Le convinzioni dei gruppi omosessuali, che si rifanno al cristianesimo, sono note e abbiamo già
discusso nel merito in passato. [►
Etica: Omosessualità] Anche con Gianni Geraci ci siamo confrontati in passato su
tale questione. [►
Omosessualità quale fornicazione?]
Questo articolo risponde alla sua replica all’articolo «Grazia
di Dio, alibi per stile di vita peccaminoso? 1: I frutti mostrano l’albero». In esso, usando le asserzioni di
Gianni Geraci, mostravo che la devozione cristiana e l’etica biblica vanno insieme e, per essere
legittime, devono corrispondere ai canoni scritturali della volontà di Dio.
Abbiamo visto che l’apostolo Paolo espresse i due aspetti concomitanti
della grazia efficace e della fede verace come segue: «Ma pure
il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore
conosce quelli che sono suoi”; e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il
nome del Signore”» (2 Tim 2, 19).
Si raccomanda dapprima la lettura di quest’ultimo per capire questo attuale
confronto. Si noti come il mio interlocutore si basi sulla «teologia
dell’esperienza», invece di fare l’esperienza con la teologia biblica, ossia
analizzando le asserzioni scritturali sull’etica sessuale e in particolare sulla
fornicazione eterosessuale e omosessuale. In pratica, non si parte da un’esegesi
rigorosa e contestuale, ma da una cristianizzazione di comportamenti
morali e sessuali, a cui non si vuole rinunciare.
1. LE TESI (Gianni Geraci):
Caro Nicola, hai ragione quando dici che è dai frutti che si riconosce l’albero.
Ed è vedendo la serenità che la confidenza in Dio ha dato a me e alle persone
che hanno incontrato il Guado che posso assicurarti che sono questo frutti buoni
che mi permettono di dire che dietro al nostro lavoro c’è la sua mano.
Vedere persone che si comportano bene, che fanno del bene, che più fanno del
bene più sono contente, che si impegnano in relazioni serie uscendo da quel
circolo vizioso che nasce dall’idea che l’omosessualità sua un vizio che
impedisce di vivere in grazia di Dio è per me una consolazione grande di cui
ringrazio il Signore tutte le volte che mi siedo in serena adorazione davanti a
Lui.
Sia gloria a Gesù che ha permesso alle persone che hanno conosciuto il Guado di
aver conservato la speranza nella sua redenzione. Un saluto cordiale…
{Gruppo del Guado Cristiani
Omosessuali; 11-04-2011}
2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
(Nicola Martella): Nell’articolo sopra citato abbiamo distinto l’omofilia
(la tendenza verso persone del proprio sesso) dall’omosessualità (la
pratica sessuale con persone del proprio sesso). Abbiamo anche detto che Dio ama
il peccatore penitente, ma odia il peccato.
Ammetto sinceramente di essere rimasto nuovamente deluso. Da una replica di
Gianni Geraci mi sarei aspettato una risposta più articolata, che rispondesse al
mio articolo nel merito; dopo averla letta, prendo atto che egli non tiene
presente né il titolo, né il contenuto e si comporta come se esso non esistesse,
facendo una dichiarazione generica e che non risponde veramente a nulla. Egli
preferisce la comoda via della «teologia dell’esperienza», invece di
preoccuparsi di ciò che Dio dichiara e comanda in modo incontrovertibile sul
tema fornicazione omosessuale nella sua santa Parola. Riveste di umanesimo e
devozionalismo cristianizzati le scelte, che lui e altri hanno già fatto
all’interno del gruppo «Guado».
Ho dovuto pensare a diversi casi, in cui un uomo e una donna che, chiamandosi
cristiani convertiti e rigenerati, andavano a letto insieme in modo
fornicatorio o adulterino. Questa categoria di persone rispondono sempre con
la stessa cantilena alle mie osservazioni e obiezioni: siamo deboli, soli e
abbiamo bisogno d’affetto, ma Dio ci ama e ci perdona; inoltre, quando ci
incontriamo leggiamo la Bibbia e preghiamo insieme.
In tutti questi casi non si cerca ciò, che il Dio sovrano ha decretato
nella sua santa Parola sulla fornicazione (omosessuale o eterosessuale che sia)
o sull’adulterio, per adeguarsi ai comandamenti divini. Al contrario, si cerca
di
«cristianizzare» il proprio stile di vita peccaminoso e di
«spiritualizzare» la propria condotta, sebbene essa sia abominevole dinanzi a
Dio. Tutto ciò è una forma di idolatria: invece di adeguarsi alla volontà
del Dio sovrano, che giudicherà ognuno secondo le sue opere, si preferisce
costruirsi un «dio addomesticato», fatto a propria immagine.
Gianni Geraci parla di frutti, che mostrano l’albero, ma vuole stabilire
lui i criteri per riconoscerli. Alla fine però sarà il sommo Giudice a vagliare
la raccolta, giudicando secondo la sua Parola (Gv 12,48), nella quale ha
parlato, tra altre cose, contro adulteri e fornicazioni (Mt 15,19). Per Cristo
questi sono i frutti deleteri, che mostrano l’albero malvagio.
Invece di porsi la questione della volontà del Dio sovrano, Gianni Geraci
crede di poter confidare in atteggiamenti mentali come la «serenità», efflusso
di un devozionalismo senza morale biblica, ma basato sulla convenzione di
gruppo, che convince di avere Dio dalla propria parte. Ho dovuto pensare a
Israele, che faceva come voleva eticamente parlando, pensando di poter
compensare tutto col devozionalismo. Eccone due esempi riguardo a svolte
storiche drammatiche.
Al tempo di
Isaia, appena prima dell’invasione assira, Dio paragonò i Giudei a Sodoma
e Gomorra (Is 1,9s) e dovette dire loro che poco gli importava dei loro riti
e devozionalismi senza ubbidienza, anzi ne aveva solo ribrezzo (vv.
11ss.14). Dio aggiungeva, ad esempio quanto segue: «Io non posso soffrire
l’iniquità unita all’assemblea solenne… anche quando moltiplicate le preghiere,
io non ascolto» (vv. 13). La spada degli Assiri avrebbe distrutto a breve i
ribelli e prostituti (vv. 19s).
Al tempo di
Geremia, durante il dominio babilonese, i Giudei facevano cose esecrande sul
piano della religione e della morale, ritenendo però che a loro non potesse
succedere nulla per due motivi: ▪ 1. Essi, sebbene non volessero emendare le
loro vie e le loro opere (Ger 7,3.5.17ss), pensavano che, quando entravano nel
santuario dell’Eterno, Egli perdonava loro automaticamente ogni tipo di
peccato (sacramentalismo; vv. 9ss), specialmente recitando una certa litania,
che Dio chiamò «parole fallaci» (vv. 4.8). ▪ 2. Nonostante le prostituzioni dei
Giudei (Ger 3,8ss), essi ritenevano che la presenza del tempio e dell’arca
del patto li avrebbe protetti dagli invasori (feticismo). La risposta di
Dio non si fece attendere: ▪ 1. L’Eterno avrebbe distrutto sia il santuario,
sia i ribelli (Ger 7,12-15) e neppure le intercessioni del profeta sarebbero
state ascoltate (v. 16). ▪ 2. L’arca del patto sarebbe andata distrutta per
sempre e non ci si sarebbe più nascosti dietro alla litania superstiziosa «L’arca
del patto dell’Eterno!» (Ger 3,16s).
Quindi, come si può dire riguardo a un’associazione che legittima la
fornicazione omosessuale: «…dietro al nostro lavoro c’è la sua mano»? Non
sono i suoi «occhi troppo puri per sopportare la vista del male»? (Hab
1,13). Dobbiamo prescrivere noi a Dio come pensare e come agire? È Egli un
Dio di contraddizione, che decreta una cosa nella sua santa Parola e poi ne
fa altre nella pratica? Come può essere mai il giudice di tutta la terra (Gen
18,25), dei morti e dei viventi (1 Pt 4,4s), se si contraddice così? Qui
abbiamo, come già detto, un palese caso di idolatria: un dio
addomesticato alle proprie voglie, fatto a propria immagine.
Come si può affermare che delle persone «si comportano bene, che fanno del
bene», se infrangono i comandamenti divini sulla sessualità? (Lev 18,22.29;
20,13; Rm 1,26ss; 1 Cor 6,9ss; Ef 5,3-6). Come si può parlare di «vivere in
grazia di Dio», di «consolazione» e di ringraziare «il Signore tutte le
volte che mi siedo in serena adorazione davanti a Lui», preferendo vivere
nella ribellione del proprio cuore, in uno stile di vita che Dio definisce
abominevole? La «speranza nella sua redenzione» è solo per coloro che si
ravvedono dalle proprie fornicazioni, eterosessuali od omosessuali che siano, e
le abbandonano, sottomettendosi alla santa volontà di Dio.
Ci vuole un taglio netto col passato, tanto da poter dire con Paolo: «E tali
eravate alcuni, ma siete stati lavati», ecc. (1 Cor 6,11). L’apostolo Pietro
raccomandava ai credenti: «Come figliuoli d’ubbidienza, non vi
conformate alle concupiscenze del tempo passato, quand’eravate nell’ignoranza;
ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta
la vostra condotta» (1 Pt 1,14s). Se non c’è una vera conversione e una
reale rigenerazione, si rischia di dire: «Signore, Signore», ritenendo di
aver fatto la sua volontà (Mt 7,21s), mentre si sentiranno dire da Cristo, sommo
Giudice: «Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti operatori
d’iniquità» (v. 23).
Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Disturbi e abusi, Sesso & Affini 3 (Punto°A°Croce, Roma 1998), gli articoli: «L’omosessualità»,
pp. 157-171; «Omosessualità e Bibbia», pp. 172-184; «L’amicizia fra uomini», pp. 185-193. |
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Grazia di Dio, alibi per stile di vita peccaminoso? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Grazia_alibi_pecca2_GeR.htm
12-04-2011; Aggiornamento: 14-04-2011 |