«In ogni cosa ci raccomandiamo come servi di Dio: in
grande pazienza, in afflizioni, necessità, angustie […], nella parola di verità,
nella potenza di Dio, con le armi di giustizia a destra e a sinistra, nella
gloria e nell’ignominia, nella buona e nella cattiva fama [...], come coloro che
non hanno nulla, eppure hanno ogni cosa!» (2 Cor 6,4-10).
Tempo fa leggevo la circolare dell’accademia teologica
(FTA), dove ho studiato, in cui il rettore, Helge Stadelmann, esprimeva alcuni
pensieri riguardo a tale brano biblico (Freudensbrief [Lettera agli
amici] del 11-02-2005). La FTA si è trovata sotto il fuoco incrociato della
critica, non solo da parte dei liberali, ma anche degli ultraconservatori.
Alcuni di questi pensieri mi hanno portato a formulare le seguenti riflessioni
che propongo come tema di discussione. Al riguardo rimando al primo contributo.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1. {Nicola
Martella}
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Il testo biblico sopra indicato (2 Cor 6,4-10) esprime
bene la situazione e la motivazione di tante persone che servono il Signore. Pur
volendo essere servitori di Dio, vengono aggravati occasionalmente da situazioni
avverse e si trovano esposti alle maree mutevoli delle opinioni umane.
Paolo ribadì che un tale
ministero accadeva «nella buona e nella cattiva fama». Penso che avere
una «buona reputazione» non dispiaccia a nessuno: fa piacere quando le
cose buone che si fanno alla luce del sole, vengono notate, considerate e se ne
parla bene, sebbene l’intenzione per cui le si fa non dipende da ciò. Altra cosa
è la «cattiva reputazione»: le malelingue rendono pesante la vita e il
ministero. Alcune volte ho dovuto sperimentare il fatto che qualcuno è venuto a
dirmi che nell’incontro di responsabili della data zona qualcuno si sarebbe
alzato per denigrarmi per cose che avrei detto o fatto. Oppure tale persona ha
assistito mentre alcuni credenti facevano ciò in gruppo. La mia reazione è stata
quella di dire: «Non posso passare la vita a raccogliere le piume che altri
hanno messo al vento». Ho sperimentato comunque che Dio ha spesso mandato un
«angelo» a difendermi in tali circostanze, magari un fratello che mi conosceva a
fondo. È triste che certa gente sia troppo vile per venire a confrontarsi
personalmente con te (cfr. Mt 18), ma preferisca la via delle calunnie e della
denigrazione.
Quando un evangelico fedele alla
Bibbia viene preso come bersaglio dai «liberali», egli ben lo sopporta.
Quando opere e ministeri spiritualmente intatti vengono attaccati dalle dicerie
degli «ultraconservatori», ciò diventa un peso. Lo screditamento può
accadere in privato o in gruppo, facendo recensioni tendenziose delle opere di
qualcuno, escludendo la pubblicazione degli articoli di un autore dalla propria
rivista, mettendo in giro lettere o e-mail tendenziose o contenenti false
informazioni contro un servitore del Signore o un’opera cristiana (p.es. una
scuola biblica). Si propaga il dubbio che un servitore del Signore non abbia la
«sana dottrina», invece di riflettere sulla propria mancanza di attendibilità
etica. Si discredita ciò che non è del tutto omogeneo con le proprie opinioni,
presentando se stessi come «puristi», strenui difensori della «verità» e
detentori «integrali(sti)» della «sana dottrina». Invece di chiare dimostrazioni
delle prove, si fanno solo illazioni. Chi agli occhi loro «devia» in uno dei
tanti punti, oggettivamente secondari, viene considerato «fuori dottrina» in
tutto. Ad esempio, si attribuisce all’altro di fare compromessi minimalistici
tra la «verità biblica» e la «teologia critica», solo perché non accetta
spiritualizzazioni arbitrarie, simbolismi artefatti e speculazioni
soggettivistiche. Si considera l’altro come uno che ha
ormai deviato dalla «linea» del movimento, solo perché l’esegesi della
Parola gli è più importante delle convenzioni e della casistica denominazionale,
assurte a «verità assodata» o a «sana dottrina».
Alcuni ultraconservatori, pur di
conservare il proprio «integralismo», si dispongono a buttare via riguardo agli
altri «il bimbo con tutta l’acqua sporca», a chiudersi a riccio, a coltivare la
sindrome della «piccola gregge», per poi poter cantare con convinzione «O
gioia dei puri…», gli unici «puri» rimasti.
È chiaro che anche nel campo
degli evangelici, che vogliono essere fedeli alla Bibbia, ci sono problemi,
dinanzi ai quali non bisogna chiudere gli occhi. Ora, però, la differenza tra
gli «evangelici storico-biblici» e gli «evangelici integralisti antagonisti»
(detti anche «fondamentalisti separatisti» o ultraconservatori) sta nel modo
come si affrontano tali problemi. È stato detto che i «fondamentalisti
separatisti» affrontano i problemi in genere dando bacchettate a tutti, senza
risolverli veramente, ma creandone degli altri. Qualcuno li chiama «estremisti
di centro», perché pensano di avere esclusivamente il copyright della
«sana dottrina». Alcune persone hanno la tendenza — prescindendo in genere da
un’attenta e onesta esegesi — a cercar bruscoli negli occhi altrui e a colar
moscerini, ostacolando così di fatto l’annuncio dell’Evangelo, il progresso
dello studio teologico, la fondazione di chiese e l’avanzamento del regno di
Dio. Chi ha la sindrome della «piccola gregge» non mostra in genere un grande
interesse per tutto ciò, ma si dà pena a rimpinguare il «lardo» denominazionale,
per sentirsi così l’unico «club di redenti» che, come tale, deve
guardarsi da tutte le «contaminazioni», specialmente da quelle di altri
evangelici. Può succedere che ci si dia a dispute furibonde su «virgole e
puntini sulle i», ci si accordi periodicamente sulla propria «identità» e sui
reali confini del proprio movimento rispetto agli altri, mentre il «mondo»
sprofonda nel peccato e buona parte dell’Italia aspetta l’Evangelo. Anche i
moderni Giona
piangono sul proprio ricino, contristati fino alla morte, e — pur di aver
ragione — aspettano che Dio fulmini la loro Ninive! Alcuni, invece di passare
all’azione, preferiscono restare nella reazione: scuotono la testa così a lungo
sulla zuppa, finché trovano il capello di cui lamentarsi. Non avendo più altro
da contribuire nel «mondo», si sentono una specie di «extraterrestri» e, come
tali, vivono ormai già fra le «nuvole» o nell’aldilà.
Forse vale la pena riflettere
sulla seguente parola di Dietrich Bonhoeffer: «Chi ama il suo sogno di una
comunità cristiana più che la stessa comunità cristiana, questi diventa il
distruttore di ogni comunità cristiana, di là dal fatto che egli sia pieno di
onestà, serietà e dedizione» (Gemeinsames Leben [Vita comune], 23a
edizione, p. 24).
Chi vuole mantenere una nave
sulla rotta, non deve deviare «né a destra né a manca». Non deve
scivolare né verso il liberalismo né verso l’integralismo antagonista. Dico e
ribadisco che il contrario di una cosa (mezza verità, menzogna), non è per forza
la verità, ma può essere un’altra menzogna di segno contrario! Vale la pena
meditare sulle seguenti parole di C.S. Lewis: «Il diavolo… manda al mondo gli
errori sempre a coppia. In coppie contrapposte. Ed egli ci spinge continuamente
a perdere molto tempo a riflettere quale sia l’errore più grande. Il motivo di
ciò è evidente: egli si basa sulla nostra profonda avversione verso un certo
errore, per trascinarci passo per passo in un altro. Non lasciamoci ingannare.
Dobbiamo puntare gli occhi sulla meta e passare dritti in mezzo ad ambedue gli
errori» (Pardon, ich bin Christ [Scusi, io son cristiano], p.
144). Miriamo precisamente alla meta, quando rimaniamo in quel che la Bibbia
dichiara con tutta
chiarezza. In ciò che facciamo dobbiamo mantenere la rotta in mezzo a
vari errori contrapposti. Ciò deve valere nella formazione degli altri, nella
pubblicazione di articoli e libri, nelle predicazioni, nelle conferenze, nei
seminari nelle chiese e nei contributi nei mass-media, affinché anche nel futuro
ci siano discepoli che conservino la giusta rotta.
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Destra_manca_MeG.htm
07-04-2007; Aggiornamento:
03-07-2010
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