La questione del lettore
Caro Nicola, ti scrivo per proporti un quesito che onestamente non mi lascia
tranquillo. Riguarda, infatti, la nostra posizione nei riguardi dei
neocarismatici e dei neopentecostali.
Ho visto che molti fra i non carismatici considerano
fratelli questi ultimi. Devo ammettere però che questo mi lascia perplesso. Una
cosa che, infatti, mi domando è:
«Se sono davvero fratelli, quindi salvati, come mai
perdere tempo con loro al riguardo del parlare in lingue, di Benny Hinn, della
caduta nello Spirito, ecc...? Ciò francamente a mio parere si ridurrebbe ad un
semplice capriccio».
Non voglio però nemmeno fare di tutta l’erba, un
fascio.
Personalmente pur non condividendo ormai più le
dottrine, provo in ogni modo del rispetto nei confronti dei pentecostali
classici (ma anche qui devo ammettere che lo stesso mi sento personalmente a
volte a disagio, perché non si deve dimenticare che anche questo movimento è
cominciato in maniera non certamente biblica).
Quello però che a noi deve interessare è quello che
dice la Bibbia. Vorrei incentrare in ogni caso il tutto sui carismatici
evangelici.
«Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo,
non ha Dio. Chi rimane nella dottrina ha il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene
da voi e non reca questa dottrina,
non ricevetelo e non salutatelo, chi lo
saluta partecipa alle sue opere malvagie» (2 Gv 1,9ss).
Questo verso a me sembra che parli chiaro. Oppure: «Colui
che persiste nel commettere peccato proviene dal diavolo» (1 Gv 3,8).
Le dottrine che i carismatici propugnano sono «dottrine
di demoni» (1 Tm 4,1), ed anche qui la Bibbia ci avverte: «Voi non potete
bere il calice del Signore e il calice dei demoni; voi non potete partecipare
alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni» (1 Cor 10,21).
Tu come la vedi al riguardo? Credo che i carismatici
vadano combattuti dottrinalmente, perché possono appunto fare apostatare dalla
vera fede in Gesù Cristo.
Così come credo che non debbano essere neppure chiamati
fratelli, perché chi segue queste dottrine, come abbiamo visto dalla Bibbia, non
può esserlo.
Non voglio dare l’idea di un legalista tutto d’un pezzo
che non ammette discussioni, ma vorrei un parere biblico su questo mio pensiero.
{Gaio Rannuni}
La risposta ▲
Per prima cosa bisogna distinguere le sovrastrutture dottrinali dalle persone.
Le persone possono essere sincere: accettano l’Evangelo e seguono il Signore, ma
a volte non conoscono altro se non la loro propria chiesa.
Per seconda cosa, bisogna distinguere varie forme di
pentecostalismo: alcuni pentecostali, pur avendo la classica dottrina del
cosiddetto battesimo dello Spirito (che si manifesta sedicentemente con la
glossolalia) non ne fanno un cavallo di battaglia né una discriminante; alcuni
pentecostali (di là dalla tipica coreografia culturale durante i culti di
accompagnare tutto con «alleluia» e «amen»), non permettono la glossolalia
pubblica, ma solo in privato; altri pentecostali ne fanno un punto ideologico
fondamentale, pur non accettando le altre forme neopentecostali (caduta nello
Spirito, ridere nello Spirito, ecc.); infine ci sono vari tipi di
neopentecostali e neocarismatici fino al neognosticismo di Benny Hinn e dei suoi
accoliti. Non si può certo fare di tutta l’erba un fascio e bisogna qui
veramente «provare gli spiriti», ossia distinguere secondo la Parola di Dio (1
Gv 4,1).
Come intendere tutto ciò? I carismatici sono salvati e
sono fratelli? È scritto che Dio conosce i suoi (2 Tm 2,19) e investiga i cuori
(Rm 8,27). Se «l’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio,
perché gli sono pazzia» (1 Cor 2,14), «tutti quelli che son condotti
dallo Spirito di Dio, son figli di Dio» (Rm 8,14). Ciò che ci permette di
discernere è la Parola di Dio. Abbiamo visto il vasto spettro del fenomeno
pentecostale e carismatico. Abbiamo detto che bisogna distinguere le persone
dalle dottrine. Paolo non aveva problemi a parlare di «uomo settario» (Tt 2,10),
di persone «sviate dalla fede» (1 Tm 6,10.21), di «uomini sviati dalla verità»
(2 Tm 2,18), di «falsi apostoli» (2 Cor 11,13; sommi v. 5), di «operai
fraudolenti» (2 Cor 11,13); di «cattivi operai» (Fil 3,2), di gente marchiata
nella loro coscienza (1 Tm 4,2), di persone che predicavano un altro Cristo e un
altro Evangelo (Gal 1,6ss), eccetera. Egli prendeva le distanze da loro, li
denunciava e li combatteva strenuamente.
Alcuni pensano che il fatto che alcuni «credenti»
predichino o compiano opere potenti sia già di per sé una garanzia che essi
siano anche dei «rigenerati»? Bisogna tener presente che opere spettacolari,
esorcismi, trasporti mistici, profezie si trovano in tutte le religioni,
compresa la glossolalia. Quindi tutto ciò non basta per garantire che un tale
«credente» sia anche «nato da Dio». Nel giorno in cui il Messia tornerà e terrà
giudizio, molti «credenti» cercheranno di far valere proprio tale principio
taumaturgico, ma il Signore non lo accetterà: «Molti
mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi
profetizzato in nome tuo, e in nome tuo
cacciato demoni, e fatte in nome
tuo molte
opere potenti?” E allora dichiarerò
loro: “Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti
operatori d’iniquità”» (Mt
7,22s).
Ora, come ci dobbiamo comportare verso la chiesa di
«Corinto», ossia verso una realtà ad alto tasso di misticismo e gnosticismo? Ho
scritto riguardo alla situazione in Corinto sia in «Entrare
nella breccia» (pp. 59-62) sia in «La
lieve danza delle tenebre» (pp. 381ss). Una tendenza è
quella di separarsi da «Corinto» e dai «falsi apostoli» che la dominano, facendo
di tutta l’erba un fascio; allora si rimuoverà semplicemente il tutto, anche le
vittime di tale sovrastruttura ideologica. Un’altra tendenza è quella di
sminuire il problema di «Corinto», come se fosse il loro problema e basta; basta
che ci si rispetti e tolleri. Paolo invece distinse la chiesa dagli «operai
fraudolenti», si scontrò con questi neognostici e combatté per il ristabilimento
della sana dottrina in «Corinto». Se non si affrontano i «falsi profeti»
neognostici di «Corinto», «Corinto» sarà presto dappertutto, poiché lo
gnosticismo divenne e diventa un lievito pericoloso. Le dottrine neognostiche ed
ecumeniche degli «operai fraudolenti» si accreditano nelle chiese, così anche le
loro pratiche spiritualistiche e sincretistiche. Questa è la dottrina di Balaam
(ebr. Ba`al`am
«vincitore di popolo») o dei cosiddetti Nicolaiti (gr.
nikolaitai «vincitori di popolo»), di Jezabel (= Izebel moglie di Achab),
ossia una commistione fra la dottrina biblica e quella neognostica (pagana,
occulta, spiritica; Ap 2,2.14s.20.24).
Io non ho problemi ad avere comunione con i
pentecostali moderati. Bisogna considerare che un movimento può essere nato in
un certo modo, per poi svilupparsi in tante direzioni: alcune più vicine alla
Bibbia e altre più distanti. Lo stesso dicasi di altre denominazioni. Certamente
bisogna stabilire un comune denominatore per la comunione e un comune rispetto.
Proprio perché ho chiare convinzioni sulla glossolalia (come in At 2 si tratta
di lingue vere, esistite o esistenti; 1 Cor 13,8 gr. «cesseranno di per sé»),
come ho descritto in parte in «Carismosofia», non amo ad esempio stare in chiese
in cui si parla tutti insieme in lingue, contravvenendo così una chiara regola
della Bibbia: «Se ora qualcuno parla in una lingua, siano in due o al massimo
in tre e l’un dopo l’altro, e uno interpreti. E se non c’è nessun interprete, si
taccia nell’assemblea e parli a se stesso e a Dio» (1 Cor 14,27s).
Il lettore ha applicato 1 Gv 3,8 e 2 Gv 1,9ss
direttamente ai carismatici. In ogni modo, questi versi valgono per chiunque si
soinge oltre la «dottrina di Cristo» e per chiunque «persiste nel commettere
il peccato», che sia carismatico o meno.
Quanto a 1 Tm 4,1 e a 1 Cor 10,21, bisogna ammettere
che diverse dottrine neognostiche, propugnate da alcuni leader carismatici,
hanno affinità con quelle del mondo magico-esoterico e che si fa bene al
riguardo a prendere le distanze, ad avvisare gli altri e a opporsi a tali
dottrine.
Un «conduttore» dev’essere «attaccato alla fedele
Parola» perché sia capace di fare le seguenti cose: ▪ 1) «esortare nella sana
dottrina»; ▪ 2) «convincere i contraddittori» (Tt 1,9); ▪ 3) «turare
la bocca» ai «molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti» (v.
10).
Chi chiamare fratello? È una questione molto
controversa, poiché nella Bibbia viene usato con significati differenti (At
1,15s; 2,29.37; 3,17; 6,3; 7,2; 9,30; 10,23; 11,1.12.29; 12,12.17; 13,15; ecc.).
Non ho problemi a chiamare «fratello» ogni credente che abbia segua sinceramente
la dottrina biblica e che sia proteso a conoscere la volontà di Dio e a farla.
Ho problemi a riconoscere come «fratello» chi si ostina nel peccato e non
accetta la riprensione della Parola. Ho grandi difficoltà di riconoscere in
qualcuno un mio «fratello in Cristo» che, pur annunziando alcune cose vere,
propaga dottrine neognostiche, un altro cristo e un altro evangelo. Non ho
nessuna simpatia per guru, santoni, «unti», «apostoli» e «profeti» autonominati.
Ho una grande misericordia per tutti coloro che, pur
essendo all’interno di una sovrastruttura dottrinale sbagliata, cercano con
sincerità il consiglio di Dio e di mettere in pratica la verità che conoscono,
secondo la luce che hanno (cfr. Cornelio). Imparando da Paolo, per me «Corinto»
non è da lasciare nelle mani di «falsi apostoli» e di «operai fraudolenti».
Anche se il giudizio ultimo ce l’ha il Signore, a me viene chiesto di essere
vigilante come una sentinella (2 Tm 4,5; Ap 3,2) e di «combattere
strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi»
(Gd 1,3).
►
Glossolalia e demonizzazione? {Nicola
Martella}
(D)
►
Pentecostalismo e glossolalia {Gaetano Nunnari} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Neopentecostali_fratelli_Car.htm
06-04-2007; Aggiornamento: 15-10-2007 |