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PERDITA DELLA SALVEZZA 2

Tesi a confronto

 

 di Stefano Ferrero - Nicola Martella

 

1. Romani 11,22

2. Ebrei 10,29

3. Ebrei 6,4-6

 

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1.  ROMANI 11,22:«Vedi dunque la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la bontà verso di te, se pure perseveri nella bontà, altrimenti anche tu sarai reciso».

    Tesi pro perdita della salvezza: Serve perseveranza nella fede per non essere recisi dalla salvezza. {Stefano Ferrero}

 

    Osservazioni e obiezioni: L’Israele storico non è stato reciso dalla salvezza ma dalla promessa, infatti la salvezza l’ha rifiutata, rifiutando Gesù quale Messia. Quindi che il brano parli di essere reciso dalla salvezza, è pura deduzione illegittima. Paolo non parla di singoli in senso personale ma di «Israeliti / Israele» e di «Gentili» in genere. Tre volte si parla di salvezza ma sempre in senso positivo (v. 11. salvezza per i Gentili; v. 14 per alcuni Giudei; v. 26 la salvezza escatologica d’Israele), mai di perdita. Il motivo di tali parole era dettato da sentimenti di orgoglio e di antisemitismo fra i Gentili (vv. 20.25), a cui Dio contrappone il suo severo giudizio storico (v. 21). Parimenti Paolo parlò di innestare di nuovo i Giudei increduli, se smetteranno nel loro atteggiamento. Paolo parlò altresì della «pienezza dei Gentili» (v. 25) e della salvezza futura per tutto Israele (v. 26). Non si parla quindi della salvezza personale (e della sua presunta perdita), ma del piano di Dio verso gli Israeliti e verso i Gentili.

 

 

2.  EBREI 10,29:«Quale peggiore castigo pensate voi merita colui che ha calpestato il Figlio di Dio e ha considerato profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e ha oltraggiato lo Spirito della grazia?».

    Tesi pro perdita della salvezza: Solo i cristiani possono oltraggiare lo Spirito che dimora in loro. {Stefano Ferrero}

 

    Osservazioni e obiezioni: Qui si vuol presumere che si parli di credenti rigenerati. Abbiamo mostrato però la dinamica della lettera agli Ebrei, rivolta appunto ai Giudei. Bisogna stare attenti a caricare il concetto «santificato» con significati salvifici. Nel NT può significare semplicemente qualcosa come «essere posto nell’ambito d’influenza del credente» o «essere posto nella sfera d’influenza di Dio», «non essere impuro». Ciò è mostrato dalla dinamica del matrimonio di un credente sposato con un non-credente, il quale è santificato nel primo (1 Cor 7,13). Dio non considera «impuri» i loro figli, ma «santi». Questi sono concetti sacrali o rituali (gli impuri non possono accostarsi a Dio) e non hanno direttamente a che fare con la salvezza. L’uso di «santificato» è mostrato anche altrove per i cibi (1 Tm 4,4), gli oggetti (2 Tm 2,21) e le persone (Eb 9,13) col significato di «purificato» (cfr. Lv 16,19). Nel brano in esame, l’autore presenta l’Evangelo ai suoi connazionali e li avverte che se lo rifiutano (v. 26 «pecchiamo volontariamente»), dopo aver «ricevuto la conoscenza della verità» e «dopo essere stati illuminati» (v. 32), nessun sacrificio potrà risolvere la questione del loro peccato, ma si rendono avversari di Dio e come tali li attende il giudizio divino (v. 27). Quindi, il v. 28 parla del rifiuto del Figlio di Dio, del sangue del patto e dello «Spirito della grazia» da parte di tali Giudei, dopo che hanno conosciuto la verità. Chi ingiuria la grazia comunicata dallo Spirito, non entra nel nuovo patto e non accetta la salvezza! Ciò che resta è il giudizio (vv. 30s). Si trattava di Giudei che avevano conosciuto l’Evangelo, ma che sotto la pressione di altri Giudei (vv. 31ss) erano tentati di rimanere com’erano, di essere di «quelli che si traggono indietro a loro perdizione», invece di essere di «quelli che hanno fede per salvare l’anima» (v. 39). Il termine «santificato» richiamava per i Giudei l’opera cultuale, secondo cui solo chi veniva santificato (o purificato) poteva accostarsi a Dio per portare il sacrificio per il peccato. Il contrasto è tra il fatto che il «sangue del patto» aveva creato questa possibilità di accesso al santuario (Eb 10,19ss), ma tali Giudei consideravano «profano» proprio tale sangue! Dio ha riconciliato il mondo con sé, ma ciò vale praticamente solo per coloro che accettano la salvezza mediante il sangue di Cristo (Rm 5,10; 2 Cor 5,18ss; Col 1,21s).

     Altrove è scritto che «gli oltraggiatori… non erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signor Gesù Cristo, e mediante lo Spirito del Dio nostro» (1 Cor 6,10s).

     Una nota al margine. L’espressione «sangue del patto» è usato qui in modo assoluto e non è riferito con molta probabilità al sangue di Gesù, ma a quello usato durante la stipulazione del patto mosaico (Es 24,8). Fu così che l’autore usò questa espressione (Eb 9,19s), distinguendo ciò dal «sangue del patto eterno» (Eb 13,20), dal «sangue dell’aspersione» del nuovo patto (Eb 12,24) o dal fatto che Gesù abbia voluto «santificare il popolo col proprio sangue» (Eb 13,12).

     Tali Giudei non solo avevano «calpestato il Figlio di Dio», ma avevano scelto la via del libertinismo, contraria a quella del patto mosaico, che li rendeva un popolo speciale (= li santificava; cfr. Es 19,5), omologandosi così ai peccatori di questo mondo (Paolo disse a Pietro, che giudaizzava tra i Galati: «Noi che siamo Giudei di nascita e non peccatori di fra i Gentili»; Gal 2,15). Ciò rappresentava anche un oltraggio alla testimonianza dello Spirito che li chiamava alla grazia. A ciò si deve l’appello finale dell’autore: «Usciamo quindi fuori del campo e andiamo a lui, portando il suo vituperio» (Eb 13,13). Il «campo» era il giudaismo storico, a cui i Giudei che avevano conosciuto la verità di Gesù quale Messia erano fortemente legati per cultura e per timore di vituperio.

 

 

3.  EBREI 6,4-6:«Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, hanno gustato il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile riportarli un’altra volta al ravvedimento, poiché per conto loro crocifiggono nuovamente il Figlio di Dio e lo espongono a infamia».

    Tesi pro perdita della salvezza: Solo i cristiani nati di nuovo sono stati illuminati, hanno gustato il dono della salvezza, hanno partecipato allo Spirito di Dio e gustato la Parola di Dio. {Stefano Ferrero}

 

    Osservazioni e obiezioni: Abbiamo già parlato della dinamica del giudaismo. Si notino qui i verbi «illuminati», «gustato» (x 2) e «fatti partecipi». Si possono interpretare in due modi: 1) si parla di chi è stato illuminato mediante lo Spirito Santo e, entrando nella sfera della sua influenza, ha gustato qualcosa di ciò, ma senza abbracciare veramente la salvezza; 2) si tratta di credenti apostati. La similitudine dei vv. 7s privilegia la prima possibilità: la pioggia cade su tutte le piante, ma dipende da ciò che esse ne fanno per produrre che cosa. Ciò ricorda la parabola del seminatore e i vari terreni: il seme è lo stesso, ma dipende da chi lo riceve. Anche l’esperienza ci mostra di persone che ricevono con gioia l’Evangelo, illuminati dallo Spirito leggono la Parola con interesse, gustano un po’ del mondo di Dio e delle sue benedizioni; poi, su pressioni esterne o per opportunismo, il fuoco improvvisamente si spegne, assomigliano all’aborto mai nato e non vogliono mai più sentire parlare dell’Evangelo! (Tra il concepimento e la nascita è lunga la via e molti i pericoli!)

     In ogni modo, si noti che l’autore argomenta per paradosso: non è certamente possibile crocifiggere di nuovo storicamente il Figlio di Dio (v. 6), quindi la loro «fede abortita» non è mai servita alla loro salvezza. Qui non si ratta di credenti rigenerati (essi non gustano solo, ma partecipano alla grazia), ma di Giudei che assomigliano al seme caduto sulla roccia (la pianta si secca) o tra le spine (è soffocata dalle cure mondane).

     Il discorso paradossale è anche che tali persone illuminate e che hanno gustato un po’ delle cose di Dio, rifiutando la grazia, «è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento» (v. 6); questa è anche l’esperienza di chi è stato nell’opera di fondazione di chiesa o nella cura pastorale. Altra cosa è invece per i credenti rigenerati: si può cadere in trasgressione o essere caduti nel «laccio del diavolo», ma può essere rialzato da altri credenti con spirito di mansuetudine ed essere corretto con dolcezza (Gal 6,1; 2 Tm 2,25s). Ci si può sviare dalla verità, ma tale peccatore può essere aiutato a convertirsi «dall’errore della sua via» e a ottenere il perdono (Gcm 5,19s).

 

Il credente può perdere la sua salvezza? {Argentino Quintavalle} (A)

Credente ma non rigenerato: esperienza e dottrina {Roberta Sbodio} (A)

Perdita della salvezza 1 {S. Ferrero - N. Martella} (T/A)

Perdita della salvezza 3 {S.  Ferrero - N. Martella} (T/A)

Perdita della salvezza 4 {AA.VV. - Nicola Martella} (T/A)

Si può perdere la salvezza? {Nicola Martella} (T)

Sicurezza e perdita della salvezza {Tonino Mele} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Perdita_salvezza2_EnB.htm

11-2006; Aggiornamento: 30-01-2010

 

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