Può essere
pericoloso formulare delle associazioni tipologiche tra i racconti degli
Evangeli e gli eventi del Vecchio Testamento. Nello stesso tempo, però, non
possiamo completamente girare le spalle alla tipologia, dato che è molto chiaro
che gli scrittori del Nuovo Testamento hanno spesso utilizzato tale modo di
leggere i racconti del Vecchio Testamento.
Uno dei più evidenti collegamenti tipologici è quello tra il profeta Elia e
Giovanni Battista. Probabilmente la maggior parte dei lettori degli Evangeli
sono propensi a credere che c’è una forte identificazione tra Elia, in quanto
araldo promesso della liberazione alla fine dei tempi, e Giovanni, il precursore
del Messia. È principalmente per questa ragione che i lettori perdono spesso di
vista il fatto che Elia adempie una doppia funzione tipologica, in quanto
è associato anche a Gesù. Come vedremo, il collegamento fra Elia e Gesù,
in Luca, è più prominente di quello tra Elia e Giovanni.
Le immagini e le idee, che nascono nella mente quando leggiamo un verso delle
Scritture, sono determinate sia dalla storia e che dalla tradizione
interpretativa di quel verso. Lo stesso valeva per il modo in cui i cristiani e
i giudei del primo secolo leggevano le Scritture, quindi non è facile per noi
comprendere il peso che le citazioni e le allusioni bibliche avevano negli
argomenti di Gesù. Vedremo la rilevanza di questo punto, quando proveremo a
leggere Isaia 61 con gli occhi delle aspettative messianiche di quei tempi.
L’associazione di Gesù con Elia è in effetti un tema importante in Luca 4.
L’inizio l’abbiamo con due eventi: il battesimo di Gesù nel Giordano e il freddo
ricevimento nella sua città. Anche se questi eventi sono separati dal racconto
della genealogia e della tentazione nel deserto, la citazione e il commento che
Gesù ha fatto a Isaia 61 nella sinagoga di Nazaret ci fornisce la base teologica
del suo battesimo fatto da Giovanni. Luca ha contrassegnato i due eventi
attraverso i suoi riferimenti allo Spirito in 4,1 e 4,14. Che Luca ha voluto
accostare l’episodio di Nazaret al battesimo è suggerito dal fatto che il
parallelo di Mc 6,1-6 lo pone lontano dalla tentazione; si noti pure la menzione
che Gesù fa di Capenaum in Luca 4,23 nelle parole altrui: «Tutto ciò che
abbiamo udito essere avvenuto a Capernaum, fallo anche qui nella tua patria».
L’apparente anacronismo (Gesù entrerà in Capernaum più tardi in Lc 7,1) è
determinato dal fatto che Luca qui ci dà un flash d’un episodio che non ha
registrato. Sembra che Luca abbia collocato il racconto del ministero di Gesù in
Capernaum nella breve frase riassuntiva di 4,15: «Ed egli insegnava nelle
loro sinagoghe, essendo onorato da tutti».
La scelta di Luca di non registrare il ministero di Gesù a Capernaum deve essere
stata una cosa calcolata. Il fatto che Luca lo include 4,14s, indica che il suo
motivo teologico non è quello di presentare l’evento di Nazaret come un debutto
inglorioso, piuttosto il motivo teologico è trovato in quello che Gesù dice agli
abitanti della città.
Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al brano che Gesù legge: «Lo spirito
del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha
mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la
liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in
libertà gli oppressi» (Nuova Diodati).
Pochi sono consapevoli del fatto che questo passaggio a stato associato con
l’apparizione d’Elia alla fine dei tempi. C’è, infatti, una buona ragione
esegetica per quest’opinione: in Isaia 61 parla, in prima persona, un «unto» la
cui attività lo addita come un profeta. I Giudei, che conoscevano la loro
Bibbia, sapevano bene che solo in riferimento a due profeti la Scrittura parla
di «unzione»: l’unzione d’Elia nei confronti d’Eliseo. Mentre le cariche di re e
sacerdote erano suggellate dall’unzione, l’ufficio di profeta no. (La radice
mašaḥ
indica un re in Gdc 9,8,15; 1 Sm 2,10,35; 9,16; 10,1; 12,3,5; 15,1,17;
16,3,6,12,13; 24,6,10; 26,9,11,16,23; 2 Sm 1,14,16,21; 2,4,7; 3,39; 5,3,17;
12,7; 19,10,21; 22,51; 23,1; 1 Re 1,34,39,45; 5,1; 19,15,16a; 2 Re 9,3,6,12;
11,12; 23,30; 1 Cr 11,3; 14,8; 16,22; 29,22; 2 Cr 6,42; 22,7; 23,11; Sal 2,2;
18,50; 20,6; 28,8; 84,9; 89,20,38,51; 105,15; 132,10,17; Is 45,1; Lm 4,20;
9,25,26; Hb 3,13; e un sacerdote in Es 28,41; 29,7; 30,30; 40,13,15; Lv
4,3,5,16; 6,20, 22; 7,36; 8,12; 16,32; Nu 3,3; 35,25.) Questo fatto,
combinato con l’unzione d’Elia a Eliseo, ha condotto l’opinione popolare a
pensare che Elia fosse un sacerdote. Egli era, inoltre, il messia
sacerdotale, reso famoso oggi dai rotoli del Mar Morto, dove i segni del
sacerdozio d’Elia ricorrono in tutte le tradizioni sulla sua riapparizione alla
fine dei tempi. Questa identificazione dell’unto d’Isaia 61 con un sacerdote è
stata indubbiamente incoraggiata dalla citazione del sacerdozio contenuta nel
resto del brano d’Isaia che Gesù ha citato (Is 61,6: «…ma voi sarete chiamati
sacerdoti dell’Eterno»). Ai tempi di Gesù, il messianismo giudaico era molto
interessato alla figura d’Elia, ma non a quella d’Eliseo, il quale era mancante
d’un profilo escatologico.
Considerando tutto questo, leggiamo ora il discorso di Gesù in Luca 4,16-30.
Dopo avere chiuso il «libro», Gesù annuncia all’assemblea: «Oggi questa
scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi».
Notiamo quello che Gesù dice nei vv. 23-27: «Ed egli disse loro: “Certamente
voi mi citerete questo proverbio: ‘Medico, cura te stesso; tutto ciò che abbiamo
udito essere avvenuto a Capernaum, fallo anche qui nella tua patria’. Ma egli
disse: “In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria, Vi
dico in verità che al tempo d’Elia, quando il cielo fu serrato tre anni e sei
mesi e vi fu una grande fame in tutto il paese, v’erano molte vedove in Israele;
eppure a nessuna di loro fu mandato Elia, se non a una donna vedova in Sarepta
di Sidone. E al tempo del profeta Eliseo v’erano molti lebbrosi in Israele;
eppure nessuno di loro fu mondato, eccetto Naaman il Siro”».
Per qualche motivo, queste parole hanno irritato la folla la quale tentò
d’uccidere Gesù. Non è una coincidenza, suggerisco, che gli esempi che Gesù cita
riguardano i due unici profeti del Vecchio Testamento che potevano adattarsi
alla descrizione dell’unto d’Isaia 61. In altre parole, Gesù non parla d’Elia e
d’Eliseo come due esempi casuali di profeti che non sono accettati nella loro
patria (ce n’erano molti altri), ma piuttosto fa riferimento agli unici due
profeti che l’esegesi d’Isaia 61 permetteva di citare. Questo dovrebbe farci
riflettere su come comprendere la profondità di quello che Gesù stava dicendo.
Concordo con chi pensa che la gente abbia, all’inizio, apprezzato Gesù, e che
abbia ricevuto il suo annuncio che Isaia 61 s’era adempiuto nel loro mezzo (cfr.
Luca 4,22). È quello che Gesù dice dopo che fa volgere la gente contro di lui.
La gente sperava di vedere Gesù compiere quei miracoli che lo avevano reso
famoso, ed essi correttamente proiettano le loro speranze e comprendono il
ministero di Gesù alla luce del passaggio che era appena stato letto. Essi non
sono pronti, tuttavia, a fare un parallelo tra lui e il ministero e la vita
d’Elia e Eliseo. Come osa Gesù paragonare gli abitanti di Nazaret con gli ebrei
ribelli dei giorni dei due profeti! D’altro canto, la loro condotta testimonia
della correttezza del giudizio di Gesù contro di loro. Il dettaglio finale,
secondo cui Gesù «passando in mezzo a loro, se ne andò» (v. 30), è forse
un’eco al profeta Elia, dato che richiama il modo in cui sfuggì alle grinfie
d’Achab e di Jezebel (cfr. 1 Re 19,3).
Sappiamo bene che gli evangelisti hanno preferito dare un ritratto di Gesù come
il profeta annunciato da Mosè o come un Messia davidico, ma Luca 4,16-30,
tuttavia, mostra che lo sforzo per comprendere Gesù deve essere rivolto
all’intera gamma delle aspettative messianiche, ed è stato il compito degli
evangelisti mostrare in quale maniera Gesù ha adempiuto queste attese. Gli echi
più forti sono quelli che derivano dal primo kerygma (messaggio,
annunzio) della chiesa, il quale include riferimenti a Mosè (Salmo 68) e a
Davide (Salmi 2 e 110). In altri contesti, non direttamente appartenenti al
kerygma, c’era una eguale opportunità per ascoltare reminiscenze elianiche.
Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Messia»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), p. 230. Vedi qui anche «Metafora», p. 231;
«Profeta (ambito ministeriale)», pp. 279ss; «Profetismo: fenomeno», pp. 283s. |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Gesu_Elia_Lc4_OiG.htm
28-08-2007; Aggiornamento: 30-06-2010
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