1. PREPARATORI IMPREPARATI E DEFICITARII?:
Chiaramente, in un altro articolo bisognerà parlare anche dell’altro aspetto
della medaglia, ossia dei comportamenti erronei dei membri di chiesa verso i
loro conduttori. Tuttavia, non possiamo che affrontare un tema alla volta e,
visto che «il pesce puzza dalla testa», come recita un proverbio, iniziamo da
questo.
■ Saggi conduttori: Esercitare il compito di conduttore in una chiesa
locale, da soli o in coazione con altri, non è un’impresa facile. Bisogna fare
continuamente il pompiere, ora spingere, ora tirare. E non è sempre detto che i
membri della comunità siano sempre disponibili ad aprirsi, a farsi curare o
guidare. Alcuni credenti ritengono casa loro un limite invalicabile per tutti,
mentre solo la sala di culto sarebbe deputata alla comunione, solo di fede
s’intende, poiché nelle loro «cose» non deve metterci piede nessuno.
Molti conduttori esercitano la loro funzione ministeriale con dedizione e
impegno, in sala e fuori di essa, con pazienza, equilibrio e calma, come pastori
del gregge, insegnanti, esortatori, consolatori, consulenti e così via. Essi si
mettono al passo dei più deboli e vedono la loro autorità soltanto come servizio
benefico. Evitano di apparire come addomesticatori, ma sono allenatori del
gregge. Invece di voler rendere i credenti dei «cloni» di se stessi, intendono
portarli a maturità. Essi si prendono tempo per tutti e con equilibrio e
pazienza cercano di capire quali siano veramente i problemi, per poi cercare
insieme le soluzioni, che onorano Dio. Essi danno anche al gregge ciò, di cui
esso ha veramente bisogno al momento.
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Conduttori deficitarii: D’altra parte, non tutti i conduttori hanno
l’abilità necessaria, non solo nell’interpretazione contestuale della Parola (2
Tm 2,15), ma anche nella guida della comunità, nella cura pastorale e in quel
minimo di conoscenza umana e nell’arte della comunicazione. Avendo essi spesso
un lavoro secolare, il loro tempo limitato li porta a trasporre tutta la loro
attività di conduzione nelle riunioni di chiesa, per le quali devono prepararsi.
Spesso non hanno tempo per altro, o solo pochissimo, per fare visite, per
ascoltare i problemi altrui, per praticare cura pastorale, eccetera.
Siffatti conduttori spesso esercitano il loro ministero a vita. In qualche modo, |
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alcuni di loro si convincono
nel tempo di essere, in qualche modo, i padroni (o padri-padroni) della
comunità; e ciò a causa della loro costanza, dei sacrifici di essere presenti a
tutte le riunioni, per il fatto che portano il sermone regolarmente, perché
conoscono «vita e miracoli» d’ognuno, e così via. La mancanza di tempo e la
quantità dei membri li porta spesso a compiere azioni frettolose, grossolane e
approssimative. La vita di chiesa è per loro limitata quasi esclusivamente a
culti e riunioni, fuori della sala sono abbastanza invisibili oppure molto
impazienti e autoritari.
■ Creatori di nevrosi: Siffatti conduttori non solo non hanno (molto)
tempo da dedicare ai credenti fuori della sala di culto, ma neppure per
migliorare il proprio status di guide della chiesa, lavorando nelle cose, dove
hanno lacune umane, sociali e tecniche (comunicazione, cura d’anime, consulenza,
omiletica, interpretazione). Tutto ciò fa sì che nei rapporti con i membri delle
loro chiese facciano molti errori. Può quindi succedere che, invece di
analizzare correttamente e oggettivamente una situazione, chiedendo alle persone
coinvolte il loro punto di vista, passano subito a credere che il proprio punto
di vista soggettivo sia la realtà delle cose e si sentono, perciò, autorizzati a
esercitare la loro autorità (spesso l’autoritarismo) per imporre le loro
soluzioni; oltre a ciò, le loro soluzioni irrealistiche possono essere
accompagnate da rimproveri gratuiti e cose del genere. È immancabile allora che
tali membri si sentano trattati ingiustamente, perdano la stima di siffatti
conduttori, cercano di evitare di chiedere loro un consiglio e fanno terra
bruciata intorno a loro, partecipando sì alle riunioni, ma evitando che qualcuno
metta il naso o il becco nella loro vita privata. In alcuni casi, quando tali
conduttori dicono a un membro di chiesa di voler parlare con loro, comincia in
quest’ultimo il terrore, pensando magari al loro ultimo incontro o a quanto
raccontato da altri, che dura giorni, fino a tale incontro. Il rapporto fra
siffatti conduttori e i membri di tale comunità diventa nevrotico. In tale
ambiente si instaura una cosiddetta «nevrosi ecclesiogena».
■ Voglia di famiglia spirituale: A volte, alcuni membri si sentono così
delusi e frustrati, così terrorizzati e sofferenti nello spirito, nella mente e
negli aspetti psicosomatici, da decidere di cambiare comunità, per trovare una
famiglia spirituale piena di armonia, pace, empatia e benessere. Essi cercano
allora una chiesa locale, in cui i conduttori esercitino la preminenza del
servizio invece che l’autoritarismo, che facciano guarire invece che fare
ammalare, che prendano sul serio invece di demoralizzare, che suscitino lo zelo
invece che frustrare, che capiscano la vera realtà delle cose invece di imporre
le loro soluzioni affrettate e aprioristiche, che siano pastori del gregge
invece che fustigatori implacabili, che siano allenatori esemplari invece che
freddi domatori.
2. PRESENZE E ASSENZE
■ Premesse: Le cose, che ho scritto sopra, non sono mera teoria, ma amara
realtà. Ricevo lettere di credenti tristi e disperati, che trattati
ingiustamente dai loro conduttori, non sanno più che cosa fare e chiedono
consiglio; ciò succede anche ad altri servitori e curatori d’anime. In vari
gruppi in Internet si leggono gli sfoghi di chi si trova sotto l’arbitrio di
conduttori tipo padri-padroni, freddi domatori, fustigatori autoritari e giudici
frettolosi. I seguenti esempi vogliono soltanto far riflettere, stimolare la
riflessione e aiutare al cambiamento.
Il seguente esempio è una lettera arrivata, tempo fa, a un altro credente e che
è comparsa anonima in un tema di discussione.
2.1. IL
CASO: «Mi è capitato, è vero, di non riuscire a volte a frequentare gli
incontri di chiesa. Ma non posso dire di averli abbandonati. Eppure non
riuscivo a credere a ciò, che ascoltavo dalla bocca del conduttore. M’invitava
con
severità alla frequentazione assidua degli incontri, mentre non si era
mai (sottolineo... mai) degnato di farsi vivo, durante i giorni
che ci dividono da una riunione all’altra. Non una telefonata, non una visita,
non un minimo d’interessamento alla mia situazione: stavo attraversando
un periodo molto particolare, in quanto la ditta, per cui lavoro, era in crisi e
il mio posto di lavoro era seriamente a rischio. Era come se l’unico momento,
deputato all’interessamento per i propri fratelli nella fede, fosse quello dei
raduni settimanali. Dopodiché c’era il vuoto. Cosa devo pensare? Ho mal
compreso io la vita di chiesa? Nutro delle eccessive aspettative?». {Adattato da
un testo riportato da Abele Longo}
2.2. LE
OSSERVAZIONI: Come si vede, il punto cardine è la valutazione di che
cosa sia la chiesa. La discrepanza è fra i raduni istituzionale e la vita
reale, fra la sala e la casa. Il conduttore rimprovera severamente il
membro per l’assenza a volte negli incontri in sala, senza interessarsi per le
motivazioni. Il membro rinfaccia (non osa farlo direttamente, ma solo in
tale lettera, in cui chiede consiglio) al conduttore la sua assenza nella vita
reale della chiesa. Al tempo del NT non c’erano sale di culto, ma le chiese e le
case coincidevano, poiché i credenti si radunavano nelle «chiese [= raduni] in
casa» (cfr. At 8,3; Rm 16,5; 1 Cor 16,19; Col 4,15; Flm 1,2). Essere «comunità»
non dev’essere soltanto limitata alle riunioni, essa è vita in unità dentro la
sala e fuori di essa. Gli incontri di chiesa non devono essere solo
limitati alla devozione e ai programmi, ma devono essere «famiglia spirituale»,
in cui si possa comunicare i propri affanni, essere capiti, ottenere conforto,
sostegno in preghiera e consiglio.
3. PROTETTORI O DENIGRATORI DEL GREGGE?
3.1. IL
CASO: Tempo fa mi ha scritto un credente e mi ha presentato il seguente
suo caso. Qui riporto solo il succo del suo discorso, sebbene riporto le sue
parole.
È un argomento un po’ delicato da affrontare, ma mi sento spinto a farlo, perché
ho visto in te del coraggio nell’affrontare situazioni simili.
Io e mia moglie siamo una coppia impegnata nella chiesa e collaboriamo in
alcuni ministeri. Abitualmente vengo anche chiamato fuori per i campi giovani.
Da un po’ di anni, crescendo nella conoscenza della Parola, ci siamo accorti che
i nostri conduttori usano dare la precedenza ai figli e parenti prossimi
nei ministeri, che affidano. Tuttavia, quello che più ci fa soffrire, è che
spesso veniamo accusati ingiustamente da loro; così facendo, a volte
rischiano anche di rovinare il nostro ministero fuori della chiesa.
Per farti capire meglio ti spiego un episodio significativo. Come già accennato,
vengo abitualmente invitato ai campeggi come collaboratore; stranamente
una volta non ero stato invitato: era uscito il programma e il mio nome non
c’era. Qualche giorno dopo, però, venni chiamato dal responsabile del campeggio;
egli mi disse che avrebbe avuto piacere d’invitarmi, ma prima avrei dovuto
parlare con i miei conduttori, poiché essi gli avevano comunicato di dover
chiarire qualcosa con me, prima che io potessi partecipare a quel
campeggio.
Quando avvenne tale incontro con i conduttori, essi mi dissero di aver riferito
al responsabile del campeggio che ero poco presente nelle riunioni di
chiesa, cosa che essi ritenevano fosse mancanza santo zelo. La cosa, che mi
meravigliò, era che in effetti in vari anni ero mancato soltanto a un culto
domenicale e a una riunione infrasettimanale, senza poterli avvisare, avendo
avuto dei problemi di salute. La cosa singolare era che per loro già questo
significava essere poco presente, e quindi colpevole.
Durante tale incontro, dopo averli ascoltati, feci loro presente che tale loro
comportamento era incomprensibile e anche biblicamente incoerente, visto che
essi mi avevano insegnato dal pulpito e anche a tu per tu che, se abbiamo
qualcosa da ridire su un fratello, dobbiamo farlo personalmente e non usando
altre vie. Questa mia affermazione li fece andare su tutte le furie, e fui
da loro accusato, tra altre cose, anche di essere impertinente.
Ora, le questione sono la seguente. Tali conduttori, così facendo, si
comportano
secondo le qualifiche scritte nel NT? Inoltre, dopo ogni incontro in chiesa,
invece di sentirci edificati, spesso torniamo a casa turbati e scoraggiati,
e così accade a gran parte della chiesa. Quale consiglio puoi darci a tale
proposito? Io e mia moglie stiamo pregando per questa situazione. Ammetto che ho
in cuore di lasciare questa chiesa, ma ho bisogno di un consiglio.
{Marzio Seppia, ps.}
3.2. LE
OSSERVAZIONI: Pur conoscendo abbastanza il contesto ecclesiale di tale
lettore, per me è difficile valutare tutta la situazione a 360 gradi, non
essendo sul posto e non potendo conoscere il punto di vista dei conduttori della
sua chiesa e di altri. Quindi, mi devo basare soltanto su ciò, che mi dice lui.
Ora, non dubito che egli abbia detto la verità, ma ho imparato che in cose del
genere esiste l’oggettiva «realtà delle cose», poi esistono varie ricostruzioni
o interpretazioni soggettive della realtà di tutte le parti in causa, che non
sempre coincidono con la prima.
Come già detto sopra, mi arrivano altre lettere simili alla sua e anche nelle
discussioni in Internet ricorrono temi del genere; quindi il problema esiste
nelle chiese. Come già anche ribadito, i rapporti fra conduttori e membri
non sono facili, né dal punto di vista dei primi, né degli altri.
■
Conduttori e collaboratori: Io ritengo che i collaboratori siano il
capitale migliore, che i conduttori possano avere e che, quindi, essi
dovrebbero valorizzarli e trattarli con cura.
I
favoritismi non sono buoni nella chiesa locale, né è certo bello sentirsi
accusati ingiustamente. Inoltre, i conduttori dovrebbero difendere i loro
collaboratori dinanzi a terzi, non rendersi essi stessi strumenti di
denigrazione nei loro confronti. Se vogliono rivestire tale ministero di guida
ed essere efficaci, i conduttori dovrebbero mostrare sempre le seguenti
qualità: integrità morale, irreprensibilità, equilibrio e imparzialità.
Se le cose sono veramente accadute così tra il responsabile di tale campeggio
e uno o più conduttori della comunità di tale lettore, ciò è certamente un
capitolo oscuro, che non fa onore. Se poi il motivo è, come egli dice, di
essersi
assentato un paio di volte in vari anni e per malattia, mi sembra abbastanza
singolare come argomentazione per credere qualcuno colpevole e mancante di santo
zelo! Se questo era per loro un motivo di inquietudine, come pastori del gregge
potevano venire a chiedergli la ragione e potevano chiarire insieme le
cose. Inoltre, di queste cose non bisogna parlare a quelli di fuori, col rischio
di rovinare la reputazione di un collaboratore, che vuole servire.
■ Pastori utili e disutili: Se le cose sono veramente accadute così a
tale incontro istituzionale, tali conduttori sono stati poco saggi e poco
pastorali. I principi della Parola valgono per tutti, e i conduttori devono
essere
l’esempio per il gregge. La «legge di Cristo» non può essere uguale per
tutti e per alcuni «più uguale». Chiunque riconduca alla Parola di Dio con
rispetto, non diventa per questo «impertinente». Conduttori, che danno
sfogo all’ira, non sono irreprensibili. I conduttori devono mitigare, non
provocare all’ira: devono essere pompieri e non attizza fuoco, devono
mettere sulla piaga olio e non aceto. Inoltre, se hanno sbagliato, devono
sottomettersi al Signore e riconoscerlo. Visto che il Signore è presente a tali
incontri, non è una «etichetta» ministeriale a proteggerli o a dare loro
autorità da parte di Dio, se sono in errore.
I conduttori sono tali, se pasturano il gregge, se edificano e
incoraggiano, dando come pastori al gregge ciò, che necessitano. L’apostolo
Pietro diede al riguardo chiare indicazioni: «Pascete
il gregge
di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma
volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non
come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge»
(1 Pt 5,2s). Qui ci sono tutti gli elementi, ad esempio quelli che ho
evidenziato.
■
Valutazioni umane e diagnosi celeste: A un
conduttore delle sette chiese dell’Asia, il Signore mandò a dire per iscritto,
che se non si ravvedeva, Egli avrebbe rimosso il candelabro (la chiesa
locale; Ap 1,20; 2,1.5). A un altro gli mandò a dire che egli aveva nome di
vivere, ossia era cristiano solo di nome, ma di fatto era «morto», ossia
spiritualmente spento (Ap 3,1). A un altro mandò a dire che era «infelice
fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo»
(Ap 3,17), ossia spiritualmente un poveraccio, sebbene si considerasse in
cima all’onda, compiaciuto e pasciuto. Non è inverosimile che il Signore, oltre
a togliere il candelabro, decida di togliere dal suo posto chi è
(diventato) conduttore solo di nome.
■ Cambiare comunità?: È difficile dire a questo
lettore che cosa egli possa fare o debba fare. Come detto non sto lì sul
posto, per poter valutare oggettivamente le cose. Posso capire la loro
insofferenza (come quella di altri lì) e la loro galoppante «nevrosi
ecclesiogena», che è causa poi di disturbi psicosomatici. Il rischio è che
escano da una comunità e rimangono in bilico, senza famiglia spirituale,
e che gli eventi poi travolgano la loro fede. In tali casi, consiglio di
essere saggi, ponderati, cauti, ecc.; a volte, la soluzione potrebbe
diventare peggio del problema. In casi del genere, bisogna valutare se non si
possa e voglia ancora aspettare con una scelta così radicale, per pregare e
prendere una decisione a mente fredda.
In tali casi, se poi si
arriva veramente al punto di dover cambiare comunità, bisogna agire con
discernimento. Consiglio di
prendere un appuntamento con un conduttore della chiesa locale, dove si
vuole andare, a cui si può presentare la questione e a cui chiedere un consiglio
fraterno. Dio potrebbe usarlo per dare quella luce, di cui si necessita. Poi, se
egli fosse disposto ad accettare in comunione tali credenti, se proprio faranno
tale passo, essi dovranno comunicarlo in modo saggio e giusto ai
conduttori della loro attuale comunità e alla chiesa, evitando contrapposizioni
dolorose e di scandalizzare gli animi dei fratelli.
■
Resistenza cristiana: In casi del genere,
consiglio di pensarci bene, di agire con calma e ponderazione, di farsi guidare
dal Signore. Si tenga pure a mente l’eventualità di disporsi a soffrire
un’ingiustizia (cfr. 1 Pt 3,14), al momento, aspettando che il Signore
giudichi la situazione, innalzando l’innocente e umiliando il colpevole. Se,
poi, proprio si vuole cambiare comunità, lo si faccia nel momento migliore
e non in quello peggiore.
►
Comportamenti erronei di
conduttori verso i membri? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Conduttori_membri_UnV.htm
04-06-2012; Aggiornamento:
25-07-2016 |