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1. LA DOMANDA:
«Ho una domanda che mi assilla la mente e richiedo una risposta. Nell’Esodo, nel
Levitico e in Numeri vengono citate la legge del taglione e la lapidazione. La mia
domanda è questa: Ma queste leggi sono valide anche per i cristiani o solamente
per il popolo ebraico? Si può prendere come vero esempio il "porgi
l’altra guancia"? Non
é forse possibile che dopo la nascita di Cristo le cose siano cambiate? La mia
anima non mi consente di uccidere un uomo, anche se ha un omicidio sulle spalle,
e neppure una donna, se la sua verginità fosse stata
infranta prima del matrimonio. Questo é un impedimento per la mia fede?»
(Valerio).
Per rispondere
correttamente a una domanda è bene contestualizzare la
questione nell’ambito storico, etnico, geografico, culturale e teologico al
tempo in cui essa è stata formulata.
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2.
LA TEOCRAZIA E LA LEGGE:
Difficilmente si potrà suddividere la legge di Mosè in vari codici, differenti
fra loro, ad esempio: codice civile, penale, cerimoniale e morale. Basta leggere il Levitico per
rendersi conto che è un tutt’uno. Infatti, la legge di
Mosè fu posta alla base della teocrazia, per così dire di un «popolo-chiesa»: la
religione, la politica, la morale, la giurisprudenza e quant’altro erano
assoggettati all’unica legge. I milioni di cristiani oggi sono
assoggettati tutti alla «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2), che è di natura
spirituale e morale; riguardo alla legge civile e penale, invece, essi sono
assoggettati alle specifiche leggi dei loro vari paesi. Può succedere
quindi che lo stesso atto in un paese si può essere considerato irrilevante,
mentre in un altro vale come un grave reato (p. es. lavorare
senza essere in regola). Può anche succedere che ciò che la legge del singolo
Stato permette (p. es. coppie omosessuali), può essere
un abominio secondo la legge morale della Bibbia. Nella teocrazia ciò non poteva
succedere: v’era un’unica legge. [Sul valore della legge di Mosè per noi
cristiani rimandiamo a: Nicola Martella, «La questione
della legge»,
Šabbât (Punto°A°Croce, Roma
1999).]
Ma guai a voler
introdurre oggi una teocrazia fatta dagli uomini! Ciò porterà sempre a una
clericalizzazione
della società, come mostrano gli «esperimenti storici» fatti sia nel
cristianesimo, sia nell’Islam, sia in altre religioni. La teocrazia (let. «governo di Dio») è rimandata all’avvento del Re
giusto, il Messia, col suo regno.
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3. IL CONTESTO
STORICO-CULTURALE: Che cosa dice veramente il testo della legge mosaica? Non potrai richiedere un’ammenda
o una pena superiore al danno fisico subito (Es 21,22ss; Lv 24,19ss; Dt
19,16-21). Per capire questo, bisogna andare al contesto storico del
tempo. Nei popoli pagani se chi provocava il danno era un povero o uno del
popolo e chi subiva il danno era di ceto più elevato, quest’ultimo si sentiva in
diritto di uccidere l’altro. Anche fra gente dello stesso ceto tutto ciò
alimentava la rappresaglia ingiusta e la faida. Un altro problema era il fatto
che sulla base della deposizione di 2-3 testimoni
nella giurisprudenza d’allora si poteva essere messi a morte nei casi estremi;
la Bibbia descrive diversi casi del genere (1 Re 21,13; Mt 26,60; At 6,13). Non
a caso nella costituzione d’Israele (il decalogo) è comandato: «Non deporrai
il falso contro il tuo prossimo» (Es 20,16; Lv 19,16); chi lo faceva,
mettendo a repentaglio la vita altrui, era a sua volta degno
di morte (Dt 19,16-21).
È veramente strano
che ciò che si intendeva allora con «occhio per occhio», ossia la limitazione
della rappresaglia, oggi venga inteso nel suo contrario, ossia che la legge di Mosè
avesse incoraggiato la vendetta! Ciò che allora era norma per l’esplicazione
della funzione giuridica, oggi viene estesa
impropriamente ai rapporti interpersonali.
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4. UN DIRITTO GIUSTO:
Le due tendenze del cuore umano sono, da una parte, l’arbitrio nella (richiesta
di) rappresaglia e nella sanzione verso gli altri e, dall’altra, l’indulgenza
verso noi stessi, coloro che ci appartengono o coloro che ci sono simpatici.
Ambedue queste tendenze rappresentano la fine della giustizia, sia nello Stato,
sia nelle chiese, sia nelle famiglie. Ciò porta con sé lo sfaldamento delle basi
della vita civile e, quindi, della pace sociale. L’arbitrio chiamerà altro
arbitrio, l’ingiustizia creerà altre ingiustizie. Si finisce con la «legge del
far west», ossia che ognuno si faccia «giustizia» da sé. Ma dovunque uomini sono
chiamati per ufficio a giudicare su altri uomini, ci si aspetta che essi
giudichino con giustizia, senza crudeltà e senza indulgenza,
secondo quello che veramente spetta a ognuno e indipendentemente dal suo
ceto sociale.
Lo stesso può
avvenire anche nelle chiese, dove i responsabili sono chiamati a giudicare una
questione ufficiale, laddove due fazioni abbiano un contenzioso aperto (1 Cor
6,1-6; cfr. Mt 18,15ss).
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5.
PORGERE L’ALTRA GUANCIA?: Gesù, riferendosi alla regola della legge: «Occhio
per occhio e dente per dente» (Mt 7,38), aggiunse: «Ma io vi dico: "Non
contrastate al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli
anche l’altra…"» (vv. 39ss). In effetti, già i
Giudei del tempo avevano esteso la norma da usare nei tribunali ai rapporti
interpersonali. In tutta la «predicazione sulla montagna» Gesù diede il senso
originario della legge, prescindendo dalle interpretazioni della tradizione. In
tal modo Gesù mostrò che nei rapporti interpersonali non bisogna cercare di avere l’ultima parola e a ogni costo la
soddisfazione della rappresaglia. Già l’Ecclesiaste consigliò così: «Non
esser troppo giusto, e non ti far saggio oltremisura; perché ti distruggeresti?
Non esser troppo empio, né essere stolto; perché morresti tu prima del tempo?»
(Ec 7,16s). Si badi che qui Gesù non parlò dell’«occhio» o del «dente», ma della
«guancia», intendendo che prevenire è meglio che curare, sopportare il piccolo
male può evitare quello più grande. In una società giusta, si può reclamare il
principio «occhio per occhio» verso il reo, ma non in una permeata dalla
malvagità. Gesù consigliò del tutto di non contrastare il malvagio, poiché da
una scintilla può scoppiare improvvisamente un
incendio. Bisogna considerare che vi è una scala di valori: la vita, il cibo, il
vestiario e il resto (Mt 6,25). Gesù stesso ha insegnato il pericolo che può
derivare dal mettere le perle dinanzi ai porci (Mt 7,6). Alcuni commentatori
hanno ipotizzato che nel passo in cui Gesù ingiunse di porre l’altra guancia, si
riferisse al diritto militare dei Romani, che avevano la potestà di prendere dai
popoli vinti ciò che necessitavano e che potevano costringere chiunque ad
aiutarli. Chi si opponeva rischiava la sua vita. Confronta «se uno ti vuole
costringere a fare con sé un miglio» (Mt 7,41) con «[i soldati]
costrinsero [un Cireneo chiamato Simone] a portar la croce di Gesù» (Mt
27,32).
Una cosa è la
prudenza che il Signore chiede di avere nei rapporti interpersonali verso i
pagani. Altra cosa è quando un’autorità ingiunge di abiurare il nome del Signore
o di smettere di annunciare l’Evangelo; in questo caso, il cristiano fedele deve
attestare, costi quel che costi: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini»
(At 5,29).
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6. ASPETTI CONCLUSIVI:
Non è bene confondere la norma giuridica con l’etica interpersonale. Un giudice
che commina una giusta pena secondo il principio «occhio per occhio», non solo
non è malvagio, ma è da lodare. La certezza di pena rafforza la giustizia e la
legge. Guai quando un giudice condanna o assolve, ma non in base alla verità e
in modo corrispondente ai fatti! Guai quando si chiede al giudice, durante la
sua funzione, di amare il suo prossimo come se stesso, intendendo il colpevole!
Guai quando si chiede allo Stato di porgere l’altra guancia!
Anche i responsabili di una
chiesa o un’intera assemblea possono essere chiamati a giudicare un caso
specifico di uno o più membri per un caso grave (falsa dottrina, immoralità,
comportamento peccaminoso eccetera) e a dover prendere una decisione dolorosa ma
necessaria. Per questo Paolo comandò alla chiesa di Corinto che tollerava un
fornicatore: «Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi» (1 Cor
5,12).
Al contrario, nei
rapporti interpersonali sarebbe una tragedia sociale se ognuno arrogasse a sé il
diritto di comminare la pena («occhio per occhio») che spetta solo al giudice.
Riguardo ai rapporti interpersonali Gesù ribadì per i discepoli il principio
della legge mosaica di amare il proprio prossimo come
se stesso (Mt 19,19; Lv 19,18). Ai credenti fu ingiunto di non fare le proprie
vendette (Rm 12,19). Quando si ha a che fare col malvagio, è bene agire con
prudenza. Questo insegnamento ricorre spesso nella bibbia,
specialmente nel libro dei Proverbi (10,19; 15,21, 17,27; 18,2).
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-OcchioXocchio-Sh.htm
06-04-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |