Qui di seguito discutiamo l’articolo «Dio
parla al cuore e non alla mente?».
È suggestiva
l’immagine del cuore con un buco della serratura e che è accompagnata
dalla tesi «Dio non parla alla mente, ma al
cuore». L’autore pensava certo di
essere originale e di affermare una grande verità. Tutto ciò è però fuorviante e
fa acqua da tutte le parti, biblicamente parlando. Perché Dio non dovrebbe voler
parlare alla mente? Rimane un mistero spiritualista.
Ci siamo altresì chiesti: Come vengono usati i termini «cuore» e «mente»
nella Bibbia? Analizzando la Scrittura, quale il quadro antropologico di
riferimento ne scaturisce? Abbiamo visto che la stragrande maggioranza delle
cose, che oggigiorno noi attribuiamo alla mente, nella Bibbia vengono
considerate attività del cuore. Infatti, per gli Ebrei il «cuore» era la mente.
Con tale questione abbiamo voluto mostrare come la concezione odierna delle cose
possa influire sull’interpretazione della Scrittura, che diventa abnorme,
quando si riempiono i termini della Bibbia (qui «cuore») con significati
differenti da quelli originali. Infatti, una cosa è se il cuore è la sede della
ragione e del pensiero, altra cosa se è la sede delle emozioni e dei sentimenti.
Ebbene la sede di questi ultimi è nella Bibbia le viscere e l’anima.
Dopo una lunga analisi biblica probatoria, abbiamo dimostrato che è sbagliata
la seguente tesi: «Dio parla al cuore e non alla mente». Che il Signore abbia
sentimenti, è fuori dubbio, ma una tale tesi lo rende un «Dio sentimentalista»,
che è ben altra cosa.
Abbiamo visto che, in modo corretto, si sarebbe dovuto affermare: «Dio
non parla
soltanto al tuo intelletto, ma anche al tuo intimo, alla tua
coscienza, ai tuoi sentimenti».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲
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1. {Edoardo
Piacentini}
▲
■
Contributo:
La premessa di questa meditazione è, a mio avviso,
completamente errata, perché non è affatto vero che mente e cuore siano
sempre sinonimi, altrimenti non comparirebbero insieme in tanti versi
della Scrittura. Ne cito solo alcuni, per l’esattezza tre, ma ve ne sono tanti
altri: «Metterete dunque queste mie parole nel vostro cuore e nella
vostra mente, le legherete come un segno alla mano e saranno come
frontali fra gli occhi» (Deuteronomio 11,18). «Investigami, o Eterno, e
mettimi alla prova; purifica col fuoco la mia mente e il mio cuore»
(Salmo 26,2). «Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo
quei giorni, dice l’Eterno: Metterò la mia legge nella loro mente e la
scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio
popolo» (Geremia 31,33).
Dio è Amore, tant’è che ama la sua creatura e salva chiunque crede in Lui, per
cui non è errato dire che Egli è anche un sentimentalista. Egli
c’istruisce e, al tempo stesso, parla al nostro cuore, infondendo in noi le sue
virtù: «Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza,
gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. Contro tali cose non vi è
legge» (Galati 5,22-23). Il frutto dello Spirito è il risultato lento,
maturo, benefico, dell’azione dello Spirito Santo nel cuore del credente, che è
chiamato a imitare Cristo, «il quale ha dato se stesso per noi, per
riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo speciale, zelante
nelle buone opere» (Tito 2,14). «Ma Dio manifesta il suo amore
verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per
noi» (Romani 5,8), e «nessuno ha amore più grande di questo: dare la
propria vita per i suoi amici» (Giovanni 15,13). L’apostolo Paolo manifesta
tutto il suo affetto verso i Corinzi con queste parole: «Voi siete la nostra
lettera, scritta nei nostri
cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini, essendo manifesto che voi
siete una lettera di Cristo, che è il risultato del nostro ministero scritta non
con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, e non su tavole di pietra, ma
sulle tavole di un cuore di carne» (2 Corinzi 3,2-3). È evidente, in
questo brano, il riferimento alla profezia del profeta Ezechiele: «Vi darò un
cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla
vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ezechiele
36,26).
Una fede religiosa
solo intellettuale è sicuramente errata, perché risulterebbe spenta nello
Spirito e solo formale, come è sbagliata una fede solo emotiva,
sentimentale, perché mostrerebbe tutta la sua debolezza dinanzi alle prove e
alle avversità della vita. La fede, di cui parla il Signore nella sua Parola è
una fede che coinvolge la mente e il cuore, è razionalità, perché Dio ci
chiama a scegliere la via della verità, in contrapposizione alla via della
menzogna, il bene anziché il male, la porta stretta piuttosto che quella larga,
che mena alla perdizione; ma è anche desiderio ardente di piacere a Lui
con tutto il nostro cuore, perché il credente ama il suo Signore più di sé
stesso. Gesù disse a un dottore della legge: «Ama il Signore
Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente.
Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è:
Ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono
tutta la legge e i profeti» (Matteo 22,37-40). Sì, Dio è amore e Egli parla
sicuramente alla nostra mente, ma parla anche al nostro cuore, perché intende
trasformarlo alla sua immagine e somiglianza. {03-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Edoardo Piacentini, sono rimasto un po’ perplesso dopo la lettura del tuo
contributo. La tesi iniziale è quella di chi afferma: «Dio parla al cuore
e non alla mente», ed è essa che ho cercato di sfatare. Le, conclusioni, a cui
sei arrivato, dichiarando «completamente errata» la mia premessa, sono da
scusare, non dipendendo da te, ma dalla traduzione poco letterale, da te
usata, ossia la Nuova Diodati, che è una traduzione della King James.
■ In Deuteronomio 11,18 la locuzione esatta
nel testo ebraico è «nel vostro cuore [leb] e nella vostra anima
[nëfëš]». Qui cuore e anima esprimono rispettivamente l’intelletto e i
sentimenti.
■ In
Salmo 26,2 si legge letteralmente: «Prova
le mie reni
e il mio cuore». «Reni» era
considerata la sede della coscienza.
■ In Geremia 31,33 ricorre: «Io
metterò la mia legge nel loro
interiore e la scriverò sul loro cuore».
Il primo termine è qërëb, che significa «viscere, interiora» e, per
estensione, «interiore». Si tratta della sede dei sentimenti e delle emozioni.
Qui
viscere e cuore esprimono rispettivamente i
sentimenti e l’intelletto.
Poi, non capisco, che cosa c’entrino tutti i brani, che parlano dell’amore.
Nessuno ha messo in dubbio, che Dio abbia sentimenti, ma questo non lo
rende sentimentalista; anzi, i suoi appelli continui alla mente (o al cuore, che
è la stessa cosa per gli Ebrei), mostrano che la tesi, che ho cercato di
confutare, è semplicemente sbagliata. Non a caso Dio non ci chiama primariamente
a mutare i nostri sentimenti, ma alla metànoia, ossia al mutamento
della mente (nûs).
Inoltre vedo che tu
proietti nel termine «cuore» (ebr. leb, gr. kardía) un significato
occidentale odierno, legato ai sentimenti, non quello biblico, tipicamente
ebraico, che designa la mente. Da ciò viene il fraintendimento. Per
questo, attribuisci ai brani, in cui ricorre il termine «cuore», un
significato errato, poiché tu intendi che significhi «sede dei sentimenti»,
mentre per gli autori era la «sede dell’intelletto».
Infine, mai nella Bibbia una fede che tocca il cuore (= mente), viene chiamata «solo
intellettuale». Fra fede biblica e sapienza o discernimento non c’è nessuna
contraddizione. Nella Bibbia la «fede formale» viene chiamata
diversamente; qui Dio si lamenta che è un confessare con le labbra,
mentre il «cuore» (= mente) è lontano da Lui. «Poiché questo popolo si
avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è
lontano da me» (Is 29,13).
Ricordarsi e meditare nel cuore (= mente), o prendersi a cuore (= porvi mente) o
far ritornare nel cuore (= mente) sono sinonimi (Sal 77,6; Is 47,7; Gr
51,50). Similmente dimenticare e «farsi uscire dal cuore» (= mente) sono altresì
sinonimi (Dt 4,9). «Porre mente (a qualcosa, a qualcuno)» si dice in ebraico
«porre il cuore (a qualcosa, a qualcuno)» (cfr. Gb 7,17).
Un altro problema è che i
traduttori hanno messo «mente», dove nel testo ebraico c’è «cuore»;
questo si aggiunge a quanto detto sopra nei tre brani citati. Nell’espressione «quelli,
che l’Eterno ha ricordato e che gli sono tornati in mente» (Gr 44,21
Riv) in ebraico c’è libbô «suo cuore». Nell’espressione «ho
posto mente a tutto quello, che si fa sotto il sole» (Ec 8,9 Riv), l’ebraico
ha libbî «mio cuore».
Mi fermo qui. Vedo un grande fraintendimento. Quindi, il tuo contributo
mi rimane un po’ «singolare» e richiede che tu approfondisca meglio le
questioni.
2. {Teodolindo
Durante}
▲
■
Contributo:
Il cuore è lo spirito, da cui viene la rivelazione alla nostra mente,
che è l’anima.
La Parola entra dalla mente, e se scende
nel cuore, porta rivelazione alla mente. La Parola di Dio è un arma a doppio
taglio, che penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito e delle
midolla delle ossa, e giudica i sentimenti del cuore. {03-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Vedo una singolare antropologia in ciò, che ha scritto questo lettore. Nella
Bibbia «cuore», «spirito» e «mente» sono sul piano funzionale semplicemente dei
sinonimi. Inoltre la mente non è l’anima; nella Bibbia «anima» sul
piano strutturale è l’intera persona composta di spirito e di corpo.
Inoltre, visto che il «cuore» è per gli Ebrei la «mente» e che «cuore» e «mente»
sono sinonimi, quando la Parola entra nell’uomo, non scende da nessuna parte, ma
o fa il suo effetto o passa di mente.
Il verso citato a senso, recita in realtà così: «La
parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due
tagli, e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito,
delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti e i pensieri
del cuore» (Eb 4,12). Qui in senso funzionale, «anima» è la sede dei
sentimenti e «spirito» è la sede dei «pensieri del cuore».
Una corretta antropologia biblica ci aiuta a capire meglio la Bibbia e a
evitare ogni approssimazione soggettiva.
Rimando qui a Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002),
l’articolo: «Cuore», pp. 131ss; cfr. qui anche «Antropologia» (1-4), pp. 86-92;
«Uomo: parti e funzioni», pp. 376s.
■
Teodolindo
Durante: Il cuore deve essere inteso come lo spirito, la
mente come la ragione, cioè l’intelletto. Io credo che pur essendo l’uomo
interiore anima e spirito, la parte più profonda, dove Dio parla e si
rivela, è lo spirito, e questo poi ne comunica alla mente la
rivelazione. Il tempio di Dio fu proprio espressione dell’uomo nei suoi tre
elementi della sua personalità. Lo spirito è il luogo santissimo
della dimora di Dio, la mente è il luogo santo, dove si compiono i
sacrifici e si passa per la purificazione, e il corpo la parte esterna
dell’uomo, che ha contatto con il mondo. Ci sono tantissimi esempi biblici, che
si possono fare, che ci portano a comprendere che per mezzo della mente non
si può trovare Dio, ma bensì lo si trova con il cuore, cioè lo spirito.
{05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Che grande macedonia spiritualista! Nella Bibbia in molti «brani
funzionali» «spirito» e «mente» (o «cuore») sono semplicemente sinonimi.
Quindi lo spirito non comunica alla mente proprio nulla, essendo nella funzione
la medesima cosa. Daniele disse: «Il mio
spirito fu turbato dentro di
me, e le visioni della mia mente
[lett. mio capo] mi spaventarono» (Dn
7,15); nel parallelismo egli dice due volte la stessa cosa, mostrando
l’equivalenza fra spirito e mente (capo).
Tale allegoria del tempio
sembra pittoresca, ma è solo una via speculativa, poiché nei «brani strutturali»
l’uomo è fatto solo di due essenze di base (spirito e corpo), che producono
insieme «l’anima vivente» (Gn 2,7). Faccio anche notare che nel luogo
santo
non si compivano sacrifici né purificazioni, poiché ciò lo avrebbe reso impuro,
ma lì c’erano solo il candelabro e i pani di presentazione e vi entravano solo i
sacerdoti consacrati e purificati. Con la mente non si può trovare Dio,
ma solo col cuore? Essi sono la stessa cosa nella stragrande maggioranza dei
brani biblici. Perciò, tale affermazione è un’assurdità. Se è scritto: «Chi
legge vi ponga mente» (Mt 24,15), ciò significa che Dio può ben parlare
alla mente! Ciò significa che il sapiente e l’intelligente può ben porre mente e
riconoscere le cose di Dio (Os 14,9), altrimenti tale appello sarebbe fuori
luogo.
3. {Sefora
Papagna}
▲
■
Contributo:
Se non ho capito male, cuore e mente vanno di pari passo. Ciò che correntemente
o comunemente diciamo con il cuore, intendendo con il sentimento, è in
pratica l’emozione, che è più una cosa di anima. In ogni caso, mi domando
perché allora vengono
citati entrambi, se spesso sono la medesima cosa. Io presumo che solo la
mente non basti, perché semplicemente sarebbe un calcolare qualcosa. Dunque
con il cuore si ragiona meglio. L’ho detto in parole molto banali.
{03-11-2012}
▬
Nicola Martella:
In molti brani della Bibbia gli autori usano il cosiddetto «parallelismo dei
membri», che in genere è sinonimico, ossia dicono due colte la stessa cosa
in modo diverso. In altri brani mettono due termini l’uno accanto all’altro, che
intendono la stessa cosa. Fa parte della cultura ebraica.
Per gli Ebrei i sentimenti sono legati, in senso funzionale, all’anima e alle
viscere. Non a caso «usare misericordia» in ebraico si dice «aprire le
viscere»; essere spietato è chiuderle (1 Gv 3,17). Sono le viscere, che si
commuovono per qualcuno (Gn 43,30; Cc 5,4) per
amore (1 Re 3,26). Quando uno era
nell’angoscia, diceva: «L’occhio mio, l’anima mia, le mie viscere son rosi
dal cordoglio» (Sal 31,9; cfr. Lam 2,11). Chi aveva sentimenti spietati, di
diceva che «le viscere degli empi sono crudeli» (Pr
12,10). Sono le reni che esultano (Pr 23,16), sono le viscere che fremono (Is
16,11; 63,15 + compassioni; Hb 3,16). Avere le viscere che si commuovono e avere
pietà erano sinonimi (Gr 31,20). Con un pleonasmo si parla delle «viscere di
misericordia del nostro Dio» (Lc 1,78). Perciò, la sede delle emozioni e dei
sentimenti era per gli Ebrei collocata nelle
viscere.
Prendere qualcuno in simpatia o amarlo, si diceva legare l’anima propria
a quella dell’altro (Gn 44,30 padre per un figlio preferito; 1 Sm 18,1 profonda
amicizia). Una cosa, che appagava i sentimenti o interiormente, si diceva che
ristorava l’anima (Sal 19,7; 23,3; Pr 25,13; cfr. Lv 31,25).
Similmente è nell’innamoramento: l’anima si appassiona per qualcuno, che
si ama, ma poi si parla al cuore (= mente) dell’altro, per trovare l’intesa (Gn
34,3).
Quando ci si ravvede, le viscere (emozioni) che si commuovono, e il cuore
(mente) che si sconvolge, vanno di pari passo (Lm 1,20).
Nel rapporto con Dio bisogna cercarlo «con tutto il tuo cuore e
con tutta l’anima tua» (Dt 4,29; 1 Cr
22,19; 2 Cr 15,12), ossia con tutta la convinzione mentale e con tutti i
sentimenti. Anche così bisogna amarlo e servirlo (Dt 10,12; 11.13; Gs 22,5).
Bisogna amarlo «con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte
le tue forze» (Dt 6,5), quindi con tutto se
stesso: pensiero, sentimenti e azione. Le parole di Dio sono da mettere «nel
cuore e nell’anima» (Dt 11,18), ossia devono toccare sia la sfera mentale
che quella sentimentale. È così che bisogna osservarle e praticarle (Dt 26,16; 2
Re 23,3; 2 Cr 34,31). È così che bisogna convertirsi e ubbidire all’Eterno (Dt
30,2.10; 2 Re 23,25).
4. {Alessio
Buonomo}
▲
■
Contributo:
Dalle cose scritte ne deduco due conseguenze:
1. Come dice l’articolo, il cuore è anche una sede «intelligente»,
parlare al cuore dunque non significa parlare ai «sentimenti» (sono persuaso al
100% che questa sia la verità).
2. La Bibbia usa due termini diversi per parlare del cuore e della mente.
La mia domanda allora diventa la seguente: Il
testo letto mette in evidenza ciò, che il cuore e la mente hanno in comune.
Ma in cosa i due termini biblici vanno interpretati in modo diverso?
{03-11-2012}
▬
Nicola Martella:
«Cuore» è il termine normale per gli Ebrei per intendere la mente, e con
«anima» o «viscere» intendevano la sede dei sentimenti. In vari
brani, in cui specialmente nell’AT compare «mente», nel testo originale c’è
«cuore». Nel NT a
«cuore» viene aggiunto «mente» (anche in brani citati dall’AT!), perché per i
Greci (e gli Italiani!) i due termini non venivano percepiti come
corrispondenti. I Greci pensavano col il nûs «mente»; gli Ebrei
pensavano con la kardía «cuore». Tuttavia, il NT fu scritto da cristiani
ebrei, ossia che scrivevano in greco, ma pensavano nella cultura ebraica. Perciò
nel NT si usano ambedue i termini, spesso per intendere la stessa cosa.
5. {Vincenzo
Filippo Maodda}
▲
■
Contributo:
Tu affermi: «Dio non parla
soltanto al tuo intelletto, ma anche al tuo intimo, alla tua
coscienza, ai tuoi sentimenti». Amen!
L’opera dello Spirito Santo di compungere i
cuori (Atti 2,37) credo che vada di pari passo al compungere la mente, in
quanto, quando siamo convinti di peccato, la nostra mente viene stimolata a
pensare e a riflettere ai nostri errori.{03-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Tale frase è da formulare correttamente così: «Quando lo Spirito Santo compunge
l’intelletto, ciò ha un effetto anche nei sentimenti, e viceversa». In Atti 2,37
«cuore» è la mente, non la sede dei sentimenti.
Faccio osservare che quando i Giudei furono (lett.) «trafitti nel cuore» (katenyghēssan
tẽ kardìa), Pietro disse loro: «Cambiate mente» (metanoēsate, da nûs
«mente»; At 2,37s).
6. {Giuseppe
Mascari}
▲
■
Contributo:
«Perché la saggezza ti entrerà nel cuore, la scienza sarà la delizia
dell’anima tua» (Pr 2,10). Non posso fare a meno di dire la mia esperienza,
basata ovviamente sulla Parola di Dio, è da tutti risaputo e insegnato, credo,
che l’uomo è spirito, ha un anima e abita in un corpo (1 Ts 5,23), e che
la Parola di Dio è quella, che opera in noi, dividendo questo essere (Eb 4,12).
È anche chiaro che Dio è Spirito e che comunica con noi spiritualmente
tramite la sua Parola, che è Spirito (Gv 6,63).
Personalmente credo ed è fondamentale fare questa
distinzione tra anima e spirito, perché quest’ultimo è quello che chiamo il
vero «io», ci differenzia dagli animali, perché la sfera spirituale ci mette in
relazione e comunione con il mondo spirituale. L’anima, invece, è quella
parte dell’uomo, che ci mette in relazione con il mondo materiale, benché
quest’abbia anche una dimensione spirituale. Infatti, questa è la psiche
a differenza dello spirito, che è pneuma. Infatti in Giovanni 4,24 è
scritto che Dio è pneuma e chi lo adora lo deve fare tramite il pneuma.
La nuova nascita è un’esperienza dell’antropos pnumatikos, cioè dell’uomo
spirituale chiamato anche essere nascosto (antropos kripto). La nostra
anima (psiche), prima di questa esperienza della nuova nascita, non
poteva comprendere le cose di Dio, perché sono follia per l’uomo naturale (1 Cor
2,14). Quando Dio si rivela a noi e ci parla, in primis tramite la sua Parola,
che è spirito, lo fa al nostro spirito, a cui viene rivelata, per
l’azione dello Spirito Santo, in particolare il nostro primo incontro con Lui;
ciò è stato in senso spirituale, grazie allo Spirito Santo, che ci ha convinti
(Gv 16,8). Quando il nostro spirito è convito, la nostra anima si accorda
con questo. Ecco che a questo punto possiamo parlare di «cuore»; il cuore
dell’uomo è spirito + anima. La preghiera di salvezza nella sua confessione di
fede in Rom 10,9-10 parla di credere con il cuore (kardia), per ottenere
la salvezza tramite la nuova nascita. Spirito + anima si accordano (omologheo),
fanno confessione di fede. Il cuore dell’uomo è spirito e anima.
{05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Ammetto di aver letto una «dotta macedonia» riguardo a ciò, che dovrebbe
essere l’uomo nella Scrittura; ciò sembra originale, ma non corrisponde
all’antropologia biblica evinta da un’attenta esegesi contestuale. Tutto ciò va
certamente di là dalle intenzioni dell’articolo, in cui s’intendeva confutare la
sedicente tesi: «Dio non parla alla mente, ma al
cuore».
Se Giuseppe Mascari avesse letto attentamente le mie risposte ai contributi
degli altri lettori, avrebbe egli stesso messo più a fuoco le questioni
antropologiche della Bibbia. Ho già indicato sopra la possibilità di
approfondire le questioni in senso teologico qui: Tutto ciò lo tratto qui:
Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002): • Antropologia 1: specie e genere, pp. 86s; •
Antropologia 2: globalità dell’essere, pp. 87s; • Antropologia 3: compo-nenti
principali, pp. 89s; • Antropologia 4: funzioni principali, pp. 90ss. Non posso
che rimandare nuovamente a ciò.
In breve, faccio notare che nella Bibbia quanto all’uomo bisogna distinguere
i «brani strutturali» e i «brani funzionali». Nei «brani strutturali» l’uomo
viene composto o muore. Nei «brani funzionali» l’uomo viene descritto da vari
punti di vista funzionali psicosomatici (corpo, spirito, anima, cuore, reni,
viscere, ecc.). Nei «brani strutturali» all’uomo composto da Dio quale
«polvere della terra», viene soffiato in lui un alito di vita e, in tal modo,
diventa
«un’anima vivente» (Gn 2,7). Altrove viene descritto il disfacimento dell’essere
vivente nelle sue parti di base: la parte materiale (corpo o polvere) e la parte
spirituale (spirito; Ec 12,9); non esistono altre parti. Anche gli animali
sono «anime viventi» (Gn 1,20s; 9,10.12), fatti da un corpo e da uno spirito;
uomini e animali «hanno tutti un medesimo spirito
[rûach]… Chi sa se lo spirito [rûach]
dell’uomo sale in alto, e se lo spirito [rûach]
della bestia scende in basso nella terra?»
(Ec 3,19.21). L’uomo è stato però creato a immagine di Dio (Gn 1,27; 5,1; 9,6),
ossia secondo la sua propria specie.
Nei «brani funzionali» (p.e. 1 Ts 5,23; Eb 4,12) all’anima (e
viscere, reni) sono attribuiti i sentimenti, le emozioni; nel pensiero ebraico,
che si trova nella Bibbia, al cuore e allo spirito è attribuita
l’attività del pensiero, del ragionamento e dell’intelletto.
Quindi, affermare che «il cuore dell’uomo è spirito + anima» è
un’assurdità speculativa, di cui nella Bibbia non c’è alcuna traccia. Il cuore
dell’uomo ha (al pari dello spirito) la funzione della mente, dell’intelletto,
della ragione; l’anima è la sede delle emozioni, delle brame, dei sentimenti. La
psiche, essendo legata alle concupiscenze, ha per altro una connotazione
negativa nel NT (Gcm 3,15: sofìa psychikē «sapienza
psichica»; Gd 1,19 «[uomini] psichici, che non hanno lo Spirito»).
«L’uomo psichico» è l’uomo, che si basa sul proprio raziocinio e sulle proprie
sensazioni (psychikòs ánthrōpos in 1 Cor 2,14; sõma psychikón in 1
Cor 15,44.46).
Tuttavia, non è mai usato il verbo homologhéō per un presunto accordo
fra le funzioni di spirito e anima; quando s’introducono termini greci, bisogna
dimostrare dove si trovano nel testo biblico. Tale verbo non compare mai col
sostantivo psychē. Nel NT ricorre l’espressione pneuma hò [mē]
homologhei, ossia lo «spirito, che [non] confessa» (1 Gv 4,2s), ma ciò non
c’entra con al questione.
Nel NT ricorre l’espressione kryptós
ánthrōpos «essere nascosto», ma letteralmente nella seguente
espressione: «l’essere nascosto del cuore,
nell’incorruttibile ornamento dello spirito mite e quieto» (1 Pt
3,4); tuttavia, qui non si parla del presunto «essere spirituale», ma
semplicemente di ciò, che Paolo chiamerebbe «l’uomo interno / interiore» (Rm
7,22ss; cfr. mente contro
corpo; cfr. Ef 3,16), per distinguerlo
dall’«uomo esterno / esteriore» (corpo; 2 Cor 4,16). Si noti che in 1 Pietro 3,4
pneuma «spirito» intende «atteggiamento, portamento», come anche
in altri brani, come ad esempio qui: «rinnovati nello spirito della vostra
mente» (Ef 4,23), che oggi diremmo: «rinnovati nel vostro atteggiamento
mentale».
Nell’espressione «Quando il nostro spirito è convito, la nostra anima si accorda
con questo», c’è del vero, se s’intende questo: «Quando la nostra mente
(cuore, spirito) è convita, i nostri sentimenti (anima, viscere) si accordano a
essa».
7. {Edoardo
Piacentini}
▲
■
Contributo:
Chiariamoci: se per
sentimentalista s’intende chi ostenta una sentimentalità vaga e affettata,
allora possiamo dire che il Signore non lo è; ma se per sentimentalista
s’intende chi da molta importanza ai sentimenti, allora non c’è persona
più sentimentalista di Dio. Menziono un solo esempio, ossia Cantico dei Cantici,
cap. 4, dove lo sposo esprime il suo amore per la sposa. decantando la
sua bellezza. {04-11-2012} [N.d.R.: Non riportiamo tale testo qui per
esteso. Rimandiamo alla lettura nella propria Bibbia.]
▬
Nicola Martella:
Edoardo Piacentini, è fuori dubbio che Dio abbia grandi sentimenti sia
d’amore (Is 43,4; 61,8) sia di odio (Gr 44,4; Os 9,15; Am 5,21), sia di
misericordia (1 Re 8,23; Ne 9,19), sia d’ira e collera (Nu 25,11; Dt 32,22), e
così via.
Tuttavia non capisco che cosa c’entri qui il Cantico dei Cantici, visto
che è una lirica erotica fra un uomo e una donna, che si amano e
descrivono la bellezza de corpo dell’amante, e nulla di più. In esso non
compaiono Dio e Israele
come coniugi o amanti, né Cristo e la chiesa come tali. Se intendi
questo, ciò è una mera proiezione spiritualista, senza nessuna base
esegetica. Una tale concezione è stata introdotta nel cristianesimo dallo
gnosticismo e da personaggi ambigui come Origene. Quindi non è un argomento al
riguardo. Ci sono brani ben più chiari nei Libri Profetici, in cui Dio
parla in prima persona a Israele; di ciò nel Cantico non c’è evidenza.
■
Edoardo Piacentini: Il
Cantico dei Cantici non è solo una lirica erotica fra un uomo e una donna,
altrimenti non sarebbe entrato a far parte, a pieno titolo, del canone
delle Sacre Scritture; ma è un libro poetico, che allude chiaramente all’amore
tra Dio e Israele, e considerando che nell’attuale dispensazione la
Chiesa è definita la Sposa di Cristo. Il libro allude altresì, in maniera
inequivocabile, all’amore tra Cristo e la sua Chiesa, anche se in esso non
compaiono Dio e Israele come coniugi o fidanzati, né Cristo e la chiesa come
tali. {04-11-2012}
▬
Nicola Martella: Edoardo Piacentini, non
condivido tale concezione spiritualista del Cantico, che proietta in esso
ciò, che non c’è e che nessuna esegesi letteraria potrebbe mai appurare.
Tale libro sta nella Bibbia perché l’eros è una delle potenze più grandi
nell’uomo, per questo Dio se ne è occupato, indicando il modo legittimo
di usarlo. Ho affrontato tutto ciò nell’articolo «Cantico dei cantici» della mia
opera «Radici
1-2», pp. 111-117, mostrando l’inconsistenza teologica di tale tesi e
il modo corretto d’intendere tale libro. Anche i Proverbi contengono temi
relativi alla sfera sessuale, con cui il giovane maschio fu messo in
guardia (Pr 2,16; 5,1ss; 6,26ss; 30,20) e istruito alla legittimità (Pr
5,15-20).
Motto: «Ciò, che uno scarica in un libro biblico, poi crederà pure di
ritrovarlo. Al contrario, i minatori portano alla luce, solo ciò che trovano
veramente».
■
Edoardo Piacentini: Caro
Nicola, rispetto la tua opinione, ma non avertene a male, se con la condivido.
Un forte abbraccio nell’amore del Signore. {05-11-2012}
■
Samuele Maodda: Secondo me
invece nel Cantico si può leggere un collegamento tra l’amore di Dio e la
chiesa. Comprendo le ragioni di Nicola, ma credo che, se non vengano tratte
fuori
assurdità, come purtroppo oggi si vedono, non si stia sbagliando. Però,
rispetto delle altre vedute. D’altra parte, forse tutto questo non è inerente
il tema, o si? {05-11-2012}
▬
Nicola Martella: In effetti, la questione
del Cantico non è né centrale, né inerente al tema trattato.
8. {Samuele
Maodda}
▲
■
Contributo:
Dopo aver letto l’apporto di Edoardo, mi sovveniva, sebbene non ricordassi dove
avevo letto ciò, la cultura ebraica è consueta nel ripetere con due sinonimi
lo stesso concetto. Ciò è rafforzativo dello stesso. Per cui, il fatto che nello
stesso verso compaia cuore e mente, non significa che siano due cose diverse. La
disamina di Nicola, a mio parere, è esaustiva. Solo un chiarimento. Posto che
biblicamente
l’anima è l’unità di spirito e corpo (divenne un anima vivente), da dove è
stato preso il concetto che l’uomo è spirito, anima e corpo? Qui, la
parola anima designa forse qualcosa di diverso, la sede della sfera
sentimentale? Gli animali, esseri animati, hanno un’anima? Se qualcosa è
fuori tema vi prego di non considerarla. Pace cari fratelli e grazia, prego, a
voi amici che leggete. {04-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Tutto ciò ci porterebbe qui fuori tema. Si tenga presente che bisogna
distinguere fra «brani strutturali» (formazione e morte dell’uomo) e «brani
funzionali» (aspetti dell’essere). È un discorso lungo, che non si può
semplificare, dovendo spiegare molte cose nel dettaglio. Tutto ciò lo tratto
qui: Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002): •
Antropologia 1: specie e genere, pp. 86s; • Antropologia 2: globalità
dell’essere, pp. 87s; • Antropologia 3: compo-nenti principali, pp. 89s; •
Antropologia 4: funzioni principali, pp. 90ss.
Per gli aspetti che attengono alle differenze
reali fra uomo e animale rimando a Nicola Martella,
Le Origini 1-2
(Punto°A°Croce, Roma 2006): 1.
Temi delle origini e 2. Esegesi delle
origini. Buona lettura a chi ha tali libri.
9. {Rita Fabi}
▲
Caro Nicola devo
dire che ho trovato molto interessante il tuo argomento, anche perché spesso mi
ero chiesta, se per cuore s’intendesse il luogo dei sentimenti, oppure
questo fosse la mente, che poi è rappresentata dalla ragione, che ci guida. Ora
al di là del significato dei due termini, la cosa che mi colpisce è che cuore e
mente sono intesi quasi nello stesso modo nell’Antico Testamento, e
sicuramente questo viene anche dalla cultura ebraica del tempo. Sicuramente una
parte biblica, in cui si ritrovano le cose dette da te, è nelle parti in cui si
parla di Salomone che chiese intelligenza e sapienza a Dio: «Dà dunque al tuo
servo un cuore intelligente perché io possa amministrare la giustizia per
il tuo popolo e discernere il bene dal male» (1 Re 3,9); e ovviamente
ciò si trova nelle risposte di Dio a Salomone.
Poi anche in 2 Cronache 1,14: «Ed egli fece il male, perché non applicò il
suo cuore alla ricerca del Signore».
Anche qua è molto chiaro il senso: «Il cuore del saggio gli rende
assennata la bocca, e aumenta il sapere sulle sue labbra» (Pr 16,23).
«All’uomo spettano i disegni del cuore; ma la risposta della lingua
viene dal Signore» (Pr 16,1). «Il cuore dell’uomo medita la sua
via, ma il Signore dirige i suoi passi» (Pr 16,9).
«Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente
maligno; chi potrà conoscerlo?» (Ger 17,9). Ovviamente di brani ce ne altri,
ma certamente anche questi servono a dimostrare che, ciò che hai detto, è vero.
{04-11-2012}
10. {Gianpirro
Venturini}
▲
■
Contributo:
Caro Nicola, se desideri sapere cosa penso su mente e cuore mi fa piacere: a
caldo posso dirti che sono (ovviamente) due organi «sensibili» del nostro
corpo che, a mio modesto avviso: interagiscono a livello di «sensazioni e
decisioni»; gli scrittori biblici parlano del cuore e della mente con
significati analoghi e anche equivalenti; evidentemente l’opera di Dio
avviene proprio in quelle due sedi, che costituiscono la «personalità»
dell’individuo, una personalità che Dio vuole «rinnovata» a opera dello Spirito
Santo. Le emozioni e le decisioni sono «autentiche», solo quando
motivate dall’opera dello Spirito Santo.
La nostra volontà, carnale, può sottomettersi o ribellarsi; questo fa la
differenza fra chi è «nuova creatura» e chi no, al di là e ben oltre le
speculazioni filosofiche e «religiose». Questo è in poche parole ciò, che desumo
dall’esperienza nella lettura delle Scritture. {05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Ciò che affermi è coretto nella sostanza (p.es. emozioni e decisioni), tuttavia
per gli scrittori biblici ciò non è da attribuire a «due organi o sedi»,
chiamati «cuore» e «mente», essendo per loro la medesima cosa, ma a «cuore»
(= mente e sede dell’intelletto) e a «anima» (o viscere, sede delle
emozioni). Dobbiamo tararci sulle concezioni bibliche, se vogliamo capire
la Bibbia, altrimenti leggeremo sentimenti dove la Bibbia parla di «cuore»,
mentre intende la ragione! Se non «tagliamo» rettamente la Parola
della verità (2 Tm 2,15), saremo confusi noi e confonderemo altri, che ci
ascoltano.
■
Massimo Morandi:
Tu scrivi:
«Dio non parla
soltanto al tuo intelletto, ma anche al tuo intimo, alla tua
coscienza, ai tuoi sentimenti».
Questa tua frase sposa in modo perfetto il mio pensiero! Non credo serva altro!
{05-11-2012}
■
Mario Di Franco: Io direi il
contrario: «Dio non parla soltanto al tuo cuore (l’uomo interiore), ma
anche al tuo intelletto». La sfera dell’anima comprende i nostri
pensieri, i nostri sentimenti e la nostra volontà... È solo il mio pensiero.
{05-11-2012}
■
Vincenzo Quarantiello:
Caro Nicola, sono concorde con la tua disamina, pur tuttavia è doveroso un
inciso antropologico nel merito della questione. Il cuore costituisce il
nucleo, la centralità della vita dell’essere in quanto tale ed è la sede dei
tre elementi della personalità dell’uomo: volontà, intelligenza e
sentimenti; Dio parla in questa sfera. Attendo un tuo riscontro, nell’attesa
affettuosi saluti in Cristo. {05-11-2012}
▬
Nicola Martella: Rispondo agli ultimi due lettori. La macedonia
antropologica dei cristiani dipende dalla proiezione della nostra cultura
(secondo cui «cuore» = sentimenti) nella Bibbia! Ripeto ancora una volta che
nella Bibbia l’intelletto è facoltà del cuore (compreso pensieri e
volontà), mentre i sentimenti sono espressione dell’anima o delle
viscere.
Perciò si parla di un «cuore
intelligente», che permette il discernimento, (1 Re 3,9.12) o di
«intelligenti di cuore» (Pr 8,5; cfr. 2,2; 14,33; 16,21; cfr. Pr 20,5). «Il
cuore dell’uomo intelligente cerca la conoscenza» (Pr 15,14; 18,15). Al
cuore sono attribuiti disegni (Gn 6,5; 8,21; Gb 17,11; Pr 6,18; 16,11;
19,21; 20,5; Dn 11,28), pensieri (Dt 15,9; Sal 139,23; Ez 38,10; Mt 15,19; Lc
1,51), segreti (1 Cor 14,25), intelligenza o discernimento (1 Re 3,9; Pr 2,2;
vedi sopra), e conoscenza (Pr 15,14; 18,15; 22,17; 23,12 istruzione; Ec 1,16 + sapienza), sapienza (1 Re 10,24; Sal 51,6;
Pr 14,33; Ec 1,13.16s), varie attività intellettuali (Ec 1,13 cercare,
investigare; 7,25 riflettere, investigare; 8,16 conoscere, considerare),
eccetera.
Altresì si parla delle «viscere della misericordia» (Lc 1,78), poiché per
gli Ebrei le viscere (o l’anima) sono la sede dei sentimenti e delle emozioni
(cfr. Sal 31,9; Gr 31,20). L’anima è afflitta (Gb 30,16; Sal 35,13;
69,10; Is 58,10), è angosciata (Gn 42,21; Sal 31,7; Sal 107,26), è amareggiata
(Gb 7,11; 27,2; Pr 31,6); oppure festeggia (Sal 16,9; Is 61,10), si rallegra
(Sal 35,9; 86,4; 94,19).
■
Gianpirro Venturini: La
mente non è un accessorio secondario anzi, basta ascoltare l’apostolo Paolo
in Romani 12,2, che parla di «rinnovamento della vostra mente»,
che è indispensabile, quindi, possibile! {05-11-2012}
■
Vincenzo Quarantiello: Caro
Gianpirro, non credo di aver asserito nulla di quanto tu abbia pensato, ma nella
mia analisi è sottinteso il concetto dell’essere tricotomico, ossia
l’uomo nella sua sostanza ed essenza è fondamentalmente Spirito, Anima e
Corpo. Per la qual cosa in chiave antropologica l’Anima costituisce
la centralità dell’essere in quanto tale. Niente di più, pace del Signore alla
prossima. {05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
L’essere umano è dicotomico nella struttura, essendo fatto di spirito e
corpo, che fanno diventare l’uomo una «anima vivente» (Gn 2,7), ossia un essere
funzionale; in tal senso, si può parlare di «uomo esterno» e «uomo interno» (2
Cor 4,16). L’essere umano («l’intero essere» 1 Ts 5,23) è tricotomico nella
funzione, essendo che interagiscono in lui almeno tre istanze funzionali,
che portano nomi differenti nella Bibbia: lo spirito (o cuore, mente)
quale sede dell’intelletto e del pensiero, l’anima (viscere, reni) quale
sede dei sentimenti e delle emozioni e il corpo (o carne) sede del
metabolismo, ma anche della concupiscenza (Rm 7,22-25). Non bisogna confondere
però i brani strutturali con quelli funzionali. L’uomo ha soltanto due sostanze
di base (cfr. Ec 12,9) e varie funzioni, che si creano nell’interazione fra
loro, con i sensi, con gli altri e col mondo esterno.
■
Mario Di Franco:
Qui nessuno sta parlando di accessori primari e
secondari. È fuori dubbio che Dio parla più al cuore che alla mente; col
cuore si crede, non con la mente. Ma poi ditemi: dove sta il problema?
{05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Questa è un’assurdità secondo l’antropologia biblica! Come già detto,
nella Bibbia il «cuore» è la «mente»! Qui sta il problema, ossia nel
proiettare la cultura corrente («cuore» = sentimenti) nella Bibbia. Parlare
al cuore di qualcuno, significa nella Bibbia appellarsi alla sua mente, alla
sua intelligenza, essere convincente (2 Sm 19,7; 2 Cr 30,22; 32,6; 40,2; Os
2,14). Prendere a cuore qualcosa, significa prenderlo sul serio e
rifletterci sopra (Dt 32,46; Gdc 19,30; 1 Cr 28,8; Is 47,7; Gr 12,11; Mal 2,2).
Significa la stessa cosa di porre mente (Gb 7,17; 34,14; Is 57,1; Gr
31,21; Ez 40,4; Ag 1,5.7; 2,15.18s), visto che in tali brani in ebraico c’è
«cuore»! (cfr. anche Mt 25,15; Mc 13,14 noéō percepire con la
mente [nûs], ponderare).
11. {Massimo
Morandi}
▲
■
Contributo:
Cari, mi ripeto, forse ho capito male, ma, il fratello Nicola ha scritto: «Dio
non parla soltanto
al tuo intelletto, ma anche al tuo intimo, alla tua coscienza, ai tuoi
sentimenti». Quindi, Dio parla «anche al tuo intimo», ecc. A
voi la deduzione di ciò, che «intimo» significa. {05-11-2012}
■
Gianni Argurio:
Per me «intimo» nelle cose del cielo si riferisce è un qualcosa di personale
fra il credente è il Signore; e posso confermare che è meraviglioso essere in
intimità con il nostro Signore. {05-11-2012}
▬
Nicola Martella: In ebraico ci sono due
termini per «intimo», uno è «reni» e l’altro è «viscere». Il primo
è abbinato alla coscienza, il secondo alla misericordia.
■
Massimo Morandi: Perfetto...
Da qui, è possibile risalire a quale sia voce della «coscienza» prima
della nuova nascita e dopo la nuova nascita. O mi sbaglio? {05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
La «coscienza» (viene da «conoscenza») non è un «organo»
antropologico, ma è l’interazione di varie istanze, quali la conoscenza,
l’istruzione, l’educazione, la cultura di riferimento, l’esperienza,
l’attitudine mentale e così via. Perciò, una cosa è la coscienza dell’uomo
non-rigenerato, altra cosa è quella dopo la metànoia «mutamento della
mente», la rigenerazione e il rinnovamento della mente. Chiaramente,
avendo la coscienza a che fare con la conoscenza e l’atteggiamento
mentale, esiste una crescita mediante l’istruzione, la purificazione e la
santificazione. Tornando al tema, chiaramente a Dio è più facile parlare
a una mente («cuore» per gli Ebrei) istruita nella volontà di Dio, pulita,
rinnovata e disposta all’ubbidienza (cfr. Rm 12,1s).
12. {Sandro
Bertone}
▲
Proprio a
proposito, direi. Ieri un giovane credente evangelico della chiesa dei Fratelli
mi ha scritto quanto segue: «“Infatti, fratelli, guardate la vostra
vocazione; non ci sono fra voi molti sapienti secondo la carne, né molti
potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per
svergognare le forti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le
forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo...”. Ti dirò, ho provato a
capirci qualcosa [del tuo scritto] e mi sono sentito di un’ignoranza e di
una limitatezza senza pari. Ringrazio Dio, che si abbassa a tal punto da
farsi capire anche da me».
Egli scrisse ciò, per «giustificare» il fatto
che il mio scritto gli risultava incomprensibile per linguaggio ermetico
e parole sconosciute. Il versetto dà rifugio nella grotta dell’ignoranza? Tieni
conto che il giovane è laureato e padre di due figli. Come può Dio parlare
alla mente, se le mettiamo un
impermeabile? {08-11-2012}
13. {Marco Spina}
▲
■
Contributo:
Cosa ci porta dall’essere «mentali» all’essere «spirituali»? La Parola di Dio, che divide l’anima (mente, emozioni, volontà) dallo spirito ed è in grado di giudicare i pensieri e le intenzioni del cuore (Eb 4,12).
Non devo «capire» (mente, ragionamento) quello, che la Parola dice, ma «credere», perché è col cuore che si crede e con la bocca si confessa (proclamare, dichiarare, legiferare). La mia bocca parlerà di ciò, che riempie il mio cuore. {01-06-2016}
▬
Nicola Martella:
Tale sofisma, che divide fra cuore e mente, è tipico degli occidentali. Per la Bibbia il «cuore» è la «mente».
«Non devo “capire” (mente, ragionamento) quello, che la Parola dice, ma “credere”...»? Già letta la seguente ingiunzione apostolica: «Aggiungete alla
fede... la conoscenza»? (2 Pt 1,5). Perciò, devo credere e capire quello, che la Parola dice. Inoltre, si parla del fatto, che per raggiungere la giusta statura della maturità, bisogna arrivare «all’unità della fede e della
piena conoscenza del Figlio di Dio» (Ef 4,13); non basta credere tutti allo stesso modo, ma bisogna pienamente conoscere il Messia allo stesso modo. A ciò si aggiunga che solo la conoscenza delle sacre Scritture può elargire la «sapienza, che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù» (2 Tm 3,15).
14. {}
▲
15. {Vari e
medi}
▲
■
Salvatore Canu:
Questo argomento è molto attuale, fonte di discussione e di grande interesse. Il
Signore ci ha dato discernimento, intelligenza, un esempio sono gli animali.
Noi e loro abbiamo il cuore; ma noi abbiamo intelligenza e loro solo istinto. È
la nostra mente, che recepisce; è lo spirito, che dopo aver recepito
nella mente, opera. Come c’è scritto nell’articolo, non bisogna far rattristare
lo spirito, non bisogna indurire il cuore, ecc. Tutto parte dalla mente. Bisogna
essere disposti ad ascoltare; e non solo bisogna meditare, ma adempiere
ciò che il Signore ci sta dicendo o dando di fare. La fede stessa viene
dall’udire la Parola di Dio. Il Signore stesso dice d’essere il Capo del
corpo (che meraviglioso esempio e che realtà pratica), non il cuore, ma il capo.
Poi Egli stesso ci dice che il cuore dell’uomo e insanabilmente maligno.
E la cosa assurda (fra chi non ha ancora conosciuto Gesù), infatti, è questa:
Fidati del cuore, segui il tuo cuore. Infatti, è il contrario di ciò che dice la
Scrittura. Diciamo che non ce da stupirsi: il Vangelo è pazzia per chi perisce!
Grazie ancora per le tue riflessioni, Nicola. Il Signore ti benedica, amen!
{03-11-2012}
■
Dario Giusiano: «Ora
dunque levati, esci e parla al cuore dei tuoi servi…» (2 Sm 19,7).
Perché in questo caso Dio attraverso Joab disse al re Davide di parlare al cuore
dei suoi servi e
non alla mente? L’Eterno disse a Samuele: «Non badare al suo aspetto
né all’altezza della sua statura, poiché io l’ho rifiutato, perché l’Eterno non
vede come vede l’uomo; l’uomo infatti guarda all’apparenza, ma l’Eterno
guarda al cuore» (1 Sm 16,7). {05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Tieni presente quanto segue (oltre a quanto già ho scritto in risposta ad
altri lettori sul sito): ● «Parlare al cuore di qualcuno» in ebraico
significava parlare alla mente di qualcuno, non soltanto ai suoi
sentimenti. ● Qui Dio non voleva apparire come
sentimentale. L’apparenza è «l’uomo esterno»; il «cuore» è l’uomo
interno nel suo complesso, non solo nei sentimenti, particolarmente lo spirito
(o la mente) dell’uomo.
■
Gianni De Pasquale: Paolo
spesso dice «sappiamo», «conosciamo» e lui stesso dimostrò che
Gesù era il Cristo. Il sapere e il conoscere, di cui parla nelle lettere, sono
un ragionamento sulla persona di Gesù e tutto ciò che concerna la fede e
la sua pratica, che bisogna far nostra. Al sentire ha lasciato pochissimo
spazio, poiché è un fatto prettamente umano, che sicuramente non andava confuso
con l’insegnamento.
Emozioni e sentimenti sono da gestire e vivere tra relazioni umane e
fraterne, dove trovano miglior corrispondenza. Ogni cosa al suo posto e nel suo
tempo nobilita relazioni e conoscenza. {05-11-2012}
16. {Vari e
brevi}
▲
■
Carmela Magliano:
Mente e cuore sono in armonia. Le verità di Dio sono necessarie e la
mente e il cuore vi concordano. Dio ha il fine della redenzione. {05-11-2012}
▬
Nicola Martella:
Abbiamo detto e ribadito sopra che il «cuore» è per gli scrittori biblici la
«mente». Perciò, bisogna tradurre la tua frase correttamente come segue:
«Ragione e sentimenti sono in armonia… la
ragione e i sentimenti vi concordano».
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Cuore_mente_Mds.htm
05-11-2012; Aggiornamento: 01-06-2016
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