Entriamo in tema
Gli Evangeli abbondano di traduzioni erronee. «Ma questo cosa comporta
veramente?», può chiedere qualcuno. Anche se ci sono degli errori di traduzione
qua e là, ci sono veramente delle difficoltà a comprendere il significato delle
parole di Gesù? Inoltre, ci sono dei passi che sono stati fraintesi in una
maniera tale che ci possono danneggiare spiritualmente?
Sfortunatamente, la risposta è «sì». Infatti, se la Chiesa fosse stata
equipaggiata con una comprensione ebraica delle parole di Gesù, la maggior parte
delle controversie teologiche non si sarebbero mai presentate.
In un precedente articolo [►
Traduzioni, lingue bibliche e mentalità ebraica]
ho dato numerosi esempi della difficoltà di tradurre con precisione il testo
biblico. Alcuni sono delle semplici sfumature, ma ce ne sono altri che sono più
che dei semplici errori di traduzione e influiscono negativamente sulla nostra
teologia. Di uno ne parlo nel mio sito e si riferisce al «regno
dei cieli» il quale non è esclusivamente futurista, ma piuttosto una realtà
presente dovunque Dio governa. Si ha facilmente l’impressione dal testo greco
che benché il regno sia vicino, non sia ancora arrivato. Tuttavia, quando si
leggono ebraicamente i passaggi che riguardano il regno, è immediatamente
evidente che il regno non è solo futuro ma è anche arrivato, è già qui — quasi
l’esatto opposto del significato greco.
Alcuni esempi
Altri errori, hanno contribuito a creare confusioni, malintesi, comportamenti
sbagliati e legami spirituali. Uno per esempio riguarda il
«pacifismo», di cui ho già
parlato in questo sito. Qui voglio solo ricordare che nella realtà, il pacifismo
è un equivoco teologico basato su numerosi errori di traduzione dei detti di
Gesù, come per esempio «non uccidere» andrebbe tradotto «non
assassinare»; per esempio, «non contrastate al malvagio» (Mt 5,39a)
significa «non cercare la vendetta contro chi ti ha fatto un torto», e
Gesù esprime un principio importante che s’applica nei nostri rapporti con gli
amici e i vicini. Non s’applica quando siamo messi a confronto con un assassino,
con un violentatore o con una persona similmente violenta; né quando s’affronta
il nemico sul campo di battaglia. Gesù non sta parlando di come occuparsi della
violenza. Egli parla dei fondamenti dei rapporti fraterni, su come rapportarci
al nostro prossimo. Se, per esempio, un vicino scarica un secchio di spazzatura
davanti alla nostra porta, non dobbiamo rivalerci scaricando due secchi di
spazzatura sulla sua porta.
Una volta che scopriamo come tradurre correttamente Mt 5,39a, possiamo allora
capire correttamente i versi che seguono. Ogni verso è un’illustrazione di come
dovremmo reagire a un nostro prossimo ostile. Se, ad esempio (Mt 5,39b), un
amico c’insulta e ci mette in imbarazzo schiaffeggiandoci, noi non dobbiamo
restituirgli lo schiaffo, ma dobbiamo porgergli l’altra guancia. Probabilmente
questo è il più conosciuto dei detti di Gesù. È anche un altro dei detti sui
quali si basa il pacifismo. Correttamente capito, però, non ha niente a che fare
con situazioni sul campo da battaglia, con la difesa da un assassino o col
resistere al malvagio. È un’illustrazione di come occuparsi del nostro prossimo
arrabbiato, un «nemico» personale. Ma l’errore di traduzione di Mt 5,39a ha
creato una contraddizione teologica.
Altri errori di traduzione hanno dato origine a teologie sbagliate, ma qui mi
voglio occupare in maniera approfondita d’una in particolare, quella che
possiamo chiamare «teologia del martirio». Essa ha origine da un errore
di traduzione dell’ottava beatitudine. Mt 5,10 legge: «Beati coloro che sono
perseguitati a causa della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli».
Sulla base di questa traduzione, si potrebbe supporre con abbastanza naturalezza
che ci sia qualche merito religioso nell’essere perseguitati. Questa idea si è
sviluppata all’inizio del secondo secolo e ha trovato la sua realizzazione nel
martirio di decine di migliaia di persone durante gli anni delle dure
persecuzioni, fino all’Editto di Tolleranza di Costantino nel 311 d.C. L’idea di
conseguire dei meriti religiosi attraverso la sofferenza della persecuzione o
attraverso il martirio è continuata nella coscienza teologica della chiesa fino
al giorno d’oggi. È realmente questo ciò a cui Gesù fa riferimento in Mt 5,10?
Gesù vuol insegnare che s’ottengono dei meriti religiosi subendo la
persecuzione? Dobbiamo cercare la persecuzione? No! Questa ottava beatitudine
dovrebbe essere tradotta: «Beati coloro che perseguono la giustizia…».
Ci sono almeno tre errori di traduzione in questo verso.
■ 1. Non dovremmo tradurre «perseguitare», ma «perseguire».
■ 2. La «giustizia» è una traduzione ambigua. Il termine intende più «salvezza»
o «redenzione» (vedi il mio articolo precedente). [N.d.R.:
Ciò significa che non s’intende la giustizia in senso giuridico o
sociale (la giustizia che l’uomo crea), ma in senso della giustizia salvifica
(la giustizia che Dio dona, ossia la giustificazione).]
■ 3. L’espressione «di loro» dà un’impressione sbagliata. Noi non possediamo il
regno. La traduzione corretta dovrebbe essere «di questi», o «di tali», come in
Luca 18,16: «Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me… perché di
tali è il regno di Dio».
Nell’ottava beatitudine Gesù non parla affatto della persecuzione. Egli descrive
coloro il cui desiderio principale è che Dio redima il mondo. Le beatitudini
sono una descrizione del genere di persone che fanno parte del regno dei cieli.
Questa beatitudine, come le altre, si distingue dal «regno dell’uomo», che vuole
tutto tranne che Dio governi nella vita d’ogni persona. L’ottava beatitudine
ripete la quarta beatitudine che parla di quelli che «sono affamati e
assetati (cioè, hanno desiderio intenso) di giustizia», in altre
parole, che Dio salvi i perduti. Viene ripetuto anche in Mt 6,33 dove Gesù dice:
«Cercate prima (cioè, desiderate soprattutto) il regno di Dio e la sua
giustizia (cioè, la salvezza)».
La salvezza dei perduti era la priorità numero uno di Gesù. Egli ha detto: «Il
Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perito» (Luca
19,10). In Mt 5,10 Gesù sta di nuovo sottolineando che il genere di persone che
fanno parte del regno di Dio sono coloro che più d’ogni altra cosa vogliono
vedere Dio salvare i perduti.
Come è stato possibile confondere «perseguire» con «perseguitare»? Se uno
conosce l’ebraico, può facilmente rendersi conto di come possa essere accaduto.
La parola ebraica rōdep ha due significati: 1)
«perseguire», «ricercare» o «cacciare», e 2) «perseguitare». Non avrebbe alcun
senso, per esempio, tradurre Is 51,1 come: «Ascoltatemi, voi che
perseguitate (rōdep)
la giustizia…». Il contesto ci costringe a tradurre: «Ascoltatemi, voi
che perseguite (rōdep)
la giustizia». Questo doppio significato di rōdep
ha fatto in modo che fosse tradotto male nel greco di Mt 5,10.
N.d.R.: Si
noti comunque che anche il verbo greco diōkō
ha un vasto spettro di significati, tra cui anche i seguenti: «inseguire,
perseguitare, perseguire, tener dietro, correre dietro, aspirare a, bramare,
seguire (o svolgere) [un ragionamento]». Quindi il problema non è del greco, ma
dei traduttori condizionati dalla Vulgata. {Nicola Martella} |
Tuttavia, se diciamo che Mt 5,10 non ha niente a che fare con la persecuzione,
come spiegare i due successivi versi che parlano di persecuzione? — «Beati
sarete voi, quando v’insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo diranno
contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché
il vostro premio è grande nei cieli, poiché così hanno perseguitato i profeti
che furono prima di voi» (Mt 5,11s).
Quando esaminiamo attentamente il testo, notiamo un cambiamento improvviso nel
pronome (nei versi 11 e 12) dalla terza persona («coloro», «loro») alla seconda
persona («voi», «vostro»). Questa è una chiara indicazione che questi versi non
facevano originariamente parte del sermone di Gesù sul monte, ma erano parte di
un’altra storia. Sono stati probabilmente messi dopo Mt 5,10 dall’editore della
fonte di Matteo a motivo della parola «persecuzione», che ricorre in entrambi i
passi. Mt 5,11s non tratta dello stesso tema di Mt 5,10.
Gesù sapeva che egli sarebbe stato ucciso come se fosse un criminale, e anche i
suoi discepoli sarebbero stati trattati con sospetto e disprezzo. Egli sapeva
che essi avrebbero affrontato antagonismo e ostracismo. In Mt 5,11s Gesù parla
di persecuzione dei suoi discepoli; ed egli promette una ricompensa a quelli che
soffrono solo perché essi sono i suoi discepoli. Anche qui, Gesù non stava
spingendo i suoi discepoli a guardare la persecuzione o il martirio per avere
una ricompensa divina. Egli parlava di quello che doveva essere l’atteggiamento
dei discepoli quando sarebbero stati maledetti e calunniati dai loro
compatrioti. Essi non dovevano scoraggiarsi, ma piuttosto rallegrarsi nella
consapevolezza che i loro predecessori, i profeti, hanno affrontato lo stesso
genere di persecuzione.
Conclusione
Ripetiamoci la domanda posta all’inizio di questo capitolo: «Ci sono negli
Evangeli dei passi che sono stati tradotti erroneamente e che possono avere
conseguenze importanti?». Credo che la risposta sia un enfatico «sì». Sono
personalmente preoccupato di tutti gli errori di traduzione o di fraintendimenti
della Bibbia, indipendentemente da quanto insignificanti essi potrebbero
apparire. Se la Bibbia è la rivelazione che Dio ha fatto di Sé stesso a noi, e
noi crediamo che lo sia, sapere quello che Egli ha detto è d’importanza suprema.
Ogni rivelazione di Dio è importante e spero che non vogliamo che una qualunque
delle sue parole venga fraintesa, se abbiamo a nostra disposizione gli strumenti
per capire. Oggi, fortunatamente, quegli strumenti sono disponibili. A seguito
delle scoperte archeologiche e degli studi testuali degli ultimi 50 anni, siamo
in grado ora di capire la Bibbia, e specialmente le parole di Gesù, come mai
prima negli ultimi 1900 anni. Con tutto quello che abbiamo a nostra
disposizione, nessuno sforzo deve essere risparmiato nella correzione d’ogni
errore di traduzione e nel chiarire ogni interpretazione erronea del testo
ispirato.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Traduzioni_errori_teologici_Mt.htm
16-06-2007; Aggiornamento: 12-09-2008 |