1. ENTRIAMO IN TEMA: È sempre la
stessa storia: quando non si cerca la verità nella Scrittura, costi quel che
costi, s’introdurranno solo argomenti a favore della propria tesi e si
metteranno sotto il tappeto tutti gli altri. Questo è un tipico approccio
dogmatico, che piega la realtà alle esigenze di parte, per motivi ideologici.
L’approccio esegetico, invece, appura la verità che c’è e si adegua a essa.
Un conduttore di chiesa mi ha inviato la seguente lettera, rivolta a lui da una
credente della sua comunità, in cui ella chiedeva quanto segue: «…ti
ho inoltrato questa e-mail, per chiederti per favore qualche piccolo aiuto sulla
grammatica greca. Io posso rispondere a questo signore mostrandogli tutti i
passi della Bibbia, dove si parla della divinità di Cristo, ma per quanto
riguarda le cose da lui scritte relativamente all’omissione dell’articolo
determinativo, non so confutarlo, perché non ho studiato il greco. Appena ti
è possibile, dimmi qualcosa al riguardo». {Nunzia Caione;
24-06-2013} Tale conduttore, oltre a comunicarmi la questione, l’impossibilità
di rispondere al momento per i suoi impegni ed il fatto che «le domande, che fa
quest’amico T.d.G., sono in merito alla Tri-unità di Dio», aggiungeva:
«Vorresti rispondere a questa persona direttamente?». Poi, ricevetti, tempo dopo
anche una telefonata di Nunzia, che mi sollecitava a rispondere.
2. LE TESI DEL SEGUACE DELLA TORRE DI GUARDIA
(Nazzareno Fiorentini): Lasciamo il testo così com’è, comprese le sigle
non spiegate. Tali sigle si riferiscono a traduzioni.
Giovanni 1,1-2:
Con
traduce: «In principio era la Parola e la Parola era presso Dio, anzi la Parola
era Dio». (Altre versioni traducono in modo simile). Ma NM traduce: «In
principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era un dio. Questi
era in principio con Dio».
Quale traduzione di Giovanni
1,1-2 è in armonia col contesto? Giovanni 1,18 dice: «Dio nessuno l’ha mai
veduto». Il versetto 14 dice chiaramente che «la Parola divenne carne e ha
abitato fra noi e noi abbiamo visto la sua gloria». Inoltre i versetti 1 e 2
dicono che in principio questi era «presso Dio». Si può essere presso
qualcuno e nello stesso tempo essere quel qualcuno? In Giovanni 17,3 Gesù
si rivolse al Padre chiamandolo «il solo vero Dio»; perciò Gesù, «un dio», è
semplicemente il riflesso delle qualità divine del Padre suo. — Ebr. 1,3.
La traduzione «un dio» si
concilia con le regole della grammatica greca? Alcune opere di consultazione
sostengono vigorosamente che il testo greco debba tradursi: «La Parola era Dio».
Ma non tutti sono d’accordo. Nel suo articolo «Predicati nominali qualitativi
privi di articolo: Marco 15,39 e Giovanni 1,1», Philip B. Harner scrive che
proposizioni come quella di Giovanni 1,1, «con un predicato privo di articolo
che precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo. Indicano che
il logos
ha la natura di theos». E aggiunge: «Forse la proposizione si potrebbe
tradurre: “la Parola era della stessa natura di Dio”». (Journal of Biblical
Literature, 1973, pp. 85, 87) In questo versetto, quindi, il fatto che nel
secondo caso la parola theòs nel testo greco sia priva dell’articolo
determinativo (ho) e preceda il verbo è significativo. È il caso di
notare che traduttori che insistono nel rendere Giovanni 1,1 «la Parola era Dio»
non esitano poi a usare l’articolo indeterminativo (un) nel tradurre altri passi
in cui un predicato nominale singolare privo di articolo precede il verbo. Ad
esempio, in Giovanni 6,70 sia CEI che VR si riferiscono a Giuda
Iscariota come a «un diavolo», e in Giovanni 9,17 descrivono Gesù come «un
profeta».
Nel suo Dizionario
Biblico il gesuita John L. McKenzie dice: «A rigor di termini Gv 1,1
dovrebbe essere tradotto così: “La parola era con il Dio (= il Padre), e la
parola era un essere divino”». (Le parentesi sono sue. L’originale inglese reca
il nihil obstat e l’imprimatur). — Cittadella Editrice, 1973,
trad. di Filippo Gentiloni Silveri, p. 251.
In armonia con quanto sopra,
AT traduce: «la Parola era divina»; Mo, «il Logos era divino»;
NTIV, «la parola era un dio». Nella sua traduzione tedesca, Ludwig Thimme lo
rende così: «La Parola era una specie di Dio». Definire la Parola (che in
seguito divenne Gesù Cristo) un «dio» è coerente con l’uso del termine nel resto
delle Scritture. Per esempio, in Salmo 82,1-6 giudici umani d’Israele sono
chiamati «dèi» (ebraico, ’elohìm; greco, theòi, in Giovanni 10,34)
in quanto rappresentanti di Geova tenuti a esporre la sua legge.
3. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
3.1. UNA LISTA SENZA PROVE ESEGETICHE: Risulta chiaro che tale scritto è nello
stile degli scritti della Torre di guardia e che, con alta probabilità, si
tratta semplicemente di un taglia e incolla e non di una ricerca personale fatta
sul testo greco del NT (esso si trova, ad esempio,
qui [inglese],
qui [inglese],
qui,
qui). Basta mettere in un browser “Philip B. Harner” “John L. McKenzie”
“Ludwig Thimme”, per vedere che tale testo si trova innumerevoli volte e in
varie lingue. La letteratura riportata è quella americana; quindi, si tratta
semplicemente di una ricopiatura fatta da Nazzareno Fiorentini. Anche gli
argomenti sono quelli classici. Perciò, non è nulla di nuovo.
Tale lista di citazioni non ha alcun valore probatorio per i seguenti
motivi. Sono riportati frasi, ma senza il contesto, che riporti l’intero
pensiero del singolo autore citato. Tali frasi fuori contesto contengono
asserzioni, ma non un ragionamento né una dimostrazione documentaria ed
esegetica in merito. Tale lista è, quindi, senza alcun valore probatorio, non
riportando un’analisi comparativa con una chiara analisi esegetica. Si è
riportato delle opinioni personali di tali autori solo ciò che fa comodo; in
ogni modo, esse non sono prova esegetica. Ma probabilmente Nazzareno Fiorentini
non sa neppure che cosa sia l’esegesi e una dimostrazione esegetica.
3.2. ANALISI
ESEGETICA COMPARATIVA: In greco ci sono diversi modi per rendere
determinato un sostantivo. Facciamo dapprima un esempio neutrale con
ánthrōpos «uomo».
■ 1. Aggiungendo l’articolo determinativo; ad esempio: ho
ánthrōpos
«l’uomo».
■ 2. In una
proposizione transitiva l’oggetto è determinato per posizione, mettendolo al
primo posto; ad esempio: hairetikòn ánthrōpon
metà mían kaì deutéran nūthesían paraitũ «rifiuta
l’uomo fazioso dopo una prima o una seconda esortazione» (Tt 3,10); qui
l’oggetto è anteposto e determinato per posizione.
■ 3. Nel caso di una proposizione retta dal verbo essere (può anche non
esserci in greco), il nome del predicato è determinato per posizione, mettendolo
al primo posto; ad esempio: kýrios gàr estin tũ sabbátū ho
huiòs tũ
anthrṓpū
«poiché il Figlio dell’uomo è il Signore del sabato» (Mt 12,8; cfr. Mc
2,28; Lc 6,5).
■ 4. Nei casi in cui un sostantivo indica un genere, una categoria, e
così via, l’articolo può mancare, ma è determinato lo stesso; ad esempio: tí
estin
ánthrōpos…;
ḕ huiòs anthrṓpū…;
«Chi è l’uomo…? O il figlio dell’uomo…?» (Eb XXX; cfr. Mt 10,35ss;
Mc 8,36; Lc 18,2.4; Gv 7,22s; Rm 3,5.28).
Andiamo ora a
Giovanni 1,1. Qui troviamo l’espressione kaì ho lógos ẽn pròs tòn Theón,
kaì Theòs ẽn ho lógos
«e il Logos era [rivolto] verso il Dio, e il Dio era
il Logos». Il Logos è soggetto della prima e della seconda preposizione.
Theós è nome del predicato ed è determinato per posizione. Tra il primo e
il secondo Theós non c’è nella qualità nessuna differenza dal punto di
vista linguistico. L’autore voleva intendere che Theós era la categoria,
con cui il Logos era in connessione (pròs tòn Theón «in riferimento al
Dio / [rivolto] verso il Dio») e a cui Egli apparteneva (Theòs ẽn).
Andiamo ora nei dettagli.
■ Pròs tòn Theón: Questa locuzione indica qui e altrove
relazione. È scritto: «Se Abramo fosse stato
giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi»; poi fu aggiunto:
all’ ū pròs tòn Theón «ma non nei
confronti del Dio» (Rm 4,2; cfr. 15,17 tà pròs tòn Theón [=
Eb 2,17; 5,1]). «Noi abbiamo una simile fiducia per
mezzo di Cristo nei confronti di Dio» (2 Cor 2,4;
«abbiamo fiducia nei confronti del Dio» (1 Gv 3,21). La bestia «aprì la bocca
per bestemmiare nei confronti del Dio» (Ap 13,6).
Questa locuzione è
usata anche per designare il complemento di moto a luogo: oúpō gàr
anebébēka pròs tòn patéra mū; poreúū dè pròs toús adelfoús mū «poiché non
sono ancora salito al Padre mio; ma va’ ai miei fratelli» (Gv 20,17). Indica
pure la direzione dell’azione: ẽran fōnḕn pròs tòn Theón «alzarono
la voce verso il Dio» (At 4,24; cfr. Rm 15,30 «a
combattere con me nelle preghiere per me [rivolte] verso il Dio»; cfr. 2 Cor
13,7; Fil 4,6). Queste due ultime accezioni sono da escludere per
Giovanni 1,1, mancando qui un verbo di moto.
■ Theón, kaì Theós: Quando segue due volte lo stesso sostantivo,
il secondo è determinato dal primo e non necessita di articolo. Tís enkalései
katà eklektõn Theũ; Theòs ho dikaiõn «Chi porterà un’accusa contro
gli eletti di Dio? Il Dio è il giustificante [= Colui, che giustifica]» (Rm
8,33). Si noti pure che Theós è determinato per posizione, pur
essendo nome del predicato, poiché il soggetto è sempre il sostantivo con
l’articolo! ●
Diò ūk epaischýnetai autoùs ho Theòs, Theòs epikaleĩsthai autõn «Perciò,
il Dio non si vergogna di loro, di essere chiamato il Dio loro»
(Eb 11,16). Si noti che il secondo Theós non ha l’articolo, perché è
determinato dal primo. Inoltre, è anche determinato per posizione.
■ Theòs ẽn ho lógos: Abbiamo
visto che, quando il nome del predicato è in prima posizione, non necessita di
articolo; in tal modo è riconoscibile il soggetto. Qui il soggetto è ho lógos
«il Logos», la copula è ẽn «era» e il
nome del predicato è Theós «il Dio» (determinato per posizione). Abbiamo
visto sopra similmente Theòs ho dikaiõn «Il Dio è il giustificante» (Rm
8,33;
ho dikaiõn «il giustificante» è il soggetto; la copula è inespressa come
spesso in greco). Abbiamo visto che in Ebrei 11,16 sarebbe ridicolo tradurre
Theòs epikaleĩsthai autõn con «di
essere chiamato un Dio loro». La storia cambia quando in una proposizione
Theòs è soggetto.
Ūk égnō tòn Theòn, hóti ho Theòs agápē estín «non
ha conosciuto il Dio, perché il Dio è amore» (1 Gv 4,8; cfr. v. 16); qui
ho Theòs è il soggetto, mentre agápē
è il nome del predicato. Se teoricamente
agápē fosse al primo posto, sarebbe determinato
per posizione, sebbene non avesse l’articolo. Si veda qui anche Gv 3,33 (il Dio
è verace); 1 Gv 1,5 (il Dio è luce).
■ Un Dio?: Quand’è che Theós intende «un Dio»? In Matteo 22,32
leggiamo: Ūk éstin ho Theòs Theòs nekrõn «Il
Dio non è un Dio dei morti». Il secondo Theós è nome del predicato
e intende la categoria (cfr. Mc 12,27 con solo il
secondo
Theós e con Egli come soggetto; cfr. invece Lc 20,38, dove è determinato
per posizione: «ma il Dio non è egli dei morti»). Quindi anche ho Theós
«il Dio» è chiamato Theós «un Dio»,
senza che ciò sminuisca la sua Deità e lo renda un «Dio minore». Anche laddove
alcuni riportano la variante Ūk éstin Theòs nekrõn
«Egli non è un Dio dei morti» (cfr. Mc 12,27
ho Theòs… [+ dei morti] Theòs [+ dei viventi] in alcune varianti),
dovrebbero avere la coerenza di vedere che si tratta non di «un Dio» qualunque,
ma del Dio della Bibbia, che prima si definì ho Theòs Abraám
«il Dio di Abramo»; come si vede il contesto può
determinare un termine, che nella ripetizione può comparire senza articolo.
Linguisticamente e teologicamente non cambia nulla, laddove il contesto è
chiaro.
■ Altro:
Che un termine qualsiasi sia determinato per posizione è mostrato anche
da Kýrios
«Signore». Ákūe Israḗl: Kýrios
ho Theòs hēmõn, Kýrios heĩs estín «Ascolta,
Israele: Il Signore, il Dio nostro, è l’unico Signore». Si noti due
volte ricorre Kýrios e senza articolo, eppure è determinato per posizione
e dall’apposizione ho Theós! Si veda anche Apocalisse 18,8: hóti
ischyròs Kýrios ho Theòs ho krínas autḗn «poiché
potente è il Signore, il Dio che la giudicò»; sarebbe ridicolo tradurre qui
Kýrios con «un Signore», essendo
determinato per posizione e specificato da ho Theós «il Dio», che
segue. ● Si noti che un termine può essere addirittura determinato, pur essendo
nome del predicato e non stando al primo posto! Ho gàr Kýrios ho Theòs ho
pantokrátōr naòs autẽs estín, kaì tò arníon «Poiché il Signore, il
Dio, l’Onnipotente, è il suo tempio, e l’Agnello» (Ap 21,22); sarebbe
ridicolo tradurre qui «un suo tempio» come se ce ne fossero tanti.
4. ASPETTI CONCLUSIVI
■ Tiriamo alcune somme: Abbiamo mostrato con la nostra analisi esegetica
comparativa che la locuzione kaì Theòs ẽn ho
lógos «e il Dio era il Logos» non era nulla
d’eccezionale all’interno della lingua greca. Se dovessimo tradurre qui con «un
Dio», bisognerebbe farlo dappertutto, dove di trova la stessa struttura
grammaticale, creando così singolari casi, in cui anche Dio Padre sarebbe solo
«un Dio». Abbiamo riportato casi in cui l’accostamento simile a tòn
Theón, kaì Theós
«il Dio, e il Dio» non richiedono l’articolo in
Theós. Abbiamo pure visto che, quando il nome
del predicato (qui Theós) è anteposto
nella proposizione, è determinato per posizione e non porta l’articolo in greco,
affinché sia chiaro quale sia il soggetto (qui ho lógos).
In tal modo, risulta confutata la loro pretesa, secondo cui esisterebbe un «Dio
minore» e questi sarebbe il Logos fatto carne (At 1,14), ossia Gesù Cristo, il
Figlio di Dio.
■
L’incongruenza con Giovanni 1,18:
Riporto una traduzione letteraria di Giovanni 1,18, essendo stato citato
a sproposito: Theòn ūdeìs heṓraken pṓpote; ho
monoghenḕs Theòs, ho ṑn eis tòn kólpon tũ patrós,
ekeĩnos exēghḗsato «Il Dio nessuno lo ha
visto mai; l’unigenito Dio, che è in connessione col seno del
Padre, quegli [lo] spiegò». Si noti che Theón (complemento
oggetto) è senza articolo, ma è determinato per posizione. Perché i
seguaci della Torre di guardia per coerenza non traducono qui «un Dio»? E se qui
è determinato per posizione, perché non dovrebbe esserlo in 1,1? Si noti
l’incongruenza per motivi ideologici! Nelle Bibbie della Torre di guardia, in
questo verso il termine senza articolo è scritto in maiuscolo, mentre proprio lo
stesso termine con articolo è scritto in minuscolo! Questa non è onestà
intellettuale, ma demagogia ideologica.
Tale assoluto, secondo cui nessun uomo ha mai visto Dio, non vale per
l’unigenito Dio (il Logos, Cristo, il Figlio). La cosa ridicola è che la Torre
di guardia traduca qui la locuzione ho monoghenḕs Theós
«l’unigenito Dio» con «dio» minuscolo, pur essendoci l’articolo e sia così
determinato! Come si vede, l’ideologia è più forte dell’esegesi e della verità
(cfr. Gv 1,14 monoghenḕs parà patrós «l’Unigenito presso il Padre»: pur
senza articolo sono determinati dal contesto, riferendosi a quell’Unigenito e a
quel Padre!). La locuzione ho ṑn eis tòn kólpon tũ patrós intende
«il quale è rivolto al seno del Padre» (qui non c’è in greco en «in,
dentro», ma
eis «verso, in riferimento a, nella direzione di»), ossia in termini
oggi comprensibili «il quale è a tu per tu con il Padre», ossia intimo con Lui.
A ciò si aggiunga la pretesa assolutistica: mentre nessuno ha visto il Padre,
per poterlo spiegare, l’Unigenito dal Padre è l’unico a essere con Lui in
intimità tale, da poterne fare una spiegazione verace e un’interpretazione
autentica: ekeĩnos exēghḗsato «quegli [lo]
spiegò» (da exēghéomai proviene il termine «esegesi»).
■ Alcune conclusioni: Risulta chiaro che gli ariani e gli anti-trinitari,
tra cui i seguaci della Torre di guardia, vorrebbero fare in Giovanni 1,1 la
grande eccezione per motivi ideologici, non per dimostrazione linguistica
comparata e per esegesi. Essi piegano la Bibbia alla loro ideologia, invece di
adeguarsi essi stessi alla verità esegetica. Mancano pure di coerenza, poiché
traducono la stessa realtà sintattica in modo arbitrario, così come richiede la
loro ideologia religiosa anti-trinitaria. Come abbiamo visto, l’Onnipotente e l’Agnello sono
insieme l’unico tempio esistente (Ap 21,22) e l’unica fonte d’illuminazione (v.
23) del mondo avvenire; essi sono formalmente distinti, ma uniti nella loro
azione storica, tanto da agire e apparire come un’unica cosa, ossia un Dio
unico. Infatti, nel NT Dio è rivelato come una «categoria» unica, in cui
ci sono solo tre soggetti distinti, connaturali, interattivi, contemporanei e
con distinte mansioni. Come esiste la categoria di specie dell’umanità, del
regno animale, del regno vegetale e degli esseri celesti, esiste anche la
categoria di «Dio», a cui appartengono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Nel NT «Dio» è rivelato come una «unità composita» al pari di concetti come
mondo, famiglia, popolo, nazione, tribù, ecc. Per fare un esempio, non ci sono tante Italie, ma una
sola Italia formata da tutti i cittadini, i quali sono italiani e, sebbene
distinti e diversi, sono uniti da vincoli, che li distinguono dai non-Italiani.
Parimenti riguardo alla Deità non ci sono tre Dèi, ma un unico Dio in tre
persone distinte, connaturali ed eterne. Nessuna delle persone è identica
all’altra, ma ognuna di queste tre persone è Dio, ossia fa parte dell’unica
Deità verace ed esistente. Fuori di questa categoria non ci sono altre persone o
entità, che possono aspirare di appartenere a tale Deità. I falsi dèi e Satana
(dio di questo mondo) usano abusivamente tale titolo e spesso sono fatti tali
dagli uomini. In Ogni modo, la Scrittura e quindi il Dio vivente non riconoscono
a tale entità questo diritto, ossia di appartenere alla legittima «categoria» di
Dio.
►
E Dio era il Logos {Nicola Martella} (A)
►
Sintassi e Deità di Cristo {Nicola Martella} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Logos_un-Dio_MT_AT.htm
03-02-2014; Aggiornamento: |