1. ENTRIAMO IN TEMA
■ Una prima questione: Un lettore mi ha presentato le seguenti
questioni: Caro Nicola, shalom. Vorrei chiederti qual è il significato di
questo versetto: «Essa potrà essere salvata partorendo figli, a
condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione,
con modestia» (1 Timoteo 2,15). {Vincenzo Russillo; 16-09-2009}
Stimolando la sua riflessione, gli detti la seguente risposta preliminare:
Quanto alla tua richiesta, ti anticipo che cosa succede se traduciamo
correttamente il testo: «E Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo
stata sedotta, cadde in trasgressione. Ella sarà, però, salvaguardata mediante il parto
di figli, se essi
persevereranno nella fede e nell’amore e nella santità con costumatezza» (1
Tm 2,14s). Riflettici sopra, mettendo tale testo nel suo contesto, e fai le tue
considerazioni. Poi, potrò sempre darti la mia risposta completa.
■ Una seconda questione: Un altro lettore mi ha scritto, fra la satira e
il desiderio di sapere, quanto segue: Vedo che solo gli uomini possono
pregare con le mani in alto e solo se sono pulite (1 Tm 2,8 «Io voglio dunque
che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando mani pure, senza ira e senza
dispute»), che gli uomini sono salvi per grazia mediante la fede (1 Tm 2,4
«...il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla
conoscenza della verità») e che le donne sono salvate per opere (1 Tm
2,15 «...tuttavia sarà salvata partorendo figli, se persevererà nella fede,
nell’amore e nella santificazione con modestia»).
Chiaramente scherzo, ma è interessante notare come possono nascere
«dottrine», che nulla hanno a vedere con la Parola di Dio. Vorrei, caro
fratello, se potessi chiarirmi, però, un punto ed è proprio 1 Timoteo 2,15.
Il «partorendo figli» è stato collegato a Genesi 3,15, ma l’ho trovato piuttosto
«forzato» come collegamento. Non ritengo che si possa ricondurre la salvezza
della donna
al fatto che Eva abbia partorito, in discendenza, Gesù, poiché è nell’ordine
naturale delle cose che la donna sia a partorire. Potresti chiarirmi o indicarmi
dove approfondire? {Stefano Frascaro; 29-10-2010}
Data la nostra contiguità, gli risposi anch’io con un po’ di satira. Allora,
beate le donne che possono essere salvate per opere, ossia partorendo
figli. Almeno loro possono avere la sicurezza della salvezza, ossia quelle, che
non sono sterili. Bisognerebbe solo stabilire quanti figli siano
sufficienti per essere salvati. Si vede che la salvezza per grazia mediante la
fede riguarda soltanto gli uomini. Che discriminazione...!
■ Prime luci in fondo al tunnel: Il primo lettore, riflettendo meglio
sulla questione, arrivò alle seguenti conclusioni: Leggendo il versetto
di Timoteo 2,15 inizialmente ho pensato, isolandolo dal contesto, che Paolo
intendesse dire che le donne sono salve mediante il parto. Ma la Bibbia ci dice:
«Infatti, è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e
ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno
se ne vanti» (Efesini 2,8-9). Questo errore si potrebbe commettere, facendo
versettologia.
Allora ho fatto marcia indietro e sono ripartito dalla traduzione che mi hai
mandato. Il parallelo è con Eva la progenitrice del peccato, poiché
ribelle al comando divino. L’autore vuole indicare alla donna il percorso da
seguire, ossia d’essere donne fedeli, d’amare i propri figli, d’adorare Dio
e amministrare la famiglia con saggezza. Nel partorire e allevare figli nel
timore del Signore la donna troverebbe «salvezza». {Vincenzo Russillo;
17-09-2009}
2. APPROFONDIMENTI
2.1. IL PROBLEMA È DAPPRIMA LINGUISTICO: Paolo parlava
all’interno di un «contenitore culturale» (il cristianesimo d’allora),
per il quale certe cose erano scontate per ripetizione e consenso; ma non lo
sono per noi oggi. Inoltre, parlava a un suo collaboratore, col quale aveva
tante volte discusso di varie cose; la familiarità fa sviluppare un sentire
comune, che non necessità più di spiegare le cose per filo e per segno,
essendo già ovvie nel mondo delle comuni idee.
Oltre a tali aspetti tecnici, che stanno all’origine, ci sono quelli della
traduzione in italiano e della comprensione di noi lettori, che stiamo
fuori di tale «contenitore culturale» e distante da tali fatti di due millenni.
Infatti, per deformazione mentale, pensiamo che il verbo greco, tradotto qui con
«salvare», intenda sempre e semplicemente «salvare l’anima». Lo spettro
dei significati del verbo greco
sōzō è molto vasto: «soccorrere, preservare, proteggere,
salvaguardare, custodire, condurre sano e salvo a destinazione, risparmiare la
vita a qualcuno, liberare, scampare da qualcosa, conservare, tenere in serbo,
serbare (p.es. nella mente)». Addirittura
sōzeo (pass.) era usato nel senso di «Dio ti conservi; addio»; anche
in italiano salutiamo la gente con «salve!» (da salvare).
In questo verso singolare non si tratta tanto della salvezza dell’anima, come
frettolosamente si potrebbe pensare, quanto della
salvaguardia della vita dinanzi ai pericoli dell’esistenza.
Si fa bene a tener presente tutto il contesto. Paolo parlò di donne
già credenti. Egli spiegò a Timoteo quale doveva essere l’etica cristiana
per loro e il modo in cui potevano conservarsi «sane e salve» (= in stato
di grazia) nella fede, nel matrimonio e nel mondo d’allora (e d’oggi). Al loro
riguardo l’apostolo parlò del modo di vestirsi e adornarsi, non
cercando il lusso, ma in modo corrispondente alla devozione cristiana (1 Tm
2,9s). La donna cristiana non deve farla da maestra sull’aner
(uomo, marito), ponendosi in contrapposizione e in concorrenza con lui (vv.
11s); la donna, che insegna ed esercita così autorità sull’uomo, pone in serio
pericolo sé stessa, il proprio matrimonio e il salutare ordine costituito da
Dio, che attribuisce agli uomini una funzione di guida e di protezione. Il
pericolo è, come è stato in origine con Eva, quello della seduzione e
della caduta in trasgressione (vv. 13s). Il modo migliore per una donna per
sfuggire al fascino equivoco di esercitare una falsa autorità e del
conseguente pericolo di rimanere sedotta, cadendo in trasgressione, è di
concentrarsi sul compito maestro, pensato per lei nella creazione:
dispensatrice di vita e pedagoga dei suoi figli. Questo la metterà al sicuro
dinanzi al fascino del potere. Chiaramente a ciò si deve aggiungere, per una
donna cristiana, il compito di trasmettere ai figli un’etica fatta
di costumatezza e segnata dalla perseveranza nella fede, dall’amore e dalla
santificazione (v. 15). La vocazione creazionale e quella di maestra di
devozione biblica verso i figli, salvaguarderanno una donna e la metteranno
al sicuro.
Abbiamo visto sopra che cosa succede quando si traduce correttamente il testo,
che riproduciamo qui nuovamente: «E Adamo non fu sedotto; ma la donna,
essendo stata sedotta, cadde in trasgressione.
Ella sarà, però, salvaguardata mediante il parto di figli, se
essi
persevereranno nella fede e nell’amore e nella santità con costumatezza» (1
Tm 2,14s). Come si vede, tale verso (v. 15), un po’ sibillino e oscuro
(conosciamo le risposte, ma non le eventuali domande poste da Timoteo), diventa
fonte di enigmi e di speculazioni, se non viene tradotto correttamente e se
viene isolato dal contesto. Si notino i pronomi (ella, essi) e come il verbo
«essere salvaguardata, sana e salva» sia connesso, sul piano esistenziale, a
quanto segue: i figli sono un'assicurazione per la donna, premesso che
essi siano moralmente costumati.
2.2. IL PROBLEMA È INOLTRE CULTURALE: Il mondo della Bibbia è,
socialmente e culturalmente parlando, abbastanza distante dal nostro. Le
discrepanze non stanno, quindi, tanto nel testo biblico, quanto nella nostra
mente, con cui misuriamo le dinamiche dell'antichità con le nostre ovvietà e
convenzioni.
Ricordiamo che Dio ha un solo metodo di redenzione: per grazia mediante
la fede (Rm 5,2; Ef 2,8). La «salvezza» che una donna trova, seguendo la
vocazione naturale, a cui è stata chiamata alla creazione, ossia di essere
progenitrice ed educatrice, consiste nella salvaguardia della sua stessa
persona (da falsi miraggi di potere e da seduzione) e, in senso lato,
dell’umanità, di cui ogni donna è continuatrice.
Di là se una donna possa procreare o no vita, l’istinto materno (verso
bambini e deboli) è in genere una potenza incredibile in una donna. Purtroppo,
alcune donne, cercando falsi miraggi, drogano e rimuovono tale loro
istinto naturale nella loro ricerca di edonismo, di lussuria, di potere e di
false libertà.
Nell’antichità una donna sola era molto a rischio sia nel presente, sia riguardo
alla sua vecchiaia, visto che nessuno l’avrebbe sostenuta, se fosse stata senza
prole; così è ancora in tante parti del mondo oggigiorno. Perciò si parlava di «trovare
riposo in casa d’un marito» (Rt 1,9) e, quindi, di felicità (Rt 3,1).
Ciò era paragonato a un «riscatto» (Rt 2,20). Il figlio nato da tale connubio
era chiamato in ebraico go’el «riscattatore» (Rt 4,14), qui nel
senso di «riscattatore delle sorti familiari». Poter avere un figlio, che
continuasse la famiglia e desse sicurezze per il futuro, era considerato un atto
di misericordia divina (Lc 1,58). Perciò le donne dicevano a Naomi riguardo al
figlio di Rut: «Egli rinvigorirà l’anima tua e sarà il provveditore della
tua vecchiaia» (Rt 4,15).
I figli erano quindi l’assicurazione per una vecchiaia protetta, sicura e
felice. Ricordiamo che le donne hanno un’aspettativa di vita maggiore degli
uomini, e nell’antichità gli uomini morivano anche nelle continue guerre per
difendere casa e patria. Perciò è scritto che ella «sarà
però salvaguardata mediante il parto di figli» (1 Tm 2,15a). Chiaramente
figli dissoluti non avrebbero fatto il loro dovere, ma solo quelli educati a
perseverare «nella
fede e nell’amore e nella santità con costumatezza» (v. 15b).
Infatti, nella stessa epistola è scritto quanto segue: «Se una vedova ha dei
figli o dei nipoti, imparino essi prima a mostrarsi devoti verso la propria
famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, perché questo è
gradito nel cospetto di Dio» (1 Tm 5,4). Questo rispecchia la prima parte di
1 Timoteo 2,15; il riflesso della seconda parte del verso si può intravvedere
qui: «Se uno non provvede ai suoi, e principalmente a quelli di casa
sua, ha rinnegato la fede ed è peggiore dell’incredulo» (1 Tm 5,8).
3. ASPETTI CONCLUSIVI: Riassumiamo il concetto complessivo. Una
donna cristiana, cercando l’esercizio pubblico dell’autorità e del potere
(sull’uomo in genere e sul marito in particolare), si espone al pericolo della
seduzione e della trasgressione. L’ambito migliore, in cui ella possa
riuscire, essere gratificata e stare al sicuro, è l’ambito della creazione
(donatrice di vita) e dell’istruzione domestica della prole nell’insegnamento e
nella pratica della devozione biblica. Se riuscirà in ciò, questo sarà il
migliore distintivo, la migliore polizza d’assicurazione e il premio
migliore, quando si farà un bilancio della sua vita.
Inoltre, mentre il potere espone a tensioni continue, una vita quiete è fonte di
salute. Cercare di esercitare un compito di guida, che non spetta a una donna,
la fa distrarre dal mandato principe (donatore di vita ed educatrice domestica)
e la espone a grandi pericoli per la sua salute spirituale, morale e
psicofisica. Infine, non poche donne, che hanno rinunciato ai figli o li hanno
trascurati in nome della «carriera» o del divertimento, passano una vecchiaia
spesso infelice, amareggiata e piena di solitudine e di rimpianti.
Del malcostume, biblicamente parlando, di avere una conduttrice di chiesa
(pastora) e dell’esercizio del pastorato di coppia, specialmente in comunità
carismaticiste (p.es. «movimento di fede»), ne abbiamo parlato altrove. [►
Ministeri ecclesiali: Donne e ministeri]
►
Salvata partorendo figli? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Salva_partor_figli_GeR.htm
17-09-2009; Aggiornamento: 15-07-2012
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