonare.

     Mi spiace e prego per quelle comunità, in cui c’è un clima di così grave conflitto, ma non ho esperienze da condividere o altri consigli da dare. Mi verrebbe da dire che «ognuno ha gli Anziani o conduttori che si merita», ma non sono sicuro che sia sempre così! Forse è una scuola, che Dio ci fa fare… forse è meglio cambiare scuola… forse è bene cacciare i cattivi maestri. Ogni caso avrà una sua soluzione. L’importante è cercare la guida del Signore per il giusto discernimento. Un caro saluto e grazie per ciò che fai. {09-10-2010}

 

 

11. {Claudia Falzone}

 

Caro fratello Nicola, grazie di cuore per questo interessantissimo scritto che hai pubblicato. Trovo che tutte le tue ricerche sulla gestione ecclesiastica siano sempre corrette e ineccepibili, conformi in ogni punto alle Scritture e al buon senso. Credo che tali scritti dovrebbero costituire le linee di guida per ogni chiesa evangelica di ogni denominazione. Leggendo tali spunti mi rendo conto di come dovrebbero essere ovvi per ogni conduttore di chiesa, invece non sempre è così. Non ti scrivo solo per farti i complimenti, ma perché ritengo che queste cose siano utilissime per le chiese di Cristo, e volevo farti sapere quanto siano apprezzate le tue ricerche in proposito. Dio ti benedica. {14-10-2010}

 

 

12. {Alessandro Saraino}

 

Contributo: Shalom, fratello Nicola, siccome ho letto un articolo ormai passato, dal titolo «Piano personale e istituzionale dei conduttori», se mi è concesso vorrei esprimere la mia personale testimonianza in merito, sperando di ricevere almeno un parere da parte tua, se non è possibile pubblicarla. Grazie di cuore.

     Dunque, fino a settembre 2010 ho frequentato una comunità di Milano, della quale non faccio il nome, per paura di ripercussioni da parte degli anziani e del pastore. I problemi sono cominciati purtroppo per colpa mia, in quanto essendo responsabile del gruppo di lode e di adorazione, mi sono macchiato di un peccato pesante, e la cosa è arrivata agli orecchi del pastore. Ovviamente egli ha preso in mano la situazione, ma la sua presa di posizione ha lasciato alquanto perplessi sia me che mia moglie, e ora ti spiego il perché.

     Il pastore ha deciso in cuor suo di lavorare in maniera da nascondere e occultare sapientemente ogni cosa, lasciandomi al mio posto sul palco. Per mantenere tale posizione ha anche rimproverato mia moglie (che invece si aspettava quantomeno un mio rimprovero), dicendole che era una «mina vagante». Solamente più tardi (un mese dopo), quando gli ho comunicato che avrei lasciato la chiesa e il ministero musicale, per dedicarmi al ministero di evangelista, egli ha reagito in malo modo, scrivendomi una lettera di rimprovero e scomunica, che ha letto davanti a tutta la chiesa (senza che io fossi presente), durante il culto domenicale. Tutti i fratelli, ai quali volevo bene, hanno preso le distanze da me, istigati dalla sua presa di posizione. A mia moglie invece ha avuto la faccia tosta di chiamarla, chiedendole scusa in privato, mentre davanti a tutti gli anziani l’aveva fatta piangere, rimproverandola duramente. Le ha inoltre consigliato di tornare in chiesa da lui, senza di me (che sono una pecora nera).

     Ora, è impossibile difendersi da una tale presa di posizione, in quanto nella sua chiesa comanda lui, e tutti hanno paura delle sue parole. Questa paura è fomentata anche da una dottrina che lui ha insegnato, nella quale egli è l’angelo della chiesa e può chiudere e aprire ciò che gli pare, e chiunque non obbedisce alla sua autorità, è sotto condanna di Dio. Tu cosa ne pensi?

     Io non sono affatto innocente in questa vicenda, però rimango perplesso e mi domando: come può un credente (nel caso specifico mia moglie, e tante altre persone prima di lei) difendersi da una tale coercizione psicologica? Ancora oggi, mia moglie è ferita e piange amaramente. Dio ti benedica sempre. {11-01-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Non sono chiaramente in grado di verificare e analizzare tutto il complesso delle questioni. Non entro in merito agli equilibri di tale comunità, di cui non conosco tutti gli elementi. Posso solo partire dai dati espressi dal lettore e focalizzare solo gli aspetti inerenti a questo tema.

     Da quanto letto, vedo dapprima l’arbitrio del conduttore di «insabbiare» la questione; dal NT vedo però che la chiesa locale è sovrana rispetto alle sue guide. Non so perché lui abbia rimproverato la moglie del reo confesso in privato e poi alla presenza dei suoi collaboratori e l’abbia chiamata «mina vagante», visto che il «peccato pesante» lo ha commesso il marito. Da quanto ho capito, solo dopo la decisione di Alessandro di lasciare il suo ruolo in quella chiesa, il conduttore è passato a rimprovero e scomunica in pubblica assemblea. Se le cose stanno veramente così, tutto ciò renderebbe tale conduttore certamente corresponsabile.

     La dottrina del cosiddetto «angelo della chiesa» è un insegnamento ideologico di comodo in certi ambienti carismaticisti, per sostenere l’autoritarismo di presunti «unti del Signore», incontestabili e irresistibili. L’espressione greca ánghelos tēs ekklēsías significa semplicemente «inviato della chiesa», suo rappresentante. Il termine greco indicava l’inviato di qualcuno; ad esempio, Giovanni mandò da Gesù «due dei suoi discepoli» (Lc 7,19), ma poi si parlò del fatto che «i messi [angheloi] di Giovanni», dopo aver attuato la loro incombenza, se ne erano andati (v. 24). Quindi è meglio non trarre particolari ideologie dottrinarie da tale termine.

     Se si guarda bene in Apocalisse 2-3, sono tali sette conduttori a essere oggetto del biasimo di Cristo e della sua richiesta di ravvedimento. Per fare qualche esempio, uno di loro addirittura riceve questa pesante diagnosi: «Io conosco le tue opere: tu hai nome di vivere e sei morto» (Ap 3,1). Un altro dovette leggere su se stesso: «Perché sei tiepido, e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca» (Ap 3,16), ossia ti rimuoverò dal tuo incarico. Anche a uno dei migliori fra loro fu chiesto di ravvedersi (Ap 2,5).

     Tale espressione non designa, quindi, nessuna speciale autorità di uno al di sopra di altri, né alcuna capacità particolare di chiudere o aprire a suo arbitrio, né che le sue decisioni sarebbero così vincolanti, che chi non le segue, è colpito dall’ira divina. L’ultima istanza nella chiesa locale, è l’assemblea solenne. I conduttori passano, la chiesa resta. L’unico che in Apocalisse ha le chiavi, è Cristo stesso ; e lui non le presta a nessuno (Ap 1,18).

     Certo, si può citare qui Giovanni 16,19 riguardo alle «chiavi del regno dei cieli», ma ciò non aveva nulla a che fare con l’arbitrio dei conduttori, ma con l’entrata nel regno, quindi con l’evangelizzazione. Quanto alla funzione dei conduttori, Pietro stesso parlò un linguaggio molto differente dall’autoritarismo di certi conduttori: «Pasturate il gregge di Dio, che è fra voi, non forzatamente, ma volontariamente, secondo Dio; e non avidamente, ma premurosamente; e non come coloro che signoreggiano sulle parti, ma diventando gli esempi del gregge» (1 Pt 5,2s).

 

Dinamiche patogene nel rapporto fra missionari e conduttori {Nicola Martella} (A)

Dinamiche patogene nel rapporto fra missionari e conduttori? Parliamone {N. Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Conduttori_pers_istituz_EnB.htm

06-10-2010; Aggiornamento: 06-02-2011

 

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