Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Interpretazione biblica

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PER UN’ANALISI LESSICALE DEL TESTO BIBLICO 2

Principi, errori e strumenti utili

 

 di Francesco Grassi

 

■ 1. Introduzione

■ 2. Facciamo un po’ di chiarezza

■ 3. La priorità dello studio sincronico

Prima parte

4. L’utilità dello studio diacronico

5. Il caso «impertinente» di dynamis

6. Un appello conclusivo

Seconda parte

 

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Questa è la seconda parte dell'articolo di Francesco Grassi. Qui di seguito si fa uso dei termini «sincronico» e «diacronico». Con «sincronico» s’intende il significato di un termine in un certo momento della storia, ad esempio al tempo del NT; mentre «diacronico» intende l’uso e lo sviluppo di un dato termine nel tempo, ad esempio durante il periodo di storia che va da Abramo a Malachia. Nella precedente parte è stato mostrata l'importanza dello studio sincronico dei termini della Scrittura. Qui di seguito vengono mostrati la pertinenza e i limiti di uno studio sincronico dei termini biblici.

    Le tesi presentate qui da Francesco Grassi costituiscono una base di discussione, a cui seguiranno risposte sia di Tonino Mele, sia mie.

    Spetterà poi ai lettori verificare l'intera materia, qui presentata, per considerarne la validità di tutti gli aspetti presentati e la loro utilità per lo studio della sacra Scrittura, affinché si «tagli rettamente la Parola della verità» (2 Tm 2,15). {Nicola Martella}

 

 

4.  L’UTILITÀ DELLO STUDIO DIACRONICO[1]: Da quanto visto finora non si deve dedurre che lo studio diacronico non abbia alcuna utilità; ne ha invece, anche se è limitata ed è da tenere sotto controllo. Lo studio diacronico, infatti, è utile per perseguire i seguenti obiettivi.

     ■ Tracciare i cambiamenti di significato d’un termine: Abbiamo già precisato indirettamente che lo studio diacronico ha l’utilità nel tracciare le traiettorie e l’evoluzione semantica d’un termine, purché teniamo sempre a mente le seguenti cose: ▪ 1) Lo studio sincronico è il prerequisito (si va a ritroso da questo all’uso diacronico, non viceversa); ▪ 2) Bisogna fare particolare attenzione al fenomeno del cambiamento semantico[2]; ▪ 3) si tratta d’analizzare la storia del termine, non di «scoprire» il vero significato in contrapposizione all’uso corrente: ▪ 4) Il processo non garantisce che l’esito, benché sembri verosimile e sia stato raggiunto in modo rigoroso e onesto, sia «vero»; è molto probabile che abbiamo perso qualche passaggio, qualche fonte da noi sconosciuta, o ci troviamo semplicemente di fronte a una coincidenza linguistica, l’origine d’una sfumatura di significato.[3]

 

     ■ Lo studio degli hapax legomena: Gli hapax legomena sono quei termini che compaiono solo una volta in tutto il Nuovo o l’Antico Testamento. In questi casi non essendo possibile fare un confronto con altri brani paralleli, in cui il termine ricorre in qualche sua forma, si ricorre allo studio diacronico del termine (per esempio, dal NT si va alla LXX o alla letteratura extrabiblica)[4] o all’analisi della sua radice. Quest’ultima è molto utile per l’ebraico che ha 1.300 hapax legomena, 500 dis legomena, su un totale di circa 8.000 parole.[5] [N.d.R.: Per dis legomena si intende un termine che compare soltanto due volte nel testo biblico.]

 

     ■ Il caso di attestazione limitata: Vi sono casi in cui, in un particolare periodo (p.es. quello dei Profeti), il termine che stiamo analizzano non è largamente usato, e non compare in altri libri per permettere un confronto. Perciò si può ricorrere all’analisi della radice. Si ricordi però che il lasso d’anni che la storia e la letteratura veterotestamentaria ricopre, è molto maggiore di quella del NT (poche decine d’anni per quest’ultimo!). Questo complica qualsiasi tipo di confronto e ci deve spingere a fare molta attenzione: le connessioni e le motivazioni etimologiche si perdono molto presto o ci distraggono molto facilmente (Nel TDOT, nella sezione Etimologia, vedi gli infiniti e spesso inutili confronti con le lingue affini all’ebraico).

 

     Trasparenza del termine: L’analisi della radice d’un termine, è utile quando vi è una certa «trasparenza» del termine, cioè quando il termine è facilmente associabile al suo referente per via della fonetica o della morfologia.[6] Più o meno come funziona l’onomatopea. Anche in questo caso il successo non è garantito, specialmente quando il confronto è fra greco e italiano.[7] Nel caso della «trasparenza», ciò che deve accomunare i due termini, deve essere il suo significato base, non una sfumatura secondaria (come purtroppo accade per la coppia dynamis - dinamite).

     De Moor spiega, però, che anche per l’ebraico «una spiegazione che si basa sulla sola base etimologica, non potrà mai essere più che una possibile ipotesi».[8] D.A. Carson aggiunge che: «E, in ogni caso, la specificazione del significato d’una parola sulla sola base dell’etimologia, non può mai essere altro che un ospite ben ammaestrato».[9]

     La prova di quest’affermazione la troviamo proprio nel BDAG e nel NIDNTT riguardo a epiousios in Matteo 6,11, che è un hapax legomena: «il nostro pane l’epiousios dacci oggi» (trad. lett.). In tutta la letteratura a disposizione, il termine non compare se non in Matteo 6,11, negli scritti successivi che fanno riferimento a Matteo 6,11 e in un papiro del quinto secolo d.C., il cui significato non è certo (NIDNTT, epiousios). Ciononostante né lessici, né dizionari, né commentari risparmiano il loro inchiostro per tentare di trovare un significato verosimile. Risultato? Ci sono almeno 4 opzioni! Anche in questi casi, l’analisi etimologica non mi sembra porti buoni frutti.

     Da quanto visto sopra, l’uso sincronico non esclude quello diacronico, ma può essere utile solo «dopo» e «se» l’uso sincronico non ha portato grandi risultati, e comunque solo se siamo davvero sicuri (e non ne avremo mai la certezza) che certe connessioni fossero nella mente dell’autore.[10]

 

 

5.  IL CASO «IMPERTINENTE» DI DYNAMIS: Ora, è probabile che l’esempio da me usato in un contributo precedente abbia lasciato perplesse diverse persone e sia risultato ad alcuni non pertinente all’errore esegetico, da me additato.

     Intanto Nicola Martella ha opportunamente evidenziato che la mia era una nota a piè di pagina, e a una nota così lunga non si possono aggiungere altre note. Diciamo che è il primo esempio che mi è venuto in mente.[11] Credo invece che l’esempio non sia «impertinente»… (A proposito, il termine impertinente è etimologicamente connesso a pertinente [da pertinere], ma si noti il mio uso improprio qui. Esso non è il contrario di «pertinente», ma è sinonimo di «maleducato»).

     Ad ogni modo, credo che illustrare la potenza dell’Evangelo con l’esempio moderno della dinamite — solo perché anche quest’ultima può avere scopi benefici, e perché l’Evangelo è potenza per rompere i legami con il peccato (cercando così di far collimare il più possibile concetti opposti fra loro) — sia illegittimo e non illustra né arricchisce, anzi allontana dalla comprensione del testo.

 

     ■ La sfumatura non rientra nel campo semantico di dynamis e quindi non fa parte del suo senso lessicale. Perché tale sfumatura possa far parte del campo semantico di dynamis e quindi rientrare nel senso lessicale del termine, dovremmo trovare almeno un caso nel NT in cui essa è presente.

     Walton riassume così questa regola semantica: «Il senso lessicale fa riferimento a quegli elementi di significato che la parola automaticamente richiamerà in qualsiasi contesto, in cui è utilizzata. Se vi è anche un solo caso (nella stessa categoria del campo semantico), in cui quell’elemento non è ritrovato, allora quell’elemento deve essere escluso dal senso lessicale».[12]

     Nel campo semantico di dynamis ritroviamo, «abilità nel fare qualcosa, capacità di compiere un’azione, forza, potere sovrano, potenza, opera miracolosa, efficacia» (così nel BDAG e Louw-Nida e NIDNTT). In nessuna delle sue accezioni il termine assume sfumatura di «potenza esplosiva e distruttrice» (per ovvie ragioni: come facevano a pensare all’esplosivo prima che questo fosse inventato?). Interessante notare che nessuno di questi dizionari fa il minimo accenno alla sua etimologia, ma solo al suo uso, e naturalmente, non ricorre all’illustrazione della dinamite per amplificare o illustrare il concetto o la definizione.

     Ora, ammesso e non concesso che sia legittimo usare la potenza della dinamite nell’omiletica per illustrare la potenza dell’Evangelo, perché questa sia utile, dovremmo riuscire a dimostrare che una qualche idea simile era presente nella mente dell’autore. Come fare?[13] Possiamo procedere in due modi: ▪ 1) Analizzare i brani, in cui Paolo parla della distruzione del male, del peccato, della morte, del diavolo, ecc. e osservare se in tali brani il termine dynamis compare ed è connesso al concetto alternativo di dynamis (distruzione del male); ▪ 2) Cercare i brani in cui il termine dynamis è connesso all’Evangelo e notare se in questi vi è un qualche accenno alla «distruzione dei forti legami del peccato». Da un’analisi dei dati neotestamentari il test si rivela negativo in entrambi i casi. Com’è possibile? Dio non ci ha liberati dal male, dalla potenza del peccato, dalla schiavitù della legge? Non ha egli abbattuto un muro di separazione? Il punto è che il concetto si trova, eccome, ma non nel senso lessicale di dynamis, e questo è un fatto.

            ● «Ma che è stata ora manifestata con l’apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il vangelo» (2 Tim 1,10).

            ● «E, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia» (Rom 6,18).

            ● «Ma ora, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna» (Rom 6,22).

            ● «Ma ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, per servire nel nuovo regime dello Spirito e non in quello vecchio della lettera» (Rom 7,6).

            ● «Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte» (Rom 8,2).

            ● «E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta» (2 Ts 2,8).

            ● «Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col 2,15).

 

Da questi versi è evidente che il concetto è presente «nella teologia di Paolo», ma non nel termine dynamis; ricordiamo che stiamo parlando di esegesi, non d’eisegesi! [N.d.R.: L’esegesi ricava dal testo, l’eisegesi proietta nel testo!] Nell’esegesi o dal pulpito, non si può importare in un singolo termine tutto ciò, che sappiamo essere vero. Concedere queste piccole licenze ermeneutiche, significa rischiare di vedere nel testo quello che vogliamo, o crediamo essere teologicamente corretto.[14] Per questo un teologo deve prima essere un onesto esegeta!

     L’errore del «trasferimento totale», che si fa con Rom 1,16, insieme all’errore anacronistico connesso a dynamis, è quello che si fa per 2 Pietro 1,3-4, importando nozioni dogmatiche successive, o tutte quelle filosofiche precedenti. Il paragone non mi sembra per niente una forzatura.

 

     ■ La sfumatura non era nella mente dell’autore quando scrisse Romani 1,16 e quindi non fa parte del senso contestuale di dynamis. Nel contesto Paolo spiega perché l’Evangelo è dynamis di Dio, ossia perché in esso, ogni qual volta una persona crede ed è salvata, è rivelata la giustizia di Dio che ha permesso questo miracolo; quella giustizia di Dio soddisfatta da Gesù, manifestata nella sua morte e accreditata a noi (cfr. 2 Cor 5,21; 1 Cor 1,30; Rom 4,27).

     Perciò, anche nel senso contestuale di dynamis, la sfumatura distruzione non compare e non è richiamata alla mente.

 

     ■ La sfumatura non era nella mente dell’autore negli altri suoi scritti, quindi non fa parte nemmeno del senso teologico di dynamis. Il fatto che il concetto «distruzione dei legami del peccato» sia presente nella teologia di Paolo o del NT, non significa sia presente nella teologia del termine dynamis. In sostanza, anche volendo dare alla sfumatura un significato teologico, Walton ci ricorda quanto segue: «Il punto importante qui e il punto centrale per l’interpretazione teologica, è capire che il significato d’una parola, teologica e non, deve provenire dal suo uso, non dalla sua etimologia».[15]

     Interessante che molti non dicano nulla dell’uso sincronico, lessicale, contestuale e teologico d’un termine, ma pretendano che si possa «illustrare e arricchire» con vere e proprie speculazioni. Questa è la vera anarchia, quella sincronica. Questo avviene perché iniziamo «prima» dal senso diacronico del termine, dalla radice, e da tutti gli errori esegetici interconnessi. Si potrebbe illustrare e arricchire molto meglio facendo notare che dynamis compare già al verso 4 dove «potenza» è quella mediante la quale Dio ha risuscitato il suo Figlio dai morti: questa è la stessa potenza in grado di salvare chiunque crede. Ma non solo. Nella vita cristiana è quella stessa potenza mostrata nella risurrezione del nostro Signore a operare efficacemente in noi per darci la «capacità» di vivere in modo santo, gradito e zelante per lui. Questo messaggio ci arricchisce e c’incoraggia dandoci speranza, perché anche noi saremo da Dio risuscitati (2 Cor 4,14) mediante la stessa potenza. «…qual è verso di noi, che crediamo, l’immensità della sua potenza. Questa potente efficacia della sua forza egli l’ha mostrata in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla propria destra nel cielo» (Ef 1,19s).[16]

 

     Dynamis e dinamite non hanno punti «forti di convergenza», se non morfologici e fonetici. Le parole seguono delle convenzioni specifiche, quelle correnti. Il fatto che vi siano corrispondenze etimologiche fra due lingue (la coppia dynamis - dinamite), non significa affatto che siano importanti. Queste corrispondenze ci indicano solo l’origine del termine, la somiglianza morfologica, la «strada» che il termine corrente ha percorso fino a noi, non il suo significato. Si ricordi che il linguaggio corrente stesso è metaforico e cambia referente secondo il contesto, in cui è utilizzato (vedi gli esempi sopra, p.es. sinistro). Inoltre un termine non è connesso alla cosa che rappresenta in modo indissolubile e diretto: è questione di convenzioni linguistiche e sociali condivise fra chi scrive e chi legge in un dato momento storico (vedi anche lo studio della semiotica [= disciplina che studia i segni, N.d.R.).[17] Per questa ragione, Osborne ci ricorda che «un principio basilare della teoria semantica moderna è che non possiamo risalire dalla forma d’una parola al suo significato».[18]

     Riguardo alle presunte connessioni e ai punti di convergenza importanti fra lingue diverse (dynamis - dinamite; kosmos - cosmonauta, ecc.), William Mounce, autore di diverse opere di grammatica greca, spiega quanto segue: «Fare questo è molto peggio (peggio che citare il greco nei sermoni). Questo significa definire le parole di Dio, usando un significato preso da una lingua totalmente estranea all’originale; perché alcune persone credono di poter usare sfumature inglesi d’una parola, che è stata creata 2.000 anni dopo i tempi biblici, e leggere il suo significato nella Bibbia? Tutto ciò può sembrare un po’ aspro, ma questo tipo d’abuso è annoiante e tutti dovremmo conoscerlo meglio da ora in poi. Perciò, voglio spiegarlo molto chiaramente. La sfumatura che una parola assume in una lingua straniera, 2.000 anni dopo il fatto, ha assolutamente zero impatto sul significato delle parole bibliche. Lasciamoci alle spalle questo errore e progrediamo nel nostro compito d’usare il greco per aiutarci nella vera comprensione delle parole di Dio».[19]

 

 

6.  UN APPELLO CONCLUSIVO: Secondo il Silva, sono i servitori meno attenti (di quelli che si rifanno all’etimologia), che si concedono a eccessi come l’etimologia inversa, ovvero quella che fa «riferimento a parole inglesi che derivano dal greco».[20]

     Noi non vogliamo essere di questi servitori. Studiare la Parola del Signore è meraviglioso, e più ancora se lo facciamo in modo approfondito, magari nelle lingue originali, ma sempre e soprattutto in modo che onori Dio. Chi onora e rispetta la sua Parola, onora e rispetta chi l’ha donata. Questo atteggiamento si deve vedere anche nel modo, in cui la studiamo, anche se questo ci costa ritrattare alcune cose e abbandonare metodi «più appariscenti», ma che non portano a nulla, se non a un «wow» di chi ci ascolta.

     È chiaro che per fare questo, ci vuole coraggio e sacrificio, confronto e approfondimento, umiltà e perseveranza, ma l’esito ripagherà senza dubbio ogni nostro sforzo: non c’è nulla di più gratificante che conoscere meglio il Signore e solo Lui, attraverso la sua Parola. Una conoscenza ricercata con sacrificio e onestà porterà vero beneficio a coloro che ci stanno intorno e ci leggono o ci ascoltano.

     Se posso aggiungere qualcosa ai consigli già dati altrove, si fa bene a imparare una lingua straniera. Questo, oltre a dare la possibilità di leggere molta letteratura cristiana e a confrontarsi con essa, dà accesso a molti strumenti indispensabili per lo studio induttivo della Bibbia, quali lessici, dizionari, traduzioni, commentari del testo, e molto, molto altro.

     Quanto allo studio delle lingue originali, non è impresa impossibile iniziare, ma sento di girarvi le parole che Nicola Martella disse a noi studenti qualche anno fa: «Sono un eterno studente». Solo chi si pone in questa prospettiva, farà progressi; anche se sbaglia, si correggerà; se ripreso, rimarrà umile e sarà volenteroso d’imparare; e sarà sempre disposto a fare sacrifici, visto che lo studio dura tutta la vita.

     Pascal disse: «Il Dio definito è il Dio finito». Allora questa beata occupazione durerà per l’eternità. Ma questo pensiero, è forse per un altro tema… Gloria a Dio.

 

Sincronia e diacronia tra dicotomia e complementarietà 1 {Tonino Mele} (A)

Sincronia e diacronia tra dicotomia e complementarietà 2 {Tonino Mele} (A)

 



[1] Secondo il Silva l’etimologia sarebbe utile in quattro ambiti diversi: ▪ 1) Identificare le componenti d’una parola; ▪ 2) Risalire al più antico significato attestabile; ▪ 3) Risalire alle forme e ai significati preistorici; ▪ 4) Identificare le forme e i significati nelle lingue affini (p.es. semitiche).

[2] Thiselton, Semantics, p. 82.

[3] Vedi il dibattito Fee-Grudem sul significato di kephalē (capo) in 1 Corinzi 11. Fee G. First Corinthians; Grudem, «Does kephale (Head) Mean “Source” or “Authority over” in Greek Literature? A survey of 2.336 Examples», in Trinity Journal (1985), pp. 38-59.

[4] È quello che ho fatto io con l’espressione «partecipi della natura divina» in 2 Pietro 1,3-4. I singoli termini compaiono nel NT, ma questa costruzione è completamente assente e ha invece importanti punti d’incontro nella letteratura extrabiblica. Questo ci deve ricordare che l’analisi dei termini non è tutto; semantica e analisi del discorso sono da preferire a un’atomizzazione del testo.

[5] Silva, Meaning, p. 42.

[6] Silva, Meaning, pp. 48-50.

[7] Cfr. Ef 2,10 «…infatti siamo opera [poiema] sua». Seguendo la fonetica potremmo arrivare a dire che siamo «il poema» di Dio. Certo, come con il caso della dinamite, tutto può essere giustificabile… siamo un’opera d’arte, un poema, o per «cantare poemi sinfonici a Dio». E chi più ne ha…

[8] Citato in Silva, de Moo, Ugaritic Lexicography, p. 85.

[9] Carson, Exegetical Fallacy, p. 33.

[10] Silva, Meaning, pp. 34, 38, 48; Barr, Semantics, p. 116.

[11] Intanto si noti che proprio questo esempio è usato in Silva, p 45; in Carson, p. 34; Walton, Etymology; Osborne, p. 88; Blomberg, 246; A. Thiselton, Semantics and New testament interpretation, in New testament interpretation: Essays on Principles and Methods (Marshall. Ed.), p. 81.

[12] Walton, Etymology.

[13] I metodi seguiti non sono comunque consigliabili in quanto i termini si trovano sempre in relazione con altri e cambiano spesso sfumatura. È solo un tentativo disperato.

[14] Decker, «How do we use biblical languages?», pp. 10-11.

[15] Walton, Etymology.

[16] Cfr 1 Cor 6,14; 1 Cor 1,18; 2 Cor 13,4; Ef 1,19.21; 3,7, 16, 20; Fil 3,10; Col 1,11.29; 1 Ts 1,5; 2,13; 2 Ts 1,7.11; 2,9; 2 Tim 1,7s; 3,5; cfr. anche Es 9,16.

[17] Cfr. Blomber, pp. 241s.

[18] Grant R. Osborne, The Hermeneutical Spiral : A Comprehensive Introduction to Biblical Interpretation, Rev. and expanded, 2nd ed., 85 (Downers Grove, Ill.: InterVarsity Press, 2006).

[19] http://www.koinoniablog.net/2010/02/are-we-gods-poem-eph-210.html.

[20] Silva, Meaning, p. 45.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Analisi_lessicale_BB2_Avv.htm

18-05-2010; Aggiornamento: 29-06-2010

 

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