1. GLI
ASPETTI BIBLICI: È chiaro che una tale ingiunzione non esiste nella
Bibbia. Tuttavia, leggiamo cose del genere nel rapporto fra padri e figli: «Padri,
non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino» (Col 3,21). «E
voi, padri, non provocate a ira i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e
nell’esortazione del Signore» (Ef 6,4).
Si tratta del rapporto fra chi sta in autorità e chi è guidato. Nei libri
sapien-ziali il rapporto fra maestro e discepolo è spesso descritto come
quello fra padre e figlio (cfr.
Pr 4,1; 5,7; 7,24); così fece anche la Sapienza personificata verso i
suoi seguaci (Pr 8,32). Gesù chiamò «figli» i suoi discepoli (Mc 10,24;
Gv 13,33; 21,5). Anche gli apostoli fecero così verso i loro discepoli (1
Tm 1,2; Tt |
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1,4; Flm 1,10; 1 Pt
5,13; 1 Gv 2,1.12.28; 3,7.18; 4,4; 5,21). Come
accade nel rapporto fra padri e figli naturali, l’eventuale comportamento
autoritario, caustico e umiliante dei conduttori
di chiesa può scoraggiare i membri o creare in loro irritazione, che si traduce
poi in una loro perdita di rispetto e in ribellione.
Non è un caso che Paolo consigliò ai suoi collaboratori la seguente condotta
verso i credenti: «Non riprendere aspramente l’uomo anziano, ma esortalo
come un padre; i giovani, come fratelli; le donne anziane, come madri; le
giovani, come sorelle, con ogni castità» (1 Tm
5,1s). Pietro paragonò il ministero dei conduttori a quello dei
pastori di pecore, che guidano il gregge per il bene dei loro protetti e in
sintonia col sommo Pastore (1 Pt 5,1-4). Egli
mise l’enfasi sul fatto che i conduttori debbano essere motivati dalla
volontarietà, dal buon animo e dal vivere in modo
esemplare rispetto al gregge, cose che poi suscitano gli stessi atteggiamenti
nei membri delle loro assemblee.
I vari atteggiamenti dei conduttori rispetto ai membri delle loro chiese furono
descritti da Gesù nelle sue sette lettere ai conduttori delle chiese
dell’antica provincia romana Asia (Ap 2-3). Qui la condotta morale e il
comportamento spirituale delle guide condiziona la vita dei credenti e il
destino di quella assemblea. Il classico esempio negativo di un conduttore
monocratico e autoritario fu descritto da Giovanni riguardo a Diotréfe.
Egli cercava di avere il primato fra il resto dei credenti (3 Gv 1,9), agiva a
suo arbitrio nella chiesa, non ricevendo Giovanni e quelli con lui, sparlava
contro di loro con parole maligne e cacciava fuori della chiesa tutti coloro,
che volevano ospitare i credenti forestieri (v. 10).
2.
CONDUTTORI IRRITANTI: Ogni tanto mi scrivono credenti, che sono stati
rimproverati aspramente dai conduttori per cose da nulla o perché sarebbero
usciti, benché minimamente, dagli usuali schemi cultuali.
Questo è stato, ad esempio, il caso, in cui durante il culto un credente ritenne
opportuno di indirizzare un incoraggiamento
pubblico a un altro credente, che stava nella malattia e nella sofferenza. Uno
dei conduttori convocò tale credente nel «consiglio di chiesa» e lo riprese
dinanzi agli altri, ritenendo che si fosse comportato in modo irriverente
verso Dio, sì irrispettoso, se non addirittura da sacrilego, poiché durante il
culto avrebbe fatto passare l’attenzione da Dio agli uomini!
Personalmente rimango sbigottito come un atto di riguardo verso un
credente sofferente possa essere considerato irriverenza o un atto sacrilego. Si
vede che tale conduttore non sappia bene che cosa siano nella Bibbia
irriverenza, mancanza di rispetto, sacrilegio o blasfemia. Egli avrebbe dovuto
coprire tutto col manto dell’amore, ma pretese di trattare una «pulce» come se
fosse stato un «elefante», creando un inutile processo, che umiliò e scoraggiò
tale credente e gli altri, che erano venuti a saperlo. In tal modo, tale
conduttore mostrò solo come avesse usato poca sapienza e poco discernimento,
irritando gli animi, pur di far valere la sua presunta «autorità».
In casi del genere, se i conduttori usassero un po’ più di buon senso,
misericordia e comprensione, potrebbero coprire tutto col manto dell’amore e
della longanimità; e, così facendo, potrebbero impedire di inacerbire i fratelli
e di mettere a rischio la propria assemblea. Se per cose del genere i conduttori
impongono la loro ragione rispetto alle pecore, rischiano di scoraggiare il
gregge, che è stato loro affidato (1 Pt 5,2s), e di creare frustrazioni e
irrimediabili lacerazioni. Chi ci perde in tali casi? Chi ci guadagna?
3. LA
MEDICINA NECESSARIA: Un credente, che ne incoraggia pubblicamente un
altro, che sta attraversando un periodo di malattia,
è cosa buona, nobile e salutare. Noi lo faremmo senz’altro nella nostra
comunità. Io stesso, come conduttore, lo farei, senza aspettare che lo
facciano gli altri. Magari, proprio durante il culto d’adorazione, se abbiamo
appena letto e meditato un brano biblico o abbiamo cantato un inno, in cui
ricorrono certi elementi adatti al caso, non esiterei a incoraggiare brevemente
da parte del Signore un tale credente sofferente! Così non si toglie nulla a
Dio, per darla agli uomini, ma si mette in pratica il comandamento del Signore
riguardo all’amore per i fratelli (Gv 13,34), l’ingiunzione a portare i pesi dei
fratelli (Gal 6,2) e le direttive a fare tutto per l’utile comune (1 Cor 12,7) e
per la reciproca edificazione (Rm 14,19;
15,2).
La medicina a ogni grettezza d’animo si chiama «realismo», che sa
guardare alle proporzioni delle cose. Poi, si necessita di un balsamo, che la
Scrittura chiama «compiacimento»; esso alimenta la comunione, poiché
ingrassa gli ingranaggi. «Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, a
scopo di edificazione» (Rm 15,2). Qui i
conduttori devono dare l’esempio. «Così come anch’io compiaccio a tutti in
ogni cosa, cercando non l’utile mio ma quello dei molti, perché siano salvati»
(1 Cor 10,33).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Cond_irrita_EnB.htm
10-01-2015; Aggiornamento: 21-12-2015 |