I contributi sul tema
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Qui di seguito
discutiamo l’analisi da me fatta circa alcune tesi di Paolo Castellina su Genesi
2,21s e sulla teoria, da lui importata da altri, che non si sarebbe trattato di
una costola, ma di un sedicente «osso penico», con cui Dio avrebbe
costruito Eva.
Due lettori
mi avevano fatto richiesta di analizzare e dare un parere riguardo a un articolo
di Paolo Castellina (qui).
In vista di fare ciò, scrissi loro quanto segue: «Caro ***, risponderò
volentieri alla tua richiesta. Intanto che mi metto al lavoro, puoi dirmi tu
quali problemi ci trovi. Poi ci penserò io a una risposta tecnica». Ora sebbene
le risposte siano arrivate dopo che avevo già finito il lavoro, esse mostrano le
perplessità dei lettori dopo la lettura di tale articolo e prima di
leggere le mie osservazioni e obiezioni.
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Antonio Capasso: Trovo affascinante la spiegazione di Castellina, ma non ho
trovato conferma nei testi dei vari studiosi che ho consultato, Blocher, Von
Rad, Martella, ecc. Pace. {15-11-2010}
■ Gaetano Nunnari: Caro Nicola, innanzitutto grazie per la tua
disponibilità. Per quanto possa apprezzare le qualità umane del fratello
Danilo Valla, la sua teoria della metà del DNA al posto della costola non la
condivido. Io non sono un esperto d’ebraico, ma credo basti un po’ di logica
per capire che, per ottenere la metà del DNA dell’uomo, non era necessario
sedarlo, aprirlo chirurgicamente e poi suturarlo. Per ottenere la metà del DNA
bastava un capello, una goccia di sangue o un po’ di saliva. Quindi, la teoria
del fratello Valla credo si scontri già con il buon senso in rapporto al
racconto biblico della creazione della donna.
Il fratello
Paolo Castellina ha presentato un’altra teoria riguardo a questa narrazione
biblica. che premetto, non mi coinvolge poi così appassionatamente, se non per
il fatto che sia stata usata in passato da alcuni sciocchi, per gettare
discredito sulla Parola di Dio.
Un po’ di colpa per questo l’hanno senza dubbio gli stessi religiosi, che
hanno insegnato stupidaggini come la bufala che l’uomo avesse una costola in
meno della donna. Anche questo modo di rapportarsi alla Bibbia getta
discredito sulla fede. Non è che se io dovessi domani amputarmi un piede,
ciò significa che, se in futuro avrò poi un figlio maschio, questi nascerà senza
un piede. Anche queste sono sciocchezze.
Non conoscendo come già detto l’ebraico, ho voluto chiedere a te cosa ne pensavi
dell’articolo scritto dal fratello Castellina, visto che il vocabolo che
è stato tradotto con costola, sembra che possa essere tradotto con diverse
parole con significati molto diversi, quindi con costola, con pene o, a questo
punto, con qualsiasi cosa fuoriesca dal tronco del corpo come «un ramo».
Non c’è nulla nell’articolo di Castellina che mi desti dei sospetti, ma certo
che se costola dovesse in realtà essere tradotto con pene, ci sarebbe una
rivoluzione culturale al riguardo. Chissà se forse tale vocabolo sia stato
scartato per tabù?
Anche qui però
resto perplesso sulla questione dell’osso penico. Se Dio ce l’avesse
messo perché, togliendolo ad Adamo, l’avrebbe poi tolto a tutto il genere umano?
Grazie per un tuo commento che darai in merito. {14-11-2010}
Queste osservazioni
a caldo di questi due lettori, scritte prima di leggere la mia disamina,
mi sembrano una buona introduzione a questo tema di discussione, che si basa
sull’articolo «Fianco
o presunto “osso del pene” d’Adamo?
Analisi di alcune tesi di Paolo Castellina». A questo punto bisogna
leggere prima tale mio articolo e poi continuare nella lettura dei contributi
dei lettori.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
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1. {Vincenzo
Russillo}
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Sulla creazione
della donna, ci si è sbizzarriti a più non posso. Le femministe pensando
alla costola, si sono ribellate pensando fosse una parte inferiore e quindi
sottoposte all’uomo. Per poi passare alle odierne favole, come questa sul
pene di Adamo. Oltre a quanto spiegato in modo magistrale dal fratello Nicola
Martella, mi vengono da fare queste considerazione.
■ La
Septuaginta riporta in Genesi 2 il termine greco πλευρά [pleurá], che è
uguale al termine ebraico di ṣelā`, che al singolare vuol dire costola. In
greco l’espressione ebraica viene tradotta con μίαν τῶν
πλευρῶν αὐτοῦ
[mían tōn pleurōn autou] «una delle sue costole». Il termine greco lo ritroviamo
come costola anche in Daniele 7,5 della Septuaginta.
■ Se all’uomo fosse stato estratto l’osso del pene, per deduzione logica
varrebbe lo stesso discorso della costola: i figli avrebbero dovuto averlo; ma
ciò fino a oggi non è mai accaduto.
■ Nello studio della Bibbia alcuni si approcciano a essa con pregiudizi. Oppure
per rendere lo scritto più avvincente, cercano di renderlo più «appetibile»
con sottigliezze. Mi vien da pensare a quanto disse Paolo: «E
distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole» (2
Timoteo 4,4).
Nel Talmud
si trova una storia molto esplicativa sulla costola, seppur certo in senso
interpretativo non aggiunge niente. Dio rifletteva da quale parte dell’uomo
avrebbe creato la donna ed egli pensava questo: «Non la posso creare dal capo
d’Adamo perché altrimenti sarebbe orgogliosa, non la posso creare dal suo occhio
altrimenti curioserà ogni cosa, se la creerò dal suo orecchio vorrà conoscere
ogni cosa, dalla sua bocca parlerà molto, dal suo cuore tramerà invidia per la
gente, se la creerò dalla sua mano lei avrà il desiderio di prendere ogni cosa…
dal piede sarà una vagabonda. Perciò la creerò da una parte che è nascosta,
dalla sua costola che non può essere vista nemmeno quando l’uomo è nudo».
Nel contesto della creazione, dall’esame Genesi 2,21–22 risulta ben
chiaro che il testo si riferisce alla costola e non ad alcun altra parte del
corpo. Mettere in risalto fantomatiche teorie che riguardano il DNA o
altro, servono solo a fare un mix confuso di teorie facilmente smontabili.
Quindi, prima di mettere in giro tali cose, facciamo bene a esaminare
accuratamente, se ciò corrisponde a verità. {15-11-2010}
2. {Gianni
Siena}
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Ritengo che
tradurre «pene» il vocabolo ebraico «tsela» sia una sbandata lessicale -
grammaticale. […] L’interpretazione di Paolo Castellina non ha base, si può
ragionare solo se Dio, nel mandare un profondo sonno su Adamo
(Genesi 2,21), non separò la femmina da lui conformemente alla replicazione
cellulare: quando una cellula si riproduce, la metà d’essa si separa e
ricompone la parte mancante, e così via. Ma questa è un’ipotesi da dimostrare.
Esiste un’altra ipotesi, la natura vivente la mostra nei laboratori di
bioingegneria: a partire da un pezzetto di materiale organico si potrebbe
riprodurre un essere vivente.
Queste sono, attualmente, le due uniche ipotesi di lavoro che, dando spiegazioni
dal punto di vista della scienza, s’avvicinano al racconto biblico. La
scienza medica egiziana, nota agli ebrei, pare che effettuasse tentativi di
trasfusione ancora all’epoca di Mosè. I medici egiziani operavano con successo
le cataratte.
La procedura descritta nella Bibbia per creare la donna (Genesi 2,21s) somiglia,
succintamente, a un’operazione chirurgica. Il prelevamento della «tsela»
ricorda quanto stanno oggi facendo e con successo i luminari attuali. Anche per
questo, la teoria dell’«osso penico» è, secondo me, un po’ pietosa come
tesi. Non sono uno scienziato ma allibisco davanti a simili «teorie»!
Ritornando al tema, «tsela» significa «fianco» o «costola / costa». In attesa di
definire (possibilmente) l’aspetto scientifico della questione (quello
grammaticale lo conosciamo ed è chiaro), non posso fare a meno di vedere con
quanta precisione
Mosè parlò in modo semplice e chiaro al suo popolo.
Quanti hanno letto la Genesi sino a oggi, con fede e accettazione della Parola
di Dio, hanno usato con profitto il vocabolario e la grammatica della lingua
ebraica: senza torcerne il significato. Deformare la Parola di Dio è
sempre un inaccettabile rischio, che un vero credente non dovrebbe mai
correre. Nel meno grave dei casi, il malcapitato vedrà diminuita la sua eredità
celeste o andrà incontro a biasimi e castighi poco piacevoli (Apocalisse
22,18s) Nel caso peggiore, la distorsione della Parola comporta l’incapacità di
comprendere la verità, quindi la perdizione eterna (2 Pietro 3,16)
Stiano attenti a certi «maestri» della legge; la loro schiera, sino al presente,
è già molto nutrita: ne riceveranno maggior castigo (Giacomo 3,1). {16-11-2010}
3. {Pietro
Calenzo}
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Carissimo Nicola,
shalom. Non nascondo che questo intervento sulla genesi creazionale dell’uomo e
della donna è molto interessante. Personalmente ritengo che l’articolo di Paolo
Castellina sia legato a un commento esegetico o morfologico molto
contestabile, sia da un punto
scritturale ma anche da un punto di vista scientifico e logico. Comunque, per
avere una opinione più accurata e biblicamente corretta del significato di
tsela, occorrono delle conoscenze specifiche di ermeneutica e di conoscenza
molto edotta della lingua ebraica e delle sue varie accezioni interpretative di
una determinata parola.
Personalmente sono andato
a leggermi le porzioni consigliate: Nicola Martella, «Il fianco o
il DNA? (Gn 2,21-22)», Temi delle origini.
Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 262-264. Nicola Martella,
Esegesi delle origini.
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006, pp. 164-169. Dopo ciò,
il quadro mi è sembrato molto più lineare. Di
primo acchito mi pare che si possa definire l’interpretazione della creazione
della donna, fatta Paolo Castellina, come pericolosamente innovativa e mera
fantasia; infatti, a dire del Castellina, in tale atto creativo il sommo
Creatore medesimo si sarebbe usato di un fantasioso osso penico di Adamo. Tale
tesi, mi pare, sia molto opinabile e legata a un certa maniera liberale
d’interpretare la Scrittura.
Paolo Castellina cerca di
piegare una sua tesi, condivisa da pochissimi esegeti, appartenenti a una certa
area del protestantesimo, inglobandola in toto. La tesi del Castellina, invece
di basarsi su una corretta esegesi del testo in esame, pare poggiarsi su
una piccola quantità di presunti sillogismi e ipotetici parallelismi in campo
genetico-sessuale (e ipoteticamente scientifico), rinunciando così a una
conoscenza profonda, basata su un’esegesi probatoria delle varie accezioni, che
le Scritture fanno della parola tsela.
Personalmente posso
comunque affermare che
la lettura di «Esegesi delle Origini» e di «Temi delle Origini» di Nicola
Martella, anche se letti da non conoscitori della pur difficile lingua ebraica,
possono supplire (unitamente ad altri testi o opere) alle nostre deficienze in
materia. Ciò ci rende inoltre attenti a non introdurre nelle nostre assemblee o
comunità nuove ideologie demagogiche riguardo alla creazione biblica
della donna, le quali potrebbero turbare, parte dei nostri fratelli. Un
carissimo abbraccio. Benedizioni in Gesù Messia, Unto Re. {16-11-2010}
4. {}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Fianco_Adamo_pene_R12.htm
16-11-2010; Aggiornamento: 17-11-2010 |