Credo che questa pratica, messa in atto
diverse volte nell’antico patto e affermata anche nel Nuovo Testamento, debba
essere approfondita dai cristiani d’oggi, per rapportarci a essa in modo
biblico.
Molte volte sembra che
il digiuno sia un metodo per «forzare la mano» di Dio e per fargli esaudire una
richiesta. Ma è proprio così? In quale prospettiva va vista questa pratica?
Cerchiamo insieme con l’aiuto della Bibbia di capire, facendo un po’ di luce su
quest’argomento.
Notiamo subito che il
digiuno è direttamente collegato al pentimento, alla confessione dei peccati e
alla preghiera fatta nell’afflizione.
Nell’Antico Testamento
possiamo scoprire che il digiuno venne anche imposto da Dio a Israele,
attraverso il profeta Gioele: «Proclamate un digiuno, convocate una solenne
assemblea. Radunate gli anziani e tutti gli abitanti del paese nella casa
dell’Eterno, il vostro Dio, e gridate all’Eterno» (Gioele 1,14). «Perciò
ora, dice l’Eterno, tornate a me con tutto il vostro cuore, con digiuni, con
pianti, e con lamenti» (Gioele 2,12).
Qual è però lo
scopo del digiuno?
Nel Nuovo Testamento
ci viene indicato da Gesù stesso: «Allora s’accostarono a lui i discepoli di
Giovanni, e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo spesso, mentre i
tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù rispose: “Possono gli amici dello sposo
essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo
sarà loro tolto e allora digiuneranno”» (Matteo 9,14s).
Gli stessi versi si
trovano nei seguenti Evangeli: Marco 2,19-22; Luca 5,33-35. Quindi il digiuno, da
quello che se ne deduce, è da praticare coerentemente quando la situazione lo
richiede, e quindi soprattutto quando questa è angosciosa, tragica e difficile.
Non si deve digiunare quando le cose vanno bene, ma quando sì è afflitti.
In che modo deve
essere praticato il digiuno?
Troviamo degli indizi
in merito sia nel Nuovo Testamento che nell’Antico. «Or quando
digiunate, non siate mesti d’aspetto come gli ipocriti; perché essi si sfigurano
la faccia per mostrare agli uomini che digiunano; in verità vi dico che tale è
il premio che ne hanno. Ma tu quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia,
per non mostrare agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo nel segreto, e il
Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa pubblicamente»
(Matteo 6,16-18). «Il digiuno di cui mi
compiaccio non è forse questo: spezzare le catene della malvagità, sciogliere i
legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo? Non
consiste forse nel rompere il tuo pane con chi ha fame, nel portare a casa tua i
poveri senza tetto, nel rivestire chi è nudo, senza trascurare quelli della tua
stessa carne? Allora la tua luce irromperà come l’aurora e la tua guarigione
germoglierà prontamente, la tua giustizia ti precederà e la gloria dell’Eterno
sarà la tua retroguardia» (Isaia 58,6-8).
Dall’ultimo verso
d’Isaia, notiamo che Dio non considera il digiuno semplicemente l’astensione dal
prendere cibo, ma la giustizia e la misericordia che ogni figlio di Dio deve
mettere in pratica quotidianamente nella propria vita verso il suo prossimo.
Nella Bibbia troviamo
esempi di digiuno eseguiti per i seguenti motivi:
■ I
giudizi di Dio (Gioele 1,14,20; 2,11,12; Giona 3,4-6).
■
Per delle calamità pubbliche (2 Samuele 1,12; Ester 4,3,16; Esdra 8,21,23).
■
Per le afflizioni nella chiesa (Matteo 9,15; Atti 13,3; Marco 2,18,20; Luca
5,33-35).
■
Per le afflizioni altrui (Salmo 35,13).
■
Per le afflizioni di famiglia (2 Samuele 12,16)
■
Per la consacrazione dei ministri (Atti 13,3, 14,23).
Nella Bibbia vediamo anche che il digiuno va
accompagnato dalla preghiera, dalla confessione dei peccati, dall’umiliazione,
dalla conversione, dal dolore, e dal pianto, senza tralasciare le opere di
beneficenza, che testimoniano della nostra fede nel dono gratuito di Cristo
Gesù.
Sopra sono state già
menzionate le promesse che accompagnano coloro che sinceramente e con il loro
cuore praticano il digiuno.
Ma allora basta
digiunare per smuovere in nostro favore la mano di Dio, e ottenere così ciò che
domandiamo?
Se ci avvicinassimo
con tale mentalità verso questa pratica, si rischierebbe di cadere nell’errore
di alcuni gruppi cristiani, che cercano nei metodi la manifestazione della
potenza di Dio. Io credo che il
digiuno, se nasce spontaneamente dal proprio cuore e dal proprio dolore,
sia buono metterlo in pratica, perché così facendo s’implora con tutto il
proprio essere la misericordia di Dio. Ricordiamoci che Dio guarda ai cuori e
non all’apparenza, quindi non si deve praticare il digiuno già con il concetto
che, praticandolo, Dio è tenuto a dare. Il nostro Dio non è lo
«zio buono» o «l’esauditore di desideri», come è implicitamente dipinto da certi
predicatori d’eresie, ma è un Padre amorevole, vicino a noi nel dolore, che si
compiace di fare del bene ai suoi figli, che ci mette alla prova, per rendere la
nostra fede perfetta. Ma è anche un Padre responsabile, e quando gli si domanda
un serpente o uno scorpione, Lui non ce li può dare, anche se al momento ai
nostri occhi potrebbero sembrare pesci e uova. Dobbiamo sempre
confidare nella sua perfetta volontà, anche quando questa ci addolora. Ma in
ogni modo non bisogna nemmeno arrendersi davanti alle prove, e alle difficoltà
perché, pur non essendo di quelli che credono a Dio come fosse «Babbo Natale»,
sappiamo comunque che «può molto la preghiera del giusto fatta con fede».
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Digiuno_cristiano_UnV.htm
10-12-2006; Aggiornamento: 08-04-2010 |