Nel Decalogo , la Costituzione
della teocrazia d’Israele, è scritto: «Non ti fare scultura alcuna né
immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o
nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servire
loro, perché io, l’Eterno, il tuo Dio, sono un Dio geloso che
punisco l’iniquità dei padri sui figli
fino alla terza e alla quarta generazione
di quelli che m’odiano, e uso benignità fino alla
millesima generazione, verso quelli
che M’amano e osservano i miei comandamenti» (Esodo 20,4ss).
Abbiamo
visto nell’articolo «Maledizioni
generazionali e genetica» che alcuni, partendo da testi come
questi, ipotizzano una sedicente «maledizione generazionale», sebbene ciò sia
tutt’al più una «punizione generazionale». Come abbiamo preso atto, poi,
alcuni incrociano tali dati biblici con elementi, veri o presunti, della
biologia e particolarmente della genetica. Inoltre, in alcuni ambienti
ecclesiali, specialmente di tipo carismaticista, da tale convenzione dottrinale
alcuni traggono la prassi di «spezzare» tale presunta «maledizione
generazionale» imponendo le mani a chi si converte o facendole imporre da
determinati «uomini di Dio», ossia da predicatori carismaticisti ritenuti
particolarmente «unti». Tale prassi generalizzata dell'imposizione delle mani —
che sconsigliamo se non ci sono vere, oggettive e tangibili prove (p.es. in caso
di evidente demonizzazione e legame occulto) — alimenta solo il potere e il
narcisismo di tali uomini e la dipendenza da loro. Chi ritiene di avere problemi
particolari, si rivolga ai propri conduttori (Gcm 5,14ss).
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul
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sottostante
1.
{Pier Vittorio De Zorzi}
▲
Sono profondamente convinto che la
frase sulla maledizione generazionale [Esodo 20,4ss, N.d.R.] abbia un mero
significato intimidatorio, non di minaccia; e sono ancora più convinto che Dio
Padre Onnipotente non abbia mai punito, non punisca, né mai punirà
chicchessia; men che meno chi erediterebbe la colpa dai propri antenati!
Dio dà
soltanto cose buone; il male proviene da sé stessi o dal maligno! L’inferno
non è un castigo divino, ma il traguardo a cui andremo incontro solo per nostra
scelta. Certamente, nessuno sceglierebbe l’inferno, come destinazione finale, ma
chi avrà sempre rifiutato il Creatore, comportandosi sempre in conflitto con i
Suoi Comandamenti, avrà scelto automaticamente quella destinazione! Fermo
restando che la decisione ultima spetta sempre a LUI!
Quindi,
smettiamola di credere che Nostro Signore ci «punisca» qui, in questo percorso
terreno, mandandoci
malattie e disgrazie d’ogni genere: la nostra destinazione finale è quella
che Lui vuole per noi: la felicità eterna! Provvederemo a curare gli eventuali
mali che ci affliggano, o affrontare con rassegnazione quelli che non ci sarà
possibile curare.
Ricordiamoci
anche che, se è vero che la medicina ha fatto passi da gigante, in questi ultimi
tempi, la strada che deve ancora percorrere è molto più lunga di quella percorsa
fino a ora. invece: preoccupiamoci di pregare, di far del bene e di comportarci
secondo i Suoi Comandamenti e le raccomandazioni di Gesù! Chi ha letto, abbia la
benedizione di Dio Padre Onnipotente {23 febbraio 2009}
2.
{Nicola Martella}
▲
Qui di seguito
rispondo al contributo precedente. Questo
lettore è un cattolico militante. [►
Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1
(10° contributo)] Fermo restando che Esodo 20,4ss non parla di una
«maledizione generazionale», ma di «punizione generazionale», non si può
evincere con l’esegesi biblica un teorema sulla teodicea (= difesa di
Dio), secondo cui «Dio Padre Onnipotente non avrebbe mai punito, non punisca, né
mai punirà chicchessia». Contro tale affermazione ci sono numerosissimi brani
nella Legge mosaica, nei libri profetici e descrizioni di giudizi storici,
venuti per disposizione chiara di Dio. Il profeta Amos annunciava riguarda
all’assedio di Samaria e di Gerusalemme per mano degli Assiri: «La tromba
suona essa in una città, senza che il popolo tremi? Una sciagura piomba essa
sopra una città,
senza che l’Eterno ne sia l’autore?» (Am 3,6). Fu Dio a mandare
l’Assiria quale strumento della sua indignazione verso il suo popolo ribelle
(Isaia 10,5).
L’espressione «io punirò» si trova in 29 brani della Scrittura: Lv 18,25
iniquità; Sal 89,32 «la loro trasgressione con la verga e la loro iniquità
con percosse»; Is 10,12 il re d’Assiria; 13,11 «il mondo per la sua
malvagità, e gli empi per la loro iniquità»; Gr 9,25 tutti i circoncisi;
21,14 gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme; 23,2 i capi; 23,34 profeta,
sacerdote e popolo; 25,12 Babilonia e il suo re (50,18; 51,44); 27,8 nazioni e
regni; 29,32 Scemaia, il Nehelamita, e la sua progenie; 30,20 gli oppressori di
Giuda; 36,31 «Joiakim, re di Giuda, la sua progenie e i suoi servi»;
44,13.29 «E punirò quelli [= i Giudei] che dimorano nel paese d’Egitto, come
ho punito Gerusalemme con la spada, con la fame e con la peste»; 46,25 «Amon
di No, Faraone, l’Egitto, i suoi dèi, i suoi re, Faraone e quelli che confidano
in lui»; Os 1,4 la casa di Jehu, re d’Israele; 2,13 Israele; Am 3,2 gli
Israeliti; 3,13 Israele e il suoi altari di Bethel; Sf 1,8 «tutti i principi
e i figliuoli del re, e tutti quelli che indossano vesti straniere»; 1,9 i
superstiziosi idolatri; 1,12 i blasfemi; Zc 10,3 i capi iniqui.
Anche in retrospettiva Dio affermò dei suoi passati giudizi: «…quando
quelli della casa d’Israele abitavano il loro paese, lo contaminavano con la
loro condotta e con le loro azioni; la loro condotta era nel mio cospetto come
la impurità della donna quand’è impura. Cosicché io riversai
su loro il mio furore a motivo del sangue che avevano sparso sul paese, e
perché l’avevano contaminato coi loro idoli; e
li dispersi fra le nazioni, ed
essi furono sparsi per tutti i paesi; Io
li giudicai secondo la loro condotta e secondo le loro azioni» (Ez
36,17ss). Si vedano anche i brani in cui Dio afferma di aver già colpito in
passato (Gs 24,5; Is 57,17; Gr 2,30; Am 4,9; Ag 2,17).
Non era un caso che Dio veniva chiamato «l’Eterno degli eserciti» (in 247
versi), ossia il Dio della storia che interviene mediante i suoi eserciti per
punire uomini e nazioni, quando la loro malvagità arrivava al colmo. Egli viene
chiamato il «giudice di tutta la terra» (Gn 18,25) o con simili espressioni (Sal
94,2). Viene affermato che giudicherà il suo popolo, le nazioni e gli estremi
confini della terra con pensanti sanzioni, distruzioni e piaghe contro i suoi
avversari impenitenti (1 Sm 2,10; Sal 9,19; Gle 3,12ss); Egli sarà anche il
giudice supremo giusto e retto su tutto e tutti, specialmente alla fine dei
tempi (Sal 7,8; 9,8; 67,4; 82,8; 96,10.13; 98,9; Is 2,4; 3,13; 51,5; Mi 4,3),
cosa che si trova anche nel NT (Ap 11,18; 15,4).
Resta quindi la scelta, se vogliamo conoscere Dio così come si presenta nella
sua Parola oppure se vogliamo farci un «Dio a nostra immagine». Il primo
soccorrerà e salverà chi lo teme e lo invoca, il secondo no. Possiamo avere
un’idea romantica di Dio, ma essa non deve corrispondere per forza alla realtà.
Il libro dell’Apocalisse
mostra il furore di Dio contro coloro che rifiuteranno la sua grazia e
persevereranno nella loro iniquità: «Le nazioni s’erano adirate, ma
l’ira tua è giunta, ed è giunto il
tempo di giudicare i morti, di dare
il loro premio ai tuoi servitori, i profeti, e ai santi e a quelli che temono il
tuo nome, e piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra» (Ap 11,18).
Riguardo al Messia Gesù si parla allora anche dell’«ira
dell’Agnello; perché è venuto il gran giorno della sua ira» (Ap
6,16s). Si aggiunge: «Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e ne
prende il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà anch’egli del
vino dell’ira di Dio, mesciuto puro
nel calice della sua ira: e sarà
tormentato con fuoco e zolfo nel
cospetto dei santi angeli e nel cospetto dell’Agnello. E il fumo del loro
tormento sale ne’ secoli dei
secoli; e non hanno requie né giorno né notte quelli che adorano la bestia e la
sua immagine e chiunque prende il marchio del suo nome» (Ap 14,9ss; v. 19
gran tino dell’ira di Dio). Per «l’ira di Dio» si veda ancora Ap 15,1.7;
16,1.19; 19,15 ardente ira dell’Onnipotente Dio.
L’inferno, o meglio, lo «stagno ardente» o «stagno di fuoco», è la
destinazione dopo un processo che accerta le colpe oggettive: «E se qualcuno
non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco»
(Ap 20,15; cfr. 21,8). È stato Dio a preparare tale «fuoco eterno» per il
diavolo e per i suoi angeli, ma sarà anche la destinazione dei «maledetti» (Mt
25,41; in contrapposizione ai «benedetti del Padre mio» del v. 34).
Sebbene ci siano molte cause per malattie e disgrazie, non si può
restringere tutto al caso e alla contingenza. Chi ama la verità che rende
liberi, deve prendere atto che durante il corso della storia Dio ha colpito con
malattie e disgrazie singoli, gruppi e popoli. Egli non è lo «zio buono», che
sta bonariamente a guardare mentre infrangono i suoi comandamenti, ma è
l’Onnipotente e un «Dio santo». È scritto quindi: «E l’ira dell’Eterno
s’accese contro Uzza;
Dio lo colpì qui per la sua
temerità, ed egli morì in quel luogo presso l’arca di Dio» (2 Sm 6,7; 1 Cr
13,10). Riguardo al’empio re Jehoram, Dio mandò a dirgli per iscritto mediante
una lettera di Elia: «Ecco, l’Eterno
colpirà con una gran piaga il tuo popolo, i tuoi figli, le tue mogli, e
tutto quello che t’appartiene; e tu avrai una
grave malattia, una malattia
d’intestini, che s’inasprirà di giorno in giorno, finché gl’intestini ti vengano
fuori per effetto del male… Dopo tutto questo
l’Eterno lo colpì con una malattia
incurabile d’intestini» (2 Cr 21,14s.18s). Si può anche pensare alla fine
che fecero Anania e Saffira, quando mentirono allo Spirito Santo (At 5,3ss).
La cosa da evitare è certamente di vedere in tutto un teorema preconfezionato
riguardo a una punizione divina o di trincerarsi dietro a una presunta
«maledizione generazionale», che poi il «potente unto carismaticista» di turno
sarebbe in grado di spezzare. Ci sono malattie e disgrazie che accadono perché
ci troviamo in un mondo imperfetto; altre Dio le permette «affinché le opere
di Dio siano manifestate» (Gv 9,2s). Il nostro compito è chiaramente di
pregare, sostenere, aiutare, lenire e curare infermi e sfortunati.
3.
{Franco Masini}
▲
La mia risposta è semplice. Vediamo che la Bibbia contiene un po’ la sequenza
vitale del popolo ebraico (e di riflesso dell’umanità intera) e in particolare
s’assume l’onere di dare agli Ebrei leggi capillari di comportamento per il loro
vissuto anche domestico e giornaliero. Visto ciò, penso che la «maledizione
generazionale» sia un po’ come un campanello d’allarme che suona quando magari
per gioco ci s’avvicina a una sorella (o fratello) con intenzioni men che pure.
Questo fatto, com’è noto, significherebbe per la discendenza la reale
possibilità (l’ha spiegato molto bene il biologo dalle stesse pagine
dell’articolo) di procreare figli malati e ciò viene ravvisato anche in altre
situazioni (cugini, e parenti stretti in genere). Quindi a parer mio, la
«maledizione generazionale» non è altro che un dettato della Bibbia per il
popolo ebraico in genere e per l’umanità in particolare per ravvisare la
possibilità d’un pericolo generazionale. Grazie e arrivederci… {23 febbraio
2009}
4.
{Nicola Martella}
▲
Questo si riallaccia a quanto già detto sopra. Abbiamo visto che più che parlare
di «maledizione generazionale», si dovrebbe parlare di «punizione
generazionale». Pur non essendo Davide «maledetto», ma anzi benedetto dal
Signore con la sua progenie a causa delle promesse del patto elargitogli da Dio
(2 Sm 7; Mc 11,10; Is 55,3; At 13,34), ciò non evitò una «punizione
generazionale», quando Dio fece morire il figliolo nato dal rapporto adulterino
con Batšeba (2 Sm 12,14ss).
Similmente in Israele i rapporti adulterini fra un
uomo e la cognata
sarebbero stati colpiti da Dio con la sterilità o con la morte della prole (Lv
20,21); si trattava di riti orgiastici in onore di Molok. Nel paganesimo i
rapporti fra parenti stretti erano usuali, così pure i matrimoni fra fratelli e
sorelle, ad esempio nella famiglia del Faraone, che così facendo credeva di
preservare il sangue regale, che si credeva di origine divina.
In ogni modo, come già spiegato, si farebbe del tutto
bene a evitare l’espressione «maledizione generazionale». È scritto che, quando
Amazia cominciò a regnare in Giuda, «fece morire quei servi suoi che avevano
ucciso il re suo padre; ma non fece morire i figli degli uccisori,
secondo che è scritto nel libro della legge di Mosè, dove l’Eterno ha dato
questo comandamento: “I padri non saranno messi a morte a motivo dei figli, né i
figli saranno messi a morte a motivo dei padri; ma ciascuno sarà messo a morte a
motivo del proprio peccato”» (2 Re 14,5s). Ciò venne ribadito anche in
seguito da Dio (Gr 31,29s; Ez 18,2ss).
Sebbene i genitori possano trascinare nelle loro
disgrazie i figli, bisogna usare su tale tema discernimento e moderazione
riguardo a ciò che fa Dio, quando attua una «punizione generazionale», senza
generalizzare e fare di tutta l’erba un fascio.
5.
{Volto Di Gennaro}
▲
Caro Nicola, il
Signore ci benedica! La famosa maledizione in qualche modo tra origine da colui
che in primis odia il Signore, ovvero che nutre avversità profonda verso Dio.
Dal loro odio ha origine la loro maledizione che ricadrà su loro stessi.
Essi sono autori della loro stessa condanna. Per dirla in breve sono dello
stesso spirito di Amalek. Quell’odio viene iniettato nella (povera) progenie, la
quale ne subisce gli effetti devastanti a patto che la progenie stessa la
condivida. Se la progenie (come accade) non condivide l’odio verso Dio, non
«odia» il Signore, si distacca dalla maledizione stessa e comincia a partecipare
alla benedizione. Inizia un nuovo principio di benedizione, se teme
Dio e lo ama. Ti saluto caramente nel Signore. {24 febbraio 2009}
6.
{Nicola Martella}
▲
Qualcosa di simile
si vede nell’editto di Dio contro gli Ammoniti e i Moabiti, a causa
dell’avversità avuta verso Israele (loro popolo-parente) durante la migrazione
verso la Terra promessa. «L’Ammonita e il Moabita non entreranno
nell’assemblea dell’Eterno; nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima
generazione, entrerà nell’assemblea dell’Eterno; non v’entreranno mai, perché
non vi vennero incontro col pane e con l’acqua nel vostro viaggio, quand’usciste
dall’Egitto, e perché salariarono a tuo danno, Balaam figliuolo di Beor, da
Pethor in Mesopotamia, per maledirti» (Dt 23,3s). Questo è l’editto che
prevede la sanzione generale. Non è lanciata però una maledizione specifica
verso di loro né si trova mai una maledizione contro di loro in tutto l’AT.
La sanzione generale non impediva la conversione di Ammoniti e Moabiti
all’Eterno. Infatti vediamo la conversione di Rut, la Moabita: «…il
tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio…» (Rt 1,16). La
gente di Betlemme l’accolse, pur sapendo che era Moabita (Rt 1,22; 2,6). Boaz
non ebbe difficoltà a sposarla (Rt 4,5.10). Rut divenne addirittura progenitrice
del Messia.
Fra gli uomini forti valorosi di Davide c’erano anche Zelek, l’Ammonita
(2 Sm 23,37; 1 Cr 11,39) e Ithma, il Moabita (1 Cr 11,46). Roboamo,
figlio di Salomone e re di Giuda, aveva come madre Naama, l’Ammonita (1 Re
14,21.31; 2 Cr 12,13).
Al tempo di
Nehemia, sulla base di Deuteronomio 23,3s, i reduci separarono da Israele
ogni elemento straniero, ossia tutto ciò che era pagano e rimaneva tale (Ne
13,1ss). L’esempio ad hoc è Tobia, con cui uno dei sacerdoti si era
imparentato e a cui aveva dato particolari privilegi (vv. 4s); egli è chiamato
«il servo Ammonita» (Ne 2,10.19) ed era uno degli acerrimi nemici di Nehemia e
della sua opera di ricostruzione. Il problema non stava nel fatto che Tobia
fosse Ammonita, ma che fosse pagano e un avversario dell’opera di Dio (Ne 2,19s;
4,3).
7.
{Immanuel Martella}
▲
Al riguardo mi viene in mente Ezechiele 18: «Perché dite nel paese d’Israele
questo proverbio: “I padri hanno mangiato l’agresto e ai figli s’allegano i
denti”? 3Com’è vero che io vivo, dice il Signore, l’Eterno, non
avrete più occasione di dire questo proverbio in Israele. 4Ecco,
tutte le anime sono mie; è mia tanto l’anima del padre quanto quella del figlio.
L’anima che pecca, sarà quella che morrà. […] 19Voi però dite:
“Perché il figlio non porta l’iniquità del padre?”. Ciò è perché quel figlio
pratica l’equità e la giustizia, osserva tutte le mie leggi e le mette a
effetto. Certamente egli vivrà! 20L’anima che pecca è quella che
morrà, il figlio non porterà l’iniquità del padre, e il padre non porterà
l’iniquità del figlio, la giustizia del giusto sarà su di lui, l’empietà
dell’empio sarà su di lui. 21E se l’empio si ritrae da tutti i
peccati che commetteva, se osserva tutte le mie leggi e pratica l’equità e la
giustizia: egli certamente vivrà, non morrà. 22Nessuna delle
trasgressioni, che ha commesse, sarà più ricordata contro di lui; per la
giustizia che pratica, egli vivrà. 23Dovrei provare io forse piacere
se l’empio muore? dice il Signore, l’Eterno. Non ne provo piuttosto quando egli
si converte dalle sue vie e vive? 24E se il giusto si ritrae dalla
sua giustizia e compie l’iniquità secondo tutte le abominazioni che l’empio ha
commesso: se fa ciò, vivrà egli? Nessuno dei suoi atti di giustizia sarà
ricordato. Per la prevaricazione di cui s’è reso colpevole e per il peccato che
ha commesso, per tutto questo, morrà» (Ez 18,2-4.19-24).
Non so se ciò si addice al tema; io suppongo che si possa applicare anche a noi
(proprio come i 10 comandamenti). Tu cosa ne pensi? {25-02-2009}
8.
{Nicola Martella}
▲
I dieci
comandamenti non sono ingiuntivi per i membri del nuovo patto, essendo essi
la costituzione della teocrazia d’Israele, cosa che la chiesa non è. Nel nuovo
patto sono stati recepiti alcuni di tali principi, ma non tutti. Certo dal
Decalogo si possono comunque trarre dei principi, ma ciò è diverso
dall’ingiunzione. Infatti nel Concilio di Gerusalemme non fu imposta la Legge
mosaica ai credenti delle nazioni (At 15). In Romani 14 la regolamentazione del
giorno da osservare legata alla coscienza individuale, mostra che il sabato non
era più ingiuntivo nel nuovo patto (nell’antico patto c’era la morte come
sanzione). [►
Il Decalogo]
Quanto a
Ezechiele 18 si tenga presente che il termine ebraico nefeš, tradotto
qui con «anima», intende tutta la persona formata da spirito e corpo e non solo
la parte spirituale dell’uomo. [►
Elementi di antropologia biblica] Bisogna evitare di usare
questo brano per avvallare una presunta dottrina della «distruzione dell’anima»
(Torre di guardia; giudaisti). [►
Discutendo sullo «stato intermedio»] Ne bisogna trarre da questo
brano una presunta dottrina della perdita della salvezza (arminiani). [►
Due tesi a confronto sulla perdita della salvezza 1] Detto questo,
quanto affermato in questo brano è congruente con quanto già detto da me sopra,
citando brani come 2 Re 14,5s; Gr 31,29s; Ez 18,2ss.
Ciò mostra come le «convenzioni
dottrinali» prendano piede nel popolo di Dio e diventino addirittura un
proverbio («I padri hanno mangiato l’agresto e ai figli s’allegano i
denti»; Ez 18,2), sebbene la Legge abbia affermato
diversamente: «Non si metteranno a morte i padri per i figli, né si
metteranno a morte i figli per i padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio
peccato» (Dt 24,16). Per altro questo verso è una grande dimostrazione
dell’infondatezza della cosiddetta «maledizione generazionale». Ed
Ezechiele 18 ne è proprio la corretta esegesi, per correggere lo snaturamento
dottrinale che era fatto strada nelle menti degli Israeliti e che era diventato
ovvia «convenzione dottrinale». Anche Gesù dovette combattere contro
snaturamenti interpretativi del genere, diventati oramai scontati: «Voi avete
udito che fu detto… ma io vi dico…» (Mt 5).
9.
{Francesco Pupillo}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, non so se ci conosciamo, ma è da tempo che tu mi
mandi e-mail a carattere religioso-cristiano. Di solito le leggo, anche con
molto interesse. Questa, in particolare, mi ha colpito, anche perché sono
convinto che i progressi delle tecnologie di analisi genetica si prestano molto
ad essere fraintesi e, cosa molto pericolosa, indebitamente generalizzati. Cito
le tue parole: «Tutto ciò non si può dire per un’affezione patologica dei geni;
o uno ha una patologia (a un certo grado, dominante o recessiva che sia) o non
ce l’ha; e non saranno interventi esterni a poter mutare l’intero corredo
genetico». Questo non è assolutamente vero. Qualsiasi patologia, la cui
eziologia viene considerata genetica, non si manifesta al cento per cento;
prendi il caso dei gemelli monocoriali: essi hanno lo stesso identico patrimonio
genetico, ma la probabilità che patologie genetiche conclamate si sviluppino in
essi è del 50%. È opinione comune e condivisa nella comunità scientifica che
l’espressione dei geni è regolata da fattori ambientali. Il codice genetico è
formato da sequenze che traducono amminoacidi e proteine, e sequenze che
regolano l’espressione dei geni, sulla base dei segnali esterni. L’ambiente, le
esperienze di vita, anche nei casi di patologie a eziologia genetica, conta
molto. Questo vale per patologie che vanno dall’Alzheimer ai vari tumori. Nel
momento in cui tu stai leggendo questa lettera, i neuroni che regolano
l’immagazzinamento di informazioni in memoria stanno modificando l’espressione
dei geni che produrranno nuove connessioni sinaptiche. Come psicologo, penso che
un atteggiamento fatalista possa essere deleterio per la guarigione da qualsiasi
malattia. {26 febbraio 2009}
▬
Osservazioni: È probabile che intendiamo due cose diverse. Io
intendevo questo: per chi ha manifestato una malattia, la cui causa sia
genetica, non saranno interventi esterni a poter mutare l’intero corredo
genetico in tutte le cellule e quindi a guarire tale persona. Sul resto non
entro nel merito e lascerò voi esperti a parlarne con maggiore cognizione di
causa. Chiamiamo in causa qualche biologo. Io intendevo contrastare la tesi di
coloro che propugnano la cosiddetta «maledizione generazionale»; il mio
atteggiamento è, quindi, il contrario del fatalismo. {Nicola Martella}
10.
{}
▲
11.
{}
▲
12.
{}
▲
URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Sci/T1-Maled_generaz_geni_parla_MeG.htm
23-02-2009; Aggiornamento: 26-02-2009
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