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La questione della lettrice
Vorrei sapere
che cosa dice la Scrittura dell’anziano unico (affiancato ovviamente dal
collegio dei diaconi). Se la chiesa non riesce a riconoscere più di un anziano
all’interno della comunità, si è in una posizione biblicamente sbagliata?
Bisognerebbe indicarne comunque un altro, nonostante non ci sia nessun in grado
o che voglia rivestire questo ruolo? {Gaia Cardelli, ps.; 29-06-07}
La risposta ▲
Avviene
abbastanza spontaneo proiettare la propria situazione ecclesiale o il modello
del gruppo o movimento d’appartenenza nei testi biblici (p.es. luogo e modo di
raduno, liturgia, conduzione, partecipazione, gestione della comunità); ma
questo porta con sé molti rischi per gli effetti che ciò comporterà per la
gestione pratica delle chiese locali. L’approccio dottrinale tende ad appiattire
la molteplicità delle manifestazioni presenti nel NT a un’unica espressione,
semplificando tutto a una sola logica, che è spesso la convenzione della propria
chiesa o del proprio movimento. L’approccio esegetico invece analizza i testi
rispettando la varietà delle espressioni e le rappresenta per quello che sono.
Ad esempio, nelle città al tempo del NT ci si radunava in varie chiese in casa
(cfr. At 8,3 «Saulo devastava la chiesa, entrando di casa in casa»). Esse
erano in genere ospitate da chi le guidava (Rm 16,5; 1Cor 16,19 «chiesa che è
in casa loro») e nello stesso luogo ce ne potevano essere, quindi, diverse
(Colosse: Col 4,15 «chiesa che è in casa sua»; Flm 1,2 «chiesa che è
in casa tua»). Non ci si radunava, quindi, in piccoli o grandi locali di
culto, che allora non esistevano. Diverse volte durante l’anno, quando la
disponibilità di qualcuno (p.es. chi possedeva un podere), l’occasione (visita
di un fratello itinerante; cfr. At 20,6s) e le circostanze politiche lo
permettevano, ci si radunava en ekklesia, ossia come assemblea generale
di quel luogo (cfr. 1 Cor 11,18; 14,23). Paolo scrisse: «Gaio… ospita me e
tutta la chiesa» (Rm 16,23). Tutto ciò vuole mostrare che dobbiamo stare
attenti quando pensiamo che le nostre convenzioni ecclesiali corrispondano a
quelle delle chiese del primo secolo. Quale chiesa locale sopporterebbe
oggigiorno un fratello itinerante che di sabato parla dal tramonto a mezzanotte
(At 20,7) e, dopo una pausa forzata, continua fino all’alba (v. 11)?
Al tempo del NT si svilupparono almeno due tipi di conduzione in conformità alla
cultura ebraica e a quella ellenistica. Nelle chiese giudaiche si preferiva
avere in genere un consiglio di anziani. Bisogna però partire sempre dal fatto
che i luoghi di raduno erano le case (At 2,46). Immaginarsi che 3.000 o 5.000
persone potessero radunarsi in un proprio locale di culto a Gerusalemme,
è anacronistico e politicamente impossibile. All’inizio i 12 apostoli erano
anche le guide della chiesa, poi — aumentando i problemi — furono affiancati da
sette uomini (At 6; non erano diaconi, ma i futuri anziani), successivamente si
parla anche di anziani (At 15,2.4.6.22s; 16,4) e, dopo che tutti gli apostoli
andarono in missione, rimasero Giacomo e gli anziani (At 21,18). Riguardo alle
chiese della Giudea si parla di anziani al plurale (At 11,30; Gcm 5,14; 1 Pt
5,1.5).
In At 6 fu la chiesa che propose i sette fratelli, corrispondenti alle qualità
richieste, e gli apostoli li consacrarono a tale ministero (vv. 3.6). Nelle
situazioni missionarie era il missionario fondatore (o apostolo) che riconosceva
gli anziani in un luogo (At 14,23; si tenga presente la realtà delle chiese in
casa!) o mandava successivamente un membroo della sua squadra a farlo (Tt 1,5).
Gli anziani di Efeso furono convocati a Mileto dal missionario fondatore
(Paolo), durante un suo viaggio missionario (At 20,17).
Che gli anziani e gli episcopi (sorveglianti) fossero identici è chiaro (cfr. At
20,17 con v. 28; cfr. Tt 1,5 con v. 7). Nei brani in cui Paolo istruì i suoi
collaboratori sui criteri per scegliere gli episcopi, non mise l’enfasi sul
numero, ma sulle loro qualità (per gli uni sono prerequisiti
minimi, per altri ottimali a cui protendere).
Che sia esistito un «collegio degli anziani» non si può trarre da 1 Tm
4,14 poiché questo brano non ha «collegio» in greco. Il termine presbytérion
qualifica qui lo stesso Paolo nella sua «anzianità o privilegio di anziano», con
la quale ha imposto le mani a Timoteo, come lo espresse anche in 2 Tm 1,6. Non è
un caso che alcuni manoscritti hanno qui non presbytériou
«dell’anzianità» ma presbytérou
«dell’anziano». In ogni modo, presbytérion significava in greco anche
«privilegio per anzianità, privilegio di anziano».
La società greca, diversamente da quella giudaica, abituata al Sinedrio,
preferiva la guida monarchica. Mentre le chiesa giudaiche, in analogia con le
sinagoghe, riprodussero localmente una specie di «sinedrio» o «collegio di
anziani», le chiese greche preferirono in genere la figura unica, circondata da
collaboratori. A ciò si aggiunga che le qualità richieste agli episcopi erano
alte. Non era un caso che, quando Giovanni scrisse l’Apocalisse, il Signore Gesù
indirizzò sette lettere a sette diversi conduttori di chiesa (Ap 2s). Che li
chiamasse singolarmente «anghelos
della chiesa ***», non era nulla di strano, poiché questo termine significava
«inviato, messaggero, ambasciatore, rappresentante, responsabile». La guida di
tali chiese dell’Asia Minore era chiaramente monocratica.
Qui non sto esprimendo le mie preferenze, che sono chiaramente per un «collegio
di conduttori», i quali posseggano tutti i prerequisiti biblici e cioè in modo
chiaro e ottimale. Sto solo portando dei fatti storici ed esegetici.
Quando le chiese
giudaiche alla fine del primo secolo divennero minoritarie, lo divenne anche il
modello di conduzione collegiale. Non è un caso che già nel secondo secolo il
modello di guida monocratica fosse quello più usuale.
È chiaro che qualunque tipo di guida, sia collegiale sia monocratica, porta con
sé dei pericoli. Fare degli «anziani di paglia» pur di avere un «collegio» o un
«consiglio», significherà tanta sofferenza per tale chiesa. Nel male minore tale
chiesa locale sarà tenuta continuamente in stallo e in una continua situazione
di contrasto; nel caso peggiore si spaccherà per motivi apparentemente
«biblici», «dottrinali» o «spirituali». Nei casi negativi, avere una guida
monocratica può significare, a volte, detto con un’illustrazione, di avere un
«addomesticatore» invece che un «allenatore».
La cosa migliore è che, quando c’è un solo conduttore in una chiesa locale, egli
si circondi di un «consiglio di chiesa», costituito dai diaconi o dai più
stretti collaboratori.
La chiesa locale deve riconoscere tutti i conduttori che corrispondano
chiaramente ai prerequisiti richiesti dalla Scrittura (1 Tm 3; Tt 1),
indipendentemente dal loro numero. Riconoscere «conduttori di paglia»,
ossia persone che non hanno le chiare qualità richieste ma per avere un
«collegio», è il male peggiore che si possa fare al conduttore, che ha tali
prerequisiti, e altresì alla stessa chiesa locale.
Chi non è in grado di fare la guida di chiesa o non sente tale chiamata, sarà
una palla al piede di chi è legittimato dalla Scrittura a fare il conduttore,
sarà causa di molte sofferenze nella chiesa e, rivestendo di «dottrina» le sue
posizioni carnali, porterà tanto male sul gregge e sulla testimonianza. Si salvi
chi può da chi biblicizza o spiritualizza la propria carnalità!
Tali «conduttori» facciano prima l’esame di guida! Una volta messi in sella, chi
li farà smontare dal cavallo? Diotrefe è una lezione abbastanza eloquente nel NT
(3 Gv 1,9s). Imitarlo sarebbe fatale.
Motto: «Conduttori di paglia creano sempre grandi incendi nelle chiese».
Per l’approfondimento cfr. in Nicola Martella (a cura di),
Uniti nella verità, come affrontare le diversità (Punto°A°Croce, Roma 2001),
«Caratteristiche di una conduzione funzionale» (Nicola Martella), pp. 37-44;
«I veri motivi di molte divisioni» (Augusto Melini), pp. 112-115. |
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Per forza un collegio di anziani? Parliamone
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Collegio_anziani_UnV.htm
30-06-07; Aggiornamento: 22-07-2008 |